TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-02-09, n. 202402533

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-02-09, n. 202402533
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202402533
Data del deposito : 9 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/02/2024

N. 02533/2024 REG.PROV.COLL.

N. 05910/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5910 del 2023, proposto da
Roberto D'Annunzio, rappresentato e difeso dall'avvocato P K M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. Mangili 29 e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati E Lzetta, Alessandro Di Meglio e Andrea Botta, con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Di Meglio in Roma, via Cesare Beccaria, 2 e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

a) della nota del Ministero dell’Interno, Dipartimento Pubblica Sicurezza Direzione Centrale per i Servizi di Ragioneria, prot. n. 750-uff 6 0005797 del 2 febbraio 2023, notificata al ricorrente mediante mail, in data 8 febbraio 2023;

b) della circolare

INPS

14 gennaio 2022, n. 7;

nonché per l’accertamento

del diritto del ricorrente a ottenere il riconoscimento dei diritti contributivi e pensionistici presso l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2, l. n. 1114/1962, 8 comma 2, l. n. 15 luglio 2002, n. 145 e 57 e 59 d.p.r. n. 10 gennaio 1957 n. 3 per il periodo di collocamento in posizione fuori ruolo presso l’Europol, a norma dei quali il periodo di tempo trascorso nella posizione fuori ruolo è computato per intero agli effetti del trattamento di quiescenza e previdenza.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’I.N.P.S. e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2023 il dott. A G L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la circolare n. 7/2022 l’INPS ha fornito alle pubbliche amministrazioni « chiarimenti in ordine agli obblighi contributivi relativi ai dipendenti pubblici durante il periodo di collocamento fuori ruolo ai sensi della legge 27 luglio 1962, n. 1114, per assumere un impiego o un incarico temporaneo presso le Istituzioni dell’Unione Europea, [nonché] indicazioni per definire le istanze di rimborso della contribuzione versata alle Casse e ai Fondi pensionistici ».

1.1. In particolare, con detta circolare l’ente previdenziale – dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento a livello nazionale ed europeo e aver richiamato il principio dell’unicità della legislazione in materia previdenziale da ultimo richiamato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza che ha definito causa C-690/15 (W d L) – ha chiarito che « durante il periodo di espletamento dell’impiego e dell’incarico temporaneo presso le Istituzioni dell’Unione Europea, la tutela ai fini pensionistici è assicurata esclusivamente dal Fondo dell’Unione, per la prevalenza del diritto dell’Unione sull’ordinamento nazionale »;
precisando, conseguentemente:

- che per tale periodo « nessuna contribuzione è dovuta dall’amministrazione di appartenenza ai fini pensionistici »;

- che fermo quanto sopra « per i dipendenti pubblici iscritti alla gestione pubblica permangono gli obblighi contributivi ai Fondi ex ENPAS ed ex INADEL relativi al trattamento di previdenza (TFS/TFR), alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, alla gestione ex ENPDEP e all’ENAM, in quanto finalizzati ad assicurare prestazioni diverse da quelle previste dal regime previdenziale dell’Unione europea », mentre « per i dipendenti pubblici iscritti alla Gestione Privata, non sussiste l’obbligo contributivo IVS, ma l’Amministrazione di appartenenza del dipendente collocato fuori ruolo è tenuta, ove le rispettive prestazioni non siano garantite dalle norme che disciplinano il Fondo dell’Unione, all’adempimento degli ulteriori obblighi contributivi, calcolati sulla retribuzione che sarebbe spettata al dipendente se fosse rimasto in servizio, già dovuti in costanza di rapporto di lavoro ».

1.2. Con la stessa circolare, l’ente previdenziale ha poi specificato:

a) che il dipendente collocato fuori ruolo dalla p.a. di appartenenza, ai sensi della legge n. 1114 del 1962, che cessi il suo incarico presso l’Unione europea per riprendere servizio con iscrizione ai Fondi o alle Casse pensionistiche dell’INPS « può presentare, ai sensi [dell’art. 11, paragrafo 1, dell’allegato VIII al Regolamento CEE n. 31/1962] una domanda diretta a ottenere il trasferimento presso l’ordinamento pensionistico nazionale dell’equivalente attuariale dei diritti pensionistici maturati nel regime dell’Unione europea, attualizzato alla data del trasferimento effettivo »;

b) che, di converso, il dipendente collocato fuori ruolo dalla p.a. di appartenenza, ai sensi della legge n. 1114 del 1962, che dopo la cessazione del rapporto di lavoro con la p.a. continui a prestare servizio come funzionario presso l’UE, « può presentare, ai sensi del citato articolo 11, paragrafo 2, una domanda diretta a ottenere il trasferimento al regime pensionistico comunitario del capitale, attualizzato alla data del trasferimento, che rappresenta i diritti a pensione maturati nel sistema previdenziale nazionale ».

1.3. Infine, l’INPS ha sottolineato:

i ) che i « contributi [già] versati alle casse pensionistiche, sia della gestione pubblica che della gestione privata, dalle amministrazioni pubbliche per i propri dipendenti collocati fuori ruolo per assumere un impiego o un incarico temporaneo presso le istituzioni dell’Unione europea, già tutelati dal Fondo dell’Unione, potranno essere rimborsati dall’Istituto all’amministrazione che ha effettuato il versamento », precisando che detto rimborso avrebbe riguardato sia « la quota a carico del datore di lavoro sia [quella] a carico del lavoratore nei limiti della prescrizione decennale »;

ii ) che « sono esclusi dalla ripetizione i contributi relativi ai periodi in argomento già utilizzati, alla data di pubblicazione della presente circolare, per la liquidazione della pensione ».

2. Con nota 2 febbraio 2023, n. 5797, il Ministero dell’Interno – dopo aver richiamato il contenuto della predetta circolare INPS n. 7/2022 e aver sottolineato la portata innovativa della stessa (rispetto alla prassi seguita con riferimento a tutti i dipendenti in fuori ruolo ai sensi dell’art. 2, l. n. 1114/1962 per cui l’INPS aveva sempre evidenziato che « il tempo trascorso in tale posizione è interamente tutelato agli effetti del trattamento di quiescenza e previdenza, per cui l’amministrazione di appartenenza del lavoratore interessato è tenuta al versamento della relativa contribuzione ») – ha invitato i propri uffici a non riscuotere temporaneamente dai dipendenti interessati la loro parte di « contribuzione ai fini pensionistici calcolata dal sistema » e ha comunicato agli stessi uffici l’esistenza di una interlocuzione con l’INPS per conoscere, tra l’altro, « le corrette modalità per procedere ad inoltrare la richiesta di restituzione della contribuzione ai fini pensionistici, sia per la quota a carico del datore di lavoro che per quella a carico del lavoratore ».

3. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, il dott. Roberto D’Annunzio – Commissario della Polizia di Stato posto in collocamento fuori ruolo ai sensi della l. n. 1114/1962 presso l’Europol dall’1 aprile 2016 (inizialmente fino al 31 marzo 2021 e, poi, a seguito di proroga, fino al 31 marzo 2025) – ha chiesto a questo Tribunale di annullare le due circolari sopra indicate (previa sospensione cautelare) nonché di accertare il suo diritto « a ottenere il riconoscimento dei diritti contributivi e pensionistici presso l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, l. n. 1114/1962, dell’art. 8, comma 2, l. n. 145/2002 e degli artt. 57 e 59, d.p.r. n. 3/1957 per il periodo di collocamento in posizione fuori ruolo presso l’Europol, a norma dei quali il periodo di tempo trascorso nella posizione fuori ruolo è computato per intero agli effetti del trattamento di quiescenza e previdenza ». Ciò sulla base di quattro motivi in diritto.

3.1. Con il primo motivo ha lamentato l’illegittimità di quanto affermato negli atti impugnati per « violazione dell’art 2 della l. n. 1114/1962;
degli artt. 57 e 59 del d.p.r. n. 3/1957 e dell’art 8, comma 2, della l. n. 145/2002 che ha modificato l’art 1 della l. n. 1114/1962;
[nonché per] violazione e falsa applicazione dell’art. 11 dello statuto dei funzionari ed altri agenti;
travisamento dei fatti;
disparità di trattamento;
difetto di motivazione;
illogicità manifesta;
contraddittorietà;
violazione del principio di legittimo affidamento;
eccesso di potere;
violazione dei principi in materia di certezza del diritto;
violazione e falsa applicazione del Regolamento Cee n. 31/1962;
travisamento dei fatti
[e] assoluta erroneità », sostenendo – in sintesi – che:

- nessuna norma né del “Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell'Unione europea”, né del Regolamento n. 31 (CEE) 11 (CEEA) del 1962 recante lo “Statuto dei funzionari dell'Unione Europea” vieta al dipendente collocato fuori ruolo ex l. n. 1114/1962 l’iscrizione e il mantenimento della tutela previdenziale presso il paese di origine con cui ha ancora in essere il rapporto di lavoro;

- che il principio di unicità della legislazione in materia previdenziale « non assurge a principio generale dell’ordinamento comunitario come erroneamente sostenuto dall’INPS »;

- che la tesi sottesa alle circolari gravate pregiudica la tutela pensionistica del dipendente fuori ruolo presso le istituzioni europee, ostacolando la circolazione dei lavoratori;

- che l’applicazione della “nuova regola” fissata dall’INPS ai lavoratori che erano già in posizione di fuori ruolo, è lesiva del loro legittimo affidamento e comporta per gli stessi la perdita dei contributi già versati.

3.2. Con il secondo motivo ha contestato gli atti gravati per « violazione dell’art 2 della l. n. 1114/1962;
degli artt. 57 e 59 del d.p.r. n. 3/1957 e dell’art 8, comma 2, della l. n. 145/2002 sotto altro profilo
violazione del Regolamento Cee n. 31/1962 », affermando – in sostanza – che la p.a. non poteva provvedere autonomamente a non applicare le disposizioni di cui agli artt. 57 e 59, d.p.r. n. 3/1957, all’art. 2, l. n. 1114/1962 e all’art. 8, c. 2, l. n. 145/2002 per l’asserito contrasto delle stesse con la normativa europea.

3.3. Con il terzo motivo ha lamentato l’illegittimità degli atti gravati per « violazione art. 11 dello statuto di cui all’allegato VIII del regolamento Cee n. 31/1962 [nonché per] travisamento dei fatti;
contraddittorietà;
illogicità manifesta;
violazione del principio di legittimo affidamento
[ed] eccesso di potere », evidenziando:

- che la possibilità di transfer out di cui all’art. 11, par. 1, dell’allegato VIII al Regolamento 31 CEE e 11 CEEA del 1962 non appariva applicabile agli agenti temporanei ai sensi dell’art. 39, comma 2, del “Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione Europea” allegato al medesimo Regolamento;

- che in ogni caso non avrebbe potuto usufruire di tale meccanismo in quanto il suo rapporto di lavoro con la p.a. si sarebbe concluso prima di quello con l’Unione (salva l’ipotesi una interruzione anticipata della sua esperienza all’Europol);

- che in ogni caso, ove il ricorrente avesse optato per il cd. transfer in di cui all’art. 11, par. 2, dell’allegato VIII al Regolamento CEE n. 31/1962 (cfr. supra sub 1.2., lett. b) avrebbe maturato il diritto alla pensione solo al compimento del 66° anno d’età (e non al 60° come previsto dalla normativa italiana).

3.4. Con il quarto motivo ha contestato la nota del Ministero dell’Interno del 2 febbraio 2023 per « violazione e falsa applicazione dell'art. 21-nonies l. n. 241/1990;
incompetenza;
violazione dei principi in materia di autotutela;
violazione del principio di legittimo affidamento
[ed] eccesso di potere », sostenendo che attraverso la stessa l’amministrazione avrebbe di fatto disposto l’annullamento in via di autotutela dei decreti con cui il Capo della Polizia aveva disposto il suo collocamento fuori ruolo.

4. Con memoria del 18 aprile 2023, l’INPS si è costituita in giudizio e ha insistito per l’infondatezza del ricorso, rilevando che « gli atti impugnati non [hanno] forza innovativa e si [sono] limitati ad operare ai fini amministrativi un raccordo fra le norme comunitarie ed interne vigenti ».

5. In data 28 aprile 2023, il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio.

6. In data 5 maggio 2023, il ricorrente ha insistito nelle proprie domande, notando che l’emanazione della normativa italiana – e in particolare di quella di cui all’art. 8, c. 2, l. n. 145/2002 – « è successiva alla normativa istitutiva del Fondo Previdenziale dell’Unione la quale tra l’altro non esclude la coesistenza di entrambe le tutele del regime previdenziale nazionale e di quello dell’Unione ».

7. Alla camera di consiglio del 9 maggio 2023, parte ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare.

8. In data 3 ottobre 2023, il Ministero dell’Interno ha depositato una relazione con cui ha evidenziato di aver agito nell’ottica di garantire la massima tutela ai propri dipendenti, non avendo allo stato mai smesso di versare all’ente previdenziale la contribuzione mensile dovuta per i dipendenti fuori ruolo presso l’UE – sia per la quota a carico della p.a. sia per quella a carico del dipendente – e avendo solamente chiesto ai propri uffici di non procedere temporaneamente a richiedere ai lavoratori di ripetere la propria quota.

9. Con memoria del 6 ottobre 2023, il ricorrente ha insistito nelle proprie domande.

10. Con memoria di replica del 2 novembre 2023, parte ricorrente ha evidenziato:

- la contraddittorietà della condotta dell’amministrazione;

- la natura provvedimentale e lesiva dei provvedimenti gravati, in ragione dei quali « non avrà copertura previdenziale e di quiescenza ex INPDAP per l’intero periodo di collocamento fuori ruolo ».

11. All’udienza pubblica del 7 novembre 2023, il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.

12. Il ricorso è infondato e va rigettato per le ragioni di seguito illustrate.

13. In via preliminare, va precisato che l’oggetto del presente giudizio appare essere all’evidenza la domanda di accertamento del diritto del ricorrente a ottenere « il riconoscimento dei [suoi] diritti contributivi e pensionistici presso l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, ai sensi e per gli effetti degli art. 2 l. n. 1114/1962, 8, comma 2, l. 15 luglio 2002, n. 145, e 57 e 59 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 per il periodo di collocamento in posizione fuori ruolo presso l’Europol, a norma dei quali il periodo di tempo trascorso nella posizione fuori ruolo è computato per intero agli effetti del trattamento di quiescenza e previdenza » (cfr. ricorso pag. 2).

In tal senso, l’impugnazione delle circolari di cui il ricorrente chiede l’annullamento – che si limitano a fornire chiarimenti agli uffici sulla normativa e che per tali ragioni non sono, per consolidata giurisprudenza, autonomamente impugnabili (v. ex multis Tar Lazio, II, 30 agosto 2012, n. 7395 e Cassazione Civile, SS. UU., 2 novembre 2007, n. 23031) – appare meramente strumentale alla domanda di accertamento di un diritto soggettivo dei ricorrenti. D’altronde, è evidente che – così come chiarito dall’amministrazione resistente nelle proprie difese – parte ricorrente non potrebbe avere alcun beneficio dall’annullamento della circolare Ministero dell’Interno, 2 febbraio 2023, n. 5797 (ovvero dell’atto gravato in via principale con il ricorso introduttivo), tenuto conto che con la stessa circolare l’amministrazione datrice di lavoro del ricorrente, preso atto delle indicazioni ricevute dall’INPS, si è limitata a invitare i propri uffici a non riscuotere temporaneamente dai dipendenti interessati la loro parte di « contribuzione ai fini pensionistici calcolata dal sistema » (senza invero interrompere l’integrale pagamento dei contributi ai dipendenti fuori ruolo ex art. 2 l. n. 1114/1962, 8, comma 2, l. 15 luglio 2002, n. 145, e 57 e 59 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3).

14. Ciò premesso, è appena il caso di sottolineare la sussistenza della giurisdizione del g.a. sulla materia oggetto del giudizio, atteso che – come si è chiarito – lo stesso ha a oggetto l’accertamento di un diritto soggettivo del ricorrente (al versamento dei contributi previdenziali da parte del suo datore di lavoro) all’evidenza connesso al suo rapporto di lavoro pubblico non privatizzato, devoluto – ex art. 133 comma 1, lett. i), c.p.a. – alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

15. Ancora, va evidenziata la competenza territoriale di questo Tribunale a decidere sulla presente controversia.

Se, infatti, ai sensi dell’art. 13, comma 2, c.p.a. « per le controversie riguardanti pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il tribunale nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio », il Collegio concorda con il principio espresso dal Consiglio di Stato secondo cui « dal momento che la previsione del foro speciale [del pubblico impiego] costituisce una norma di favore per i pubblici dipendenti e tende a rendere più accessibile ad essi la tutela giurisdizionale , [affermando la competenza] del Tar del luogo ove il dipendente presta effettivamente servizio » sicché la stessa non può applicarsi ai dipendenti collocati fuori ruolo « in servizio presso un ufficio non avente sede nella circoscrizione di un Tar [atteso che] il criterio della sede di servizio del dipendente presuppone la localizzazione di questa nell'ambito territoriale del Tar » (v. Consiglio di Stato, VI, 14 luglio 1999, n. 967, che – nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento da parte di una lavoratrice collocata fuori ruolo in servizio presso la sede consolare di Friburgo – ha affermato l’applicazione dei criteri generali della sede dell'Autorità emanante l’atto impugnato e della efficacia, intraregionale o ultraregionale, dell'atto stesso).

Nella vicenda oggetto del presente giudizio – che, come si è detto, ha ad oggetto l’accertamento di un diritto soggettivo del ricorrente – deve ritenersi la competenza del giudice del luogo dove l’ente datore di lavoro convenuto ha la propria sede.

D’altronde, le disposizioni del codice di procedura civile – cui l’art. 39 c.p.a. fa espresso rinvio « in quanto compatibili o espressione di principi generali » – prevedono che « competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto » (cfr. art. 413, comma 5, c.p.c.) specificando che ove non sia possibile fare applicazione di tale disposizione si applica « quella dell’articolo 18 c.p.c. » (cfr. art. 413, comma 7, c.p.c.), che afferma la competenza del giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza (art. 18, comma 1, c.p.c.), ovvero – nel caso di persone giuridiche – la sede (art. 19, c.p.c.).

Né pare potersi dubitare che tale disposizione sia espressione di un principio di carattere generale, avuto anche riguardo al fatto che anche gli artt. 18 e 19 del codice di giustizia contabile nell’affermare, in materia di contenzioso pensionistico, il generale principio di competenza della sezione giurisdizionale della Regione ove il ricorrente ha la residenza prevedono che « tutti i giudizi pensionistici relativi ai residenti all'estero sono di competenza della sezione giurisdizionale regionale del Lazio », appunto facendo applicazione del principio generale del foro dell’ente convenuto ex art. 18 e 19 c.p.c.

Da ciò la competenza di questo Tribunale a decidere la presente controversia, tenuto conto del luogo ove hanno sede le amministrazioni resistenti.

16. Tutto ciò premesso, la domanda di parte ricorrente non può essere accolta.

17. Così come puntualmente notato nella circolare INPS n. 7/2022, ai sensi degli artt. 2, l. n. 1114/1962, 57 e 59 d.p.r. n. 3/1957, e 8, comma 2, l. n. 145/2002, vige nel nostro ordinamento la regola generale secondo cui i dipendenti delle pubbliche amministrazioni che sono collocati fuori ruolo, per assumere un impiego o un incarico temporaneo presso enti o organismi internazionali, nonché per esercitare funzioni presso Stati esteri, hanno diritto ad aver computato il periodo di tempo trascorso nella posizione di fuori ruolo agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza, con conseguente dovere dell’amministrazione di appartenenza del dipendente di adempiere, per il periodo di fuori ruolo, al versamento della contribuzione per l’intera aliquota contributiva (art. 2115 c.c.) agli enti previdenziali ai quali i lavoratori risultano iscritti al momento del collocamento fuori ruolo, fermo restando l’obbligo del lavoratore alla ripetizione in favore del datore di lavoro della ritenuta a proprio carico.

18. Tale regola generale, tuttavia, come correttamente indicato nella circolare INPS n. 7/2022, non può trovare applicazione per i dipendenti collocati fuori ruolo presso le istituzioni dell’Unione Europea, avuto riguardo al fatto che gli stessi sono sottoposti alla speciale disciplina previdenziale prevista dallo “Statuto dei funzionari dell'Unione Europea” e dal “Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione Europea” di cui al Regolamento n. 31 CEE, n. 11 CEEA del 1962 (d’ora in poi anche solo “Regolamento” o “Regolamento Europeo”), che disciplina un articolato sistema previdenziale per i funzionari e gli altri agenti dell’Unione (con « oneri a carico del bilancio dell'Unione » e pagamenti delle prestazioni garantiti collettivamente dagli Stati membri « in base al criterio di ripartizione fissato per il finanziamento di queste spese », cfr. art. 83 Statuto) che prevede – tra l’altro – l’erogazione di una pensione d’anzianità (cfr. art. 77 Statuto nonché allegato VIII allo Statuto, artt. 2-11), nonché il diritto per il funzionario dell’UE che cessi dalle sue funzioni senza maturare la pensione di godere di una indennità una tantum (cfr. Allegato VIII allo Statuto, art. 12), nonché ancora il diritto del funzionario che cessa dall’incarico UE per rientrare nell’amministrazione statale « di far trasferire alla cassa pensioni di tale amministrazione l’equivalente attuariale attualizzato alla data del trasferimento effettivo  dei suoi diritti alla pensione di anzianità maturati presso l'Unione (v. Allegato VIII allo Statuto, art. 11, comma 1), ovvero ancora la facoltà per lo stesso dipendente UE che sia cessato da un incarico presso l’amministrazione nazionale di far versare dal suo ente previdenziale « all'Unione il capitale, attualizzato fino al trasferimento effettivo, che rappresenta i diritti a pensione da lui maturati » ai fini della percezione della pensione ex artt. 77 dello Statuto (v. allegato VIII allo Statuto, art. 11, comma 2).

La predetta normativa regolamentare contiene – nel documento denominato “Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione Europea” (d’ora in poi anche RAA) – anche una specifica disciplina dei diritti e doveri previdenziali degli altri agenti dell’UE e segnatamente degli “agenti temporanei” (categoria alla quale appare incontestato appartenga parte ricorrente), nella quale è espressamente disposto che « all’atto della cessazione dal servizio, l'agente [temporaneo] ha diritto alla pensione di anzianità, al trasferimento dell'equivalente attuariale o all'indennità una tantum alle condizioni previste dalle disposizioni del titolo V, capo 3, e dell'allegato VIII dello statuto » (art. 39, comma 1, RAA) ed è chiarito anche che « l'articolo 11, paragrafi 2 e 3 dell'allegato VIII dello statuto si applica per analogia [anche] agli agenti [temporanei]» (cfr. art. 39, comma 2, RAA).

19. La circostanza che la speciale disciplina di cui al predetto Regolamento Europeo imponga la non applicazione ai dipendenti pubblici fuori ruolo presso le istituzioni europee della disciplina generale di cui agli artt. 2, l. n. 1114/1962, 57 e 59 d.p.r. n. 3/1957, e 8, comma 2, l. n. 145/2002 dipende dalle seguenti ragioni.

19.1. Va innanzitutto evidenziato che la competenza esclusiva dell’Unione Europea a regolare il regime di previdenza applicabile ai funzionari e agli altri agenti dell’UE è fissato dall’art. 14 del “Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell'unione europea” (ai sensi del quale « il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione delle istituzioni interessate, stabiliscono il regime di previdenza sociale applicabile ai funzionari e agli altri agenti dell'Unione ») che « ha il medesimo valore giuridico dei trattati » (cfr. CGUE, sentenza 10 maggio 2017, causa C-690/15,W d L, par. 40) e che – in coerenza con la disposizione del protocollo sopra richiamata – detta materia è disciplinata con un regolamento europeo (appunto il Regolamento CEE n. 31 del 1962 sopra richiamato) che, com’è noto, ex art. 288 TFUE ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, con conseguente obbligo tanto per i giudici nazionali, quanto per l’amministrazione di farne immediata applicazione e, conseguentemente, di non applicare la normativa nazionale con la stessa incompatibile (cfr. ex multis Corte costituzionale, 8 giugno 1984, n. 170 e Consiglio di Stato, AP, 9 novembre 2021, nn. 17 e 18).

19.2. Ciò chiarito, il Collegio ritiene non possa dubitarsi dell’incompatibilità della disciplina interna di cui agli artt. 2, l. n. 1114/1962, e 57 e 59 d.p.r. n. 3/1957, e 8, comma 2, l. n. 145/2002 con quella del Regolamento.

La disciplina previdenziale di cui al Regolamento, infatti, è una disciplina speciale (rispetto a quella generale prevista dalla normativa nazionale per i dipendenti collocati fuori ruolo all’estero e presso gli organismi internazionali) che regola integralmente il trattamento previdenziale di coloro che prestano servizio, anche in posizione fuori ruolo, presso le istituzioni europee, stabilendone diritti e doveri, e che prevede chiare e precise regole per fare in modo che il periodo fuori ruolo svolto dall’agente temporaneo sia computato agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza, individuando specifici meccanismi per consentire all’interessato di riversare i contributi maturati nel sistema previdenziale dell’Unione Europea all’interno del sistema previdenziale nazionale e viceversa (v. il già richiamato art. 11, commi 1 e 2, dell’Allegato VIII allo Statuto, nonché l’art. 39 del RAA).

In altri termini, poiché il Regolamento contiene disposizioni che sono volte a perseguire – con uno specifico sistema che contiene tutte le norme di chiusura per regolare i rapporti tra il sistema previdenziale europeo e quello nazionale – le stesse finalità di tutela cui è preposta la disciplina di cui agli artt. 2, l. n. 1114/1962, 57 e 59 d.p.r. n. 3/1957 e 8, comma 2, l. n. 145/2002 (ovvero quella di « garantire che tale periodo sia computato agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza », cfr. art. 57, comma 4, d.p.r. n. 3/195), la disciplina generale prevista dall’ordinamento nazionale resta applicabile ai soli dipendenti pubblici fuori ruolo presso stati esteri e altri organismi internazionali, mentre ai dipendenti pubblici collocati fuori ruolo presso le istituzioni europee non possono che applicarsi solamente le disposizioni speciali del Regolamento Europeo.

19.3. A ciò deve aggiungersi che la valutazione di compatibilità o meno di una disposizione interna con una disposizione del diritto dell’Unione Europea che disciplina la stessa materia non si risolve nella verifica in ordine alla sussistenza di una vera e propria antinomia tra la previsione del diritto nazionale e quella del diritto europeo, ma involge – nelle ipotesi in cui non sussiste una diretta contraddizione tra le disposizioni – anche un complessivo giudizio in ordine alla compatibilità della contemporanea applicazione delle due normative con il principi generali dell’ordinamento europeo.

Se, allora, come si è notato, le regole del sistema previdenziale definito dal Regolamento Europeo per i dipendenti pubblici fuori ruolo nelle istituzioni europee garantisce agli stessi un livello di tutela del tutto identico a quello garantito dagli artt. 2, l. n. 1114/1962, 57 e 59 d.p.r. n. 3/1957 e 8, comma 2, l. n. 145/2002, la contemporanea applicazione delle due normative sarebbe del tutto irrazionale e avrebbe quale prima conseguenza quella di gravare due volte lo Stato italiano (direttamente, come datore di lavoro del ricorrente, ex art. 2, l. n. 1114/1962 e, indirettamente, come finanziatore e garante del sistema previdenziale per gli agenti UE cfr. art. 83 Statuto) del versamento dei contributi al lavoratore per il periodo di servizio prestato presso le istituzioni dell’Unione Europea. Una prospettiva che sarebbe in contrasto con i principi generali di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di equilibrio dei conti pubblici che informano (non solo il nostro ordinamento nazionale, ma anche) l’ordinamento europeo.

Sotto altro profilo, la contemporanea applicazione di entrambe le discipline determinerebbe uno sproporzionato dovere per il lavoratore fuori ruolo di versare obbligatoriamente per due volte i contributi previdenziali relativi al periodo di fuori ruolo: da un lato, al sistema previdenziale UE, sulla base delle previsioni del Regolamento;
dall’altro a quello nazionale sulla base dell’art. 2, l. n. 1114/1962 (che genererebbe un diverso e autonomo obbligo contributivo per la medesima attività lavorativa già oggetto di versamento all’UE, in violazione del principio secondo cui « solo l’Unione, e non gli Stati membri, è competente a stabilire le norme applicabili ai funzionari dell’Unione per quanto concerne i loro obblighi in materia previdenziale », cfr.

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