TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2019-12-05, n. 201905713
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Pubblicato il 05/12/2019
N. 05713/2019 REG.PROV.COLL.
N. 05572/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5572 del 2014, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C E, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, appresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria
ex lege
in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento
del provvedimento della Questura di Caserta ufficio immigrazione del 30.5.14 prot. 242 del 2014 con il quale si determina il rigetto dell'istanza di rilascio del permesso di soggiorno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2019 il dott. Davide Soricelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il provvedimento impugnato, datato 30 maggio 2014 e comunicato il 3 luglio 2014, il Questore della provincia di Caserta ha respinto una istanza di rilascio di permesso di soggiorno per attesa occupazione presentata il 22 gennaio 2014 dal ricorrente, cittadino pakistano.
Il diniego si basa sulla circostanza che il ricorrente: a) aveva documentato di risiedere a -OMISSIS-presso l’abitazione di un altro soggetto che dichiarava di ospitarlo a titolo gratuito (in concreto aveva allegato alla istanza una dichiarazione di ospitalità firmata da tale soggetto e il documento di identità di quest’ultimo);b) era però risultato irreperibile a tale indirizzo;c) dalle indagini svolte era risultato che l’apparente autore della dichiarazione di ospitalità aveva negato di averla sottoscritta (sicchè il ricorrente era stato anche -OMISSIS- ex articolo 5, comma 8-bis d.lg. 25 luglio 1998, n. 286 alla competente autorità giudiziaria).
Con il ricorso all’esame, il ricorrente – che premette che la istanza di permesso di soggiorno da lui presentata costituiva l’esito di una procedura di emersione dal lavoro irregolare a lui relativa e in relazione alla quale in data 21 gennaio 2014 era stato sottoscritto “il contratto di soggiorno” - sostiene che il provvedimento è illegittimo in quanto:
a) la mera denuncia per il -OMISSIS-non costituisce in base alla normativa dell’articolo 5, comma 13, del d.lg. 16 luglio 2012, n. 109 causa di esclusione dalla procedura di emersione occorrendo a tal scopo o una condanna, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall'articolo 380 c.p.p. o un motivato giudizio di pericolosità sociale dell’istante (condizioni entrambe assenti nella fattispecie in cui risulta una mera denuncia e difetta in radice un motivato giurisdizione di pericolosità);
b) il diniego del permesso di soggiorno non può essere giustificato dalla mera irreperibilità dell’istante all’indirizzo da lui dichiarato essendo tale condizione una mera irregolarità sanabile;ciò sarebbe confermato dalle previsioni dei commi 7 e 8 dell’articolo 6 d.lg. n. 286 e dal rilievo che la mancata comunicazione all’autorità di un nuovo indirizzo (in pratica la violazione dell’obbligo sancito dal comma 8) non è causa di diniego o revoca del titolo di soggiorno;
c) a ciò si aggiunge che non sarebbe affatto vero che egli abbia compiuto un falso dato che l’ospitante ha presentato il 20 gennaio 2014 una dichiarazione di ospitalità cui era allegata la sua carta di identità;nella prospettazione del ricorso tale dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà avrebbe natura di atto pubblico o, in via subordinata, di scrittura privata sichè essa non potrebbe essere disconosciuta dall’autore se non con querela di falso o con il procedimento ex articolo 214 c.c.;
d) è stato omesso il preavviso di rigetto.
Il ministero dell’interno resiste al ricorso.
Con ordinanza n. 2097 del 17 dicembre 2014 la sezione ha respinto l’istanza di tutela cautelare.
Il ricorso è infondato.
In estrema sintesi va rilevato anzitutto che il ricorrente non contesta specificamente la sua irreperibilità all’indirizzo da lui indicato -OMISSIS- (ed è appena il caso di rilevare che dalla documentazione depositata dall’amministrazione risulta che il presunto ospitante risiede in realtà in -OMISSIS-e che l’immobile -OMISSIS- appartiene a una terza persona e risultava occupato al momento degli accertamenti eseguiti da “africani sub-sahariani”) e, a ben vedere, pur negando di aver commesso un falso, nemmeno afferma di conoscere il presunto ospitante e di risiedere o avere risieduto al tempo del procedimento presso la sua abitazione ovvero di aver avuto a quel tempo la disponibilità di altro alloggio (in ricorso si afferma incidentalmente che il ricorrente risiede presso un connazionale che lo ospita ma da epoca – 26 settembre 2014 – ben successiva alla data del provvedimento).
Ciò premesso le censure proposte sono infondate perchè il provvedimento impugnato è giustificato dal rilievo che il permesso di soggiorno presuppone che l’istante disponga di un alloggio, costituendo giurisprudenza consolidata che “ la certezza della situazione abitativa costituisce un presupposto indispensabile, sia per il lavoro autonomo che per il lavoro subordinato, non potendo lo stesso essere rilasciato o rinnovato in situazioni di forte precarietà alloggiativa ” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 21 giugno 2019, n. 3448). Al tempo del provvedimento impugnato il ricorrente non soddisfava questa condizione e il permesso di soggiorno non è rilasciabile a un soggetto privo di alloggio e di fatto non “localizzabile”.
Il riferimento alla normativa sulle cause di esclusione dalla emersione non è quindi pertinente alla fattispecie in cui viene in rilievo uno dei presupposti fondamentali per il rilascio del titolo di soggiorno;in questa prospettiva anche la questione relativa alla esistenza del falso non è rilevante dato che il problema non è se il ricorrente abbia o meno falsificato la dichiarazione dell’ospitante ma la mancanza di disponibilità di un alloggio e la sua irreperibilità.
Quanto alla omissione del preavviso di rigetto (in realtà l’amministrazione ha cercato di comunicare il preavviso all’indirizzo presso il quale il ricorrente era risultato irreperibile ma ovviamente la comunicazione non si è potuta perfezionare perchè a tale indirizzo il ricorrente non era reperibile e in questa prospettiva lo stesso tentativo si è tradotto in un inutile aggravio della procedura ben sapendo l’amministrazione che egli non sarebbe stato trovato), essa sarebbe stata giustificata dalla irreperibilità del ricorrente;è infatti corretto – come sostenuto in ricorso – che la mancata comunicazione della nuova dimora ex articolo 6, comma 8, d.lg. n. 286 non giustifica il diniego del titolo di soggiorno ma essa giustifica l’omissione degli avvisi partecipativi dato che, se l’amministrazione non dispone di informazioni sul luogo in cui lo straniero risiede o dimori, è nell’impossibilità di eseguire comunicazioni nei suoi confronti.
Va solo aggiunto, in relazione alla circostanza che il ricorrente sostiene di aver indicato nel contratto di soggiorno un diverso indirizzo di Casandrino ove eseguire le comunicazioni, che questa circostanza non è provata perché il contratto di soggiorno non è stato depositato;l’indirizzo di Casandrino è invece indicato come indirizzo del lavoratore nella domanda di emersione, allegata al ricorso, ma si tratta di un indirizzo che si riferisce all’epoca di presentazione della istanza (che risale al 2012) laddove nella istanza di permesso di soggiorno presentata nel gennaio 2014 egli ha indicato il diverso indirizzo di via Reno in Castelvolturno allegando la dichiarazione di ospitalità che presso tale indirizzo lo localizzava.
Conclusivamente il ricorso va respinto.
Le spese di giudizio possono essere compensate non avendo l’amministrazione – costituita con memoria di stile - svolto attività difensiva al di fuori del deposito di documenti.