TAR Roma, sez. 3Q, ordinanza collegiale 2017-05-24, n. 201706149

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, ordinanza collegiale 2017-05-24, n. 201706149
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201706149
Data del deposito : 24 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/05/2017

N. 02381/2017 REG.RIC.

N. 06149/2017 REG.PROV.COLL.

N. 02381/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 2381 del 2017, proposto da:


-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato S L C.F. LZZSMN69C07F205O, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;


contro

Ministero della Salute, non costituito in giudizio;

per la riassunzione

innanzi al T.A.R. per il Lazio - sede di Roma del procedimento iscritto al numero di RG -OMISSIS-presso il T.A.R. per la Lombardia - sede di Milano, a seguito della pubblicazione dell'ordinanza collegiale nr. -OMISSIS-, pubblicata il -OMISSIS-.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2017 il dott. A S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Con il ricorso in epigrafe indicato viene riassunto innanzi a questo Tribunale, ex art. 15, comma 4, c.p.a. il giudizio instaurato innanzi al T.a.r. Lombardia – Milano per l’annullamento del silenzio serbato dall’interlocutore pubblico sulla propria istanza di adesione alla transazione formulata relativamente al giudizio risarcitorio pendente in appello innanzi alla Corte d’appello di Roma, ai sensi dell’art. 2, comma 361, delle legge n. 244/2007.

Tanto a seguito dell’ordinanza, pure in epigrafe indicata, con la quale il Tar Lombardia – Milano ha declinato la propria competenza ai sensi dell’art. 13 c.p.a., ritenendo, nella sostanza, che la competenza territoriale fosse da individuare in relazione agli effetti dell’atto della cui mancata adozione ci si duole, delimitati alla circoscrizione del Tar del Lazio, posto che esso «è diretto a risolvere il contenzioso pendente innanzi alla Corte d’appello di Roma, attraverso un atto emanato dal Ministero della Salute».

In altre parole, il Tribunale lombardo, pur scegliendo il criterio di collegamento del luogo di produzione diretta degli effetti dell’atto transattivo (dal quale discende quello di individuazione del giudice investito della domanda ex art. 117 c.p.a.), ha proceduto all’identificazione di detto luogo con esclusivo riguardo a quello nel quale pende la causa risarcitoria da transigere.

Il Ministero della salute non si è costituito in giudizio.

Premessa la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda odierna (cfr. SS.UU., ordinanza 3 febbraio 2016, n. 2550), osserva il Collegio sul profilo relativo alla competenza territoriale inderogabile come, in esecuzione dell'articolo 33, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 e dell'articolo 2, comma 362, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 – i quali avevano stanziato fondi per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti – sono stati emanati i decreti del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali 28 aprile 2009, n. 132 (in G.U. 23 settembre 2009, n. 221) per la fissazione dei criteri in base ai quali definire le transazioni e il decreto del Ministero della salute 4 maggio 2012 (in G.U. 13 luglio 2012, n. 162), recante la definizione dei moduli transattivi in applicazione dell'articolo 5 del d.m. 28 aprile 2009, n. 132.

Il sistema così complessivamente approntato, dal Legislatore prima e dal Governo successivamente mediante i predetti atti normativi, è sostanzialmente volto a consentire un più veloce accesso degli appartenenti alle categorie sensibili in parola al bene della vita anelato, costituito da un ristoro monetario, erogabile in misura diversa in presenza di alcuni precisi presupposti (avvenuto decesso ovvero esistenza in vita, ottenimento o meno di almeno una sentenza favorevole), purché fosse ancora pendente l’azione risarcitoria e previo parere favorevole dell’Avvocatura generale dello Stato sugli schemi dei singoli atti transattivi.

A questo scopo, l’oggetto principale della disciplina in questione è costituito dalla fissazione di appositi criteri liquidativi, di limiti massimi inderogabili entro cui determinare i singoli importi transattivi e di tabelle contenenti i parametri per stabilire gli importi dei moduli transattivi.

Infine, l’art. 7, comma 2, del d.m. 28 aprile 2009, n. 132 stabilisce che i soggetti che abbiano aderito alla procedura in questione «all'atto della stipula della transazione (…) rinunciano espressamente alle domande e agli atti dei giudizi pendenti, nonché a qualsiasi ulteriore pretesa nei confronti dell'Amministrazione pubblica, comunque derivante dai fatti di cui ai giudizi pendenti».

Nella specie, parte ricorrente – che aveva ottenuto una sentenza di primo grado favorevole del Tribunale di Roma, contro la quale era stato interposto appello oggi ancora pendente – ha avuto validata in via definitiva la domanda di adesione alla transazione inoltrata al Ministero della salute il quale, tuttavia, non ha poi dato seguito alla relativa procedura.

Ciò posto, occorre considerare come al di là del nomen iuris adottato dal Legislatore, scopo principale e diretto del procedimento (e del conseguente atto finale) è quello di liquidare e far sollecitamente conseguire all’interessato gli importi determinati a ristoro del danno subito secondo le parametrazioni stabilite con gli atti normativi appena rassegnati, mentre, nella complessiva economia procedimentale, la rinuncia ai giudizi ancora pendenti costituisce non tanto l’effetto diretto dell’atto finale transattivo, quanto piuttosto la conseguenza necessitata e secondaria della riconosciuta liquidazione.

A siffatto bene della vita (o petitum sostanziale che dir si voglia) appare chiaramente commisurata anche l’odierna domanda ex art. 117 c.p.a. la quale si pone, in via diretta, quale antecedente logico e giuridico per il conseguimento del ristoro monetario e, soltanto mediatamente, quale presupposto per la conseguente chiusura del processo risarcitorio, a suo tempo instaurato innanzi al giudice ordinario secondo le regole competenziali dettate dal codice di rito civile (artt. 18 ss.).

Peraltro, anche in linea generale, gli «effetti diretti» attraverso i quali l’art. 13, comma 1, secondo periodo, c.p.a. individua il criterio di collegamento oggi in esame, sono da identificarsi in termini eminentemente sostanziali e non anche processuali, tanto più che l’esistenza della vicenda processuale civile costituisce, nella specie, una assoluta peculiarità (come detto comunque marginale) del caso oggi in esame, in quanto tale inidonea ad assurgere ad elemento incidente sulla individuazione della competenza per territorio.

Infine, il criterio che, procedendo dalla sfera giuridica dell’interessato, scolpisce il criterio di collegamento della residenza di questi, soddisfa secondo canoni di prossimità l’indubbio e rilevante interesse ad un più facile ed economico accesso alla giustizia del soggetto che realmente detiene la posizione giuridica incisa dagli eventi procedimentali. Dato, quest’ultimo, che nella prassi nazionale sembra essere stato ben colto dagli altri Tribunali territoriali, i quali decidono senz’altro la significativa mole di controversie identiche a quella odierna (ex multis, Tar Veneto, 24 ottobre 2016, n. 1176).

Sulla scorta di queste coordinate va dunque individuato il giudice naturale della controversia in esame che, giusta il disposto dell’art. 25 Cost., e in base all’art. 13 c.p.a., come letto anche dalle Adunanze Plenarie del Consiglio di Stato n. 3 e n. 4 del 2013, è quello del luogo in cui si esplicano gli effetti diretti dell’atto.

Esso, nella specie, risulta pertanto identificabile – facendo applicazione del medesimo criterio effettuale adottato dal Tar della Lombardia – Milano – in quello del luogo nel quale si produce in via diretta l’effetto di ristoro sopra descritto, che come appena detto si esaurisce nella sfera giuridica del creditore e nel luogo in cui questo risiede.

Producendosi nella specie l’effetto diretto dell’atto (quale dato necessario per stabilire anche la competenza territoriale inderogabile nel giudizio ex art. 117 c.p.a. per la sua mancata adozione) nel limitato ambito territoriale della Regione Lombardia, competente a conoscere della controversia in parola ai sensi dell’art. 13, comma 1, c.p.a. è dunque il Tar della Lombardia.

Va pertanto sollevato regolamento ex art. 15, comma 5, c.p.a. innanzi al Consiglio di Stato al fine di vedere affermata la competenza del predetto Tar della Lombardia.

Le spese di fase possono essere compensate.

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