TAR Roma, sez. III, sentenza 2023-11-29, n. 202317919

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2023-11-29, n. 202317919
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202317919
Data del deposito : 29 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/11/2023

N. 17919/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02383/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2383 del 2023, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti S T e A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il Ministero dell'Interno, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del provvedimento adottato dall’Ambasciata d'Italia al Cairo n. -OMISSIS-, con il quale è stata respinta la richiesta di visto d’ingresso per lavoro subordinato in favore del ricorrente;

- di ogni altro atto comunque connesso, precedente o successivo, presupposto o consequenziale, comunque connesso a quello impugnato;

nonché per la conseguente condanna dei resistenti, in accoglimento del presente ricorso, alla rivalutazione della domanda di visto d'ingresso e al rilascio del relativo visto d'ingresso.


Visti il ricorso, le memorie e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio e le memorie delle Amministrazioni intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2023 il dott. M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – Parte ricorrente ha contestato il provvedimento di diniego di rilascio del visto per motivi di lavoro subordinato, reso dalla rappresentanza diplomatica italiana in Egitto.

2 - A sostegno della proposta impugnativa ha dedotto i seguenti argomenti di censura: violazione di legge: artt.22, 24 e 27 del testo unico n. 286/1998 (t.u. immigrazione) e degli artt. 29, 30, 31, 38 e 40 del d.p.r. n. 394/1999 (regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione);
art.5, co. 8 d.p.r. n. 394/99 e s.m.i;
art. 4, co. 2-3-6 del testo unico n. 286/1998;
art. 10 dell’allegato a del decreto del ministro degli affari esteri del 12 luglio 2000;
art.96 della convenzione applicativa accordo Schengen;
art. 32 del codice comunitario dei visti, istituito con reg. ce 13.07.2009, n. 810/2009;
eccesso di potere: travisamento ed erronea valutazione dei fatti;
manifesta illogicità;
eccesso di potere per istruttoria carente e/o insufficiente e/o incompleta;
irragionevolezza e omessa e/o carente motivazione non sussistendo motivi (anche di sicurezza e di ordine pubblico) ostativi per il diniego.

3 – Il ricorrente ha, quindi, concluso per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento dell’atto avversato.

4 – Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (di seguito “Maeci”) si è costituito in giudizio: i) eccependo, in via preliminare, la nullità della procura alle liti rilasciata all’estero, in quanto la stessa è risultata priva di legalizzazione da parte della competente Autorità diplomatica italiana;
ii) depositando la relazione illustrativa dei fatti di causa redatta dall’Ufficio Diplomatico in Egitto;
iii) concludendo per l’infondatezza del ricorso.

5 – All’udienza camerale dell-OMISSIS-, fissata per l’esame dell’istanza cautelare proposta insieme al ricorso, questo T.A.R. non ha concesso la cautela richiesta.

6 – Il ricorrente ha, poi, con memorie ha ribadito le proprie tesi.

7 – All’udienza pubblica -OMISSIS-questo T.A.R., con ordinanza-OMISSIS-, ha chiesto al ricorrente, ai sensi dell’art. 182 cod.proc.civ., di provvedere alla legalizzazione della procura ad litem o a munirla di apostille , fissando la trattazione del merito all’udienza del 22 novembre 2023.

8 – A fronte di tale ordinanza, il ricorrente ha provveduto alla legalizzazione della procura ad litem, di ciò fornendo prova col deposito documentale del 15 settembre 2023.

9 - All’udienza pubblica del 22 novembre 2023, uditi i legali come da verbale, la causa è passata in decisione.

10 – Introduttivamente, il Collegio dà atto che il ricorrente ha ritualmente ottemperato all’ordine impartitogli con l’ordinanza-OMISSIS-, depositando in atti la procura ad litem, debitamente regolarizzata secondo la pertinente disciplina.

Deve quindi darsi atto della procedibilità del gravame.

11 – Nel merito, giova, in primo luogo, evidenziare come, a fondamento dell’avversata determinazione, sia stata dall’Amministrazione indicata la seguente motivazione:

dall'esame della sua domanda di visto d'ingresso per 'LAVORO SUBORDINATO" è emersa quanto segue:

Non parla alcuna lingua straniera;

non ha un pre-contratto;

conoscenza vaga del datore di lavoro;

non ha presentato alcun documento comprovante la sua esperienza nel campo della costruzione.

in ragione di quanto esposto la informiamo che la sua richiesta di visto per lavoro subordinato viene respinta per mancanza dei requisiti previsti dai seguenti articoli:

1 - articolo 3, 5, 21, 26 e 27 del D.Lgs. n.226/98,

2 -dall'articolo 29,39 e 40 del D.P.R. 394/99

3 - d.i. 850/2011, Allegato A punto 7 ”.

12 - Con un unico articolato motivo di gravame, il ricorrente ha censurato il citato provvedimento, sostenendo di essere in possesso di tutti i requisiti di legge per conseguire il permesso, in quanto incensurato nonché a fronte del rilascio del nulla osta da parte della Prefettura: nessuna delle condizioni individuate nel provvedimento oggetto di gravame (conoscenza della lingua italiana, esistenza pre-contratto, conoscenza vaga del datore di lavoro, esperienza nel campo lavorativo) sarebbe prevista normativamente quale condizione per il rilascio del visto di ingresso in Italia per lavoro subordinato.

La censura non coglie nel segno.

13 – Il Collegio rileva che, a conferma della correttezza della motivazione del diniego del visto, l’Amministrazione ha depositato in atti analitica memoria, riportante il testo della relazione formata dal competente Ufficio Diplomatico in Egitto.

Tale atto evidenzia che tale Ufficio, dopo aver acquisito la documentazione prodotta a corredo della domanda di visto, al fine di verificare il reale scopo della richiesta di visto, ha sottoposto l’interessato ad intervista.

L’esito del colloquio non si è rivelato positivo, in quanto il ricorrente non ha dimostrato nei fatti di conoscere direttamente gli elementi fondamentali del rapporto di lavoro.

Infatti, l’interessato ha affermato che sono stati i parenti invitanti (fratello e cugino), già in Italia, a procuragli il lavoro.

Tale colloquio, inoltre, ha evidenziato carenze informative, da parte dell’interessato stesso, in ordine al datore di lavoro e alle condizioni del lavoro (durata del contratto, mansioni e salario).

Inoltre, l’istante non è stato in grado di dimostrare alcuna esperienza nel settore in cui sarebbe stato impiegato in Italia, in quanto risulta autista mentre avrebbe prestare la sua attività nel settore edile;
ha dichiarato di non aver avuto alcun colloquio di lavoro e di andare a lavorare dal fratello e dal cugino;
non è stato in grado di poter comunicare correttamente in nessuna lingua straniera ma solo ed esclusivamente in lingua araba.

Alla luce di tali risultanze, sono emersi forti dubbi sul reale scopo e la finalità del viaggio, tenuto anche conto del luogo di provenienza del richiedente, ad alto rischio immigratorio.

14 – Ora, sotto il profilo normativo, il Collegio osserva che:

- sul versante unionale: i) l’art. 21 del Reg. 810/2009/CE (c. d. codice dei visti) impone agli Stati membri di effettuare l’esame delle domande per verificare, fra l’latro, che il richiedente non presenti un rischio di immigrazione illegale o un rischio per la sicurezza del Paese e che intenda partire prima della scadenza del visto;
ii) l’art. 14, lett. d), del medesimo Regolamento prevede che il richiedente debba fornire “ informazioni che consentano di valutare l’intenzione […] di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto ”, cioè gli elementi utili affinché sia evidenziata l’effettività della sua intenzione di far rientro in patria alla fine del periodo dichiarato di viaggio (cfr. Cons. St., I, par. n. 2825/2019);

- nel diritto interno: i) i visti d’ingresso per lavoro subordinato sono disciplinati dagli artt. 22 del d.lgs n. 286/1998 e 31 del d.P.R. n. 394/1999;
ii) l’art. 31 del d.P.R. n. 394/1999, nell’indicare i requisiti necessari all’ottenimento del visto d’ingresso per lavoro subordinato, al comma 8, fa salva la facoltà per le Rappresentanze diplomatico-consolari di verificare i presupposti di cui all’art. 5 del medesimo decreto (ossia il luogo nel quale il richiedente è diretto, il motivo e la durata del soggiorno).

Quindi, coloro che richiedono il visto devono fornire alle Rappresentanze diplomatico-consolari prova delle condizioni che giustificano le finalità del viaggio e, qualora si tratti di un visto caratterizzato da necessaria temporaneità, dei presupposti dai quali si possa ragionevolmente ritenere il loro interesse a far rientro nel Paese di origine.

E la verifica della sussistenza di tali elementi impone, pertanto, di effettuare la valutazione del cosiddetto rischio migratorio (cfr. Cons. St., I, par. n. 2530/2018), tenendo conto che il bene giuridico protetto in via primaria dalla normativa applicabile ratione materiae è rappresentato dall’interesse statuale alla prevenzione del rischio migratorio e non da quello del richiedente di entrare nel territorio nazionale (cfr. Cons. St., IV, n. 2361/2021).

Ora, la valutazione del rischio migratorio si connota in chiave latamente discrezionale e, dunque, può essere sindacata in sede giurisdizionale solo ab externo , per la palese sussistenza di macroscopiche abnormità logiche (cfr., ex multis , Cons. St., IV, n. 11744/2022).

15 – In relazione al versante giurisprudenziale, il Collegio rileva che in fattispecie sovrapponibili a quella in esame, questo Tribunale ha chiarito che:

- “ la mancata conoscenza da parte del lavoratore di circostanze fondamentali del futuro rapporto d’impiego, sono indicative della non veridicità del rapporto e non possono ritenersi sanate dalle risultanze documentali del nulla osta rilasciato dallo sportello unico per l’immigrazione ” (T.A.R. Lazio, Roma, I- quater n. 5317/2012;
id., III-ter n. 1799/2016;
id., III, n. 3690/2022);

- “ La mancata conoscenza, da parte del richiedente il visto, di aspetti fondamentali relativi al rapporto di lavoro ed al soggiorno in Italia e di una lingua idonea a rapportarsi con terzi nel luogo di destinazione è indicativa della probabile fittizietà del rapporto di lavoro, al cui svolgimento è finalizzata la richiesta di visto d'ingresso. Al riguardo, conviene anche ricordare che l'art. 31 del D.P.R. n. 394 del 1999, nell'indicare i requisiti necessari all'ottenimento del visto d'ingresso per lavoro subordinato, al comma 8, fa salva la facoltà da parte delle Rappresentanze diplomatico-consolari della verifica dei presupposti di cui all'art. 5 dello stesso Decreto (luogo nel quale il richiedente è diretto, motivo e durata del soggiorno)” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, IV, n. 12020/2022;
id., n. 12022/2022);

- “ la presenza di un nulla osta provvisorio per lavoro autonomo, rilasciato dalla competente Questura, non comporta l'automatico rilascio del visto di ingresso che è invece rimesso alla valutazione esclusiva delle Rappresentanze Consolari sulla base dei requisiti previsti dalla normativa nazionale ” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, IV, n. 3686/2022);

- “-… dalla motivazione dell’atto impugnato - e alla luce delle precisazioni rese dall’amministrazione nella relazione del 21.2.2019 ove risulta la mancata conoscenza, da parte del richiedente il visto, di elementi fondamentali relativi al rapporto di lavoro e al soggiorno in Italia - non paiono emergere i profili di illegittimità denunciati da parte ricorrente, risultando congruamente valutato il rischio migratorio ( ex multis sul punto T.A.R. Lazio, Roma, IV, n. 11004/2017).

16 – Calando le precedenti coordinate ricostruttive nella specie, il Collegio rileva che: i) anche nel caso del permesso per lavoro subordinato, doveva aver luogo la valutazione del rischio migratorio, a prescindere dall’emissione, da parte della Prefettura, del nulla osta per il lavoro stagionale;
ii) ai fini dell’accertamento del predetto rischio hanno assunto rilievo tutti gli elementi fattuali comprovanti le condizioni e le finalità del viaggio, come quelli valorizzati nel provvedimento avversato;
iii) in vista di tale accertamento, le risultanze documentali sono state sottoposte a vaglio nel corso dell’audizione dell’interessato presso la Sede Diplomatica.

Sulla base di quanto esposto da quest’ultima, il diniego di visto è intervenuto in quanto l’interessato, a seguito di puntuale intervista, non ha fornito indicazioni precise su elementi fondamentali del viaggio e sulla sua finalità, con particolare riferimento a quelli inerenti al rapporto di lavoro in Italia e all’attività lavorativa da svolgere.

E tali elementi, tutti valorizzati nel provvedimento avversato in una con le disposizioni normative rilevanti nella specie, risultano, ad avviso del Collegio, idonei a confortare l’immanenza nella specie del rischio migratorio.

Di conseguenza, è ragionevole che la Rappresentanza Diplomatica abbia potuto nutrire dubbi circa la corrispondenza tra le reali intenzioni del richiedente e quelle sottese alla tipologia del visto richiesto.

In definitiva, il Collegio ritiene che: i) gli elementi valorizzati nel provvedimento impugnato risultano di consistenza tale da sostanziare la sussistenza del rischio migratorio;
ii) la valutazione di quest’ultimo, sulla base di quanto emerso nel corso dell’intervista dell’interessato, risulta immune da profili di erroneità e illogicità manifeste.

17 – E ancora, nel valutare le circostanze che hanno determinato il diniego del visto, non si può trascurare che dall’ingresso per motivi di lavoro discende il diritto dell’interessato, non soltanto ad entrare e soggiornare sul territorio nazionale, ma anche a circolare liberamente nello Spazio Schengen.

Appare, dunque, applicabile l’art. 4, comma 3, del d.lgs n. 286/1998, che evidenzia gli obblighi internazionali assunti dall’Italia e la relativa responsabilità che il nostro Paese si è assunto a livello internazionale nei confronti degli altri Stati che formano lo Spazio Schengen, con particolare riferimento all’esame delle domande di visto, esame che deve avvenire con modalità rigorose, in modo tale che anche la minima mancanza dei requisiti previsti in capo al richiedente il visto conduca all’adozione di un provvedimento di diniego.

18 - In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto, atteso che la motivazione posta a base dell’avversato diniego è agevolmente evincibile sia, in sintesi, dal provvedimento impugnato, sia dalla documentazione depositata in giudizio dal Maeci, rispetto alla quale il ricorrente non ha opposto plausibili contestazioni, non soddisfacendo, quindi, l’onere della prova che sullo stesso incombe ex art. 64 cod.proc.amm..

19 - Le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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