TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-06-05, n. 202303387

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-06-05, n. 202303387
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202303387
Data del deposito : 5 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/06/2023

N. 03387/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01763/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1763 del 2020, proposto da S R, rappresentato e difeso dall'avvocato A R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Bacoli, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato V C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento:

1. Della comunicazione di rifiuto della CILA da parte dello Sportello Unico Edilizia (SUE) del Comune di Bacoli, inviata tramite Pec Certificata in data 30.01.2020 alle ore 10.49 all'ing. G Samardella (tecnico di fiducia del ricorrente), pec protocollata con numero 2020/2017 del 30.01.2020, con la quale, appunto, il SUE del Comune di Bacoli - in relazione alla pratica

CILA

247/2019 – comunicava il rifiuto della stessa, ed in particolare <<…Si rigetta per abusi edilizi…>>;
rifiuto della pratica mai notificato e/o comunicato al ricorrente che ne ha avuto scienza, tramite il proprio consulente tecnico di fiducia ing. Scamardella, sempre in data 30.01.2020 (cfr. all. 1);

2. Ordinanza di demolizione di opere abusive n. 8 del 05.02.2020 – prot. 2692 del Responsabile F.F. dell'area V del Comune di Bacoli geom. Vicidomini notificata ex art.140 cpc in data 12.02.2020, con la quale la P.A. INGIUNGE al ricorrente la demolizione a propria cure e spesa e nel rispetto delle leggi vigenti, delle opere realizzate in via Lido Miliscola n. 74 ed identificate nel Catasto Terreni al foglio 16 particella 922 ex 244 <<….Realizzazione di un muro di recinzione di lunghezza circa mt 25,00 spessore circa mt 0,40 e di altezza mt 0,80 circa, con sovrastante bauletto di calcestruzzo di spessore cm. 10 e paletti di legno e rete metallica…>>
con l'avvertenza che in caso di mancata ottemperanza all'ingiunzione a demolire, nel termine di 90 (novanta) giorni, sarà irrogata

la sanzione pecuniaria dell'importo di euro 20.000,00 prevista dal comma 4/bis dell'art. 31 DPR 380/01 nonché le opere realizzate e l'area di sedime (N.C.T. foglio 16 particella 922 ex 244) sono di diritto acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune di Bacoli (cfr. all. 2);

3. Ordinanza di demolizione di opere abusive n. 13 del 20.02.2020 – prot. 4323 del Responsabile dell'area V del Comune di Bacoli notificata in data 25.02.2020, con la quale la P.A. ingiunge al ricorrente la demolizione a propria cure e spesa e nel rispetto delle leggi vigenti, delle opere realizzate in via Lido Miliscola n. 74 ed identificate nel Catasto Terreni al foglio 16 particella 922 ex 244 <<….Realizzazione di un muro di recinzione di lunghezza circa mt 25,00 spessore circa mt 0,40 e di altezza mt 0,80 circa, con sovrastante bauletto di calcestruzzo di spessore cm. 10 e paletti di legno e rete metallica…>>
con l'avvertenza che in caso di mancata ottemperanza all'ingiunzione a demolire, nel termine di 90 (novanta) giorni, sarà irrogata la sanzione pecuniaria dell'importo di euro 20.000,00 prevista dal comma 4/bis dell'art. 31 DPR 380/01 nonché le opere realizzate e l'area di sedime (N.C.T. foglio 16 particella 922 ex 244) sono di diritto acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune di Bacoli (cfr. all. 3);

4. Di ogni altro atto, connesso, preordinato, conseguente e comunque collegato ed in particolare del Rapporto della Polizia Municipale prot.30885 del 30.12.2019.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bacoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. F D L nell’udienza di smaltimento del giorno 25 maggio 2023, tenuta da remoto con modalità Microsoft Teams , e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


1. Il nominato ricorrente ha impugnato il rifiuto della CILA e conseguenti ordinanze di demolizione per opere abusive in quanto realizzate senza permesso di costruire in area vincolata ex d.lgs. 42/004, area di protezione integrale.

Si è costituito il Comune di Bacoli per resistere al ricorso.

All’esito dell’udienza pubblica di smaltimento del giorno 25 maggio 2023, tenuta da remoto con collegamento tramite Microsoft Teams , il Collegio ha riservato la decisione in camera di consiglio.

2. Con il primo motivo parte ricorrente ha censurato il rifiuto della CILA sotto più profili.

Il ricorrente ha affermato che è nullo il provvedimento di rifiuto della CILA, in quanto manifestazione di potere non previsto e non tipizzato dal legislatore.

La censura è prova di fondamento. Sul punto la giurisprudenza ha affermato che « la CILA è del tutto inidonea a legittimare un’opera che è, e resta, sine titulo: la sua natura totalmente abusiva continua a poter essere rilevata, in ogni momento e senza limiti di tempo, dall’amministrazione competente […].Conseguentemente la P.A. mantiene sempre integro il potere di vigilanza contro gli abusi delineato in via generale dall’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001 (cfr. altresì in tal senso TAR Calabria, sez. II, 29 novembre 2018, n. 2052). Nella specie l’esercizio del potere consiste nel semplice rilievo, non soggetto a termini o procedure particolari e comunque non rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 21 - nonies della L. n. 241/1990, dell’inefficacia della CILA in vista della sospensione dei lavori e dell’adozione dei conseguenti provvedimenti repressivi » (T.A.R. Lazio, Sez. II quater, n. 11155 del 2019). Quindi l’atto impugnato non è emesso senza potere, ma è espressione del potere di vigilanza e sanzione, che l’amministrazione conserva dopo la presentazione della CILA, consistendo quindi nel semplice rilievo di inefficacia della stessa.

2.2. Nel primo motivo il ricorrente ha lamentato l’illegittimità del rifiuto della CILA anche perché non avrebbe ricevuto la comunicazione del preavviso di rigetto.

La censura è infondata. In primo luogo il rifiuto di CILA, per i motivi già illustrati, non integra un rigetto in senso tecnico per il quale occorrerebbe il preavviso di rigetto, ma costituisce al più l’esercizio dei poteri di vigilanza e di sanzione spettanti all’amministrazione pur a fronte della presentazione della CILA. In secondo luogo, pur se volesse ritenersi la natura provvedimentale, l’atto impugnato sarebbe connotato dal carattere vincolato, per cui l’omissione del preavviso di rigetto, mancando la dimostrazione degli elementi che il ricorrente avrebbe potuto addurre in sede procedimentale per convincere l’amministrazione, non comporta l’annullabilità dell’atto (essendo l’atto emesso in data 30.1.2020, non trova applicazione ratione temporis la modifica del c. 2 dell’art. 21 octies l. 241 del 1990 così come modificato dal d.l. n. 76 del 16.7.2020).

3. Con il primo motivo il ricorrente ha altresì lamentato l’illegittimità della CILA per insufficienza della motivazione, nel punto in cui si sarebbe limitata a richiamare abusi edilizi.

Con il secondo motivo il ricorrente ha lamentato l’illegittimità degli ordini di demolizione, evidenziando che le opere, non integrando restauro di parti strutturali e portanti per il quale occorrerebbe la SCIA, consistono nel mero rifacimento e restauro di un muro di cita preesistente da tempo immemorabile, per il quale è sufficiente la presentazione della SCIA.

Gli ordini di demolizione sono stati censurati nel secondo motivo anche sotto il profilo dell’autorizzazione paesaggistica, la quale, secondo il ricorrente, non occorrerebbe per il tipo di intervento per cui è causa, nonché sotto il profilo urbanistico, in quanto l’intervento ricadrebbe in “zona bianca”, in cui sarebbe possibile effettuare interventi come quello per cui è causa.

Con il terzo motivo il ricorrente ha lamentato l’illegittimità degli ordini di demolizione in quanto per l’apposizione di recinzioni occorrerebbe la SCIA o il permesso di costruire in ragione, rispettivamente, del carattere modesto o significativo dell’intervento e dell’impatto sul paesaggio. Secondo il ricorrente la recinzione sarebbe di modesta grandezza ed entità, per cui al limite sarebbe sufficiente la SCIA, mentre non occorrerebbe il permesso di costruire.

Con il terzo motivo il ricorrente ha censurato gli ordini di demolizione anche perché, essendo in tesi il muro di recinzione una pertinenza e comunque un intervento di lieve entità, sarebbe applicabile al più la sanzione pecuniaria, ma non l’ordine di demolizione.

Tali censure, che per la loro intima connessione possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate.

In primo luogo, il ricorrente non era legittimato a presentare la CILA, la quale per legge può essere presentata solo dal proprietario, comproprietario, usufruttuario dell’immobile su cui verrà eseguito l'intervento, oppure dall’inquilino che utilizza l’immobile in base ad un contratto di affitto con il consenso del proprietario dell’immobile. Nel caso in esame il ricorrente è mero locatario, senza avere però ottenuto il consenso del proprietario ai fini della realizzazione dell’intervento per cui è causa. Infatti nel contratto di locazione tra C.I.C. e la Nautica Race s.n.c., il punto 6), rubricato “ Obbligazioni del conduttore ”, è stabilito che “ Al conduttore è vietato effettuare addizioni e modifiche sulla cosa locata, salva l'applicazione degli artt. 1592 e 1593 c.c. Si conviene che il conduttore, in considerazione delle esigenze dell'attività dallo stesso esercitata, non potrà effettuare nei locali in oggetto alcuna opera muraria e/o modificazione dello stato di fatto dell'immobile. Eventuali lavori, solo se necessari, dovranno essere autorizzati direttamente e per iscritto dalla società e potranno essere realizzati solo se muniti delle autorizzazioni amministrative ”. Non risulta che tale autorizzazione del proprietario sia intervenuta.

In secondo luogo, l’intervento viola la fascia di rispetto idrico, per cui è violato il conseguente vincolo di inedificabilità assoluta. In particolare, l'intera area del Lago Miseno è stata oggetto di atto di indemaniazione Reg.n.120, Rep.n.35 del 03.02.1982, con concessione in uso al Centro Ittico Campano S.p.A., per cui la zona circumlacuale su cui insiste la pista ciclabile è area demaniale rilasciata in uso al C.I.C. Di conseguenza in tale area trova applicazione il R.D. sulle opere idrauliche 25 luglio 1904 n. 523, il cui art. 96 prevede la c.d. “Fascia di Rispetto”, cioè la distanza minima dai corsi d'acqua. Sul punto, occorre evidenziare che “ in linea generale il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d’acqua, previsto dall’art. 96, lett. f), del Testo Unico 25 luglio 1904, n. 523, ha carattere legale, assoluto e inderogabile, ed è diretto al fine di assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche e soprattutto il libero deflusso delle acque scorrenti nei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici ” (Cassazione civile, sezioni unite, 30 luglio 2009, n. 17784). Orbene, nel caso in esame le opere realizzare necessitavano di titolo abilitativo, nel rispetto delle norme urbanistiche, demaniali e delle disposizioni sul rispetto idrico, non essendo all’uopo sufficiente la mera presentazione della CILA. Peraltro, con specifico riferimento al Lago Miseno, dove è collocato l’intervento per cui è causa, il “ Verbale di Consegna delle pertinenze relative alle acque ubicate in Bacoli, località Lago Fusaro e Lago Miseno ” in favore del C.I.C., stabilisce alla let.B), punto 4), che la fascia di rispetto del circumlago Miseno deve avere una larghezza minima di ml.5,00;
tuttavia il ricorrente ha edificato il muro oltre il confine dell'area a lui concessa in locazione dal C.I.C., così occupando senza titolo il suolo demaniale e violando la “fascia di rispetto” in quanto il muro è stato realizzato ad una distanza rispettivamente di mt 3,80 sul fronte SUD, e mt 4,20 sul fronte Est.

In terzo luogo, le “modifiche volumetriche” previste dall'art. 10 del D.P.R. 380/2001 per le attività di ristrutturazione edilizia devono consistere in diminuzioni o trasformazioni dei volumi preesistenti ovvero in incrementi volumetrici modesti, tali da non configurare apprezzabili aumenti di volumetria;
tali presupposti non si verificano nel caso in esame, in ragione dell’entità dell’opera.

In quarto luogo, non è condivisibile l’assunto del ricorrente secondo cui l’opera ricadrebbe in “zona bianca” per cui non occorrerebbe alcun titolo abilitativo. Secondo il ricorrente l’area sarebbe inquadrabile come “zona bianca” in quanto la programmazione urbanistica messa in atto dall'Amministrazione locale immediatamente dopo l'adozione del P.R.G. non ha portato ad adottare la prevista procedura di acquisizione al patrimonio comunale con procedura di esproprio di tali aree, così che sarebbe decaduto il termine quinquennale previsto dal D.M. 1444/1968 per tale acquisizione, per cui a seguito di tale decadenza sarebbero decaduti i vincoli d’uso preordinati al PRG e le aree interessate sarebbero divenute “Zone Bianche”, prive quindi di una specifica regolamentazione.

Il Collegio rileva che la cessazione di efficacia di un piano attuativo non eseguito non comporta che l'area interessata diventi priva di disciplina urbanistica, ma resta soggetta alle prescrizioni della norma di cui all'art. 4, ultimo comma, della legge 28.01.1977 n. 10, confluita nell'art. 9 D.P.R. n.380/2001.

In quinto luogo, con riguardo al profilo paesaggistico, in merito alla disciplina dei muri di recinzione la condivisibile giurisprudenza ha affermato che occorre il permesso di costruire nel caso di opera realizzata in aree in cui soccorre l’autorizzazione paesaggistica o il nulla osta di un Ente Parco (Cass., 11 maggio 2018, n. 20739). Nel caso in esame il Comune di Bacoli rientra appunto nell'Ente Parco Regionale dei Campi Flegrei istituito con legge regionale n. 33 del 1 settembre 1993, per cui l’area è sottoposta al regime di tutela e di gestione di cui al Piano Territoriale del Parco alle Norme di Salvaguardia. Ne consegue che ogni intervento da realizzare nell’area dell’Ente Parco Regionale dei Campi Flegrei richiede il parere preventivo dell'ente Parco;
inoltre, in applicazione dei descritti principi espressi dalla S.C., occorre il permesso di costruire.

In sesto luogo, il Collegio condivide l’orientamento secondo il quale « Per quanto il testo unico dell’edilizia non contenga sul punto indicazioni dirimenti non vi è detto infatti se il muro di cinta necessiti del permesso di costruire in quanto intervento di nuova costruzione, ai sensi degli artt. 3, comma 1, lettera e), e 10 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ovvero se sia sufficiente la denuncia di inizio di attività di cui all’articolo 22 del medesimo d.P.R. n. 380 l’orientamento consolidato di questo Consiglio di Stato, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, è nel senso che più che all’astratto genus o tipologia di intervento edilizio (sussumibile nella categoria delle opere funzionali a chiudere i confini sui fondi finitimi) occorrere far riferimento all’impatto effettivo che le opere a ciò strumentali generano sul territorio. Con la conseguenza che si deve qualificare l’intervento edilizio quale nuova costruzione quante volte abbia l’effettiva idoneità di determinare significative trasformazioni urbanistiche e edilizie (cfr. Sez. VI, 4 luglio 2014 n. 3408). Sulla base di tale approccio, la realizzazione di muri di cinta di modesti corpo e altezza è generalmente assoggettabile al solo regime della denuncia di inizio di attività (Sez. IV, 3 maggio 2011, n. 2621;
sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 10). Per converso, il muro di contenimento che crei un nuovo dislivello o aumenti quello esistente costituisce una nuova costruzione, soggetta al rilascio del permesso di costruire, allorquando, avuto riguardo alla sua struttura e all’estensione dell’area relativa, lo stesso sia tale da modificare l’assetto urbanistico del territorio, così rientrando nel novero degli interventi di nuova costruzione
» (Cfr. Consiglio di Stato, Sezione Sesta, con Sentenza n. 4169 del 2018). Quindi solo le recinzioni che per le loro caratteristiche non modificano lo stato dei luoghi o l’assetto idro-geologico e non alterano il paesaggio, possono essere realizzate senza autorizzazione paesaggistica;
invece, se le recinzioni hanno un impatto sul paesaggio, è richiesta l’autorizzazione paesaggistica, in mancanza della quale l’amministrazione può emettere ordinanza di demolizione. Nel caso in esame la recinzione in muratura e struttura in metallo (della lunghezza di mt 25,00, di spessore circa mt 0,40, e di altezza mt 0,80 circa, con sovrastante bauletto di calcestruzzo di spessore cm 10 e paletti di legno e rete metallica) altera il paesaggio, in quanto realizza una interruzione al naturale susseguirsi di piante e vegetazione spontanee;
peraltro l’impatto sul paesaggio, come evidenziato dall’amministrazione, emerge anche dalla circostanza che nessun fondo vicino a quello del ricorrente è prospiciente è dotato di un muro di cinta analogo a quello del ricorrente. Contrariamente alla ricostruzione del ricorrente, si tratta quindi di violazione non lieve, ma di rilevante entità, la cui sanzione non può che essere l’ordine di demolizione, e non certo la sanzione pecuniaria come invece prospettato dal ricorrente.

4. Infine il ricorrente ha lamentato che l’amministrazione abbia erroneamente esercitato il potere di cui all’art. 31 del dpr 380/01 in luogo di quello di cui all’art. 35 dpr 380/01;
in tesi, sarebbe quest’ultima la norma applicabile, in quanto la proprietà dell’area di sedime risulta essere del Centro Ittico Campano Spa in liquidazione, che è società partecipata al 100 % del Comune di Bacoli. Dall’applicazione dell’art. 31 in luogo dell’art. 35 deriverebbero, secondo il ricorrente, i seguenti pregiudizi al destinatario dell’ordine di demolizione: l’ingiunzione della demolizione senza previa diffida a demolire;
la possibilità di applicazione della sanzione pecuniaria fino a euro 20.000,00;
l’acquisizione al patrimonio comunale;
l’omessa comunicazione all'ente proprietario del suolo.

A prescindere dall’eventuale applicabilità, nella fattispecie in esame, dell’invocato art. 35 in luogo dell’art. 31 dpr 380/01 applicato dall’amministrazione con i provvedimenti impugnati, il Collegio evidenzia che a monte non sussistono i concreti e attuali pregiudizi prospettati dal ricorrente per l’applicazione dell’art. 31 in luogo dell’art. 35.

In primo luogo, anche nel provvedimento impugnato è contenuta la diffida a demolire, prevedendosi anche il termine per adempiere pari a 90 giorni, mentre tale termine non è previsto nell’art. 35, così che sotto tale profilo il procedimento di cui all’art. 31 per l’autore dell’abuso è più garantista rispetto a quello di cui all’art. 35.

In secondo luogo i provvedimenti impugnati non applicano la sanzione pecuniaria, limitandosi a preannunciarla. Per cui la lesione al limite sussisterebbe solo nel momento in cui il provvedimento applicativo della sanzione venga emesso, e solo nei confronti di tale provvedimento, divenuta attuale la lesione, il ricorrente potrà articolare la prospettata censura.

In terzo luogo, nessuna lesione può derivare dalla previsione dell’acquisizione al patrimonio comunale prevista nel provvedimento emesso ex art. 31 e non contemplata nell’art. 35: è ovvio che l’art. 35 non preveda tale misura in quanto presupposto applicativo dell’art. 35 è che l’area di sedime appartenga già al patrimonio pubblico. Quindi nessun pregiudizio deriva al ricorrente in ordine all’area di sedime, in quanto essa è già di proprietà pubblica nel caso in esame, né in ordine al manufatto, che comunque deve essere demolito.

In quarto luogo, il ricorrente non ha prospettato quale tipo di lesione possa derivargli dall’omessa comunicazione all'ente proprietario del suolo;
piuttosto è l’ente proprietario che potrebbe in astratto dolersi. A prescindere da tali rilievi, occorre comunque evidenziare che la società proprietaria dell’area occupata è partecipata al 100% dal Comune di Bacoli, cioè la stessa amministrazione che ha emesso le ordinanze di demolizione, per cui anche sotto tale profilo non si prospetta una concreta lesione.

5. Il ricorso è pertanto respinto.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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