TAR Venezia, sez. I, sentenza 2019-03-20, n. 201900351

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2019-03-20, n. 201900351
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201900351
Data del deposito : 20 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/03/2019

N. 00351/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01157/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1157 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
M O, S B, A I, G B, F G, G D, D O, A M e M R, rappresentati e difesi dagli avvocati E P e M M, con domicilio eletto presso e nella Segreteria del T.A.R. Veneto, in Venezia Cannaregio 2277/2278;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, presso i cui uffici domicilia in Venezia, piazza S. Marco, 63;
Ministero della Difesa, Comando Forze Operative Nord, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;
Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Dipartimento Impiego del Personale, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;
Ministero della Difesa, 15° Centro Rifornimenti e Mantenimento, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- per quanto riguarda il ricorso introduttivo, ciascuno per quanto di propria competenza, dei seguenti atti:

Nota-determinazione del Comando Forze Operative Nord Prot. M_D E26347 Reg 2017 0068614 del 09.08.2017, a firma del Com. Gen. C.A. Bruno Strano, comunicata al 1° Mar. Ortolan Massimilano il 16.08.2017;

Nota-determinazione del Comando Forze Operative Nord, Prot. M_D E26347 REG 2017 0068613 del 09.08.2017, a firma del Com. Gen. C.A. Bruno Strano, comunicata al Ten. Col. Oliva Daniele il 09.08.2017;

Nota-determinazione del Comando Forze Operative Nord, Prot. M_D E26347 REG 2017 0068612 del 09.08.2017 a firma del Com. Gen. C.A. Bruno Stano, comunicata al Ten. Col. A I il 30.08.2017;

Nota-determinazione dello Stato Maggiore dell'Esercito Dipartimento Impiego del Personale, Prot. M_D E24094 REG 2017 0053780 del 05.07.2017, a firma del Capo Dipartimento Gen. D. Franco Primicerj, comunicata al Gen. B. G D il 05.07.2017;

con le quali sono state rigettate le richieste dei quattro ricorrenti sopracitati, volte ad ottenere il riconoscimento e la liquidazione dell'indennità di trasferimento di cui all'art. 1, 1° comma, L. 29.03.2001 n. 86, nonché gli emolumenti spettanti di cui alla L. n. 836 del 18.12.1973 e ss. mm., oltre ad ogni altro beneficio spettante e direttamente o indirettamente correlato al citato trasferimento, e di ogni altro atto presupposto e conseguente

e comunque per l’accertamento

del diritto di tutti i ricorrenti a percepire le indennità di trasferimento di cui all'art. 1, 1° comma, L. 29.03.2001 n. 86, gli emolumenti spettanti di cui all' art. 21 L. n. 836/1973 come modificato dall'art. 12 L. n. 417/1978 e integrata dall'art. 4, 44° comma, L. n. 183/2011 (che specifica la non applicazione del requisito del trasferimento della residenza per i dipendenti della Difesa), il trattamento economico di cui all'art. 12, 5° comma, DPR 16.04.2009 n. 52, nonché ogni altro beneficio spettante, direttamente o indirettamente, in conseguenza della soppressione e/o riorganizzazione e/o riconfigurazione e/o ridislocazione dei rispettivi comandi, reparti, reggimenti, caserme, enti, uffici e per la

condanna

del Ministero della Difesa al pagamento dei suddetti emolumenti oltre interessi da dì del dovuto all'integrale soddisfo;

- per quanto riguarda i motivi aggiunti, depositati dai ricorrenti S B, G B, F G e A M in data 15 dicembre 2017:

per gli stessi motivi di cui al ricorso principale, dei successivi ulteriori atti e in particolare della Nota Stato Maggiore dell'Esercito 26.09.2017 e della Nota Comando Forze Operative Nord Direzione di Intendenza M_D E26347 REG2017 0083791 03.10.2017, comunicati il 03.10.2017, di rigetto delle istanze di corresponsione delle indennità di trasferimento, nonché di ogni atto conseguente e presupposto, nei confronti del Ministero della Difesa, del Comando Forze Operative Nord;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2019 il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I ricorrenti - tutti militari dipendenti del Ministero della Difesa - espongono quanto segue:

- con dispaccio n. 17770/SU.NAZ.

5.3.4.2 del 22.09.2010 lo Stato Maggiore dell’Esercito ha disposto il trasferimento del Mar. Ca. M O dalla Sede di Treviso Distaccamento Logistico di Proiezione (causa soppressione dello stesso) alla sede di Vicenza Comando USA SETAF a far data dal 24.09.2010 al 01.08.2016, cui è seguito nuovo trasferimento;

- con dispaccio n. 1966/098/6.17.4 del 22.09.2010 di Statesercito Ufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Cap. Ammcomm. Spe. S B dalla Brigata Logistica di Proiezione sede di Treviso (causa riconfigurazione/soppressione della stessa) al Reggimento Lagunari Serenissima sede di Mestre (VE) e quindi (d’autorità) dal 01.09.2014 al Presidio Militare di Venezia sede di Venezia;

- con dispaccio n. 65/092/6.17.4 del 24.01.2011 di Statesercito Ufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Magg. a. A I dal Distaccamento del Comando Logistico di Proiezione sede di Treviso (causa soppressione dello stesso) al Primo Comando Forze di Difesa sede di Vittorio Veneto a far data dal 01.02.2011;

- con dispaccio n. 664/091/6.17.4 del 17.06.2010 di Statesercito Ufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Col. f. (lag.) G B dal Distaccamento di Com.Sup.F.O.Ter. sede di Treviso (causa soppressione/ridislocazione dello stesso) al Centro Documentale sede di Padova a far data dal 26.07.2010;

- con dispaccio n. 17770/SU.NAZ.

5.3.4.2 del 22.09.2010 di Statesercito SottoUfficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Primo Mar. F G dal Distaccamento del Comando Logistico di Proiezione sede di Treviso (causa soppressione dello stesso) all’Ufficio Revisione Contabilità e Materia Decentrata sede di Padova a far data dal 24.09.2010;

- con dispaccio n. 650/091/6.17.4 del 17.06.2010 di Statesercito Ufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Col. f. (alp.) G D dal Com.Sup.F.O.Ter, nella Forza Amministrata Matricolare della Brigata Logistica di Proiezione sede di Treviso (causa soppressione/ridislocazione dello stesso) al Comando Militare Esercito Veneto sede di Padova a far data dal 26.07.2010;

- con dispaccio n. 67/092/6.17.4 del 24.01.2011 di Statesercito Ufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Magg. a. (c/a) D O dal Distaccamento del Comando Logistico di Proiezione sede di Treviso (causa soppressione dello stesso) al Primo Comando Forze di Difesa sede di Vittorio Veneto (TV) a far data dal 01.02.2011;

- con dispaccio n. 1546/SU.NAZ/5.3.4.2 del 25.01.2011 di Statesercito SottoUfficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Primo Mar. A M dal Distaccamento Comando Logistico di Proiezione sede di Treviso (causa soppressione dello stesso) al Comando Presidio Militare sede di Padova a far data dal 01.02.2011;

- con dispaccio n. 19272/SU.NAZ/5.3.4.2 del 15.10.2010 di Statesercito SottoUfficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Mar. Ca. M R dal Distaccamento del Comando Logistico di Proiezione sede di Treviso (causa soppressione dello stesso) al Primo Comando Forze di Difesa sede di Vittorio Veneto (TV) a far data dal 26.10.2010.

I ricorrenti espongono di aver avanzato a seguito dei sopra citati provvedimenti di trasferimento, ai rispettivi Comandi di appartenenza, formale richiesta di liquidazione e pagamento delle spettanze a titolo indennità di trasferimento di cui all’art. 1, 1° comma, L. 29.03.2001 n. 86, gli emolumenti spettanti di cui all’ art. 21 L. n. 836/1973 come modificato dall’art. 12 L. n. 417/1978 e come integrato dall’art. 4, 44° comma, L. n. 183/2011, in vigore solo dal 01.01.2012 (che specifica comunque la non applicazione del requisito del trasferimento della residenza per i dipendenti della Difesa), il trattamento economico di cui all’art. 12, 5° comma, DPR 16.04.2009 n. 52, nonché ogni altro beneficio spettante, direttamente o indirettamente, in conseguenza del trasferimento per soppressione e/o riorganizzazione e/o riconfigurazione e/o ridislocazione dei rispettivi comandi, reparti, reggimenti, caserme, enti, uffici.

Al momento della proposizione del ricorso introduttivo del giudizio solo i ricorrenti M O, D O, A I e G D avevano ricevuto risposta - negativa - sulle rispettive istanze.

Affermando il carattere immotivato ed illegittimo degli atti di diniego in questione nonchè il diritto all’accertamento dei crediti vantati ed alla conseguente statuizione di condanna, gli esponenti hanno proposto ricorso, articolando le domande in epigrafe.

Le tesi dei ricorrenti sono state ulteriormente argomentate nella memoria depositata in data 1 febbraio 2019.

1.1. Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, contestando, perché infondato in fatto ed in diritto, quanto dedotto a fondamento della asserita illegittimità del provvedimento gravato.

1.2. Dopo la notifica del gravame introduttivo, gli esponenti S B, G B, F G e A M, hanno rappresentato di aver ricevuto formale rigetto dell’istanza di corresponsione delle indennità, avverso il quale hanno esteso con motivi aggiunti la domanda di annullamento per i motivi già indicati nel ricorso principale.

1.3. All’udienza pubblica del 6 marzo 2019, presenti i difensori delle parti ricorrente e resistente, come da verbale, i quali si sono riportati alle conclusioni già prese chiedendone l’accoglimento, il Collegio si è riservato di provvedere e ha trattenuto la causa in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio rileva, in primo luogo, che la posizione giuridica dedotta in giudizio dai ricorrenti ha natura di diritto soggettivo avente carattere patrimoniale , sicché le domande proposte, sebbene prospettate innanzitutto come azioni di annullamento degli atti di diniego in ordine alla corresponsione delle indennità sono qualificabili come azioni di accertamento e di condanna (peraltro espressamente articolate a pag. 3 del ricorso introduttivo) e non involgono la legittimità dell’esercizio del potere pubblico.

E’ noto, invero, che nel contenzioso sul c.d. pubblico impiego si deve distinguere tra controversie relative ad atti autoritativi , attinenti alla costituzione, modificazione o estinzione del rapporto d'ufficio, e controversie relative ad atti o comportamenti paritetici , attinenti all'adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di servizio;
le prime, in quanto concernenti interessi legittimi, seguono le regole processuali dettate per la giurisdizione generale di legittimità (quali, exempli gratia , quelle che subordinano l'ammissibilità del ricorso all'impugnazione di una determinazione amministrativa, immediatamente e direttamente lesiva, contenuta in un formale provvedimento);
le seconde, invece, in quanto concernenti diritti soggettivi (od altre situazioni soggettive ad essi riconducibili) sono state da tempo sganciate dalle regole suddette, ed in particolare da quelle che subordinano il ricorso all'impugnativa di una specifica determinazione amministrativa, e ciò in quanto il comportamento amministrativo che concreta la lesione rileva non come atto bensì come semplice fatto, e cioè come inadempimento di una obbligazione preesistente, ed è quindi espressione di una condotta che non rientra nell'area del diritto pubblico, riservata all'amministrazione, ma nell'area del diritto comune, in cui quest'ultima può operare alla pari di qualsiasi operatore privato, ed in cui qualsiasi comportamento concludente può esser valutato dal giudice senza alcuna preclusione.

Ne consegue che il thema decidendum del presente giudizio è costituito dalla valutazione della fondatezza delle pretesa dedotte in ordine alla spettanza del “bene della vita”, vale a dire le indennità richieste, mentre non hanno rilievo eventuali vizi prospettati in relazione agli atti dell’Amministrazione (cfr., in particolare, pag. 11 del ricorso, circa i vizi dedotti in ordine alla motivazione dei dinieghi).

Ciò premesso, si esamineranno partitamente le tre voci indennitarie oggetto della specifica pretesa dei ricorrenti (indennità di trasferimento di cui all'art. 1, comma 1, legge 29 marzo 2001, n. 86;
indennità di cui all'art. 21 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, rivisitata dall’art. 12 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e integrata dall'art. 4, comma 44, L. n. 183/2011;
indennità di cui all'art. 12, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica del 16 aprile 2009, n. 52).

2. In ordine alla c.d. indennità di trasferimento, il Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 29 gennaio 2016, n. 1, ha formulato il seguente principio di diritto: “ Prima dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228 - che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 - spetta al personale militare l’indennità di trasferimento prevista dal comma 1 del medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede di servizio dovuto a soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di appartenenza (o relative articolazioni), anche in presenza di clausole di gradimento (o istanze di scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli ulteriori presupposti individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova e l’originaria sede di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in comuni differenti ”.

Ne consegue che i presupposti per il diritto di credito all’indennità di trasferimento in questo caso sussistono, in quanto la distanza tra le originarie e le nuove sedi di servizio è superiore ai 10 chilometri e le stesse sono ubicate in Comuni differenti .

I ricorrenti evidenziano nel gravame introduttivo del giudizio l’irrilevanza della presentazione di domande di trasferimento e/o dell’espressione di gradimento (cfr. pagg. 6 e ss.) nonché il fatto che i trasferimenti in questione sono avvenuti tutti anteriormente all’entrata in vigore (01.01.2013) dell’art. 1, comma 163, legge 24 dicembre 2012, n. 228 sicchè è ad essi applicabile il principio di diritto enunciato dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria (cfr. pagg. 9 e ss.).

Sempre nel ricorso introduttivo, gli esponenti argomentano nel senso che il termine di prescrizione da applicare agli emolumenti in questione è quello decennale (cfr. pagg. 9 e ss.) ma, ammesso e non concesso di applicare la prescrizione quinquennale, comunque essa decorrerebbe dal provvedimento, positivo o negativo, dell’Amministrazione sull’istanza o, in via subordinata, dalla cessazione del trasferimento con cui termina il disagio indennizzato o, in denegatissima ipotesi, dalle singole scadenze mensili, che non risulterebbero quindi prescritte (cfr. pag. 10).

Sul punto va peraltro evidenziato che la difesa erariale – nel controricorso depositato in data 30 ottobre 2017 - non contesta la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’indennità de qua in favore dei ricorrenti, limitandosi ad eccepire l’intervenuta prescrizione (quinquennale) dei diritti di credito vantati dagli esponenti.

La soluzione della questione relativa alla spettanza o meno dell’indennità de qua , quindi, dipende esclusivamente dall’individuazione della durata del termine entro il quale il diritto di credito poteva essere fatto valere da ciascuno degli esponenti: occorre interrogarsi, in altri termini, sul regime prescrizionale cui è soggetto il diritto a percepire l’indennità medesima.

Sul punto la giurisprudenza amministrativa ha elaborato due tesi contrapposte.

a) Secondo un primo indirizzo interpretativo, il diritto in questione sarebbe soggetto a prescrizione decennale .

Secondo tale indirizzo (in base al quale la tesi fondata sull’art. 2, comma 1, del regio decreto legge 19 gennaio 1939, n. 295, come modificato dall’art. 2 della legge 7 agosto 1985, n. 428, che richiama il D.L.Lgt. 2 agosto 1917, n. 1278, non è accoglibile posto che tale decreto è stato abrogato - a decorrere dal 16 dicembre 2009 - dall’art. 2 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, convertito con modificazioni nella legge 1° febbraio 2009, n. 9) va applicato il comma 2 dell’art. 2 del R.D.L. n. 295/1939, il quale aggiunge che “ il termine di prescrizione quinquennale [ ] decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ”, norma che ha determinato l’orientamento secondo cui la prescrizione decennale opera in luogo di quella quinquennale tutte le volte che il credito retributivo non sia immediatamente determinato o determinabile, ma presupponga una previa attività dell'Amministrazione di ricognizione dei presupposti di fatto, ai fini della quantificazione dell'entità del credito stesso;
in questi casi, fino a quando tale attività non sia posta in essere, il dipendente può far valere le proprie ragioni di pretesa entro il termine ordinario di prescrizione.

Stando all’orientamento in esame, in tale ipotesi rientra appunto l’indennità di che trattasi, che non può essere riconosciuta senza che l'Amministrazione abbia valutato le posizioni individuali dei soggetti contemplati dalla norma, al fine di accertare la sussistenza delle condizioni necessarie per l'attribuzione del beneficio economico richiesto.

Si osserva, inoltre, che dopo l'entrata in vigore dell'art. 2 della legge n. 428/1985 - che ha elevato da due a cinque anni il termine prescrizionale delle rate di stipendio e delle differenze arretrate dei dipendenti pubblici e ha quindi equiparato il regime dei crediti degli stessi alla disciplina generale sui crediti di lavoro prevista dall'art. 2948, n. 4, cod. civ. - tutti gli emolumenti corrisposti ai pubblici dipendenti in funzione dell'esercizio dell'attività lavorativa sarebbero soggetti alla prescrizione quinquennale, senza alcuna distinzione per l'ipotesi che il credito retributivo sia contestato o comunque richieda un formale atto di accertamento da parte dell'Amministrazione;
non avrebbe dunque più alcun valore la distinzione giurisprudenziale fondata sul presupposto (legislativo, normativo o provvedimentale) che aveva costituito in precedenza il discrimine tra l'applicazione del termine quinquennale e quello decennale.

Tuttavia tale indirizzo si riferisce agli “ emolumenti corrisposti ai pubblici dipendenti in funzione dell'esercizio dell'attività lavorativa ”, ma poiché l’indennità di trasferimento non ha carattere sinallagmatico della prestazione di lavoro, ma riveste la funzione di mitigare i disagi, anche economici, connessi al mutamento della sede, disposto d’autorità, continuano a valere per essa le ragioni sopra ricordate, in virtù delle quali il relativo diritto è soggetto al termine ordinario di prescrizione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 febbraio 2015, n. 558;
per la giurisprudenza di primo grado cfr., ex plurimis , T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sez. I, 18 febbraio 2019, n. 77;
T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sez. I, 28 marzo 2018, n. 81;
T.A.R. Lazio, Roma, 20 aprile 2017, n. 4796;
T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 23 febbraio, 2017, n, 108).

b) l’opposta ricostruzione interpretativa ha invece fatto propria la tesi della prescrizione quinquennale (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 2005, n. 4770;
T.A.R. Veneto, sez. I, 8 marzo 2017, n. 233;
T.A.R. Molise, sez. I, 5 agosto 2011, n. 235).

Il Collegio, anche alla luce del recentissimo intervento del Giudice di seconde cure (Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2019, n. 1470), ribadisce il proprio orientamento in base al quale il diritto alla percezione dell’indennità di trasferimento ex art. 1 della legge n. 86/2001 si prescrive in cinque anni.

Ed invero, l’art. 2, comma 1, del R.D.L. n. 295/1939 – nel testo modificato dalla legge n. 428/1985 - stabilisce che “ le rate di stipendio e di assegni equivalenti, le rate di pensione e gli assegni indicati nel D.L.Lgt. 2 agosto 1917, n. 1278, dovuti dallo Stato, si prescrivono con il decorso di cinque anni ”.

La disposizione è stata così sostituita dall’art. 2 della legge citata n. 428/1985, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 7 aprile 1981, n. 50, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma precedentemente contenuta nel medesimo art. 2, comma 1, del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, la quale fissava in due anni il termine di prescrizione delle rate di stipendio ovvero di pensione, nonché degli assegni indicati nel D.L.Lgt. 2 agosto 1917, n. 1278.

Ora, se è vero che l’allegato 1 del decreto legge n. 200/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 9 del 2009, ha abrogato il D.L.Lgt. n. 1297/1917 (che fa riferimento anche alle indennità di tramutamento e consimili), è altrettanto vero che il contenuto di tale norma è stato recepito, attraverso un c.d. rinvio statico , nell’art. 2, comma 1, R.D.L. n. 295/1939 e nell’art. 2 della legge n. 428/1985 che non hanno costituito oggetto di abrogazione.

In altri termini, l’art. 2 della legge n. 428/1985, nel sostituire il comma 1 dell’art. 2 del R.D.L. n. 295/1939, che fa riferimento agli assegni indicati nel D.L.Lgt. n. 1278/1917, ha operato un rinvio statico a tale disposizione, con conseguente incorporazione della norma oggetto del rinvio in quella rinviante e con l’ulteriore conseguenza che le vicende della disposizione oggetto di rinvio non si riflettono sul rinvio stesso.

Sul punto può dirsi, in generale, che il congegno del rinvio , statico (detto anche fisso, materiale, redazionale, recettizio) o dinamico (detto anche mobile, formale, non recettizio) che sia, ricorre ogni qualvolta una disposizione normativa non provvede direttamente alla disciplina della materia cui si riferisce, ma la rimette ad altre disposizioni o fonti.

Il rinvio rappresenta, invero, una tecnica di produzione normativa frequentemente utilizzata dal legislatore all'evidente scopo di semplificare ed accelerare il lavoro di stesura del testo.

In linea di massima, la distinzione tra rinvio statico e dinamico (ovvero formule equivalenti) va per l'appunto ancorata al contenuto della disposizione rinviante, a secondo che essa rimetta l'individuazione della disciplina da applicarsi ad una fonte o esclusivamente ad una diversa ed ulteriore specifica disposizione : il rinvio alla fonte attribuisce rilievo a tutte la norme che la fonte di volta in volta produrrà e, così, a tutte le modifiche che queste eventualmente subiranno;
il rinvio ad una individuata disposizione, per contro, dà luogo ad un congegno di incorporazione della disposizione oggetto del rinvio in quella rinviante, con la conseguenza che il rinvio è qualificato come fisso proprio allo scopo di evidenziare che le vicende della disposizione oggetto di rinvio non si riflettono sul rinvio stesso (cfr. Cass. civ., sez. I, 11 agosto 2016, n. 17038).

Sul piano degli effetti, il rinvio recettizio si distingue dal rinvio non recettizio perchè nel primo caso la norma richiamante incorpora la norma richiamata, restando insensibile ai successivi mutamenti di questa;
nel caso di rinvio non recettizio, invece, la norma richiamante non assorbe quella richiamata, di talchè tutte le successive modifiche di quest'ultima, come pure la sua abrogazione, riverbereranno effetti sulla norma richiamante;
sul piano dell'interpretazione, il rinvio recettizio si distingue da quello non recettizio perchè il primo è sempre un rinvio ad una norma o ad una disposizione, mentre il rinvio non recettizio è sempre un rinvio ad un tipo di fonte (ad es., alla legge ordinaria): cfr. Cass. civ. sez. III, 28 febbraio 2017, n. 5039.

Orbene, il rinvio in questione deve essere qualificato come statico - come già detto - in quanto in assenza di dati letterali univoci è preferibile optare per la categoria in questione, atteso che, per un verso, la norma storica (verso la quale il rinvio opera) è certamente conosciuta dal legislatore (che così non corre il rischio di affidare la disciplina della materia ad un testo variabile), mentre per l’altro, essa si presta agevolmente a completare la normativa posta dall’atto rinviante senza creare problemi in ordine al coordinamento delle discipline (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2008, n. 5433).

Va inoltre evidenziato che non è possibile ritenere che dalla natura non retributiva dell’indennità in questione possa di per sé derivarne l’applicazione del termine prescrizionale di dieci anni (applicabile ai sensi dell’art. 2946 cod. civ. salvi i casi in cui la legge disponga diversamente ”), e ciò in presenza di una normativa di carattere speciale, che prevede al riguardo l’applicazione del termine di prescrizione quinquennale.

Inoltre, la natura indennitaria e non retributiva dell’indennità di trasferimento non esclude, ovviamente, che anche tale emolumento trovi la sua fonte nel rapporto di lavoro, per cui, in senso lato, è legato esso stesso da vincolo sinallagmatico con lo svolgimento della prestazione lavorativa.

In definitiva, già nel vigore della legge n. 100/1987, come poi della legge n. 86/2001, l'indennità di trasferimento è sempre stata assoggettata a prescrizione quinquennale.

Il dies a quo del termine di prescrizione, peraltro, non coincide con le verifiche dell'amministrazione circa la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento, ma, secondo la regola generale, deve essere individuato nel momento in cui il credito può essere fatto valere (art. 2935 cod. civ.), vale a dire in ogni scadenza mensile successiva alla data del trasferimento.

L'art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, infatti, non opera alcuna distinzione per l'ipotesi che il credito del dipendente sia contestato o comunque richieda un formale atto di accertamento da parte dell'Amministrazione, ma, al contrario, il comma 4 dello stesso stabilisce che “ La prescrizione decorre dal giorno della scadenza della rata o assegno dovuti quando il diritto alla rata od assegno sorga direttamente da disposizioni di legge o di, regolamento, anche se la Amministrazione debba provvedere di ufficio alla liquidazione e al pagamento. Nel caso invece che il diritto sorga in seguito e per effetto di un provvedimento amministrativo di nomina, di promozione e simili o comunque, dopo una valutazione discrezionale dell'Amministrazione, la prescrizione decorre dal giorno in cui il provvedimento sia portato, a norma delle disposizioni in vigore, a conoscenza dell'interessato ”.

La spettanza dell'indennità de qua integra una posizione di diritto soggettivo in capo all'avente titolo, che trova diretto fondamento nel dettato legislativo, a fronte della quale l’attività amministrativa si presenta del tutto vincolata ed è subordinata alla mera verifica della sussistenza dei relativi presupposti.

Ne deriva che il momento dal quale il diritto può essere fatto valere deve essere individuato in ogni scadenza mensile successiva al trasferimento, fino alla scadenza dei ventiquattro mesi in cui, in base all’art. 1, comma 1, della legge n. 86/2001, deve essere corrisposta l’indennità in questione.

Ne discende che:

- il Mar. Ca. M O è stato trasferito a far data dal 24 settembre 2010 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 5 giugno 2017;

- il Cap. Ammcom. Spe. S B è stato trasferito a far data dal 24 settembre 2010 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 1 settembre 2017;

- il Magg. a. A I è stato trasferito a far data dal 1 febbraio 2011 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 1 giugno 2017;

- il Col. f. (lag) G B è stato trasferito a far data dal 26 luglio 2010 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 1 giugno 2017;

- il Primo Mar. F G è stato trasferito a far data dal 24 settembre 2010 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 5 giugno 2017;

- il Col. f. (alp.) G D è stato trasferito a far data dal 26 luglio 2010 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 1 giugno 2017;

- il Magg. A. (c/a) D O è stato trasferito a far data dal 1 febbraio 2011 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 5 giugno 2017;

- il Primo Mar. A M è stato trasferito a far data dal 1 febbraio 2011 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 1 giugno 2017;

- il Mar. Ca. M R è stato trasferito a far data dal 26 ottobre 2010 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 1 giugno 2017.

Ne consegue che, applicando il termine di prescrizione quinquennale:

- il diritto di credito del Mar. Ca. M O risulta prescritto in relazione ai primi 21 mesi;

- il diritto di credito del Cap. Ammcomm. Spe. S B risulta integralmente prescritto;

- il diritto di credito del Magg. A. A I risulta prescritto in relazione ai primi 17 mesi;

- il diritto di credito del Col. f. (lag) G B risulta prescritto in relazione ai primi 23 mesi;

- il diritto di credito del Primo Mar. F G risulta prescritto in relazione ai primi 21 mesi;

- il diritto di credito del Col. f. (alp.) G D risulta prescritto in relazione ai primi 23 mesi;

- il diritto di credito del Magg. a. (c/a) D O risulta prescritto in relazione ai primi 17 mesi;

- il diritto di credito del Primo Mar. A M risulta prescritto in relazione ai primi 17 mesi;

- il diritto di credito del Mar. Ca. M R risulta prescritto in relazione ai primi 20 mesi.

Di conseguenza a ciascuno degli esponenti (eccettuato il Cap. Ammcomm. Spe. S B) spetta l’indennità in questione nella misura dovuta per la parte non prescritta (utilizzando il parametro dell’importo mensile pari a trenta diarie di missione in misura ridotta del 30 per cento).

Gli importi, in assenza della prova di un maggior danno, dovranno essere maggiorati - come chiesto dai ricorrenti - degli interessi legali dalla data di relativa maturazione e fino alla data di effettivo soddisfo (cfr. cit. Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2019, n. 1470).

3. Quanto alla c.d. indennità di prima sistemazione , essa trova fondamento nell’art. 21 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, rivisitata dall’art. 12 della legge 26 luglio 1978, n. 417.

Giova ricordare che l’art 4, comma 44, ultimo periodo, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (che richiama, ex aliis , l’indennità in questione) ha stabilito che “[…] La disposizione di cui al presente comma non si applica nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico ”.

Ciò premesso, il Collegio ritiene che l’indennità de qua valga ad indennizzare forfetariamente il dipendente delle maggiori spese sostenute per reperire, ed avviare, una nuova sistemazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 gennaio 2019, n. 218).

In altri termini, l’indennità di prima sistemazione non ha natura di beneficio ad personam per il trasferimento della sede di lavoro, ma è un contributo forfettario per le maggiori spese sostenute dal lavoratore e dalla sua famiglia per il cambio di residenza o di domicilio;
non basta, dunque, il solo provvedimento amministrativo che cambia la sede di servizio a far scattare l'incremento economico per il trasferito, ma occorre anche un effettivo trasferimento della residenza o del domicilio , diversamente il beneficio si tradurrebbe in un illecito arricchimento (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 3 dicembre 2018, n. 1316).

Conclusivamente, tale indennità non può ritenersi svincolata dall’ effettivo mutamento della residenza o del domicilio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 2018, n. 5467;
Cass., sez. lav., 23 gennaio 2008, n. 1426;
Cass., sez. lav., 1 settembre 2006, n. 18198), con la conseguenza che non avendo i ricorrenti dimostrato l’ effettivo mutamento della residenza o del domicilio , l’indennità in questione non può essere loro riconosciuta.

Al riguardo, in linea generale, deve ribadirsi che, nell'ambito della giurisdizione esclusiva, vige il principio dell' onere della prova , sancito dall'art. 2697 cod. civ., secondo il quale chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento;
principio che non ammette deroghe, non potendo i diritti trovare tutela differenziata se fatti valere davanti al giudice ordinario piuttosto che davanti al giudice amministrativo.

4. Infine, anche in relazione all’indennità prevista dall’art. 12, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica del 16 aprile 2009, n. 52 - analoga disciplina è racchiusa nell’art. 8, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica del 13 giugno 2002, n. 163 - (<< Al personale con famiglia a carico trasferito d'autorità che non fruisca dell'alloggio di servizio o che, comunque, non benefici di alloggi forniti dall'Amministrazione, è dovuta in un'unica soluzione, all'atto del trasferimento del nucleo familiare nella nuova sede di servizio, o nelle località viciniori consentite, un'indennità di euro 1.500,00. Tale indennità è corrisposta nella misura di euro 775,00 al personale senza famiglia a carico o al seguito >>) il Collegio ritiene che la domanda dei ricorrenti non possa essere accolta.

La disposizione richiamata fonda il diritto alla corresponsione dell’indennità de qua alla condizione positiva del ( fisico ) trasferimento dell’interessato con il proprio nucleo familiare (ovvero dello stesso interessato senza famiglia a carico o al seguito) e alla condizione negativa di non fruire dell'alloggio di servizio o, comunque, di non beneficiare di alloggi forniti dall'Amministrazione.

In altri termini detto, la disciplina in esame tratteggia quale condizione positiva quella di un effettivo e materiale trasferimento nella nuova sede di servizio o nelle località viciniori consentite (incidendo il trasferimento dell’interessato con il nucleo familiare ovvero senza famiglia a carico o al seguito sul quantum dell’indennità). Che tale sia la lettura da dare alla disposizione in questione lo conferma la condizione negativa (di non fruire dell'alloggio di servizio o, comunque, di non beneficiare di alloggi forniti dall'Amministrazione), in quanto la fruizione dell'alloggio di servizio o fornito dall'Amministrazione lascia intendere il materiale trasferimento .

Al predetto approdo ermeneutico il Collegio perviene alla luce del precetto declinato dall'art. 12 delle c.d. preleggi, nell'interpretazione della legge occorre primariamente riferirsi al criterio letterale , attribuendo alla disposizione interpretanda il solo significato emergente dalle parole da essa impiegate secondo la connessione sintattica che si realizza tra di loro, risultando il criterio in parola di regola sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva: cfr. Cass. civ., sez. I, ord. 18 giugno 2018, n. 16083;
Cass. civ., sez. I, ord. 14 giugno 2018, n. 15584).

Ciò posto, non avendo gli esponenti dimostrato la ricorrenza delle anzidette condizioni l’indennità in questione non può essere loro riconosciuta, dovendosi qui ribadire quanto detto sopra al punto 3 in Diritto in relazione all’onere della prova.

5. Quanto alla domanda volta all’accertamento del diritto di ciascun ricorrente a percepire ogni altro beneficio spettante, direttamente o indirettamente, in conseguenza del trasferimento per soppressione e/o riorganizzazione e/o riconfigurazione e/o ridislocazione dei rispettivi comandi, reparti, reggimenti, caserme, enti, uffici (e di condanna dell’Amministrazione resistente al relativo pagamento) la stessa deve essere disattesa perché la conoscenza che il giudice ha e deve avere delle norme dell' ordinamento non esonera i ricorrenti dallo specificare adeguatamente le richieste, né il principio iura novit curia può essere interpretato nel senso che il giudice debba prestare la sua opera sollevando con la sua attività le parti dall’onere di reperire un qualunque fondamento per le loro pretese.

6. In conclusione, il ricorso ed i motivi aggiunti meritano di essere accolti in parte, nei limiti e con le modalità indicate.

7. La peculiarità delle questioni trattate e la reciproca soccombenza giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

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