TAR Napoli, sez. V, sentenza 2015-11-26, n. 201505464

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2015-11-26, n. 201505464
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201505464
Data del deposito : 26 novembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05445/2010 REG.RIC.

N. 05464/2015 REG.PROV.COLL.

N. 05445/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5445 del 2010, proposto da:
E R, rappresentato e difeso dall'avv. S D S, con domicilio eletto presso la stessa in Napoli, ala via Cervantes n.55/5;

contro

Ministero dell'Interno - Questura di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Napoli, alla via Diaz, 11;

per l'annullamento

del provvedimento del 17.8.2010, con cui il Questore della provincia di Napoli ha ordinato l’allontanamento del ricorrente dal Comune di Cercola, con divieto di far ritorno, se non previamente autorizzato, per un periodo di tre anni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2015 il dott. Pierluigi Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente ha impugnato il provvedimento di rimpatrio del Questore di Napoli, datato 17 agosto 2010, con il quale gli è stato imposto il divieto di fare ritorno nel Comune di Cercola per la durata di tre anni, ai sensi dell’art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come modificato dall'art. 3 della legge 3 agosto 1988, n. 327.

A sostegno del ricorso ha dedotto i seguenti motivi di diritto

1) violazione di legge – mancata notifica dell’avvio del procedimento – violazione degli artt. 7 e ss. L. n. 241/1990 – annullabilità ex art. 21 octies, introdotto dalla L. n. 15 del 2005 – per la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;

2-3) violazione di legge – eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, erronea valutazione dei fatti e dei presupposti – violazione dell’art. 1 e dell’art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 nonché degli artt. 2 e 3 della legge 3 agosto 1988, n. 327.

Ha resistito in giudizio l’intimata amministrazione.

Alla camera di consiglio del 18 novembre 2010 è stata respinta la domanda cautelare.

L’Avvocatura Distrettuale dello Stato, in vista dell’odierna udienza ha depositato memoria difensiva insistendo nella richiesta di rigetto del gravame.

All’udienza pubblica del 5 novembre 2015, sentiti i difensori delle parti presenti, come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Nel presente giudizio è controversa la legittimità del provvedimento con cui il Questore di Napoli ha inibito al ricorrente, residente in Napoli, di far ritorno nel Comune di Cercola, se non previamente autorizzato, per un periodo di tre anni, ai sensi dell’art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come modificato dall'art. 3 della legge 3 agosto 1988, n. 327l.

E’ opportuno premettere, in punto di fatto, che la misura poggia essenzialmente sulle seguenti circostanze, reputate significative della pericolosità sociale dell’istante, desumibili dalla richiamata nota, datata 26.7.2010, del Comando della Polizia Municipale di Cercola:

- in data 26.7.2010, alle ore 10,30, è stato controllato alla via D. Riccardi, “ nei pressi del complesso bancario dove sono ubicati l’ufficio postale, la banca UBI e l’esattoria comunale ”, mentre “ sostava in zona per circa 10 minuti ” e “ guardava insistentemente l’ingresso della banca UBI ”;

- “ risulta gravato da allarmanti precedenti specifici: obbligo presentazione P.G. C.C. San Giovanni Barra, FVO Avellino, vari reati di furto, possesso di arnesi da scasso e grimaldelli, denunciato per il possesso di ricetrasmittenti in uso alle forze di polizia, favoreggiamento, furto, riconosciuto delinquente abituale nel 2009, condannato per rapina, scarcerazione nel 2009 sempre per rapina e associazione a delinquere ”;

- “ nella zona di via Riccardi, proprio nel luogo dove si trovava […] si sono verificate alcune rapine, furto con scasso del bancomat proprio della banca UBI, in particolare i furti eseguiti con il cd. filo di banca ”;

- lo stesso soggetto nell’anno 2006, è stato denunciato insieme ad altro pregiudicato in quanto “ in possesso di arnesi da scasso e grimaldelli all’esterno dell’ufficio postale di Sant’Anastasia ”.

Tanto premesso, ad avviso del Collegio, il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

Il foglio di via obbligatorio presuppone il ricorrere di una delle situazioni previste sub a), b), e c) dell’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, il giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica nei confronti del soggetto che ne è destinatario ed il fatto che quest’ultimo sia stato trovato fuori dei luoghi di residenza. Va rammentato, infatti, che il rimpatrio con foglio di via obbligatorio costituisce una misura di polizia diretta a prevenire reati, piuttosto che a reprimerli, e presuppone dunque un giudizio prognostico di pericolosità per la sicurezza pubblica che può fondarsi anche su presunzioni o indizi, purché desunti da comportamenti che assumano un significato di tendenziale pericolosità, ossia su episodi di vita che, secondo la prudente valutazione dell’Autorità di polizia, rilevino oggettivamente una probabilità che il soggetto possa commettere reati. Sotto tale profilo, i provvedimenti di rimpatrio per motivi di sicurezza pubblica costituiscono manifestazione della più ampia discrezionalità amministrativa, con la conseguenza che sfuggono al sindacato giurisdizionale se non sotto i profili della macroscopica irragionevolezza, dell’incongruenza della motivazione e del travisamento della realtà fattuale (cfr., in termini, Consiglio di Stato, Sez. I, 24.11.2014, n. 3528;
T.A.R. Lazio, Sez. I, 2.12.2014, n. 12152).

Venendo al caso di specie, si palesa destituita di fondamento, già in punto di fatto, la dedotta violazione dell’art. 7 della L. n. 241 del 1990, atteso che risulta fornita all’interessato la comunicazione di avvio del procedimento con la già richiamata nota del 26.7.2010 e col verbale redatto in pari data dal Comando Polizia Municipale di Cercola.

La documentazione versata in giudizio dalle parti conferma, poi, la sussistenza degli elementi fattuali sopra riportati, per cui va rigettata anche la censura di carenza di idonea istruttoria.

Inoltre, contrariamente a quanto dedotto nelle censure proposte col secondo e terzo motivo, ad avviso del Collegio le circostanze sopra descritte, complessivamente considerate, giustificano l’emissione del provvedimento in questione in quanto non è irragionevole desumere dalle stesse una prognosi di pericolosità.

E’ altresì sufficientemente delineata, la sussistenza del requisito di cui all’art. 1, lett. c), della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, in ordine al giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica, sia con riferimento alla gravità della situazione determinatasi nel Comune di Cercola, sopra descritta, sia con riguardo ai numerosi specifici precedenti del ricorrente in materia di delitti contro il patrimonio ed al provvedimento con cui, in data 31 marzo 2009, il Magistrato di sorveglianza di Napoli lo aveva dichiarato delinquente abituale.

In tale quadro, la doglianza del ricorrente, secondo cui egli si trovava in quel centro per temporanee esigenze lavorative, risulta ininfluente e, comunque, superata dall’atto prot. n. 021/M.P.S./APR/201 del 30 settembre 2010 (depositato in giudizio dalla difesa erariale) con cui la Divisione di polizia anticrimine della Questura di Napoli lo ha autorizzato a recarsi nel Comune di Cercola, dal lunedì al venerdì, dalle ore 8.00 alle ore 16.00.

In conclusione va disposta la reiezione del ricorso.

In relazione alla peculiarità della vicenda si ravvisano giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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