TAR Torino, sez. I, sentenza 2017-02-16, n. 201700242

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2017-02-16, n. 201700242
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201700242
Data del deposito : 16 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/02/2017

N. 00242/2017 REG.PROV.COLL.

N. 01410/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1410 del 2006, proposto da:
D F, rappresentato e difeso dagli avvocati A S C.F. SCLLSN66M31F351J, S V C.F. VLISRG66A15L219Q, G B B C.F. BRMGNN74E01D205V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A S in Torino, corso Montevecchio, 68;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;
Comando Generale della Guardia di Finanza;

per l'annullamento:

- della determinazione del Comandante in seconda del Comando Generale della Guardia di Finanza del 29.08.06, successivamente notificata il 28.09.06, con la quale è stata disposta la perdita del grado per rimozione del ricorrente, che è stato posto a disposizione del Distretto Militare competente come semplice soldato a decorrere dal 13.09.05, intendendosi così modificata la causa di cessazione dal servizio;

- della nota prot. 42453/P del 18.09.06 a firma del Comandante del Reparto Tecnico Logistico Amministrativo della Guardia di Finanza;

- della nota prot. 43618/P del 3.10.06 a firma del Comandante del Reparto Tecnico Logistico Amministrativo della Guardia di Finanza;

degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi al procedimento, e per ogni ulteriore e consequenziale statuizione di legge;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2016 la dott.ssa R R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente ha prestato servizio nella Guardia di Finanza per 14 anni quale appuntato.

2. Nel corso del 2004 è stato sottoposto ad indagini penali per possesso di materiale illecito ed in relazione a detto procedimento il 2 febbraio 2004 sono stati sottoposti a perquisizione la di lui abitazione nonché i locali presso i quali prestava servizio: ivi gli ufficiali di Polizia Giudiziaria procedenti ricevevano dal Comandante e dal Vice Comandante della Caserma un hard-disk di proprietà del ricorrente.

3. Il 13 settembre 2005 il ricorrente è stato posto in congedo assoluto perché ritenuto non idoneo al servizio a causa di un “ disturbo ansiogeno reattivo ”.

4. Concluse le indagini preliminari relative al procedimento penale in essere, il 14 dicembre 2005 il ricorrente è comparso innanzi al Giudice per l’Udienza Preliminare, allorché ha chiesto ed ottenuto di patteggiare la pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p.: la relativa sentenza è passata in giudicato il 6 giugno 2006.

5. Di seguito a ciò il Comando della Guardia di Finanza ha aperto, nei confronti del ricorrente, il procedimento disciplinare, che si è concluso il 29 agosto 2006 con la determinazione impugnata, che ha irrogato al ricorrente la sanzione della perdita del grado con decorrenza dal 13 settembre 2005: la decisione è stata assunta sulla base di quanto risultante dalle indagini svolte in sede penale, e quindi principalmente sulla base degli elementi reperiti nell’ hard-disk che i superiori del ricorrente conoscevano quantomeno a far tempo dal 2 febbraio 2004.

6. Per effetto della sanzione irrogata con determinazione del 3 ottobre 2006 – pure gravata nella presente sede – l’Amministrazione ha accertato che il ricorrente doveva ritenersi cessato dal servizio non “per riforma” ma “per perdita del grado per rimozione”, ed ha conseguentemente dato disposizioni all’INPDAP di sospendere l’erogazione della pensione provvisoria e di procedere al recupero dei ratei pensionistici versati sino a quel momento, per un ammontare complessivo di Euro 4.696,03.

7. Il ricorrente ha impugnato gli indicati provvedimenti deducendo, con unico ed articolato motivo, la violazione dell’art. 103 del D.P.R. 3/57, del principio della obbligatoria immediata contestazione dell’addebito disciplinare, eccesso di potere per difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione, violazione del principio del giusto procedimento, contraddittorietà ed irragionevolezza grave e manifesta, ingiustizia grave e manifesta: l’illecito disciplinare avrebbe dovuto essere contestato immediatamente secondo i principi generali, tanto più: che il materiale probatorio ai fini della inchiesta è stato reperito all’esito delle perquisizioni avvenute, il 2 febbraio 2004, presso il domicilio del ricorrente e presso gli uffici della Tenenza;
che il procedimento penale si è definito con sentenza di applicazione della pena;
che l’Amministrazione non ha ritenuto di sospendere in via precauzionale il ricorrente, trattenendolo in servizio e così contribuendo al formarsi del di lui convincimento circa la sopravvenuta irrilevanza dei fatti, i quali, del resto, potevano essere almeno in parte attribuiti al disturbo di cui il ricorrente soffriva e per il quale è stato posto in congedo.

8. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha insistito per la reiezione del ricorso, richiamando l’art. 9 della L. 19/1990, a mente del quale il procedimento disciplinare può sempre essere proseguito o promosso entro 180 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna.

9. Il ricorrente, che aveva formulato istanza cautelare, vi ha rinunciato in occasione della camera di consiglio del 16 gennaio 2008.

10. Il ricorso è stato infine chiamato alla pubblica udienza del 16 novembre 2016, quando è stato introitato a decisione: esso non può essere accolto.

11. Va anzitutto rammentato che ai sensi dell’art. 10 della L. 189/59 al Corpo della Guardia di Finanza si applicano le norme del regolamento di disciplina militare per l’Esercito. Inoltre l’art. 2136 del D. L.vo 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare) al comma 1 stabilisce che “ Si applicano al personale del Corpo della Guardia di Finanza, in quanto compatibili, le seguenti disposizioni del Libro IV del codice dell’ordinamento militare:……lett. ee): il Titolo VIII… .”.

11.1. Orbene, il Titolo VIII del Libro IV del D. L.vo 66/2010 comprende, fra gli altri, gli articoli da 1375 a 1395, i quali riguardano il “ Procedimento disciplinare di stato e rapporto tra procedimento disciplinare di stato e di corpo e procedimento penale ”. L’art. 1392, al comma 1, stabilisce che “ Il procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale, salvo il caso in cui l’Amministrazione abbia già provveduto disciplinarmente ai sensi dell’art. 1393 comma 1, deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione… ….”, mentre il successivo art. 1393 comma 1 prevede che “ Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è avviato, proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni disciplinari di maggiore gravità, punibili con la consegna di rigore di cui all’art. 1362 o con le sanzioni disciplinari di stato di cui all’art. 1357, l’autorità competente, solo nei casi di particolare complessità nell’accertamento del fatto addebitato al militare ovvero qualora, all’esito di accertamenti preliminari, non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, promuove il procedimento disciplinare al termine di quello penale. Il procedimento disciplinare é comunque promosso, e se è già iniziato è sospeso sino alla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che concludono il procedimento penale, ovvero del provvedimento di archiviazione, nel caso in cui riguardi atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio. Rimane salva la possibilità di adottare la sospensione precauzionale dall’impiago di cui all’art. 916, in caso di sospensione o mancato avvio del procedimento .”.

11.2. Alla luce delle sopra indicate disposizioni legislative ritiene il Collegio che il richiamo, effettuato nel provvedimento impugnato, alle norme riguardanti il procedimento disciplinare dei dipendenti pubblici, ivi compreso l’art. 9 della L. 19/90, sia ormai inappropriato, prevalendo su tali norme quelle speciali contenute nel Codice dell’ordinamento militare e specificamente richiamate per il personale della Guardia di Finanza dall’art. 2136 del D. L.vo 66/2010.

12. Ebbene, considerando quanto stabilito dall’art. 1393 del D. L.vo 66/2010, in ordine ai rapporti tra procedimento disciplinare di stato e procedimento penale, si deve affermare che, effettivamente, in linea di principio il procedimento disciplinare dovrebbe essere avviato nella immediatezza dei fatti e comunque in pendenza del procedimento penale, e che solo nei casi di particolare complessità la gerarchia militare può attendere la definizione del giudizio penale con provvedimento irrevocabile. Il Collegio ritiene nondimeno che nella fattispecie i superiori del ricorrente non abbiano fatto malgoverno del potere di avviare il procedimento disciplinare solo dopo la definizione del procedimento penale instaurato a carico del Dore.

12.1. Non esiste, invero, alcuna prova del fatto che i superiori del ricorrente, o comunque coloro ai quali spettava avviare l’azione disciplinare, conoscessero esattamente i fatti per cui il ricorrente era indagato, ed in particolare che essi conoscessero il contenuto di quell’ hard-disk che fu consegnato il 2/02/2004, dal Comandante della Caserma presso la quale il ricorrente prestava servizio, ai Carabinieri incaricati di eseguire la perquisizione presso il domicilio privato e lavorativo del Dore: si deve anzi presumere che, trattandosi di parte della attrezzatura informatica in uso al ricorrente per motivi di lavoro, l’accesso al contenuto dell’ hard-disk fosse protetto da una password e che pertanto per conoscerne il relativo contenuto la gerarchia militare dovesse attendere l’esito degli accertamenti che la Procura della Repubblica avrebbe disposto. In ogni caso, si ribadisce, non esiste alcuna prova del fatto che i superiori del Dore conoscessero, già nel febbraio 2004, il contenuto dell’archivio informatico consegnato ai Carabinieri né che conoscessero i reati per i quali egli era indagato.

12.2. Occorre poi rammentare che il reato contestato al ricorrente è doloso e che quindi l’accertamento della responsabilità penale connessa a tale reato non poteva prescindere dalla dimostrazione del fatto che le immagini contenute nell’ hard-disk non avevano alcuna attinenza con eventuali indagini svolte dal ricorrente nell’esercizio delle sue funzioni, e che erano state da questo ultimo volontariamente acquisite.

12.3. Da ultimo si deve osservare che la decisione di avviare il procedimento disciplinare in pendenza o dopo la definizione del procedimento penale non è del tutto scevra da apprezzamenti discrezionali, sia che si tratti di stabilire se l’accertamento dei fatti addebitati al militare richieda indagini di particolare complessità, sia che si tratti di stabilire la sufficienza degli elementi conoscitivi necessari, e tali valutazioni evidentemente non possono tradursi in una sorta di condanna o proscioglimento ante tempo e pertanto debbono necessariamente fondarsi su una conoscenza sommaria dei fatti, potendo risultare a posteriori in qualche misura erronee. Si deve comunque ammettere che le autorità responsabili dell’avvio di un procedimento disciplinare di stato, relativo ad un militare soggetto al D. L.vo 66/2010, allorché decidono di attendere l’esito del procedimento penale per l’avvio del procedimento disciplinare, esercitano una discrezionalità sindacabile innanzi al Giudice Amministrativo solo nei limiti della manifesta irrazionalità o del travisamento in fatto, e comunque in base ad una valutazione ex ante , tenendo conto, cioè, degli elementi di cui la gerarchia disponeva nel momento in cui decideva di rinviare l’avvio del procedimento disciplinare. Tale discrezionalità implica poi, ad avviso del Collegio, che quanto più i fatti di reato dei quali è accusato un militare sono gravi, tanto più prudentemente deve essere esercitato il potere di avviare e concludere il procedimento disciplinare prima della definizione del giudizio penale, avendo comunque l’amministrazione il potere di sospendere il militare dal servizio. Nel caso che occupa, il Collegio non ravvisa alcuna manifesta irrazionalità o travisamento in fatto nella decisione del Comando della Guardia di Finanza di attendere l’esito del procedimento penale.

12.4. Esistendo una norma specifica che regola i rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale applicabile anche ai militari della Guardia di Finanza null’altro sarebbe necessario per respingere l’assunto del ricorrente, secondo cui il procedimento disciplinare deve sempre essere avviato nella immediatezza del fatto. Per completezza il Collegio ritiene tuttavia di precisare che del tutto non pertinente è anche il richiamo al principio dell’affidamento, che il ricorrente ha espressamente invocato e che nella sua prospettazione dovrebbe giustificare, di per sé, la illegittimità della sanzione irrogata e delle ulteriori conseguenze economiche che da esse sono derivate.

12.4.1. Il Collegio rammenta, anzitutto, che l’affidamento idoneo ad inficiare la validità di determinazioni amministrative lesive di esso deve essere connotato dalla buona fede, cioè dalla convinzione dell’interessato di versare in una situazione conforme al diritto, essendosi tale convinzione formata sulla base di circostanze oggettive e non dipendenti dalla volontà del medesimo: in particolare l’affidamento “scriminante” non può riposare sulla semplice inerzia della pubblica amministrazione nel sanzionare situazioni illegittime. In secondo luogo va rammentato che l’affidamento viene tutelato quando sulla base di esso l’interessato abbia fatto scelte o tenuto comportamenti che, a posteriori, si rivelano dannosi per effetto della sopravvenuta declaratoria di illegittimità di quella situazione che l’interessato credeva invece legittima.

12.4.2. Ebbene, nel caso di specie non v’è prova che il ricorrente si fosse convinto della irrilevanza disciplinare dei fatti a lui contestati come reato e non si vede, del resto, cosa avrebbe potuto indurre in lui un tale convincimento. In secondo luogo il preteso affidamento del ricorrente - sul fatto che non sarebbe conseguito alcun procedimento disciplinare - non risulta abbia indotto il ricorrente a prendere decisioni dalle quali si sarebbe altrimenti astenuto (ad esempio: contrarre un finanziamento nella persuasione che avrebbe continuato a godere del trattamento pensionistico, essendo stato congedato per motivi di salute e non per rimozione del grado). L’argomento in esame è quindi destituito di fondamento.

13. Il ricorrente ha replicato alle difese del Ministero sostenendo, ancora, che essendosi definito il procedimento penale a suo carico in sede di udienza preliminare e con sentenza ex art. 444 c.p.p., non poteva trovare applicazione il principio per cui il termine per l’avvio della azione disciplinare decorre dalla conoscenza che l’Amministrazione ha della sentenza o del decreto irrevocabile: il ricorrente fonda il proprio convincimento sull’art. 103 del D.P.R. 3/57, il quale recita che “ Qualora il fatto addebitato all’impiegato sia stata iniziata azione penale il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale e, se già iniziato, deve essere necessariamente sospesa ”, così implicitamente annettendo il potere della Amministrazione di rinviare l’avvio della azione disciplinare solo nel caso in cui venga concretamente esercitata l’azione penale, ciò che secondo il ricorrente non accade in esito ad una sentenza ex art. 444 c.p.p.

13.1. Il Collegio non condivide questa impostazione, la quale rischia di penalizzare la Amministrazione datrice di lavoro per un fatto - e cioè la definizione del procedimento penale con patteggiamento - della quale essa non può avere conoscenza e che non è in grado di prevedere nel momento in cui è chiamata a decidere se avviare l’azione disciplinare in pendenza del procedimento penale o se attenderne la definizione.

13.2. Rileva poi il Collegio che solo con la riforma del codice di procedura penale del 1989 è stato fissato il principio per cui l’azione penale viene esercitata nel momento in cui il pubblico ministero chiede il rinvio a giudizio: l’art. 103 del D.P.R. 103/57 deve quindi essere letto tenendo presente che all’epoca in cui veniva emanato vigeva il vecchio codice di procedura penale, di impianto accusatorio.

13.3. Contro l’argomento in esame si può ancora osservare che la ratio sia dell’art. 9 della L. 19/90 che dell’art. 1393 del D. L.vo 66/2010 - laddove tali disposizioni fanno decorrere il termine dell’avvio del procedimento disciplinare dalla conoscenza della sentenza o del decreto irrevocabili - non riposa sul presupposto che ai fini disciplinari può e deve essere utilizzato solo il contenuto della decisione irrevocabile che definisce il giudizio penale: non v’è infatti alcuna preclusione nel corso del procedimento disciplinare ad utilizzare tutti gli atti di indagine, che si tratti di atti confluiti nel fascicolo di una udienza dibattimentale o di atti acquisiti dal Pubblico Ministero e rimasti nel fascicolo di questo. L’esigenza di legare il termine per l’avvio del procedimento disciplinare alla irrevocabilità della sentenza o del decreto che definisce il giudizio penale deve quindi ravvisarsi sia nella evidente opportunità che le autorità disciplinari conoscano gli esiti del giudizio penale, sia sul fatto che a partire da quel momento sarà per esse possibile esaminare e fondare il proprio convincimento su tutti gli atti di indagine raccolti nel corso del procedimento penale. Conferma di ciò si ritrova proprio nell’art. 1393 del D. L.vo 66/2010, che espressamente prevede la possibilità che il procedimento penale si definisca con provvedimento di archiviazione, nel quale caso il decorso del termine per l’avvio del procedimento disciplinare decorre, ugualmente, dal momento in cui le autorità disciplinari prendono conoscenza di tale provvedimento. Inoltre, il fatto che l’art. 1393 del D. L.vo 66/2010 richiami espressamente anche il provvedimento di archiviazione, ai fini del decorso del termine per l’avvio della azione disciplinare, conferma che la mancanza della richiesta di rinvio a giudizio non determina di per sé una diversa modalità di computo del termine medesimo.

14. Il ricorso va conclusivamente respinto.

15.5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo

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