TAR Pescara, sez. I, sentenza 2019-12-23, n. 201900319

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Pescara, sez. I, sentenza 2019-12-23, n. 201900319
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Pescara
Numero : 201900319
Data del deposito : 23 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/12/2019

N. 00319/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00325/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 325 del 2016, proposto da
C M S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati T M, F N, con domicilio eletto presso lo studio T M in Pescara, piazza Ettore Troilo n.8;

contro

Comune di Pescara, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Pescara, piazza Italia;

per l'annullamento

della nota del 28 giugno 2016 con la quale il Dirigente del Settore Attività Edilizie e Produttive del Comune di Pescara ha diffidato la società ricorrente al pagamento della quota relativa alla monetizzazione degli standars urbanistici;
della nota prot. n.159616 del 16/12/15 recante la determinazione dell'importo da versare a tal fine;
della nota in data 02/09/16 con la quale il Dirigente suddetto ha comunicato alla ricorrente l'attivazione della procedura di riscossione coattiva della predetta somma in caso di mancata corresponsione spontanea;
di ogni altro atto e provvedimento prodromico, consequenziale e connesso;
nonché per l'accertamento del diritto della ricorrente alla restituzione delle somme versate a titolo di monetizzazione e conseguente condanna al rimborso delle somme incamerate.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pescara;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2019 il dott. M B e uditi l'avv. T M per la società ricorrente e l'avv. F P per il Comune resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Considerato che:

- con provvedimento del 7.03.2014, il Comune resistente ha rilasciato alla Società ricorrente un permesso di costruire per l’ampliamento di un fabbricato sito su un lotto di terreno censito al catasto al Fg. 12, particella n. 267, sub 2, con onere della richiedente di provvedere alla cessione di aree in misura pari a 267,50 mq. al fine di soddisfare gli standards urbanistici;

- con successiva istanza del 18.3.2014, la medesima ricorrente ha comunicato all'Amministrazione di voler invece scegliere il pagamento della somma di danaro corrispondente, in luogo della cessione delle suddette aree, in applicazione dell'art. 4, comma 1, della L.R. n. 49/2012, che prevede un’obbligazione originariamente alternativa (Cassazione 26988 del 2013, art. 4 comma 1 cit.: “ In favore degli interventi di ristrutturazione, ampliamento o di demolizione e/o ricostruzione di immobili ad uso non residenziale, i Comuni riconoscono, quale misura premiale, una superficie supplementare nella misura del 10 per cento della superficie utile lorda esistente al momento dell’entrata in vigore della presente legge laddove il proprietario reperisca gli standard necessari per l'ampliamento, ovvero provveda alla monetizzazione degli standard richiesti con le modalità previste al comma 2 ”);

- con nota del 16.12.2015, il Comune di Pescara ha quindi quantificato detto importo nella misura complessiva di € 85.600,00, “ risultante dalla moltiplicazione della superficie di 267,50 mq. con il valore medio di mercato di aree simili, ritenuto pari a € 320,00 al mq ”;

- con successiva nota del 4.2.2016, la ricorrente ha contestato tale liquidazione, ritenendola in contrasto con i dati registrati dall'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del Territorio, chiedendo dunque una nuova liquidazione, e offrendo, in alternativa, la cessione di un diverso terreno, “ avente pari superficie di 267,50 mq., di proprietà della stessa Società e limitrofo al sito d'intervento ”;

- con un ulteriore atto del 28.6.2016, il Comune (dopo aver invitato, con nota del 15.2.2016, la parte ricorrente a trasmettere la documentazione relativa a tali nuove aree, pur confermando la liquidazione operata con i precedenti atti) non ha accettato tale nuova proposta di cessione, rilevando una diversa destinazione urbanistica rispetto alle aree oggetto dell’intervento, nonché la presenza di vincoli che sarebbero di ostacolo alla realizzazione in situ di opere pubbliche;
diffidando al contempo la ricorrente “ a riformulare una nuova proposta o a corrispondere la predetta somma di € 85.600,00 ”;

- dopo un ulteriore vano tentativo della ricorrente di concordare con il Comune la cessione di un’altra area da individuare di comune accordo, quest’ultimo ha ingiunto nuovamente, con nota del 2.9.2016, il pagamento di dette somme, avvertendo che in difetto sarebbe stata intrapresa la procedura per la riscossione coattiva di quanto dovuto;

- pertanto, in data 20.09.2016, la Società Maresca spa ha versato detta somma come determinata dall’Amministrazione, con riserva di contestarla in giudizio e di agire per la ripetizione di quanto ritenuto non dovuto;

- con il presente ricorso vengono quindi gravati: l’atto del 16.12.2015 (e la nota “non conosciuta” del 30.11.2015 in esso citata: “ facendo peraltro menzione, in via di supporto del calcolo compiuto, di una nota del Settore LL.PP. — Servizio Espropri del 30.11.2015 (v. nota comunale del 16.12.2015, n. 159616, doc. n. 5), neppure oggetto di allegazione e, dunque, di contenuto ignoto alla ricorrente ”), di quantificazione degli importi da corrispondere;
l’atto del 15.2.2016, con cui si è confermata tale liquidazione;
l’atto del 2.09.2016, con cui si è ingiunto il pagamento con l’avviso che in difetto sarebbero state intraprese procedure esecutive del credito;
e la nota del 28.6.2016, con cui, come sopra illustrato, il Comune ha comunicato il rifiuto della nuova proposta di cessione (avendo le nuove aree una diversa destinazione urbanistica rispetto a quella oggetto dell’intervento, nonché in virtù della presenza di vincoli che sarebbero di ostacolo alla realizzazione in situ di opere pubbliche) e diffidato al contempo la ricorrente “ a riformulare una nuova proposta o a corrispondere la predetta somma di € 85.600,00 ”;

- si chiede inoltre la restituzione delle somme “ indebitamente versate al Comune in data 20.9.2016 ”;

- nel ricorso la Soc. Maresca spa evidenzia che, ai sensi del comma 2 dell’articolo 4 della legge regionale 49 del 2012, la somma da corrispondere - per compensare, in alternativa alla cessione, gli standards necessari per gli ampliamenti conseguenti alle misure premiali previste dalla disciplina in commento - deve essere “ commisurata al costo di acquisizione di altre aree equivalenti per estensione e comparabili, per ubicazione e destinazione, a quelle per le quali sussiste l’obbligo di cessione ”;
che l’articolo 2 comma 7 della medesima legge regionale (rubricato “ Disposizioni comuni agli interventi di riqualificazione urbana realizzati attraverso la ristrutturazione, l’ampliamento e la demolizione e ricostruzione ”) prevede che “ Il costo di acquisizione di altre aree equivalenti nelle immediate vicinanze per la monetizzazione delle superfici di cui al comma 6 in luogo della cessione o uso pubblico, sarà determinato ponendo a riferimento i valori dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia del Territorio o, in assenza, attraverso individuazione del prezzo di mercato ”;
che, tutto ciò premesso, la liquidazione operata dal Comune, pari a euro 320,00 mq, non sarebbe ancorata a tali paramenti e in particolare non avrebbe “ preso a riferimento aree equivalenti per estensione e comparabili a quelle da cedersi: nessuna allusione in tal senso è rinvenibile, invero, negli atti comunali, che risultano per tal modo sul punto alquanto lacunosi. Il richiamo al "valore medio di mercato di aree simili" si appalesa, dunque, decisamente generico ed impedisce, di fatto, al privato di ricostruire il percorso logico seguito dall'Amministrazione per addivenire alla contestata somma, escludendo così qualsiasi possibile sindacato sulla logicità e sulla ragionevolezza della determinazione finale ”;
che la nota del Servizio Espropri del 30.11.2015 richiamata nell’atto di liquidazione del 16 dicembre 2015 non sarebbe neanche stata allegata a esso;
che la quantificazione del costo a mq sarebbe in ogni caso errata nel merito, poiché si è preso come parametro il costo di acquisto del lotto in questione, senza contare che il suo valore sarebbe stato influenzato dalla presenza di un fabbricato (quello appunto oggetto dell’ampliamento) mentre le richiamate disposizione della legge regionale farebbero riferimento al valore delle sole aree necessarie alla realizzazione degli standards;
che “ Conseguentemente, per stabilire la somma necessaria al Comune per l'acquisto delle aree utili alla realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria dovrà aversi riguardo al valore del solo terreno di proprietà della Società ricorrente, da stimarsi in circa 50 E/mq., avendo di regola il suolo un'incidenza sul prezzo di vendita all'incirca del 15% (338,09 * 15% = 50,71) ” (e a supporto di tale affermazione la ricorrente deposita due atti di compravendita conclusi nel 2011 e nel 2016, aventi a oggetto terreni siti nella stessa via, dai quali emergerebbe un valore medio di circa 30 euro a mq;
e inoltre allega un provvedimento del Comune di Pescara, n. 1/2013, di accettazione dell'indennità di espropriazione di aree poste in quella zona, dal quale emergerebbe che “ 1) una porzione della particella, avente destinazione urbanistica a viabilità pubblica, è stata stimata nella misura di 12,50 €/mq (12.437,50 E / 995 mq = 12,50 €/mq.);
2) la restante parte, con destinazione F7, ossia verde privato attrezzato per lo sport, è stata valutata 55 €/mq. (11.165,00 E / 203 mq = 55 €/mq.)
”);
che tale erronea quantificazione avrebbe difatti reso più conveniente la cessione in luogo del pagamento delle somme equivalenti, mentre la normativa regionale citata, per come interpretata dalla giurisprudenza, imporrebbe di rendere del tutto equivalenti, sotto il profilo economico, le due prestazioni alternative;
che la liquidazione operata dall’Amministrazione sarebbe immotivata e carente di una completa istruttoria (avendo rifiutato la medesima anche di concordare con il privato l’individuazione di aree diverse da trasferire);

- il Comune, nel costituirsi, ha tra l’altro evidenziato di non aver accettato la cessione dell’area diversa offerta dalla ricorrente, “ trattandosi di area non avente la medesima destinazione urbanistica di quella dell'intervento autorizzato (ricadente in zona F5 rispetto all’area di nuova individuazione situata in zona F1) e con vincoli altamente limitativi ed impeditivi per l’uso e la trasformazione (in quanto inclusa in area a pericolosità geologica elevata P3), con la conseguenza che la sua acquisizione non avrebbe prodotto alcun risultato positivo e concreto in termini di miglioramento degli standards urbanistici ”;
che, in ogni caso, il ricorso sarebbe inammissibile per tardività perché “ Fra gli atti impugnati l’unico munito di valenza provvedimentale e connotato dal carattere della immediata lesività è l’atto prot. n. 159616 del 12 dicembre 2015 dello Sportello Unico per l’Edilizia del Settore Attività Edilizie e Produttive del Comune di Pescara, recante la determinazione dell’importo da versare quale quota relativa alla monetizzazione degli standards urbanistici. Il predetto atto è stato impugnato oltre il termine decadenziale di 60 giorni, di cui all’art. 29 D.Lgs. n. 104/2010, in quanto trasmesso in data 16 dicembre 2015, mentre il ricorso giurisdizionale è stato notificato il 4 ottobre 2016 ”, e in ogni caso tale termine sarebbe scaduto anche per gli altri atti indicati pur non avendo essi carattere provvedimentale;
che il calcolo operato dal Comune sarebbe rispettoso dei criteri di legge in quanto “ La competente struttura tecnica dell’Ente per determinare il valore venale del terreno rispetto al valore complessivo del fabbricato calcolato secondo i valori O.M.I., ha utilizzato l’autorevole criterio previsto nell’art. 36, comma 7, D.L. 4 Luglio 2006 n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 Agosto 2006 n. 248 che recita:”Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili il costo complessivo dei fabbricati strumentali è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo da attribuire alle predette aree, ove non autonomamente acquistate in precedenza, è quantificato in misura pari al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell’anno di acquisto e quello corrispondente al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo stesso. Per fabbricati industriali si intendono quelli destinati alla produzione o trasformazione di beni ”;
e che, siccome la legge regionale in commento fa riferimento al valore monetario occorrente per l’acquisto di aree equivalenti, alle somme così determinate “ sono stati aggiunti i costi notarili e tributari che l’Ente dovrebbe sostenere, con un incremento forfettario del 10% e con un importo finale pari a €/mq 320,00 (€/mq 290,00x1,10 = €/mq 319,00 in c.t. €/mq 320,00) ”;
che tale criterio di calcolo sarebbe contenuto appunto nella relazione estimativa del Settore LL.PP.– Servizio espropriazione e valutazioni estimative del Comune di Pescara del 30 novembre 2015, richiamata nel provvedimento del 15 dicembre 2015 e recante l’indicazione dell’importo da versare;
che il calcolo operato dalla ricorrente sarebbe errato perché non eliminerebbe dal calcolo la parte di terreno destinata a viabilità, e in tal caso il valore risultante sarebbe addirittura superiore a quello determinato dal Comune;
che anche il riferimento al valore di esproprio di altre aree in quella zona sarebbe errato, perché si tratterebbe di aree con destinazione urbanistica di pregio molto minore in quanto sviluppanti una cubatura nettamente inferiore, e dalla proporzione tra il valore al mq delle aree oggetto di esproprio e di quelle della ricorrente - costituente l’incognita nella equazione elaborata con tali parametri dall’Amministrazione - con le rispettive volumetrie edificabili emergerebbe un valore di tale incognita ben maggiore di quello liquidato dal Comune;
che, quanto al presunto difetto di motivazione, la mancata allegazione della relazione estimativa del servizio competente del 30 novembre 2015, nell’atto di liquidazione del 12.12.2015, non comporterebbe alcuna violazione dell’articolo 3 della legge 241 del 1990, ai sensi del quale l’atto richiamato in motivazione dovrebbe essere solo messo a disposizione e non necessariamente allegato, né la medesima ricorrente ha prodotto a tal fine istanza di accesso agli atti;
che quanto all’istruttoria, il comportamento del Comune sarebbe stato oltremodo conciliante accettando di scegliere la prestazione pecuniaria come richiesto dalla ricorrente (nella prospettazione del Comune la scelta tra le prestazioni alternative spetterebbe a sé medesimo), la quale viceversa avrebbe dapprima proposto nel progetto di costruzione la cessione di parte delle aree del medesimo lotto, poi, una volta acquisito il permesso, avrebbe invece proposto la monetizzazione, per poi ancora individuare un’area diversa da cedere;

- all’udienza del 8 novembre 2019 la causa è passata in decisione;

- preliminarmente, il Collegio osserva che appare infondato il rilievo circa la presunta tardività del ricorso atteso che le controversie inerenti la contestazione degli oneri di urbanizzazione attengono a posizioni di diritto soggettivo azionabili dinanzi al giudice amministrativo in sede esclusiva nel termine ordinario di prescrizione, e si presentano come giudizi di accertamento di un rapporto obbligatorio (Cass. civ., sez. un.,16.3.2010 n. 6314;
Cons. St., ad. plen., 30.8.2018 n. 12;
C.G.A, sentenze n. 371 del 2013 e 334 del 2019).

- nel merito, il ricorso è fondato solo in parte, nei limiti di seguito indicati;

- dai principi generali in materia di obbligazioni discende che in caso di obbligazioni alternative "se non è attribuita al creditore o a un terzo, la scelta spetta al debitore;
il debitore però decade dal diritto di scelta se non la compie nel termine stabilito o in quello fissato dal creditore” (Consiglio di Stato sentenza 2594 del 2015;
art. 1286 c.c.);

- non pronunciandosi in proposito l’articolo 4 comma 2 della legge regionale in esame, dunque, la scelta spetterebbe al debitore;

- nel caso di specie, in ogni caso, non appare contestato che nel progetto allegato alla richiesta di permesso di costruire proprio la ricorrente avesse proposto la cessione di parte delle aree oggetto di intervento e quindi teoricamente la scelta così operata, seppure tacitamente, dovrebbe ritenersi irrevocabile (1286 c.c.: “ La scelta spetta al debitore, se non è stata attribuita al creditore o ad un terzo. La scelta diviene irrevocabile con l'esecuzione di una delle due prestazioni, ovvero con la dichiarazione di scelta, comunicata all'altra parte, o ad entrambe se la scelta è fatta da un terzo ”);
più in particolare, dal progetto in atti si evince l’indicazione di un’area pari a 267,5 mq con l’indicazione “area ceduta per standards”;

- tuttavia, come ammesso dallo stesso Comune, sempre nel caso di specie, quest’ultimo ha poi accettato di modificare il contenuto del rapporto, così come precedentemente individuato a seguito dell’esercizio del diritto potestativo di scelta da parte del debitore, accettando quindi quella che ben può essere considerata una proposta di novazione oggettiva, sicché allo stato deve ritenersi che oggetto dell’obbligazione sia oramai il pagamento della prestazione pecuniaria di importo pari al valore delle aree da cedere per la realizzazione degli standards resi necessari dall’ampliamento di volumetria;

- trattandosi di rapporti paritetici di tipo obbligatorio, come visto nell’esame della questione preliminare, non si ravvisa poi secondo buona fede alcun obbligo del Comune di modificare nuovamente tale oggetto, visto che ha già accolto la prima proposta di novazione formulata dalla parte privata;

- resta quindi da esaminare solo la questione relativa alla correttezza della determinazione del valore delle aree oggetto di intervento che serve come parametro per determinare la somma dovuta, atteso che non è qui contestata la misura della superficie delle aree necessarie per la realizzazione del supplemento di standards resosi necessario a seguito dell’intervento edificatorio;

- ciò premesso, il Collegio rileva innanzitutto che i criteri di liquidazione proposti dalla parte ricorrente non appaiono corretti, poiché, sia nel richiamare atti simili sia nel far riferimento a precedenti ipotesi di liquidazione delle indennità di espropriazione, come evidenziato dalla difesa comunale, prende a riferimento aree che non hanno interamente le medesime caratteristiche urbanistiche e la medesima destinazione (F5) di quelle oggetto dell’intervento edilizio e che dovevano essere cedute per la realizzazione degli standards (come indicate nel progetto edilizio);

- quanto alla determinazione operata dal Comune, invece, il riferimento a un parametro desumibile da una normativa fiscale non appare irragionevole, in mancanza di dati specifici desumibili dall’OMI (perché comunque la disciplina fiscale non può discostarsi in aumento rispetto ai parametri di mercato, proprio per non violare il principio di capacità contributiva di cui all’articolo 53 della Costituzione), né può ritenersi carente di motivazione la determinazione che ha fatto riferimento a un atto di liquidazione presupposto solo indicato e non allegato (atteso che, come noto, ai fini della conformità della fattispecie all’articolo 3 della legge n. 241 del 1990, non è necessaria l’allegazione del documento presupposto nella motivazione, ma è sufficiente la sua indicazione con specificazioni idonee a far comprendere alla parte dove può reperirlo con istanza di accesso, cfr. Tar Lazio sentenza 9189 del 2018);

- tuttavia, con la memoria di replica, la parte ricorrente ha depositato una delibera del Consiglio comunale di Pescara (n.163 del 2017) in cui, i terreni ricadenti nell’area in questione (circostanza non contestata), e esprimenti una volumetria pari a 1mc x mq (quindi a un primo esame comunque non superiore quella indicata dall’Amministrazione per i terreni in esame, cfr. pag. 14 della memoria del Comune del 7 ottobre 2019), sono valutati nella misura di euro 116,88 al mq, sicché tale dato appare idoneo a manifestare una contraddittorietà e quindi un sintomo di eccesso di potere da parte del Comune resistente;

- non può del resto ritenersi che tale allegazione costituisca un nuovo motivo di censura, atteso che si limita in sostanza a precisare la censura di erroneità della stima già formulata con il ricorso introduttivo, limitando al più in tal senso la propria domanda, e producendo appunto un nuovo elemento di prova a sostegno delle proprie ragioni;

- le spese possono essere compensate in ragione dell’accoglimento parziale;

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