TAR Bologna, sez. I, sentenza 2018-04-17, n. 201800327

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2018-04-17, n. 201800327
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201800327
Data del deposito : 17 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/04/2018

N. 00327/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00602/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 602 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G Z, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria T.A.R., in Bologna, Strada Maggiore n. 53;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, presso i cui Uffici, in Bologna, via Guido Reni n. 4, è domiciliato ex lege ;

per l'annullamento

a) del decreto emesso dalla Direzione Generale per il Personale Militare II Reparto n. 4055 del 23 settembre 2015;
b) dell'atto n. 1572 del 4 settembre 2013 emesso dal Comando del 15° Stormo di Cervia;
c) del verbale del 11/4/2013emesso dalla Commissione Medica Ospedaliera di Padova.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2018, il dott. U G e uditi, per le parti, i difensori avv. Ferrario e Avv. dello Stato Silvia Bassani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con l’atto introduttivo del presente giudizio, un Maresciallo 1^ classe dell’Aeronautica Militare, già in servizio presso il Comando del 15° stormo A.M. di Cervia e ora in quiescenza, ha impugnato: A) - il decreto emesso dalla Direzione Generale per il Personale Militare II Reparto n. 4055 del 23 settembre 2015, con il quale è stato annullato il precedente decreto dirigenziale n. 3074 del 22/9/2014 ed è stato inoltre disposto che il Sottufficiale sia “ collocato in aspettativa per infermità che, allo stato degli atti, risulta non dipendente da causa di servizio, per il periodo di giorni 395…dal 29 marzo 2013 al 27 aprile 2014, ai sensi dell’art. 905 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66…”;
B) l'atto n. 1572 del 4/9/2013 emesso dal Comando del 15° Stormo di Cervia avente ad oggetto il collocamento del ricorrente in aspettativa per infermità non dipendente da causa di servizio per gg. 144 (dal 21/11/2011 al 12/4/2012) e per gg. 192 (dal 31/7/2012 al 7/2/2013) per un totale di giorni 336 nel quinquennio ex art. 15 L. n. 599 del 1954;
C) verbale in data 11/4/2013 emesso dalla Commissione Medica Ospedaliera di Padova, con il quale il deducente è stato dichiarato inabile a qualsiasi servizio per giorni 30.

A sostegno dell’impugnativa, il ricorrente ritiene che gli atti impugnati siano viziati per: violazione degli artt. 905, 912 e 929 del D. Lgs. n. 66 del 2010;
eccesso di potere per difetto di motivazione e falso presupposto;
violazione delle norme sanitarie militari;
violazione della L. n. 241 del 1990 sotto più profili;
violazione circolare D.G.P.M. n. 10977 del 17/1/2014;
violazione dei precetti generali della certificazione medica.

Si è costituito in giudizio il ministero della Difesa intimato, in via pregiudiziale eccependo l’inammissibilità del ricorso per divieto di ne bis in idem, stante che il ricorrente ha impugnato gli stessi atti ora gravati con n. 2 precedenti ricorsi, riuniti e decisi da questo T.A.R. con sentenza n. 389 del 2016. Nel merito, l’intimata amministrazione statale chiede la reiezione del ricorso, stante la ritenuta infondatezza dello stesso.

Alla pubblica udienza del giorno 24 gennaio 2018, la causa è stata chiamata ed è stata quindi trattenuta per la decisione, come indicato nel verbale.

Va innanzitutto respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per ne bis in idem , sollevata dal Ministero resistente, avendo la stessa amministrazione proceduto sia ad annullare in autotutela il provvedimento conclusivo del procedimento di collocamento in congedo assoluto per superamento del periodo di aspettativa per infermità non dipendente da causa di servizio n. 1346 del 20/5/2014, in data anteriore a quella di pubblicazione della sentenza di questo T.A.R. che annullava tale provvedimento, sia ad adottare nuovo analogo provvedimento n. 4055 del 23/9/2015, che è stato correttamente impugnato dal ricorrente in questa sede.

Nel merito, peraltro, il ricorso è infondato.

Con il primo motivo di gravame, il sottufficiale dell’Aeronautica Militare ora in quiescenza ritiene illegittimo il decreto dirigenziale impugnato con il quale l’amministrazione militare, accertato il superamento del periodo massimo di comporto pari a n. 730 giorni di aspettativa per infermità nell’arco del quinquennio, lo ha collocato in congedo per tale motivo. L’interessato sostiene, infatti, che non si sia verificato detto superamento, non avendo l’amministrazione militare provveduto a considerare, a tale riguardo, i giorni di licenza ordinaria ai quali il ricorrente aveva diritto. Il rilievo è infondato, avendo l’amministrazione comprovato, a seguito di riscontro ad ordinanza istruttoria di questa Sezione emessa in sede di esame dei precedenti similari ricorsi inter partes n. 879 del 2014 e n. 420 del 2015 (poi riuniti e decisi con sentenza n. 389 del 2016) di avere esattamente calcolato i periodi in cui il Maresciallo odierno ricorrente è stato posto in aspettativa per infermità, giungendo conclusivamente ad accertare la maturazione dei 731 giorni di comporto alla data del 27/4/2014. Inoltre, il Collegio ritiene che non colga nel segno l’argomentazione con cui il ricorrente segnala la mancata fruizione di giorni di licenza ordinaria, stante che l’amministrazione ha documentato che la licenza non fruita è stata monetizzata su richiesta dello stesso sottufficiale. Infine, va precisato, sempre in riferimento all’esaminata questione, che dal 2012 è in vigore un nuovo testo dell’art. 912 della D. Lgs. n. 66 del 2010, nel quale è stato eliminato ogni riferimento alla necessità di previa fruizione di periodi di licenza spettanti in relazione al calcolo del periodo massimo di comporto (v. T.A.R. Emilia – Romagna –BO- sez. I n. 389 del 2016 cit.). Analoga conclusione la Sezione deve trarre relativamente ad un’ulteriore doglianza con la quale il ricorrente ritiene mancante il necessario giudizio definitivo di permanente inidoneità al servizio emesso dalla competente Commissione Medica. Il Collegio deve osservare, sul punto, che secondo la normativa vigente all’epoca dei fatti, quando un militare risultava temporaneamente inidoneo al servizio, l’art. 905 del D.Lgs. n. 66 del 2010 ne disponeva il collocamento in aspettativa fino al raggiungimento del periodo massimo previsto dall’art. 912 stesso decreto;
dopo di che, il militare non idoneo al servizio militare incondizionato direttamente cessava dal servizio permanente ex art. 929 del D.Lgs. n. 66 del 2010. Pertanto, nel caso di specie, l’accertamento definitivo invocato dal ricorrente non era in alcun modo richiesto all’amministrazione procedente, con conseguente infondatezza della censura e di quella, ad essa correlata, rilevante carenza di motivazione del provvedimento impugnato su tale punto. Con un secondo ordine di motivi, il ricorrente sostiene che il Ministero della Difesa abbia in più occasioni violato la normativa sanitaria militare in subiecta materia . Innanzitutto, il ricorrente ritiene che siano state violate le disposizioni in materia di transito del personale militare inidoneo a tale servizio nei ruoli civili del Ministero della Difesa, ma tale doglianza risulta infondata, avendo l’amministrazione comprovato che la relativa domanda di transito ai ruoli civili del Ministero della Difesa fu presentata dal ricorrente tardivamente, cioè quando egli era stato già collocato in congedo assoluto, con conseguente esistenza di motivo ostativo a tale passaggio, specificando chiaramente l’art. 930 del D. Lgs. n. 66 del 2010 e l’art. 2 D.M. 18/4/2002 che il transito è consentito al personale “delle forze armate” e, quindi, ancora operativo in servizio (v. quanto già accertato con sentenza di questa Sezione n. 389 del 2016 cit.). Parimenti infondata è, di conseguenza, la correlata censura di carenza di motivazione del provvedimento impugnato su tale questione, avendo l’amministrazione procedente indicato esaurientemente le ragioni ostative al transito del ricorrente nei ruoli civili del Ministero. Oltre a ciò, egli ritiene errato il computo dei giorni di aspettativa relativamente al periodo in cui egli è rimasto a disposizione degli Organi sanitari (26/6/2012 – 30/7/2012), ma tale argomentazione è smentita dalla prova che tale periodo è stato escluso dal computo dei giorni dal Sottufficiale fruiti quali “aspettativa per malattia (v. doc. n. 4 del ricorrente). Il primo di tali periodi risulta infatti terminato il 12/4/2012, mentre il secondo ha avuto inizio solo il 31/7/2012, dopo la visita effettuata dalla Commissione Medica di 2^ istanza (v. pag. 9 sent. n. 389 del 2016 cit.). Con il terzo motivo e con il quinto motivo di impugnazione, il ricorrente lamenta, in concreto, la violazione dell’art. 7 della L. n. 241 del 1990, sostenendo che tutti gli atti infra procedimentali costituenti presupposto giuridico della successiva dichiarazione di fruizione del periodo massimo di aspettativa cui segue l’atto di dispensa e di congedo, non sono stati mai assunti in contraddittorio con il diretto interessato e di non avere quindi potuto offrire il proprio apporto procedimentale, soprattutto a causa del mancato invio dell’avviso di cui al citato art. 7 L. n. 241 del 1990 . Il rilievo è infondato, trattandosi, nella specie, di atti a contenuto vincolato, i quali, anche nel caso fosse stato inviato all’interessato l’avviso di avvio del procedimento, non avrebbero potuto avere contenuto diverso da quello adottato dall’amministrazione. Né a migliore sorte sono destinati il quarto ed il sesto motivo, entrambi incentrati, in concreto, sulla pendenza del correlato giudizio relativo al mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di talune infermità patite dal ricorrente, posto che la non definitività di tale giudizio non può rilevare ai diversi fini del calcolo del periodo massimo di comporto, con conseguente legittimità, sul punto, dell’operato dell’amministrazione procedente. Con un’ulteriore doglianza, il ricorrente afferma la mancanza di tempestiva comunicazione riguardo agli atti dispositivi oggetto di causa e di non aver potuto quindi interloquire con l’amministrazione procedente soprattutto nel periodo antecedente e prossimo alla data di superamento del periodo di comporto. Il Collegio, al riguardo, osserva che – come già è stato rilevato con la sentenza n. 389 del 2016 di questa Sezione – tali atti sono meramente ricognitivi di situazioni verificatesi e già attestate in altri atti comunicati al ricorrente e che, in ogni caso, risulta in atti che al ricorrente sia stata data tempestiva comunicazione della prossima scadenza del periodo massimo di comporto. L’interessato era pertanto consapevole che allo scadere del più recente periodo di aspettativa per infermità fruito, era imminente anche il raggiungimento del periodo massimo biennale di aspettativa per malattia, stante che, proprio in relazione a ciò, in data 11/4/2014 egli è stato sottoposto a visita medica da parte della competente Commissione Medica Ospedaliera di Padova, che lo ha giudicato “temporaneamente inabile a qualsiasi servizio per giorni 30”. D’altra parte, si deve osservare che tale valutazione medica non risulta essere stata impugnata dal ricorrente, con conseguente inconsistenza e inconferenza della esaminata censura anche sotto quest’ultimo profilo. Sulla base di tali ultime considerazioni e, ulteriormente, di quanto già rilevato in sede di esame del primo motivo, si palesa infondato anche il settimo motivo, con cui il ricorrente si duole del fatto che la suddetta visita abbia accertato unicamente la sua inidoneità temporanea al servizio, a suo dire dovendo, l’amministrazione militare, sottoporlo a specifica visita medica immediatamente dopo la fruizione di tutto il periodo biennale di comporto al fine di accertarne l’effettiva idoneità al servizio militare.

Tale argomentazione, come si è detto, è smentita dalla normativa in materia vigente all’epoca dei fatti di causa, che non richiedeva ulteriori accertamenti sanitari attestanti l’inidoneità permanente al servizio da parte del militare.

Per le suesposte ragioni, il ricorso è respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.

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