TAR Lecce, sez. III, sentenza 2009-07-15, n. 200901838

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. III, sentenza 2009-07-15, n. 200901838
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 200901838
Data del deposito : 15 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01933/2008 REG.RIC.

N. 01838/2009 REG.SEN.

N. 01933/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1933 del 2008, proposto da:
B F, rappresentato e difeso dall'avv. G S, con domicilio eletto presso Giulia Di Pierro in Lecce, piazza Mazzini,72;

contro

Ministero della Difesa - Roma, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Comando Regione Carabinieri Puglia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliati in Lecce, via F.Rubichi 23 presso la sede di quest’ultima;

per l'annullamento

del decreto del Ministero della Difesa-Direzione Generale per il Personale Militare datato 15.09.2008, notificato in data 29.09.2008, con il quale l’Amministrazione ha disposto, nei confronti dell’Appuntato Scelto dell’Arma dei Carabinieri B F, la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, ai sensi dell’art. 34 n.6 della L. 18 ottobre 1961 n.1168 e per l’effetto la cessazione dal servizio permanente;

di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi, precedenti e successivi all’atto impugnato, tutti illegittimi e lesivi dei diritti soggettivi e degli interessi del ricorrente.


Visto il ricorso con i relativi allegati

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa - Roma

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comando Regione Carabinieri Puglia

Viste le memorie difensive

Visti tutti gli atti della causa

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 07/05/2009 il dott. Patrizia Moro e udito l’avv. Schifone .

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente insorge avverso l’epigrafata sanzione disciplinare con la quale viene comminata la perdita del grado con conseguente cessazione dal servizio permanente con la seguente motivazione:

“l’Appuntato Scelto dell’Arma dei Carabinieri in servizio permanente, all’epoca dei fatti in servizio presso il Servizio Amministrativo del Comando Provinciale di Bari, quale addetto alla riscossione del denaro contante versato dai cittadini per il pagamento delle contravvenzioni al codice della strada, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, si appropriava arbitrariamente delle predette somme per un ammontare complessivo di € 49.503,19- tale comportamento, già sanzionato penalmente, è biasimevole sotto l’aspetto disciplinare, in quanto contrario ai principi di moralità e rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato ed ai doveri di correttezza ed esemplarità propri di un appartenente all’Arma dei Carabinieri, nonché lesivo del prestigio dell’Istituzione”.

A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi:

1)Violazione dei principi di gradualità e proporzionalità della sanzione-travisamento dei fatti-Difetto di istruttoria e carenza di motivazione in ordine all’autonoma valutazione dei fatti del procedimento penale-Violazione dell’art.75 L.599/1954-violazione del diritto di difesa-Violazione degli artt.60,66 e 67 della L.599/1954-Violazione dell’art.65 e segg. Ed all.c) del DPR 545/1986.Violazione del principio di legalità , perplessità e contraddittorietà dell’agere amministrativo.Violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità.

2)Violazione degli artt.3 e segg. della L.241/1990-carenza e contraddittorietà della motivazione-eccesso di potere per sviamento –Violazione e falsa applicazione dell’art.65 ed all.C) DPR n.545/1986-Violazione dei principi del giusto procedimento –carenza di istruttoria e di motivazione –ingiustizia manifesta.

Con atto depositato in data 29 dicembre 2008 si è costituita in giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello Stato rilevando la inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

Nella camera di consiglio del 22 gennaio 2009 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente rilevando che “l’Amm.ne. , pur tenuto conto dell’indubbia gravità del fatto, appare aver omesso di considerare la condotta successiva dell’interessato, sia nel corso del procedimento penale che del procedimento disciplinare “.

Nella pubblica udienza del 7.5.2009 la causa è stata introitata per la decisione.

Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.

Invero, non vi è motivo di discostarsi dalle considerazioni già espresse dalla Sezione nella citata ordinanza cautelare.

Nella specie, il ricorrente , nel corso delle indagini preliminari, dichiarandosi pentito per l’accaduto ha restituito integralmente la somma oggetto di appropriazione confermando la propria responsabilità e avanzando richiesta di definizione anticipata del procedimento penale con il rito del patteggiamento.

Inoltre, con sentenza depositata in data 2.4.2008 il GIP del Tribunale Militare di Bari , nell’applicare la pena di mesi otto di reclusione sostituita con la reclusione militare per eguale durata ,concedendo il beneficio della pena sospesa, ha riconosciuto i presupposti di fatto e di diritto per la concessione delle attenuanti di cui agli artt. 62 n.6 e 62 bis cp in considerazione dell’avvenuta spontanea restituzione della somma oggetto di illecita appropriazione e dello stato di penale incensuratezza dell’imputato .

In subiecta materia sono stati affermati i seguenti principi giurisprudenziali :

- in sede disciplinare, l'accertamento amministrativo deve avvenire in maniera del tutto autonoma rispetto alle risultanze penali, procedendo, in particolare, autonomamente alla cognizione del fatto, alla sua qualificazione ed alla determinazione della sanzione disciplinare (ex multis Tar Lazio Roma Sez. II 20 ottobre 2004 n. 12431 del 2004);

- in sede disciplinare l'Amministrazione ben può tenere conto delle risultanze processuali acquisite nel giudizio penale in modo da modulare sulle stesse l'istruttoria amministrativa, così da evitare accertamenti non giustificati, perché già provati, alla luce del principio di economia del procedimento (Cons. St. Sez. IV 25 maggio 2005 n. 2683).

- il sindacato del giudice della legittimità sulla misura della sanzione disciplinare inflitta dall'Amministrazione ad un proprio dipendente deve intendersi limitato ai soli casi in cui sussista una evidente sproporzione fra i fatti contestati ed accertati e la misura medesima, o la manifesta irragionevolezza della scelta amministrativa o il travisamento dei fatti (Cons. St. Sez. VI 12 novembre 1996 n. 1553;
Sez. IV 1 ottobre 2004 n. 6404 ;
14 dicembre 2004 n. 7964).

- le sentenze di patteggiamento non spiegano effetti extrapenali, ma equiparandosi ad una sentenza di condanna (ex art. 445 c.p.p.), legittimano (ed anzi impongono all'amministrazione, anche in relazione ai precetto di cui all'articolo 97 della Costituzione) l'apertura di una autonoma inchiesta disciplinare, onde accertare la rilevanza che i fatti ascritti al dipendente in sede penale possono avere sul rapporto di lavoro con particolare (ma non esclusivo) riferimento all'immagine e all'onorabilità dell'amministrazione stessa.

In particolare, i fatti che hanno dato luogo alla sentenza penale di patteggiamento devono formare oggetto di un'autonoma considerazione e la relativa sanzione deve essere irrogata sulla base di un separato giudizio di responsabilità disciplinare, senza che la ricordata sentenza penale patteggiata possa assurgere a presupposto unico per l'applicazione della sanzione disciplinare ovvero a parametro valutativo cui conformare la gravità della sanzione da irrogare (C.d.S., sez. IV, 23 maggio 2001, n. 2853).

- I fatti penalmente rilevanti commessi dal dipendente (e l'eventuale condanna da questi subita) vanno relazionati con i doveri d'ufficio, in quanto la valutazione del reato non è fine a sé stessa, ma va disciplinarmente correlata alla mancata ottemperanza e violazione dei doveri d'ufficio. Tale valutazione va fatta nella competente sede disciplinare assicurando il rispetto del canone, derivante dall'art. 3 della Costituzione, dell'adeguatezza e gradualità sanzionatoria, fermo restando che il procedimento disciplinare ben può concludersi con l'irrogazione della sanzione destitutoria.( T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 10 dicembre 2007 , n. 12787).

Nella specie , l’Amm.ne ha inflitto la sanzione in oggetto procedendo ad una autonoma valutazione dei fatti sotto il profilo disciplinare ( è stato ritenuto che il “comportamento ….. è biasimevole sotto l’aspetto disciplinare, in quanto contrario ai principi di moralità e rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato ed ai doveri di correttezza ed esemplarità propri di un appartenente all’Arma dei Carabinieri, nonché lesivo del prestigio dell’Istituzione”) senza però tener conto del concreto atteggiamento assunto dal dipendente con riferimento al dimostrato ravvedimento ed alla restituzione della somma oggetto di appropriazione,nonché al complessivo comportamento tenuto dallo stesso in sede di procedimento penale

A tale carenza motivazionale è conseguita l’irrogazione di una sanzione in assenza di una valutazione di gradualità e proporzionalità,valutazioni che non possono investire solo il fatto illecito,dovendo le stesse,invece,tener conto del comportamento complessivo del soggetto.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va quindi accolto.

Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.


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