TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2018-03-27, n. 201803413
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Pubblicato il 27/03/2018
N. 03413/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04089/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4089 del 2017, proposto da:
S M, C M, F M e I R, rappresentati e difesi dagli avvocati F L e M S, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via di Val Fiorita, 90;
contro
Comune di Santa Marinella, in persona del sindaco p.t. non costituito in giudizio;
Regione Lazio, in persona del presidente p.t. non costituita in giudizio;
per l'annullamento
della Ordinanza n. 9 del 15 febbraio 2017, notificata in data 15 febbraio 2017, con la quale il Comune di Santa Marinella e, per esso, il Sindaco ha dichiarato la somma urgenza ed indifferibilità delle operazioni e dei lavori necessari alla messa in sicurezza dei luoghi situati in prossimità dell'Alveo del Fosso Valle Semplice e, per l'effetto, ha ordinato ai ricorrenti l'esecuzione dei lavori di sistemazione, messa in sicurezza e ripristino dei luoghi con realizzazione delle relative e necessarie opere;
nonché per la condanna del Comune ad adottare tutti gli interventi necessari per la messa in sicurezza del muro;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2018 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato l’11 aprile 2017 al comune di Santa Marinella e alla regione Lazio, i ricorrenti chiedono l’annullamento dell’ordinanza numero 9 del 15 febbraio 2017, notificata il 15 febbraio 2017, con cui il comune di Santa Marinella ha dichiarato la somma urgenza e indifferibilità dei lavori per la messa in sicurezza dei luoghi situati in prossimità dell’alveo del fosso Valle Semplice e quindi ordinato ai ricorrenti di eseguire lavori di sistemazione, messa in sicurezza e ripristino dei luoghi, consistenti principalmente nella rimozione e smaltimento a discarica dei materiali che giacciono sul letto del fiume, pregiudizievoli al regolare deflusso;i lavori si sarebbero resi necessari in seguito alle forti precipitazioni che hanno provocato la rotazione di un muro di recinzione e contenimento di proprietà dei ricorrenti, al confine tra la proprietà privata e l’alveo del corso d’acqua;il ribaltamento del muro verso il fosso provocherebbe la formazione di una diga e il pericolo di allagamento delle zone circostanti.
I ricorrenti chiedono anche la condanna della pubblica amministrazione ad adottare tutti gli interventi necessari per la messa in sicurezza del muro.
I motivi del ricorso sono i seguenti: il muro non sarebbe di proprietà privata, bensì pubblica, costituendo di fatto l’argine del fiume, conformemente alla giurisprudenza della Corte di Cassazione (SS. UU. n. 12701/1998) sulla demanialità delle sponde, delle rive del fiume e degli immobili che assumono natura di pertinenza del demanio idrico;i ricorrenti invocano, inoltre, l’articolo 86 del decreto legislativo numero 112 del 1998 che attribuisce alle Regioni e agli enti locali competenti per territorio la gestione dei beni del demanio idrico;di fatto, la vicenda si colloca nel quadro di una precedente e lunga controversia sul diritto di proprietà dell’area limitrofa al fiume, in esito alla quale i privati ricorrenti hanno ottenuto dal giudice civile il reintegro nel possesso di una porzione di terreno adiacente al luogo in cui è stato costruito il muro;i ricorrenti, comunque, sostengono che l’ordinanza sarebbe generica e carente di motivazione;essi chiedono che l’amministrazione pubblica sia condannata ad eseguire gli interventi di messa in sicurezza del muro;lo stesso provvedimento riconoscerebbe la natura pubblicistica dell’intervento da eseguire laddove, per la ricostruzione del muro, onera i privati ad acquisire le necessarie autorizzazioni, tenuto conto dei vincoli idro-geologici insistenti sull’area;i ricorrenti, inoltre, sostengono di non aver ancora accettato l’eredità del defunto proprietario e perciò di non aver alcuno obbligo per gli immobili e le aree in questione;inoltre si tratterebbe di terreno oggetto di procedura esecutiva, per cui i debitori non potrebbero mutare lo stato dei luoghi senza specifico ordine del giudice dell’esecuzione.
Il ricorso è infondato.
L'adozione di un'ordinanza sindacale contingibile e urgente (artt. 50 e 54 D. Lgs. n. 267/2000, T.U. Enti locali) presuppone necessariamente situazioni, non tipizzate dalla legge, di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da un'istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale, nella quale la contingibilità deve essere intesa come impossibilità di fronteggiare l'emergenza con i rimedi ordinari, in ragione dell'accidentalità, imprescindibilità ed eccezionalità della situazione verificatasi e l'urgenza come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 06-03-2017, n. 1289).
Nella fattispecie il Comune resistente, con il provvedimento impugnato, ha ravvisato la necessità di un intervento immediato per la manutenzione del muro di confine tra il corso d’acqua e la proprietà dei ricorrenti, in ragione del grave pericolo per la pubblica incolumità derivante dalle forti precipitazioni meteorologiche;infatti il ribaltamento di una porzione del muro di contenimento ha determinato il rischio di crollo dell’intero muro nell’alveo del fosso, con possibile ostruzione del corso d’acqua e conseguente allagamento delle zone circostanti.
Il provvedimento adottato dal Comune non può essere ritenuto viziato per le circostanze allegate dai ricorrenti, consistenti nelle contestazioni sulla proprietà del muro di recinzione, sull’assetto proprietario non ben definito in pendenza dell’accettazione dell’eredità da parte degli interessati, sulla sottoposizione dell’area a procedura esecutiva;esse non escludono la necessità di un provvedimento straordinario e d’urgenza, prevalendo le ragioni di tutela della pubblica incolumità sulle ragioni, di natura meramente patrimoniale, dedotte dai ricorrenti ai quali sarà comunque consentito ottenere, mediante gli ordinari strumenti di tutela offerti dall’ordinamento giuridico, il ristoro delle spese eventualmente sostenute qualora venisse accertato che gli oneri di manutenzione avrebbero dovuto essere sopportati dalla pubblica amministrazione.
Di conseguenza il provvedimento impugnato deve essere ritenuto immune dai vizi dedotti e quindi la domanda di annullamento dello stesso deve essere respinta.
Deve, inoltre, essere dichiarata inammissibile la connessa domanda dei ricorrenti per la condanna dell’amministrazione comunale e della regione Lazio ad adottare tutte le misure necessarie per la messa in sicurezza e il ripristino del muro.
La domanda è inammissibile in quanto genericamente formulata, senza una specifica “causa petendi”;in ogni caso sarebbe ugualmente inammissibile, per difetto di giurisdizione amministrativa, qualora i ricorrenti pretendessero l’intervento del Comune in adempimento di obblighi connessi alla proprietà pubblica del muro di contenimento;qualora, invece, si intendesse sollecitare l’esercizio di poteri pubblicistici, la domanda sarebbe inammissibile non potendo il giudice amministrativo pronunciarsi su poteri non ancora esercitati, salvo il caso particolare dell’azione avverso il silenzio inadempimento tendente a sollecitare l’esercizio del potere pubblico.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e, in parte, dichiarato inammissibile.
Non essendosi costituite le controparti, non vi è luogo a provvedere sulle spese.