TAR Roma, sez. II, sentenza 2014-12-16, n. 201412739

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2014-12-16, n. 201412739
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201412739
Data del deposito : 16 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10216/2014 REG.RIC.

N. 12739/2014 REG.PROV.COLL.

N. 10216/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10216 del 2014, proposto da:
Impresa A D F, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. L G T, V C, con domicilio eletto presso L G T in Roma, Via Antonio Bosio,2;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall'Avv. C M, domiciliata in Roma, Via Tempio di Giove, 21;

per l'ottemperanza

al giudicato discendente dalla sentenza n. 20505/2013, depositata in data 15 ottobre 2013, emessa dal Tribunale Ordinario di Roma, Sezione II Civile in composizione monocratica, con la quale Roma Capitale è stata condannata al pagamento, a favore di parte ricorrente, del risarcimento del danno e delle spese di lite;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2014 la dott.ssa Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Espone in fatto parte ricorrente che con sentenza n. 20505/2013, depositata in data 15 ottobre 2013, il Tribunale Ordinario di Roma, Sezione II Civile in composizione monocratica, ha condannato Roma Capitale al pagamento, a proprio favore, del risarcimento del danno per illegittima risoluzione del contratto di appalto, quantificato in € 208.616,49 oltre interessi anche anatocistici e rivalutazione, e delle spese di lite, liquidate in € 21.795,00, oltre 670,75 e € 8,05 per spese, ponendo a carico di Roma Capitale le spese di c.t.u.

Nel lamentare parte ricorrente la mancata esecuzione delle statuizioni contenute nella citata sentenza, passata in giudicato, chiede la condanna di Roma Capitale a dare ottemperanza alla predetta pronuncia mediante corresponsione di quanto dovuto, sollecitando a tal fine la nomina di un Commissario ad Acta che vi provveda in sua sostituzione.

Chiede, inoltre, parte ricorrente la condanna dell’intimata Amministrazione al pagamento di una ulteriore somma per il ritardo nell’ottemperanza.

L’intimata Amministrazione Comunale si è costituita in giudizio con formula di stile.

Alla Camera di Consiglio del 5 novembre 2014 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

1 - Con il ricorso in esame viene proposta azione di ottemperanza per ottenere l’esecuzione del giudicato discendente dalla sentenza n. 20505/2013, depositata in data 15 ottobre 2013, con cui il Tribunale Ordinario di Roma, Sezione II Civile in composizione monocratica, ha condannato Roma Capitale al pagamento del risarcimento del danno a favore del ricorrente quantificato in € 208.616,49 oltre interessi anche anatocistici e rivalutazione, e delle spese di lite, liquidate in € 21.795,00, oltre 670,75 e € 8,05 per spese, ponendo a carico di Roma Capitale le spese di c.t.u.

Nel denunciare parte ricorrente la mancata esecuzione a quanto statuito da detta sentenza mediante corresponsione delle somme ivi indicate, chiede la condanna dell’intimata Amministrazione al pagamento di tali somme, sollecitando a tal fine la nomina di un Commissario ad Acta che vi provveda in sua sostituzione, e chiedendo altresì la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno per ritardata esecuzione del giudicato.

2 - Tanto precisato, il ricorso in ottemperanza, del cui contenuto si è dato atto, va dichiarato procedibile, in quanto ritualmente notificato e depositato.

Lo stesso va, inoltre, dichiarato ammissibile stante la definitività del provvedimento giurisdizionale di cui è chiesta l’esecuzione.

Il ricorso deve, altresì, essere dichiarato fondato, nei limiti appresso indicati, quanto alla richiesta di esecuzione del giudicato alla luce della denunciata mancata ottemperanza alle relative statuizioni da parte dell’Amministrazione a tanto onerata mediante corresponsione delle somme ivi indicate a titolo di risarcimento del danno, interessi, rivalutazione e spese legali.

Conseguentemente, in accoglimento del corrispondente capo di domanda di cui al ricorso, va ordinato a Roma Capitale di conformarsi al giudicato discendente dalla sentenza del Tribunale Ordinario di Roma, Sezione II Civile, n. 20505/2013, provvedendo, nel termine di 60 (sessanta) giorni dalla notifica o comunicazione della presente sentenza, al pagamento a favore di parte ricorrente delle somme dovute, ai sensi della predetta pronuncia, a titolo di risarcimento del danno, interessi, rivalutazione e spese legali.

Quanto alle spese di consulenza tecnica d’ufficio, poste a carico di Roma Capitale, le stesse dovranno essere rimborsate a favore del ricorrente laddove questi comprovi di averle anticipate.

Per l’ipotesi di inutile decorso del termine sopra indicato senza che l’Amministrazione abbia ottemperato al predetto ordine di pagamento, viene sin da ora nominato quale Commissario ad Acta il Capo di Gabinetto del Sindaco p.t., con facoltà per lo stesso di delega ad altro soggetto dotato di adeguata competenza, il quale dovrà provvedere ad istanza di parte, anche in via sostitutiva, entro il successivo termine di giorni60 (sessanta) dalla scadenza del termine già assegnato al Comune di Roma .. per provvedere al pagamento delle somme dovute al ricorrente, compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell’Amministrazione inadempiente.

Essendo le funzioni di Commissario ad Acta assegnate a un soggetto che già presta servizio presso l’Amministrazione Comunale, l’onere per le prestazioni svolte rimane interamente a carico di tale Amministrazione e va commisurato al compenso spettante per lavoro straordinario, da calcolarsi sulla base dei parametri vigenti, previa quantificazione dell’impegno lavorativo.

3 – Con riguardo alla richiesta di applicazione della misura prevista dalla disposizione di cui all’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo - secondo la quale il giudice “salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato” - ritiene il Collegio di doversi discostare dal precedente orientamento della Sezione, che merita di essere rivisitato a seguito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 15 del 2014 in ossequio alla funzione nomofilattica della stessa.

Il Consiglio di Stato, con la citata pronuncia, ha difatti riconosciuto l’ammissibilità, nell’ambito del giudizio di ottemperanza, della comminatoria delle penalità di mora di cui all’art. 114, comma 4, lett. e), del codice del processo amministrativo, con riferimento a tutte le decisioni di condanna di cui al precedente art. 113, ivi comprese quelle aventi ad oggetto prestazioni di natura pecuniaria, così componendo il contrasto interpretativo sorto in materia e disattendendo il diverso orientamento, seguito anche dalla Sezione, volto ad escludere la possibilità di applicazione delle astraintes quando l’esecuzione del giudicato consista nel pagamento di una somma di denaro, essendo l’obbligo oggetto di domanda giudiziale di adempimento, in quanto di natura pecuniaria, già assistito, a termine del vigente ordinamento, per il caso di ritardo nel suo adempimento, dall’obbligo accessorio di pagamento degli interessi legali, cui la somma dovuta a titolo di astreinte andrebbe ulteriormente ad aggiungersi, con conseguente ingiustificata duplicazione delle misure compensative dell’entità del pregiudizio derivante all’interessato dalla violazione, inosservanza o ritardo nell’esecuzione del giudicato, determinandosi al contempo un ingiustificato arricchimento del soggetto già creditore, oltre che della prestazione principale, di quella accessoria.

L’Adunanza Plenaria, nel valorizzare l’elemento testuale della norma - che non ha riprodotto il limite, stabilito dall’art. 614-bis del codice di procedura civile, della riferibilitaÌ€ del meccanismo al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o un fare infungibili – ha riconosciuto la funzione sanzionatoria della penalità di mora, in quanto riferita alla inottemperanza ad una statuizione giudiziaria, escludendone la natura di risarcimento per il pregiudizio sofferto a causa di tale inottemperanza, così riconoscendo l’astratta ammissibilità di tale misura anche con riferimento a condanne pecuniarie.

La medesima pronuncia afferma, inoltre, che spetta al giudice dell’ottemperanza la verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché la graduazione del relativo importo, tenuto conto delle peculiari condizioni del debitore pubblico, dell’esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, anche in considerazione delle possibili difficoltà nell’adempimento collegate a vincoli normativi e di bilancio, allo stato della finanza pubblica e alla rilevanza di specifici interessi pubblici, che possono tradursi in ragioni ostative, espressamente previste dall’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo, quale limite negativo all’applicazione di tale misura.

La riconosciuta applicabilità delle astraintes anche a decisioni di condanna aventi ad oggetto prestazioni di natura pecuniaria, come nella fattispecie in esame, postula la soluzione di ulteriori questioni interpretative, non affrontate e risolte dalla Plenaria e, segnatamente, quella della decorrenza della relativa obbligazione e del termine finale della stessa, nonchè l’individuazione di parametri idonei alla sua quantificazione.

Quanto alla decorrenza di tale penalità, la locuzione “per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato” di cui all’art. 114, comma 4, lettera e), c.p.a., depone per la riconduzione di tale decorrenza al momento in cui sorge l’obbligo di conformarsi al contenuto della sentenza o del provvedimento giurisdizionale equivalente, il quale va individuato - ai sensi dell’art. 14, del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla l. 28 febbraio 1997, n. 30, nella formulazione risultante dalle modifiche e integrazioni derivanti dall’art. 147 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dal comma 3 dell'art. 44, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 – alla scadenza del termine di 120 giorni decorrente dalla notifica del titolo esecutivo avente ad oggetto il pagamento di somme di denaro, termine riconosciuto in via generale alle amministrazioni dello Stato e agli Enti pubblici economici per l’adempimento di tali obbligazioni, da intendersi decorrere dal momento della notifica della pronuncia della cui esecuzione si tratta.

Prima della scadenza di tale termine, durante il cui decorso il creditore non può procedere ad esecuzione forzata, non può dunque ravvisarsi alcun ritardo nell’esecuzione del giudicato anche ai fini delle astranites, la cui decorrenza va quindi individuata al compiersi dell’intervallo di tempo di 120 giorni dalla notifica del provvedimento giurisdizionale, avente efficacia di giudicato, recante la condanna pecuniaria.

Irrilevante, ai fini della decorrenza delle astraintes, è invece il momento della proposizione del ricorso per ottemperanza, il quale può eventualmente incidere sulla concreta commisurazione della penalità di mora, secondo valutazioni da svolgere caso per caso, in relazione alla rilevanza della condotta del creditore il quale abbia omesso l’attivazione dei rimedi processuali per l’attuazione del giudicato, così determinando un incremento dell’ammontare della penalità di mora come riferita ad un lasso di tempo la cui durata è nella sostanziale disponibilità del creditore.

Così individuato il momento iniziale di decorrenza delle astraintes, il relativo termine finale va identificato con il momento di insediamento del Commissario ad Acta, che risulta, da tale momento, investito dei poteri e delle facoltà finalizzati all’esecuzione del giudicato.

Con riferimento alla misura della penalità di mora, ritiene il Collegio che la stessa debba essere ancòrata sia al dato temporale relativo alla inosservanza del giudicato, essendo tale penalità strumento di coazione indiretta e rivestendo funzione compulsoria che si affianca, in termini di completamento e cumulo, alla tecnica surrogatoria che permea il giudizio d’ottemperanza, attuata attraverso il Commissario ad Acta, sia all’ammontare della somma di cui alla condanna rimasta ineseguita, e ciò in ragione della funzione sanzionatoria cui rispondono le astraintes, la quale è presidiata dal principio di proporzionalità della sanzione rispetto all’inadempimento all’obbligo.

Ritiene quindi il Collegio che la quantificazione della penalità di mora debba essere effettuata in una misura percentuale rispetto alla somma capitale di cui alla condanna, prendendo a riferimento il tasso legale di interesse quale criterio di commisurazione del danno da ritardato conseguimento della somma di denaro di cui alla pronuncia da ottemperare.

Su tale somma capitale andranno, pertanto, dapprima calcolati gli interessi legali dovuti a titolo di compensazione per il ritardo nell'adempimento secondo quanto previsto dalla legge, e a tale somma dovrà poi aggiungersi, a titolo di astraintes, l’ulteriore somma corrispondente a tali interessi.

L’indicata quantificazione delle astraintes adeguatamente assolve, a giudizio del Collegio, alla funzione compulsoria e sanzionatoria propria di detta penalità, senza tuttavia gravare in misura eccessiva sul debitore pubblico.

Ed invero, nella quantificazione della somma da riconoscere al creditore a titolo di penalità di mora per ritardata esecuzione del giudicato, deve aversi riguardo alla previsione, di cui all’art. 114, comma 4, lettera e) del c.p.a. che esclude l’applicazione dell’astreinte ove sia dimostrata l’esistenza di ragioni ostative ovvero la manifesta iniquità alla sua applicazione - così consentendo la valorizzazione di specifiche motivazioni che possono essere, in concreto, poste dal giudice amministrativo alla base della quantificazione della sanzione pecuniaria, attraverso l’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui dispone - nonchè alle statuizioni recate dalla citata decisione plenaria n. 15 del 2014 la quale, nel sancire la sostanziale equivalenza tra sentenze aventi ad oggetto un dare pecuniario e le altre pronunce di condanna, ha comunque evidenziato che “la considerazione delle peculiari condizioni del debitore pubblico, al pari dell’esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, costituiscono fattori da valutare non ai fini di un’astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo”, con ciò sottolineando il valore del tutto autonomo del dato letterale della sussistenza di “altre ragioni ostative” rispetto al limite negativo della manifesta iniquità, quest’ultimo, a differenza del primo, presente anche nel codice di procedura civile, laddove il primo è caratteristico solo del codice del processo amministrativo.

Se il Collegio, per quanto dianzi illustrato, ritiene che le “altre ragioni ostative” codicisticamente indicate non consentano di denegare l’applicazione della misura sanzionatoria, e ciò in ossequio ad esigenze di uniforme indirizzo giurisprudenziale come delineato dalla decisione plenaria ed in assenza di alcuna deduzione giustificatrice del ritardo allegata dall’Amministrazione intimata, le stesse assumono tuttavia rilevanza in sede di quantificazione della penalità di mora, tenuto conto che viene in rilievo un debitore pubblico e che la stessa Adunanza Plenaria riconosce la specialità del contesto “con specifico riferimento alle difficoltà nell’adempimento collegate a vincoli normativi e di bilancio, allo stato della finanza pubblica e alla rilevanza di specifici interessi pubblici”.

Ne discende che nel caso di giudizi aventi ad oggetto il pagamento, a carico dello Stato, di somme di denaro a titolo di equa riparazione per eccessiva durata del processo, l’esigenza di contenimento della spesa pubblica in ragione della condizione di crisi finanziaria della finanza pubblica e dell’ammontare del debito pubblico, giustifichi la quantificazione in concreto di una ridotta misura da applicare a titolo di astrainte, come sopra commisurata al tasso di interesse legale, rientrando le predette circostanze – pur non essendo state in alcun modo allegate o addotte dalla parte resistente – tra i fatti notori, trattandosi di dati acquisiti alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabili ed incontestabili.

Tenuto quindi conto di quanto sopra illustrato – e considerato che la resistente Amministrazione non ha rappresentato la sussistenza di esimenti, né ha addotto giustificazioni del ritardo nell’ottemperanza – ritiene il Collegio di dover procedere alla condanna dell’Amministrazione al pagamento della penalità di mora, nell’ammontare sopra individuato e con la decorrenza anch’essa sopra illustrata, che dovrà essere corrisposta fino all’eventuale insediamento del Commissario ad Acta.

4 – In conclusione, il ricorso in esame deve essere accolto nel senso di cui sopra.

5 - Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo tenuto conto della semplicità della controversia, seguono la soccombenza.

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