TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-03-06, n. 202300710

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-03-06, n. 202300710
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202300710
Data del deposito : 6 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/03/2023

N. 00710/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01677/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1677 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da
A B, rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Terme Vigliatore, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato D B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo:

del provvedimento in autotutela della concessione edilizia tacitamente assentita art. 2, L.31.05.1994 n.17, di cui alla nota a firma del Dirigente dell’U. T. C. prot. N. 2685.

quanto al primo ricorso per motivi aggiunti:

- del provvedimento di diniego della concessione edilizia di cui alla nota a firma del Dirigente U.T.C. n. 13203 del 21/07/2009.

quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti:

- del provvedimento di diniego della concessione edilizia di cui alla nota a firma del Dirigente dell’U.T.C. n. 18394 del 13/10/2009

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Terme Vigliatore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2023 la dott.ssa A A B e udito il difensore della parte ricorrente, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con istanza del 9 dicembre 2008 il ricorrente chiedeva il rilascio di concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato in c.a. ad una elevazione f.t. e piano cantinato sul terreno contraddistinto in catasto al fg 6, part. 1859 e 631 del Comune di Terme Vigliatore.

Con nota del 23 aprile 2009, decorsi 120 giorni dalla predetta istanza, comunicava l’avvio dei lavori ai sensi dell’art.2 della l.r. 17/1994 allegando una perizia giurata, il calcolo degli oneri concessori e la fideiussione.

Con provvedimento n. 2685 del 4 maggio 2009, il Comune denegava espressamente il titolo edilizio con la seguente motivazione: “ 1) le particelle interessate dell’intervento edilizio in oggetto ricadono in zona destinata a “Parchi Pubblici urbani e/o Territoriali di progetto” nel P.R.G. i cui vincoli preordinati all’espropriazione sono decaduti e pertanto, come prevalente giurisprudenza, la zona interessata è da intendersi zona bianca non normata;
2) inoltre il progetto è carente di elaborati progettuali in quanto privo di:-titolo di proprietà;-non è identificata la zona sullo stralcio PRG;-manca la planimetria allaccio idrico e fognario e la relazione geologica. Pertanto alla luce di quanto sopra, viene annullato il silenzio assenso eventualmente maturato e si diffida, sin da ora, non procedere all’inizio dei lavori di che trattasi.”

Il ricorrente impugnava il citato provvedimento con ricorso introduttivo notificato in data 1 luglio 2009 e ne chiedeva l’annullamento per i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 9, D.P.R. n. 380/2001;
art. 4 legge n. 10/1977 e art.17 legge n.65/1967) ritenendo consentita l’attività edilizia, a seguito della decadenza del vincolo preordinato all’esproprio, nei limiti fissati dall’art.9 del D.P.R. n. 380/2001.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2°, della l.r. n. 17/1994, poiché l’eventuale incompletezza documentale non poteva costituire causa di rigetto dell’istanza, gravando sulla P.A. l’obbligo di chiedere le necessarie integrazioni.

Il Comune di Terme Vigliatore si costituiva in giudizio per resistere al ricorso e rilevava la pendenza del procedimento di riesame della pratica chiesto dal ricorrente con integrazione documentale del 26 maggio 2009;
chiedeva, altresì, il rigetto del ricorso siccome infondato.

Con ordinanza n. 1124/2009, la Sezione accoglieva la domanda cautelare ai fini del riesame del provvedimento impugnato “ alla luce delle censure articolate in ricorso e tenendo conto dei limiti edificatori indicati nell’art. 9 del D.P.R. 380/2001 ”.

Nelle more, l’ente - in riscontro alla richiesta di riesame del ricorrente del 26 maggio 2009 - adottava un nuovo provvedimento di diniego (prot. n. 2685 del 21 luglio 2009) con il quale evidenziava la non conformità del progetto alle destinazioni urbanistiche di zona (ritenendole - in contrasto con quanto affermato nel precedente provvedimento, vincoli conformativi - e non espropriativi) e precisava che, in ogni caso, l’intervento “ ricade all’interno del centro urbano ”.

Parte ricorrente impugnava il secondo provvedimento di diniego con ricorso motivi aggiunti contestando la natura del vincolo, la mancanza di un provvedimento di perimetrazione del centro urbano e la mancata comunicazione dei motivi ostativi ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

Il Comune si costituiva in giudizio per resistere anche al ricorso per motivi aggiunti evidenziando, tra l’altro, la collocazione del terreno del ricorrente all’interno del centro urbano, oggettivamente riscontrabile a prescindere dalla “perimetrazione”. Rappresentava, infine, che la C.E.C. - pronunziatasi sul riesame disposto con l’ordinanza cautelare n. 1124/2009 sopra citata - aveva espresso parere contrario poiché “ l’intervento ricade sul fondo che si trova all’interno del centro urbano anche per le condizioni oggettive del territorio ”.

Tale parere veniva comunicato all’interessato con provvedimento del 13 ottobre 2009 e veniva impugnato con un secondo ricorso per motivi aggiunti nel quale il ricorrente riproponeva le censure già articolate nel primo ricorso per motivi aggiunti;
il ricorrente formulava, altresì, domanda di sospensione del provvedimento impugnato e di esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 1124/2009, nonché domanda di risarcimento dei danni.

Il Comune si costituiva in giudizio per resistere anche al secondo ricorso per motivi aggiunti, ribadendo le difese già spiegate nei precedenti scritti difensivi.

Con ordinanza n. 1626/2009, la Sezione respingeva le domande cautelari formulate con il secondo ricorso per motivi aggiunti.

Con decreto n. 823/2022 è stata dichiarata l’interruzione del giudizio;
quindi, con atto notificato il 5 dicembre 2022, il ricorrente ha riassunto il processo.

Il Comune di Terme Vigliatore si è costituito con un nuovo procuratore e ha chiesto il rigetto del ricorso e della domanda risarcitoria.

Le parti hanno scambiato memorie e repliche e alla pubblica udienza del 22 febbraio 2023, il ricorso è stato trattenuto in decisione, previo avviso alle parti, reso ai sensi dell’art. 73, comma 3° c.p.a della possibile declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti.

DIRITTO

In via preliminare il Collegio - considerato che il provvedimento di diniego del 13 ottobre 2009 adottato in conformità al parere della C.E.C. gravato con il secondo ricorso per motivi aggiunti, costituisce un provvedimento confermativo in senso proprio in quanto emesso all’esito di una rinnovata istruttoria - rileva l’improcedibilità del ricorso introduttivo e del primo ricorso per motivi aggiunti per sopravvenuta carenza di interesse dovendo, invece, esaminarsi nel merito soltanto il secondo ricorso per motivi aggiunti atteso che l’interesse all’annullamento si è definitivamente trasferito sul provvedimento negativo del 13 ottobre 2009 (cfr., ex multis , Cons. Stato, Sez. IV, 16 marzo 2022, n.1852, che ha ribadito il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui “ l'adozione di un nuovo atto, quando non sia meramente confermativo di un provvedimento precedente già oggetto di impugnazione giurisdizionale ma costituisca (nuova) espressione di una funzione amministrativa, comporta la pronuncia d'improcedibilità del giudizio in corso per sopravvenuta carenza di interesse, trasferendosi l'interesse del ricorrente dall'annullamento dell'atto impugnato, sostituito dal nuovo provvedimento, all'annullamento di quest'ultimo ”).

Nel merito il secondo ricorso per motivi aggiunti è infondato.

In applicazione del criterio decisorio della ragione più liquida, espressione del principio di economia dei mezzi processuali, il Collegio intende esaminare in via prioritaria il secondo motivo di ricorso concernente l’ubicazione del progetto edilizio per cui è causa (all’interno del centro urbano secondo il Comune, all’esterno secondo parte ricorrente), poiché solo l’accertata fondatezza del motivo in questione determinerebbe l’accoglimento del ricorso atteso che secondo la disposizione dell’art. 9 del D.P.R. n. 380/2001, invocata dal ricorrente, nelle aree configurate quali “zone bianche” in conseguenza dell’intervenuta decadenza di un vincolo preordinato all'esproprio, l’attività di “nuova edificazione”, pur con i ridotti indici previsti dalla norma, è consentita solo “ fuori dal perimetro dei centri urbani” (art. 9, comma1° lett. b).

Al riguardo, parte ricorrente fonda le proprie censure: a) sulla carenza del formale provvedimento di perimetrazione del centro abitato, ex art. 17 della legge n. 765/1967;
b) sull’affermazione che “ il fondo oggetto del programmato intervento edilizio ricade pacificamente all’esterno del centro abitato”.

Quanto al primo rilievo, occorre evidenziare che la disposizione dell’art. 9 cit. - a differenza del previgente art. 4 della legge n. 10/1977 che faceva espresso riferimento al “ perimetro dei centri abitati definito ai sensi dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 - consente l’edificazione “ fuori dal perimetro dei centri urbani” , senza alcun espresso riferimento alla formale delibera di perimetrazione.

Del resto, la giurisprudenza ha da tempo chiarito che, anche in assenza di un atto di perimetrazione del centro abitato, è possibile pervenire all’individuazione dei nuclei insediativi costituenti centro abitato, ovvero posti al di fuori dello stesso, attraverso la consultazione ed il confronto delle evidenze mappali, fotografiche ed aerofotogrammetriche relative ad un determinato periodo, essendo la nozione di centro abitato urbanisticamente rilevante ancorata alla sussistenza di circostanze di fatto (essenzialmente, aggregato di case continue e vicine , v. Cons. Stato, Sez. IV, 21 ottobre 2014, n. 5173), piuttosto che a formali qualificazioni provvedimentali che possono, semmai, fungere da supporto probatorio di carattere integrativo (cfr. in termini: C.G.A., 20 gennaio 2021, n. 45: Cons. Stato, Sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3656)

Al riguardo, il ricorrente si limita ad affermare labialmente – e senza fornire alcun supporto in punto di prova a quanto asserito – che l’intervento edificatorio “ricade pacificamente all’esterno del perimetro urbano”;
di contro, il Comune ha evidenziando - allegando cartografia di P.R.G. e lo stralcio aerofotogrammetrico - come l’area in questione (c.da Maceo) costituisca un quartiere con connotazione di centro urbano dotato di viabilità principale (pag. 7 della memoria del 16 novembre 2009), circostanza, questa che, peraltro, trova riscontro negli stessi elaborati di parte ricorrente dai quali si evince che l’area di progetto si localizza nella parte nord est “del centro urbano di Terme Vigliatore” (v. relazione geologica).

Ne consegue l’infondatezza del motivo che, va pertanto, respinto a fronte della riscontrata difformità dell’attività di “nuova edificazione” rispetto alla limitata attività edilizia consentita nelle zone bianche solo al di fuori del centro urbano.

Al carattere rigidamente vincolato della motivazione dell’opposto diniego - costituito dalla mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 9 cit. - consegue l’infondatezza dell’ulteriore motivo di ordine procedimentale concernente l’omessa comunicazione dei motivi ostativi, ritenendo il Collegio di fare applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale ( ex multis : Cons. Stato, Sez. VI, 11 gennaio 2023, n. 395;
15 settembre 2022, n. 7993) per cui l'art. 10 bis della legge 241/1990, così come le altre norme in materia di partecipazione procedimentale, non deve essere letto in senso formalistico, bensì avuto riguardo all'effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione, in relazione all’art. 21-octies della stessa legge, secondo cui “ non è annullabile il provvedimento per vizi formali non incidenti sulla sua legittimità sostanziale e il cui contenuto non avrebbe potuto essere differente da quello in concreto adottato” . Inoltre, nel caso di specie, al di là del mero richiamo alla disposizione ritenuta violata, parte ricorrente non dimostra in che modo un eventuale contraddittorio procedimentale, avrebbe condotto ad un esito conclusivo diverso.

In conclusione, per tutto quanto sopra esposto, il ricorso introduttivo e il primo ricorso per motivi aggiunti sono improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse;
il secondo ricorso per motivi aggiunti è infondato e va respinto.

Le spese possono essere, tuttavia, compensate tra le parti in considerazione della concreta articolazione della vicenda.

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