TAR Milano, sez. II, sentenza 2010-01-08, n. 201000003

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. II, sentenza 2010-01-08, n. 201000003
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201000003
Data del deposito : 8 gennaio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02347/2008 REG.RIC.

N. 00003/2010 REG.SEN.

N. 02347/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 2347 del 2008, proposto da:
Azienda Agricola Sala Ornella, rappresentato e difeso dagli avv. S G, A G, con domicilio eletto presso S G in Milano, corso Indipendenza, 18;

contro

Comune di Besana in Brianza, rappresentato e difeso dagli avv. F C, C C, con domicilio eletto presso F C in Milano, via Beccaria, 5;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

-a) in parte qua della deliberazione del consiglio comunale n. 45 in data 26.06.2008 e n. 46 in data 27.06.2008 aventi ad oggetto esame delle osservazioni e controdeduzioni – approvazione definitiva degli atti di P.G.T. ai sensi della L.R. 12/05” nella parte in cui assegna all’area di cui ai mappali nn. 82, 91,92 e 93 del foglio n. 66 destinazione di “area agricola di tutela” e impone sulle stesse aree retinatura di “Ambiti boscati (art. 15 Piano del Parco del Lambro)” nonché nella parte in cui approva l’art. 12 delle n.t.a. del Piano delle Regole;

-b) in parte qua della deliberazione del consiglio comunale n. 63 in data 20.12.2007 avente ad oggetto “Adozione, ai sensi dell’art. 13 della L.R. 11.03.2005 n. 12, del Piano di Governo del Territorio di Besana in Brianza” nella parte in cui assegna all’area di cui ai mappali nn. 82, 91,92 e 93 del foglio n. 66 destinazione di “area agricola di tutela” nonché nella parte in cui approva l’art. 12 delle n.t.a. del Piano delle Regole;

-c) del provvedimento prot. n. 29402/VdG-sb in data 11.09.2008 mediante il quale è stato comunicato il diniego di rilascio del permesso di costruire di cui alla pratica edilizia n. 32/2008 “essendo la stessa in contrasto con la normativa urbanistica vigente e la conclusione del procedimento relativo”;

-d) di ogni altro atto preordinato, connesso o consequenziale, in particolare, ove occorrer possa, del provvedimento prot. n. 1499/SB-dg in data 29.04.2008 avente ad oggetto “avvio del procedimento ai sensi della L.

7.08.1990 n. 241 e successive modificazioni. Permesso di costruire n. 32/2008. Diniego”.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Besana in Brianza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2009 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

L’azienda ricorrente è proprietaria di alcuni terreni nel Comune di Besana in Brianza che hanno formato oggetto di nuova destinazione urbanistica con il P.G.T. adottato ed approvato dal Comune con gli atti impugnati ai punti a) e b).

A seguito di tale destinazione urbanistica è stata anche respinta la domanda di rilascio di permesso a costruire in quanto il progetto presentato sarebbe in contrasto con il nuovo art. 12 delle n.d.a. del Piano delle Regole.

Contro gli atti di pianificazione l’azienda ricorrente solleva i seguenti motivi di ricorso:

I) illegittimità dell’inserimento delle aree di sua proprietà nella zona definita “aree agricole di tutela” per eccesso di potere, in quanto le aree non avrebbero alcun pregio paesistico, come dimostrato dalle caratteristiche dei luoghi e dalla tavola Q01b del piano approvato che le inserisce nella zona agricola produttiva.

II) Illegittimità dell’inserimento delle aree di sua proprietà nella zona definita “aree agricole di tutela” per difetto di motivazione, in quanto la ricorrente avrebbe avuto una posizione qualificata a seguito del rilascio di autorizzazione paesistica in data anteriore all’adozione del piano, che avrebbe dovuto indurre l’amministrazione a motivare specificamente l’adozione di una disciplina impeditiva dell’esecuzione dell’attività autorizzata. Anche in sede di controdeduzioni le richieste della ricorrente sarebbero state in sostanza respinte senza un’adeguata motivazione.

III) Violazione dell’art. 13 della L.R. 12/05 ed eccesso di potere per contraddittorietà tra atti ed illogicità in quanto l’inserimento della retinatura “Ambiti boscati” (art. 15 del Piano del Parco del Lambro)” sarebbe stata effettuata solo in fase di approvazione, senza consentire il contraddittorio in materia e sarebbe in contrasto con il riconoscimento dell’errore cartografico effettuato dal Parco.

Per quanto concerne, poi, l’impugnativa della disciplina della zona, contenuta nell’art. 12 delle n.d.a. del Piano delle Regole, la ricorrente solleva i seguenti motivi in fatto ed in diritto:

IV) Violazione degli artt. 59, 60 e 61 della L.R. 12/05 e degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, in quanto l’art. 12 delle n.d.a., prevedendo che può costruire solo l’imprenditore agricolo già insediato sul posto con strutture stabili, introdurrebbe una disciplina in contrasto con quella prevista dalla legislazione regionale in materia di edificabilità agricola. In particolare, sarebbero previsti requisiti soggettivi ultronei rispetto a quelli stabiliti dalla legge regionale, che garantisce a tutti gli imprenditori agricoli il diritto a realizzare le opere necessarie alla conduzione del fondo.

In tal modo sarebbe violata anche la finalità della disciplina regionale, che è quella di favorire la conduzione dei fondi agricoli e ne risulterebbe violato anche l’art. 42 della costituzione, in quanto sarebbe svuotato di contenuto il diritto di proprietà.

V) Violazione dell’art. 59 comma 4 della L.R. 12/05 in quanto subordinerebbe l’edificazione di strutture agricole a calcoli volumetrici, mentre la norma in questione stabilirebbe solo un rapporto di copertura.

VI) Eccesso di potere per illogicità, perplessità e contraddittorietà manifesta in quanto l’art. 12.4 delle n.d.a. del P.G.T. prevederebbe che la distanza massima di edificazione di m.30 dagli edifici esistenti sarebbe prevista come condizione facoltativa ed obbligatoria insieme.

VII) Contraddittorietà tra previsioni e obiettivi del Documento di Piano e norme del Piano delle Regole e violazione della D.G.R. n. VIII/1681 del 29.12.2005 in quanto la previsione della distanza massima di edificazione di m.30 dagli edifici esistenti, rendendo impossibile ogni nuova edificazione staccata da precedenti immobili, sarebbe totalmente in contrasto con quanto enunciato nel Documento di Piano.

VIII) Violazione dell’art. 10 c. 4 della L.R. 12/05 e dell’art. 11 delle n.t.a. del P.T.C. del Parco in quanto gli ulteriori vincoli comunali per le aree paesistico ambientali dovrebbero trovare fondamento esclusivamente nelle necessità di tutela stabilite dai piani paesistici sovracomunali. Questa condizione non si verificherebbe nel caso in questione in quanto l’art. 12.4 delle n.d.a. del P.G.T. sarebbero in contrasto con l’art. 11 delle n.t.a. del P.T.C. del Parco.

Per quanto concerne, infine, l’impugnativa del provvedimento prot. n. 29402/VdG-sb in data 11.09.2008 mediante il quale è stato comunicato il diniego di rilascio del permesso di costruire di cui alla pratica edilizia n. 32/2008…….

IX) Illegittimità derivata del diniego di permesso a costruire in conseguenza dell’illegittimità delle norme di piano.

X) Violazione dell’art. 10 bis L. 241/90 in quanto la violazione dell’art. 12.4. delle n.d.a. del P.G.T. contenuta nel provvedimento di diniego non sarebbe stata menzionata nel preavviso di diniego.

XI) Violazione dell’art. 3 L. 241/90 ed eccesso di potere per difetto di motivazione in quanto la previsione di motivi innominati di diniego del permesso a costruire sarebbe in contrasto con l’art. 3 L. 241/90.

Chiede quindi il risarcimento del danno per il diniego del permesso di costruire.

La difesa comunale eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica alla Provincia di Milano.

Nel merito essa chiede la reiezione del primo motivo di ricorso in quanto l’area della ricorrente sarebbe considerata di particolare pregio ambientale sia in base ai documenti del P.G.T. (tavola Q 16) sia alle previsioni del P.T.C.P. che la inserisce negli ambiti di rilevanza paesistica e naturalistica.

Il Comune replica al secondo motivo di ricorso,sottolineando che l’amministrazione non sarebbe tenuta a dare una specifica motivazione alle previsioni di pianificazione né alle risposte alle osservazioni presentate, in quanto esse costituiscono solo meri apporti collaborativi.

Il Comune eccepisce l’inammissibilità del terzo motivo di ricorso, in quanto la ricorrente non ha impugnato l’atto con il quale il Parco ha chiesto l’inserimento della retinatura relativa agli ambiti boscati al Comune e non ha notificato il ricorso al Parco.

La difesa comunale contesta, poi, il quarto motivo di ricorso in quanto il potere comunale di dettare una disciplina specifica e più restrittiva per le aree di valore paesaggistico ambientale ed ecologico troverebbe fondamento nell’art. 10 c. 4 L.R. 12/05 e nelle norme del P.T.C.P.

La stessa replica al quinto ed al sesto motivo rilevando che l’introduzione di indici volumetrici anche per le attrezzature produttive, nonché l’obbligo di costruire ad una distanza non superiore a m. 30 si giustificherebbero con le esigenze paesaggistiche dell’area.

Replica anche al settimo motivo osservando che la v.a.s. del piano avrebbe stabilito la necessità di proteggere il territorio rurale dall’erosione urbana con conseguente limitazione degli ambiti di trasformazione.

Contesta quindi l’ottavo motivo in quanto non vi sarebbe contrasto con le previsioni pianificatorie superiori.

All’udienza del 7 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

In primo luogo occorre affrontare l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa comunale per mancata notificazione del ricorso alla Provincia di Milano.

L’eccezione non merita accoglimento in quanto, a seguito dell’entrata in vigore della L.R. 11 marzo 2005, n. 12, la pianificazione urbanistica non si svolge più attraverso atti complessi ma consiste in un procedimento concentrato nell’ambito del Comune.

Infatti ai sensi dell’art. 13 comma 1 della L.R. 12/05 gli atti di PGT sono adottati ed approvati dal consiglio comunale. La norma conferma il superamento, già realizzato con la L.R. 1/2000, della natura del piano urbanistico generale come atto complesso ad imputazione congiunta comunale e regionale, che trovava fondamento nell’art. 10 della legge 1150/1942. La L.R. 1/2000, infatti, all’art. 3 comma 13, aveva stabilito che sono trasferite ai comuni le funzioni relative all'approvazione degli strumenti urbanistici comunali generali ed attuativi e relative varianti, prevedendo al comma 20 la semplice trasmissione del piano regolatore approvato, per conoscenza, alla Provincia e alla Giunta regionale e tale disposizione è stata confermata dall’art. 13 comma 10 L.R. 12/05.0.

Né può ritenersi che l’intervento della Provincia nel procedimento possa equipararsi ad un atto di approvazione. Infatti il coinvolgimento della Provincia nel procedimento è eventuale in quanto si verifica solo se l’ente sovracomunale si è dotato di piano territoriale di coordinamento vigente (art. 13 comma 5 L.R. 12/05). In secondo luogo la Provincia valuta esclusivamente la compatibilità del documento di piano con il proprio piano territoriale di coordinamento, svolgendo così una funzione di coordinamento tra i vari livelli di pianificazione e non una partecipazione alle decisioni di pianificazione territoriale comunale. Da ultimo l’intervento della Provincia si verifica prima della fase di valutazione delle osservazioni presentate e quindi non partecipa alla fase di approvazione del piano. Ne consegue che l’eccezione di mancata notificazione del ricorso alla Provincia dev’essere respinta.

Venendo ora al merito del ricorso, va respinto il primo motivo con il quale la ricorrente denuncia per eccesso di potere l’illegittimità dell’inserimento delle aree di sua proprietà nella zona definita “aree agricole di tutela”.

Come risulta dalla relazione illustrativa al Piano delle Regole il Comune ha deciso di istituire una zona definita area agricola di tutela che coinvolge “i territori compresi nel Parco del Lambro, nel SIC, nell’istituendo Parco della Valletta oltre le aree risultanti di classe III dagli studi geologici e che presentano quindi elementi di fragilità e scarsa vocazione alle trasformazioni urbanistico-edilizie”. Tale scelta non appare illogica o irrazionale come affermato dai ricorrenti, in quanto le aree comprese nella zona sono già qualificate come necessitanti di tutela dalla programmazione territoriale a vario titolo sovraordinata, con la conseguenza che l’istituzione di una specifica zona di tutela che raccolga aree già qualificate come necessitanti di protezione appare del tutto legittima.

Né d’altro canto l’illogicità delle scelte comunali può riguardare la decisione di inserire l’area di proprietà della ricorrente in tale zona in quanto, sebbene la ricorrente si sforzi di dimostrare che i mappali di sua proprietà sono di fatto aree agricole comuni con caratteri molto simili a quelle periurbane, esse rientrano nel Parco del Lambro e quindi sono considerate necessitanti di specifica tutela anche da altro piano che non risulta dagli atti impugnato. Né a diversa conclusione può giungersi sulla base della Tavola Q01b in quanto altre parti del P.G.T. sono chiare nell’inserire l’area di proprietà della ricorrente tra quelle necessitanti di tutela e quindi la tavola in questione sembra essere il frutto di un errore di qualificazione.

Neppure il secondo motivo attinente al preteso difetto di motivazione merita accoglimento in quanto nessuna tutela dell’affidamento può derivare da un’autorizzazione rilasciata a titolo precario da un ente diverso da quello nei cui confronti si invoca l’affidamento e sulla base di una disciplina di piano diversa da quella applicata dal Comune con gli atti impugnati.

In primo luogo, infatti, l’autorizzazione è stata rilasciata dal Parco, in base alla disciplina contenuta dal PTC del Parco ed a titolo solo precario, con la conseguenza che tale atto,da un lato, non è ritenuto vincolante nei confronti delle proprie decisioni future neppure dal Parco e, dall’altro lato, non può costituire fonte di affidamento nei confronti del Comune in quanto proviene da ente diverso e non può costituire limite al potere pianificatorio comunale.

Né d’altro canto può ritenersi che il difetto di motivazione denunciato dalla ricorrente riguardi le controdeduzioni alle osservazioni in quanto il Comune ha provveduto a controdedurre alle osservazioni medesime in senso più favorevole alla ricorrente rispetto alla disciplina dettata con il piano adottato. Né può ritenersi violato l’obbligo di motivazione per il semplice fatto che comunque le richieste della ricorrente non sono state soddisfatte in toto in quanto è opinione comune nella giurisprudenza che le osservazioni hanno natura collaborativa e non costituiscono un rimedio in senso proprio che possa limitare il potere del Comune di apportare le modifiche ritenute necessarie al piano adottato, senza necessità di specifica motivazione con riferimento a tutte le richieste del privato (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 settembre 2008 n. 4106).

Neppure il terzo motivo con il quale la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 13 della L.R. 12/05 in relazione ai tempi ed alle modalità dell’inserimento tardivo della retinatura “Ambiti boscati.

L’inserimento della retinatura “Ambiti boscati (art. 15 del Piano del Parco del Lambro)” risulta da una specifica richiesta del Parco e costituisce un atto dovuto a fronte della funzione di indirizzo e coordinamento che svolge la disciplina del PTC del Parco nei confronti della pianificazione comunale.

Né d’altro canto può ritenersi che tale aggiornamento della cartografia di piano con funzione meramente ricognitiva costituisca una modifica del piano tale da comportare una profonda modificazione dei criteri posti a base del piano stesso, tale da rendere necessaria una nuova pubblicazione , con la conseguente raccolta delle nuove osservazioni (cfr. T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 25 settembre 2008 , n. 2074;
T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 12 gennaio 2009 , n. 30;
TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 24 giugno 2009, n. 1318;
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 17 settembre 2009 n. 4671).

Da ultimo neppure il contrasto con il parere comunale favorevole alla rettifica della cartografia di Parco mediante eliminazione della retinatura “ambiti boscati” può costituire causa di illegittimità degli atti approvati in quanto la richiesta di rettifica non risulta recepita dal Consorzio del Parco e quindi non è ancora efficace.

Venendo ora ai motivi relativi alla disciplina della zona, merita accoglimento il quarto motivo con il quale la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 59,60 e 61 della L.R. 12/05 e degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, in quanto l’art. 12 delle n.d.a., prevedendo che può costruire solo l’imprenditore agricolo già insediato sul posto con strutture stabili, introdurrebbe una disciplina in contrasto con quella prevista dalla legislazione regionale in materia di edificabilità agricola, vanificando la finalità di favorire la conduzione dei fondi agricoli e svuotando, almeno in parte di contenuto, il diritto di proprietà.

Come già chiarito dalla Sezione (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 29/09/2009 n. 4749) la potestà pianificatoria comunale preesiste alla disciplina legislativa e concorre con quella (e con la potestà pianificatoria provinciale) a dettare la disciplina delle aree agricole, così come confermato dall’art. 10 comma 4 lett. a) della L.R. 12/05 che attribuisce al Piano delle Regole il compito di dettare, per le aree destinate all’agricoltura la disciplina d’uso, di valorizzazione e di salvaguardia, in conformità con quanto previsto dal titolo terzo della parte seconda (art. 59 ss. L.R. 12/05).

In secondo luogo la suddetta pronuncia ha affermato che lo “statuto” della disciplina edificatoria nelle aree agricole previsto dagli artt. 59 ss. della L.R. 12/05 è compatibile con una diversa e più restrittiva disciplina in quanto spesso le disposizioni del Titolo III (contenente norme in materia di edificazione nelle aree destinate all’agricoltura) della L.R. 12/05 prevedono limiti massimi all’edificabilità a scopi agricoli. Così ad esempio la sentenza chiarisce che “l’art. 59 c.3 della L.r. 12/05 stabilisce indici edificatori che costituiscono per il pianificatore comunale solo un limite massimo, (idem per quanto concerne gli indici di cui al comma 4 dello stesso art. 59 relativi alle attrezzature ed infrastrutture produttive). Tale inciso, letto in correlazione con i nuovi poteri pianificatori comunali di cui al ridetto art. 10 comma 4 lett. a) punto 1 e con il principio di sussidiarietà verticale di cui all’art. 118 comma 1 della Costituzione (introdotto con Legge Cost. n. 3/2001), porta alla conclusione che se il Comune non può prevedere limiti superiori a quelli contenuti nell’art. 59 (in forza della norma di prevalenza ex art. 61) non per questo allo stesso è sottratto il potere di stabilire limiti inferiori (TAR Lombardia Brescia, sez. I, 8 gennaio 2009, n. 1) od altri tipi di limiti, nel rispetto delle altre fonti normative e dei principi generali dell’azione amministrativa”.

Tale potere comunale quindi non è senza limiti, in particolare quando disciplina l’attività agricola come produzione. Infatti la legge regionale stabilisce alcuni vincoli tassativi che costituiscono elemento imprescindibile dello statuto delle aree agricole e come tali non possono essere derogati.

In particolare la ricorrente ha denunciato specificamente la violazione dell’art. 60 della L.R. 12/05 nella parte in cui, stabilendo che può costruire solo l’imprenditore agricolo già insediato sul posto con strutture stabili, prevede requisiti soggettivi ultronei rispetto a quelli stabiliti dalla legge regionale. In effetti la norma in questione prevede requisiti soggettivi tassativi – come chiarito dall’utilizzo dell’avverbio “esclusivamente”- tra i quali non rientra il requisiti introdotto dall’art. 12.4 delle n.d.a. comunali che la realizzazione di nuove costruzioni avvenga “nell’ambito di complesso aziendale…già dotato di fabbricati”. Ne consegue l’illegittimità della norma in questione nella parte in cui si pone in contrasto con i requisiti soggettivi tassativamente previsti dall’art. 60 della L.R. 12/05.

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 59 comma 4 della L.R. 12/05 in quanto legherebbe l’edificazione agricola a calcoli volumetrici mentre la norma in questione stabilirebbe solo un rapporto di copertura.

Il motivo merita accoglimento.

Come chiarito in precedenza il potere comunale di disciplinare le aree agricole, seppur non cancellato dalle previsioni della legge regionale di governo del territorio, trova comunque un limite nelle previsioni tassative stabilite dalla legge medesima.

L’art. 59 comma 4 della L.R. 12/05 stabilisce che “nel computo dei volumi realizzabili non sono conteggiate le attrezzature e le infrastrutture produttive di cui al comma 1, le quali non sono sottoposte a limiti volumetrici;
esse comunque non possono superare il rapporto di copertura del 10 per cento dell’intera superficie aziendale, salvo che per le aziende orto-floro-vivaistiche per le quali tale rapporto non può superare il 20 per cento e per le serre per le quali tale rapporto non può superare il 40 per cento della predetta superficie;
le tipologie costruttive devono essere congruenti al paesaggio rurale”.

La norma è quindi tassativa nello stabilire che nel computo dei volumi realizzabili non sono conteggiate le attrezzature e le infrastrutture produttive di cui al comma 1, le quali non sono sottoposte a limiti volumetrici ma solo a limiti di copertura che possono essere disciplinati dalla normativa comunale.

Ne consegue che è illegittimo l’art. 12.4 delle n.d.a. comunali nella parte in cui contiene una disciplina dell’attività agricola che impone limiti volumetrici alle attrezzature ed alle infrastrutture produttive previste dalla norma.

Con il sesto motivo la ricorrente denuncia eccesso di potere per illogicità, perplessità e contraddittorietà manifesta in quanto l’art. 12.4 delle n.d.a. del P.G.T. prevederebbe che la distanza massima di edificazione di m.30 dagli edifici esistenti sarebbe prevista come condizione facoltativa ed obbligatoria insieme.

Il motivo merita accoglimento in quanto la distanza massima di edificazione di m.30 dagli edifici esistenti è prevista alla lettera a) come condizione di non riduzione degli indici di cui al comma 3, mentre alla lettera c) come condizione per svolgere qualsiasi attività agricola. E’ chiaro quindi che le modifiche introdotte in sede di esame delle osservazioni e di approvazione del piano e consistenti nell’introdurre una deroga alla riduzione degli indici di cui al comma 3 sono del tutto impossibili da realizzare. Ne consegue che l’art. 12.4 delle n.d.a. del PGT è illegittimo nella parte in cui prevede gli stessi requisiti (cioè che i nuovi edifici siano realizzati nell’ambito del complesso aziendale esistente e dovranno essere realizzati ad una distanza non superiore a m. 30 dagli edifici esistenti) sia come condizione di non riduzione degli indici sia come condizione per svolgere qualsiasi attività agricola.

L’accoglimento dei motivi precedenti comporta l’assorbimento dei motivi settimo ed ottavo relativi alla contraddittorietà tra previsioni e obiettivi del Documento di Piano e norme del Piano delle Regole ed al contrasto con l’art. 11 delle n.t.a. del P.T.C. del Parco.

L’annullamento dell’art. 12.4 delle n.d.a. del PGT comporta l’accoglimento della domanda di annullamento del diniego del permesso di costruire, motivato con riferimento esclusivo all’applicazione della suddetta norma e l’assorbimento degli altri motivi di ricorso relativi all’illegittimità del medesimo diniego.

Respinge la domanda di risarcimento del danno per il diniego del permesso di costruire in quanto sprovvista di prova del danno sofferto. La regola generale dell’onere probatorio, secondo cui spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti su cui fonda la pretesa avanzata, trova infatti integrale applicazione nel processo amministrativo in tutti i casi nei quali siano nella piena disponibilità della parte gli elementi atti a sostenere la fondatezza della domanda giudiziale azionata (C.d.S., sez. V, 11.5.1998, n. 551), il che è tanto più vero in sede di giudizio risarcitorio, nel quale non ricorre quella diseguaglianza di posizioni tra amministrazione e privato che giustifica l'applicazione del principio dispositivo con metodo acquisitivo (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 08 febbraio 2006 , n. 1794).

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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