TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-03-14, n. 202304460

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-03-14, n. 202304460
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202304460
Data del deposito : 14 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/03/2023

N. 04460/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01006/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1006 del 2022, proposto da
T G, rappresentata e difesa dagli avvocati A L e G D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

M M T, M C, P C, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento,

previa adozione di idonee misure cautelari,

della delibera del 6/12/2021 di approvazione della proposta della Terza Commissione del CSM “Fasc. n. 1022/CD/2020. Copertura di diciotto posti di Consigliere presso la Corte di Cassazione, settore Penale (Relatore Consigliere Zaccaro)”, di cui uno riservato ai magistrati che hanno superato la seconda o terza valutazione di professionalità ai sensi dell'art. 12, comma 14 del d.lgs. 160/2006;
dei decreti di trasferimenti del Ministero della Giustizia del 15/12/2021, disposto in conformità alla delibera, pubblicato nel B.U. del Ministero della Giustizia n. 2 del 31/1/2022;

di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi inclusi, ove occorrer possa, del relativo bando di cui alla nota prot. n. 18515 del 23/12/2020;

in parte qua e ove occorrer possa della Circolare n. 13778 di cui alla delibera del CSM 24/7/2014, recante “Disposizioni in tema di trasferimenti dei magistrati, conferimento di funzioni e destinazione a funzioni diverse da quelle giudiziarie” come successivamente modificata dalla delibera del CSM del 9/9/2020 e in particolare degli artt. 25, 81, 82, 83, 84 se interpretati nel significato meglio precisato infra (nel prosieguo anche solo “Circolare”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2022 la dott.ssa F P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe la dott.ssa T G ha impugnato la delibera del 6/12/2021 con cui il Consiglio Superiore della Magistratura ha provveduto alla copertura di diciotto posti di Consigliere presso la Corte di Cassazione, settore Penale.

La ricorrente, magistrato ordinario nominato con D.M. del 12.7.1999, ha esposto di avere prestato servizio dal 28.4.2001 presso la Procura della Repubblica di Napoli fino al 22.1.2009;
quindi, a seguito di collocamento fuori ruolo, era stata destinata alla Corte costituzionale, con le funzioni di assistente di studio;
in tale ruolo aveva curato l’approfondimento delle questioni che il Giudice costituzionale cui era assegnata doveva affrontare quale relatore, con conseguente predisposizione della “ricerca” (raccolta di giurisprudenza, dottrina e ulteriore materiale utile ai fini della decisione) e redazione della “scheda” (relazione scritta illustrativa del materiale raccolto).

In data 23 dicembre 2020 il CSM aveva pubblicato il bando per la copertura di diciotto posti di Consigliere presso la Corte di Cassazione, settore penale, successivamente ampliati a diciannove.

Nella parte motiva della delibera impugnata erano stati richiamati i criteri di valutazione da applicare nella procedura, secondo quanto disposto dagli artt. 77-85 della la circolare n. 13778 del 2014, in relazione ai tre distinti parametri di “attitudini”, “anzianità” e “merito”, attributivi di un punteggio massimo, rispettivamente, di 6, 3 e 4,5 punti, per complessivi 13,5 punti.

La ricorrente aveva presentato domanda di partecipazione alla procedura, classificandosi in posizione non utile (al 28° posto su complessivi 52 candidati idonei), con 9,25 punti, di cui 3 punti per l’“anzianità”, 4,5 punti per le “attitudini” e 1,75 punti per il “merito”.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1. Sul dovere di assegnare un punteggio per il criterio del “merito” anche in relazione al periodo fuori ruolo. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 e 50 del d.lgs. n. 160/06, dell’art. 1, c. 68. l. 190/12. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/90, difetto di istruttoria e di motivazione. Eccesso di potere per irragionevolezza e disparità di trattamento.

Con la circolare n. 13778 del 2014 il CSM aveva disciplinato la procedura di nomina dei consiglieri della Corte di Cassazione, prevedendo, a tal fine, che il profilo del magistrato dovesse essere valutato in base a tre parametri: le “attitudini” definite dall’art. 81, il “merito”, definito dagli artt. 25 e 82, e l’anzianità, di cui all’art. 85.

L’art. 84 della circolare citata disciplinava le modalità di attribuzione del punteggio per il “merito”, ed era stato oggetto di modifica ad opera della delibera del CSM del 9.9.2020: il testo originario dell’articolo prevedeva infatti che “l’impegno dimostrato dal magistrato nell’esercizio dell’attività giudiziaria consente di attribuire sino a punti 3”, mentre il nuovo testo stabiliva: “1. Per l’impegno dimostrato dal magistrato nell’esercizio dell’attività giudiziaria sono attribuiti fino ad un massimo di 4,5 punti:

a) punti 0,25 per ogni anno di positivo esercizio di funzioni di merito effettivamente svolte in primo grado;

b) punti 0,30 per ogni anno di positivo ed effettivo esercizio di funzioni di secondo grado o di funzioni di magistrato addetto all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione;

c) punti 0,35 per ogni anno di positivo ed effettivo esercizio di funzioni di legittimità o di funzioni di magistrato addetto all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione in caso di applicazione alle sezioni della Corte di Cassazione ai sensi dell’articolo 115, comma 3, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12.

2. Il punteggio per il merito, come determinato ai sensi del comma che precede, è ulteriormente aumentato di punti 0,50 se il magistrato ha positivamente esercitato l’attività giudiziaria per almeno 3 anni negli ultimi 5 rispetto alla data della delibera di pubblicazione dei posti”.

Nella definizione del “merito”, l’art. 82 della circolare faceva rinvio al precedente art. 25, secondo il quale rilevava l’impegno che il magistrato aveva profuso nel corso di tutta la sua carriera e in occasione di qualsiasi servizio espletato, nonché la quantità e la qualità del lavoro svolto in tutti gli uffici cui era stato assegnato. Dunque, l’“attività giudiziaria” del magistrato ai fini dell’attribuzione del punteggio per il “merito” avrebbe dovuto ricomprendere sia l’attività svolta dal magistrato all’interno del ruolo organico della magistratura, che quella svolta in fuori ruolo.

Il CSM, invece, aveva illegittimamente assegnato alla ricorrente il punteggio di 1,75 punti per il “merito”, ovvero 0,25 punti per ciascuno dei sette anni di servizio presso la Procura di Napoli, e nessun punteggio per l’attività svolta in fuori ruolo presso la Corte costituzionale.

Ove tale attività fosse stata computata, la ricorrente avrebbe ottenuto il punteggio complessivo di 12 punti (3 per l’anzianità + 4,5 per le attitudini + 4,5 per il merito), così collocandosi nella rosa dei diciotto nomi vincitori e per l’esattezza tra il 3° e il 5° posto, ex aequo con i dottori L V, C R e M C.

Nel senso dell’equiparazione tra le funzioni svolte in fuori ruolo e quelle in ruolo deponeva, innanzitutto, l’art. 50 del d.lgs. 160/2006, rubricato “Ricollocamento in ruolo”, secondo il quale “Il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura è equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giudiziarie svolte […]”;
nella medesima direzione, l’art. 1, c. 68, della l. 190/2012, nel porre il limite temporale massimo decennale al collocamento fuori ruolo dei magistrati, dispone che “i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati e procuratori dello Stato non possono essere collocati in posizione di fuori ruolo per un tempo che, nell’arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni, anche continuativi. Il predetto collocamento non può comunque determinare alcun pregiudizio con riferimento alla posizione rivestita nei ruoli di appartenenza”.

La ricorrente ha dedotto, inoltre, che l’azzeramento, ai fini della valutazione del merito, dell’attività svolta in fuori ruolo comporterebbe la violazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 160/2006 che, nell’indicare i criteri per la valutazione di professionalità nella capacità, laboriosità, impegno e diligenza, si riferirebbe all’intera attività svolta dai magistrati, senza effettuare distinzioni tra le esperienze maturate in ruolo e fuori ruolo;
il medesimo art. 11, al successivo comma 16, prevedeva, infatti, che “I parametri contenuti nel comma 2” (vale a dire quelli di laboriosità, diligenza, impegno ecc…) “si applicano anche per la valutazione di professionalità concernente i magistrati fuori ruolo”.

La determinazione dei punteggi non avrebbe potuto nemmeno fondarsi sulle modifiche apportate con la delibera del 9.9.2020 all’art. 81 della medesima circolare, che conteneva la disciplina della valutazione delle “attitudini”: la disposizione, nel testo antecedente le modifiche del 2020, attribuiva “particolare rilievo ai fini attitudinali alla circostanza che il magistrato abbia svolto complessivamente attività giudiziaria in uffici di merito per almeno 15 anni”, con l’ulteriore precisazione, al successivo comma, che “per i magistrati applicati alla Corte costituzionale e per i magistrati in servizio presso il CSM, in qualità di componenti, addetti alla Segreteria e all’Ufficio Studi, l'esercizio delle funzioni svolte presso i suddetti Uffici è equiparato all'esercizio delle funzioni di merito”.

In tal modo, la circolare equiparava del tutto l’attività svolta come addetto presso la Corte costituzionale a quella svolta “in uffici di merito”.

Con le modifiche apportate nel 2020 alla circolare citata e, in particolare, con il novellato art. 81, ai fini delle valutazioni del criterio delle “attitudini”, erano venuti meno sia il preminente rilievo assegnato allo svolgimento delle funzioni di merito per almeno 15 anni, che l’espressa equiparazione tra le due attività (fuori ruolo presso la Corte – funzioni giudiziarie di merito).

Quanto al criterio del “merito”, le previgenti disposizioni della Circolare prevedevano all’art. 82 - rimasto immutato - il rinvio all’articolo 25, e all’art. 84 l’assegnazione di “sino a punti 3” secondo un meccanismo discrezionale.

Tale ultima previsione, dunque, non conteneva un meccanismo di assegnazione del punteggio di tipo tabellare-automatico (come nella versione vigente dell’art. 84 che prevede un massimo di 4,5 punti, ossia 0,25 punti per ogni anno di positivo esercizio di funzioni di merito effettivamente svolte in primo grado), bensì una valutazione di tipo discrezionale di carattere complessivo e unitario secondo i parametri dell’art. 25 e che, in linea con la ‘natura stessa’, - per così dire, ontologica – del parametro del merito prescindeva del tutto dalla tipologia di funzioni e attività esercitate.

La soppressione dell’equiparazione dell’attività di assistente di studio allo svolgimento effettivo di funzioni di merito, tuttavia, aveva interessato solo il punteggio attitudinale, di modo che il CSM avrebbe dovuto assegnare il punteggio di merito anche in relazione agli anni trascorsi fuori ruolo, non essendo stati modificati i parametri di valutazione dello stesso.

2. Sulla irragionevole discriminazione, ai fini del “merito”, tra svolgimento effettivo delle funzioni e periodi fuori ruolo. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 e 50 del d.lgs. n. 160/06, art. 1, c. 68. l. 190/12. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/90. Difetto di istruttoria e di motivazione. Eccesso di potere per irragionevolezza, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta.

Il CSM, nel fare applicazione delle modifiche apportate alla circolare nel 2020, non aveva operato alcuna differenziazione tra tipologie di applicazioni, così finendo per trattare irragionevolmente in modo identico situazioni del tutto differenziate, procedendo ad un indiscriminato azzeramento del punteggio.

Il periodo fuori ruolo presso la Corte costituzionale non avrebbe potuto andare esente dall’assegnazione del punteggio, quand’anche inferiore rispetto a quello (pari 0,25) assegnato per ciascun anno prestato nell’esercizio delle funzioni;
ipotizzando un punteggio (per seguire l’impostazione tabellare dell’art. 84) di 0,125 punti per ciascun anno in fuori ruolo e, dunque, addirittura ‘dimezzato’ rispetto a quello svolto in un ufficio di merito, la ricorrente, in considerazione della vasta esperienza maturata, avrebbe conseguito comunque una posizione utile in graduatoria.

3. Sulla lesione dell’affidamento e sull’irretroattività del provvedimento amministrativo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 disp. prel. cod. civ., dell’art. 3 l. 241/90. Difetto di istruttoria e carenza assoluta di motivazione. Eccesso di potere per irragionevolezza e disparità di trattamento, violazione del legittimo affidamento.

Nel caso in cui la circolare n. 13778/2014 dovesse essere interpretata nel senso di escludere dalla valutazione del “merito” le attività svolte in fuori ruolo dai magistrati, avrebbe dovuto ritenersi comunque illegittima la sua applicazione retroattiva ai periodi già trascorsi in fuori ruolo alla data della sua entrata in vigore.

4. In subordine. Sull’illegittimità della circolare. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 e 50 del d.lgs. n. 160/06, art. 1, c. 68. L. 190/12. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/90. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, disp. prel. cod. civ. Difetto di istruttoria e di motivazione, difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere per irragionevolezza, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta.

Ove la circolare citata, e segnatamente il combinato disposto degli artt. 25- 81-82-83-84, fossero interpretati nel senso di precludere l’attribuzione del punteggio integrale per il criterio del “merito” con riferimento al periodo svolto fuori ruolo (e in particolare quello presso la Corte costituzionale), gli stessi dovrebbero ritenersi comunque autonomamente illegittimi per le ragioni già esposte, in quanto in contrasto con gli artt. 11 e 50 del d.lgs. 160/06 e con l’art. 1, c. 68, della l. n. 190/12, nonché con i principi in essi rinvenibili che imponevano che il periodo fuori ruolo fosse del tutto equiparato a quello di svolgimento delle funzioni e comunque non pregiudizievole per il magistrato.

Le modifiche apportate alla circolare, infatti, avrebbero riguardato l’elemento principale della valutazione, ossia quello delle attitudini, attributivo di massimo 6 punti, che prevedeva in passato un trattamento differenziato proprio per coloro che avessero svolto attività fuori ruolo presso la Corte costituzionale;
la modifica aveva inteso assegnare preminente rilievo a qualsiasi tipologia di attività professionale anche se svolta fuori ruolo, proprio in considerazione delle peculiarità dell’incarico presso il massimario della Corte di Cassazione;
le finalità sottese a tali modifiche sarebbero state, però, vanificate se ad esse fosse conseguita un’interpretazione delle modalità di assegnazione del punteggio per il criterio del merito di segno contrario, penalizzando i magistrati collocati fuori ruolo.

Si sono costituiti il Ministero della Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura resistendo al ricorso.

All’udienza pubblica del 21 dicembre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono fondate.

La ricorrente ha dedotto l’illegittimità del punteggio assegnatole all’esito della procedura per la nomina di diciotto consiglieri della Corte di Cassazione, deducendo che, ai fini della quantificazione del punteggio spettante per il “merito”, non si era tenuto conto dell’attività dalla stessa svolta nel periodo in cui era stata in fuori ruolo come assistente di studio presso la Corte costituzionale.

Il punteggio è stato calcolato dal Consiglio Superiore della Magistratura sulla base dell’art. 84 della circolare n. 13778/2014, come modificato nel 2020;
mentre, infatti, in precedenza era previsto che “L'impegno dimostrato dal magistrato nell'esercizio dell'attività giudiziaria consente di attribuire sino a punti 3”, il novellato art. 84 dispone che sono attribuiti 0,25 punti “per ogni anno di positivo esercizio di funzioni di merito effettivamente svolte”, con un massimo di 4,5 punti.

Quanto agli elementi da considerare nella valutazione, l’art. 82 della circolare n. 13778/2014 rinvia al precedente art. 25, secondo il quale “1. elementi rilevanti per la valutazione del merito sono: a) l'impegno del magistrato nell'esercizio dell'attività giudiziaria desunto, in particolare, dalla laboriosità rilevabile dai prospetti statistici redatti secondo i modelli predisposti dal CSM e da ogni altro elemento rivelatore della quantità e qualità dell'attività svolta, dalla disponibilità dimostrata per soddisfare tutte le esigenze, anche straordinarie, dell'ufficio, dalla assiduità e tempestività rivelata nell'espletamento del lavoro. […]

2. Nella valutazione del merito, il CSM dà opportuna rilevanza all’operosità risultante, oltre che dal rendimento quantitativo, in relazione al carico di lavoro dell'ufficio, anche dalla difficoltà e importanza degli affari trattati e dall'impegno profuso per superare difficoltà ambientali particolarmente gravi o difficoltà organizzative dell'ufficio o del servizio”.

La valutazione del merito risulta quindi, secondo le disposizioni dettate dall’Organo di autogoverno, incentrata sul servizio effettivamente svolto dal magistrato nel proprio percorso professionale: nel medesimo senso depone la relazione alla citata circolare, che precisa che “ Per quanto riguarda la valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita mediante il positivo esercizio dell’attività giudiziaria tale finalità è perseguita, in particolare, mediante alcuni strumenti per il cui più puntuale esame si rimanda al seguito della relazione: (…) c) la previsione di punteggi di merito parametrati: da un lato, agli anni di effettivo e positivo svolgimento di funzioni di merito,… ..”.

La delibera risulta pertanto avere fatto applicazione delle disposizioni riportate, procedendo all’assegnazione del punteggio per il merito computando a tal fine gli anni di servizio che la ricorrente ha svolto nel ruolo della magistratura nella prima parte della carriera, come chiaramente indicato dalla circolare.

In tale contesto l’attività espletata fuori ruolo mantiene il suo ambito di rilevanza solo ai fini dell’attribuzione del punteggio per le “attitudini”, che affianca quello previsto per il “merito”, dovendo le due voci essere poi sommate ai fini della formazione della graduatoria.

In particolare, secondo l’art. 81 della circolare nella formulazione attuale, “2. Costituiscono elementi attitudinali significativi i titoli professionali che si desumono dal concreto svolgimento delle funzioni giurisdizionali e dalla qualità del lavoro giudiziario -come risultante anche dai pareri espressi in sede di valutazione di professionalità – avuto riguardo, in particolare, ai provvedimenti giudiziari, relativi alla specifica attività giudicante o requirente svolta, segnalati e prodotti dall’interessato, a quelli allegati al fascicolo personale, nonché a quelli pubblicati su riviste giuridiche di rilevanza nazionale e prodotti nella procedura concorsuale.

3. (…).

4. (…).

5. La valutazione delle attitudini generiche e specifiche, con riferimento alle attività esercitate in posizione fuori dal ruolo organico della magistratura, è effettuata nei casi nei quali l’incarico abbia a oggetto attività assimilabili a quelle giudiziarie, giudicanti o requirenti, o che presuppongano particolare attitudine allo studio e alla ricerca giuridica o siano pertinenti, per le loro caratteristiche, con quelle proprie del posto richiesto e per l’esercizio delle relative funzioni giudiziarie”.

La precedente versione della norma conteneva ulteriori due commi, secondo i quali “5. Ad eccezione dell’ipotesi del concorso riservato di cui all’articolo 12, comma 14, del decreto legislativo n. 160/2006, si attribuisce particolare rilievo ai fini attitudinali alla circostanza che il magistrato abbia svolto complessivamente attività giudiziaria in uffici di merito per almeno 15 anni.

6. Ai fini di cui comma precedente, per i magistrati applicati alla Corte costituzionale e per i magistrati in servizio presso il CSM, in qualità di componenti, addetti alla Segreteria e all’Ufficio Studi, l'esercizio delle funzioni svolte presso i suddetti Uffici è equiparato all'esercizio delle funzioni di merito”.

L’espunzione del criterio preferenziale relativo ai quindici anni di attività giudiziaria in uffici di merito ha fatto sì che potesse essere eliminata anche la successiva equiparazione, ai fini attitudinali, dell’attività svolta in applicazione presso la Corte costituzionale, giacché in tal modo anche tale esperienza assume rilievo ai fini della valutazione del punteggio attitudinale disciplinato dal citato art. 81 della circolare.

La relazione alla delibera del 9 settembre 2020, al riguardo, sottolinea che “Ai fini attitudinali rileva infatti l’esperienza professionale complessivamente maturata dai candidati, tanto con riferimento all’esercizio dell’attività giurisdizionale quanto con riferimento ad eventuali incarichi svolti fuori ruolo…”, ribadendo che le attività svolte dal magistrato fuori ruolo rilevano con riferimento al parametro delle attitudini.

Dunque nel sistema così delineato il punteggio di merito, previsto dal citato art. 82, con rinvio all’art. 25 per i criteri di apprezzamento, corrisponde all’attività effettivamente svolta nel periodo di servizio in ruolo, mentre sotto il profilo attitudinale, di cui all’art. 81 sopra riportato, possono assumere rilievo tutte le diverse esperienze che i candidati possono vantare e, tanto più, quelle che esprimono una particolare attitudine allo studio e all’approfondimento delle questioni giuridiche, quale quella in esame.

In tal senso la citata relazione prosegue, osservando che “In tale complessivo quadro, ferme la preminenza del profilo attitudinale e l’ampia discrezionalità nell’attribuzione del relativo punteggio, le modifiche introdotte delimitano, con riferimento ad un distinto profilo, l’esercizio della discrezionalità del Consiglio Superiore della Magistratura nella scelta dei candidati più idonei al posto a concorso e, segnatamente, prevedono l’introduzione di criteri oggettivi mediante cui valorizzare, in termini di punteggio, l’esperienza giurisdizionale positivamente e concretamente maturata dai magistrati”;
nel passaggio seguente si evidenzia che “attraverso il parametro del merito - che anche a regime vigente consente l’attribuzione di punteggi che riguardano esclusivamente l’attività giudiziaria - si mira a tenere nella giusta considerazione lo svolgimento di un adeguato periodo di effettivo e positivo esercizio delle funzioni presso gli uffici giudiziari sul presupposto che la solida esperienza in tal modo acquisita, in uno alle peculiari attitudini richieste per le funzioni di legittimità come anche per l’attività di magistrato addetto all’Ufficio del massimario, risulti preziosa per lo svolgimento di tali funzioni e, a parità di attitudini, costituisca un ulteriore, utile e ragionevole indicatore dell’idoneità a svolgere le funzioni richieste”.

La delibera ha quindi provveduto all’assegnazione dei punteggi in conformità ai criteri posti dalla circolare citata;
quanto alla valenza da attribuire alla stessa, la giurisprudenza, anche da ultimo, ha affermato (riferendosi alla circolare sugli incarichi direttivi e semidirettivi, ma con statuizioni applicabili anche alla circolare che viene qui in rilievo) che la circolare del CSM è un atto normativo di natura non regolamentare, in quanto non contraddistinto da un’espressa legittimazione legislativa a disciplinare la materia anche in quanto incidente su questioni comunque rientranti in una materia sottoposta alla riserva di legge (art. 108, primo comma, Cost.);
essa costituisce, piuttosto, un atto amministrativo generale di autovincolo, del quale il CSM ha avvertito l’esigenza in funzione integrativa o suppletiva dei principi specifici espressi dalla legge al fine di meglio indirizzare la propria attività discrezionale (Cons. Stato, sez. VII, 7 febbraio 2023, n. 1350;
sez. V, 21 maggio 2020, n. 3213;
id. 19 maggio 2020, n. 3171;
Tar Lazio, sez. I, 16 gennaio 2023, n. 673, quest’ultima proprio con riferimento alla circolare n. 13778/2014).

Pertanto, la circolare contiene criteri di regolamentazione propedeutici ad assicurare un futuro e coerente esercizio della discrezionalità valutativa dell'organo di autogoverno, nella consapevolezza che un’eventuale inosservanza degli stessi può tradursi soltanto in un indice sintomatico di uso distorto di quel potere valutativo.

Qualora, poi, si rilevi che una previsione di tale tipo si ponga in contrasto con la legge, va senz'altro disapplicata, quand’anche non espressamente impugnata (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 maggio 2020, n. 3213).

Ciò premesso, deve rilevarsi che i sopra descritti criteri di attribuzione del punteggio posti dalla circolare determinano il totale azzeramento sotto il profilo del punteggio di merito dell’attività svolta dal magistrato in posizione di fuori ruolo e, in particolare, di quella di assistente di studio presso la Corte Costituzionale.

Ciò risulta, in primo luogo, in contraddizione con le finalità prese di mira dallo stesso Consiglio Superiore della Magistratura con l’introduzione delle modifiche alla circolare: nella relazione introduttiva alla delibera del 9.9.2020, infatti, l’Organo di autogoverno ha affermato che andava escluso “ ogni criterio preferenziale che possa tendenzialmente precludere il riconoscimento del massimo punteggio ” a tutti i magistrati collocati fuori dal ruolo organico, mentre il riconoscimento del punteggio di 0,25 come ancorato esclusivamente all’attività di merito effettivamente prestata potrebbe, evidentemente, come avvenuto nei confronti della stessa ricorrente, precludere l’ottenimento del massimo punteggio (pari a 4,5 punti) ai magistrati che hanno svolto nel corso della carriera attività in fuori ruolo.

Nel medesimo senso, infatti, nella relazione è stato precisato che “ il collocamento fuori ruolo si pone come vicenda straordinaria nel percorso professionale del magistrato, il quale, per un arco temporale determinato ed in ossequio a specifiche limitazioni poste dall’ordinamento, può utilmente prestare la propria attività in rami diversi dell’amministrazione. Il Consiglio, infatti, ha ripetutamente affermato che può costituire interesse specifico dell’amministrazione della giustizia collocare fuori ruolo un magistrato in possesso di un’adeguata esperienza professionale, non solo affinché questi possa fornire un contributo consapevole in termini di cultura giurisdizionale all’amministrazione ricevente, ma anche per realizzare quell’arricchimento professionale del magistrato stesso, del quale l’amministrazione della giustizia potrà, successivamente, avvalersi ” (cfr. pag. 6 della relazione introduttiva alla delibera del 9.9.2020).

Tali notazioni risultano, evidentemente, in conflitto con l’omessa valutazione, in assoluto, dell’attività svolta fuori ruolo.

La ricorrente ha anche dedotto la violazione di alcune disposizioni normative in materia, ovvero:

- l’art. 50 del d.lgs. 160/2006, rubricato “Ricollocamento in ruolo”, secondo il quale “Il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura è equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giudiziarie svolte […]”;

- l’art. 1, c. 68, della l. 190/2012, che, nel porre il limite temporale massimo decennale al collocamento fuori ruolo dei magistrati, dispone che “i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati e procuratori dello Stato non possono essere collocati in posizione di fuori ruolo per un tempo che, nell’arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni, anche continuativi. Il predetto collocamento non può comunque determinare alcun pregiudizio con riferimento alla posizione rivestita nei ruoli di appartenenza”;

- l’art. 11 del d.lgs. n. 160/2006 che, nell’indicare i criteri per la valutazione di professionalità nella capacità, laboriosità, impegno e diligenza, si riferirebbe all’intera attività svolta dai magistrati, senza effettuare distinzioni tra le esperienze maturate in ruolo e fuori ruolo.

Tali disposizioni, però, concernono tutte la disciplina di alcuni aspetti specifici della carriera, ovvero il momento del ricollocamento in ruolo e la necessità di operare la distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti, la posizione nel ruolo di anzianità e le valutazioni di professionalità, che intervengono con cadenza quadriennale lungo tutto l’arco della carriera del magistrato, senza involgere, però, alcuna valutazione comparativa.

Pertanto, pur se dalle stesse emerge un principio di tendenziale equiparazione dei periodi di fuori ruolo rispetto all’esercizio dell’attività giudiziaria, non può comunque ritenersi che al CSM sia precluso, sulla base delle stesse, di introdurre una diversa disciplina per regolamentare la selezione comparativa ai fini della nomina a ricoprire un particolare ufficio, quale quello in esame.

Naturalmente, tale disciplina deve però essere improntata ad un criterio di ragionevolezza e proporzionalità che consenta di contemperare la diversa valutazione delle varie professionalità acquisite rispetto al posto da ricoprire, senza omettere di considerare gli aspetti più salienti del percorso professionale del magistrato.

Nella fattispecie, l’azzeramento della valutazione del periodo trascorso in fuori ruolo comporta invece profili di irragionevolezza, se si considera che l’attività svolta come assistente di studio presso la Corte costituzionale, per contenuti e modalità di svolgimento, si presenta affine alla funzione giurisdizionale e alla giurisdizione di legittimità, in quanto incentrata sull’approfondimento e sullo studio di complesse questioni giuridiche, sulla revisione delle bozze delle sentenze e delle ordinanze, nonché sulla redazione delle massime dei provvedimenti della Corte Costituzionale.

Di conseguenza, seppure possa logicamente ipotizzarsi una valutazione di tale attività che sia differenziata rispetto a quella giurisdizionale in senso proprio, deve invece ritenersi irragionevole, e non sorretta da idonea motivazione, la scelta di addivenire ad un totale azzeramento della valutazione di tali incarichi sotto il profilo del merito.

Inoltre, l’esclusione del punteggio per le attività svolte in fuori ruolo non risulta sorretta da un adeguato supporto motivazionale, giacché la relazione introduttiva alla delibera del 9.9.2020, sopra citata, non contiene alcuno specifico chiarimento al riguardo, limitandosi ad affermare di voler tenere conto dell’attività giurisdizionale effettivamente prestata senza, però, chiarire le ragioni che giustifichino l’azzeramento del punteggio nelle altre ipotesi.

Il ricorso deve quindi essere accolto, con annullamento degli atti impugnati nella parte in cui comportano la mancata assegnazione di qualsiasi punteggio sotto il profilo del merito in caso di attività svolta in posizione di fuori ruolo, senza che residui interesse all’esame delle ulteriori censure.

Le spese di lite, tenuto conto della novità della questione controversa, possono essere compensate.

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