TAR Genova, sez. I, sentenza 2010-03-26, n. 201001230
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 01230/2010 REG.SEN.
N. 00467/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 467 del 2008, proposto da:
F.lli Cosulich s.p.a. e Coscos s.r.l., rappresentate e difese dall'avv. G G, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Corsica 21/18;
contro
- Autorita' Portuale di Genova, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avv. A B, con domicilio eletto presso gli uffici del servizio legale dell’ente in Genova, via della Mercanzia, 2;
- Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Marina Porto Antico s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Cocchi e Gerolamo Taccogna, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, via Macaggi 21/8;
per l'annullamento
dell’atto suppletivo alla concessione demaniale 7.8.1992, stipulato in data 11.3.2004, recante modifiche al vigente titolo concessorio in applicazione dell’accordo transattivo sottoscritto con la concessionaria con lettere del 20 e 21 maggio 2003.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorita' Portuale di Genova e di Marina Porto Antico s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2010 l’avv. A V e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società Marina Porto Antico s.p.a. – odierna controinteressata - ha realizzato, in regime di concessione demaniale marittima sessantennale, un complesso ricettivo residenziale nell’area del porto antico di Genova, giusta provvedimento 7.8.1992, n. 624 (con scadenza al 23.5.2051).
Le società F.lli Cosulich s.p.a. e Coscos s.r.l. si sono rese acquirenti, da parte della società Marina Porto Antico s.p.a., della proprietà superficiaria di alcune unità immobiliari e di parcheggi, per la medesima durata della concessione rilasciata alla dante causa.
Con ricorso notificato in data 14-15.5.2008 le due società ricorrenti - che aspirano a diventare, alla scadenza del 23.5.2051, dirette concessionarie dell’area demaniale per la porzione di immobili di cui sono proprietarie superficiarie - hanno impugnato l’atto suppletivo alla concessione demaniale 7.8.1992, con il quale l’Autorita' Portuale di Genova, in applicazione di un accordo transattivo intervenuto con la concessionaria, ha prorogato la durata della concessione originaria a tutto il 23.5.2090, rideterminando il canone complessivo da € 30.987.420,00 ad € 27.349.240,90, con lo scorporo di alcune aree (ambito terracqueo di Ponte Calvi).
A sostegno del gravame deducono quattro motivi di ricorso, come segue.
1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 37 del codice della navigazione approvato con R.D. 30.3.1942, n. 327 e degli artt. 19 e 24 del regolamento per la navigazione marittima approvato con D.P.R. 15.2.1952, n. 328. Difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione. Illogicità. Sviamento di potere.
Il provvedimento impugnato sarebbe sorretto dall’unica finalità di dare attuazione ad una transazione intervenuta con la società concessionaria, senza un’adeguata ponderazione dell’interesse pubblico specifico da perseguire con il rilascio di concessioni demaniali marittime.
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 37 del codice della navigazione approvato con R.D. 30.3.1942, n. 327 e degli artt. 5, 18 e seguenti del regolamento per la navigazione marittima approvato con D.P.R. 15.2.1952, n. 328. Violazione dei principi generali in tema di affidamento in concessione di beni demaniali. Difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione.
Posto che l’atto suppletivo, comportando un prolungamento di 39 anni della durata della concessione ed un sostanziale dimezzamento del canone, concreta una nuova concessione (o – al più – un rinnovo della stessa), si imponeva il previo esperimento di una procedura comparativa.
3. Violazione e falsa applicazione sotto diverso profilo degli artt. 36 e seguenti del codice della navigazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 25 del regolamento per la navigazione marittima. Violazione dei principi di buon andamento, di ragionevolezza e di economicità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione. Illogicità.
L’atto impugnato sarebbe illegittimo anche perché assunto senza alcuna motivazione in ordine all’interesse pubblico (diverso da quello meramente economico-transattivo) connesso al più proficuo utilizzo dei beni demaniali, non potendo giustificarsi, in termini di attualità dell’interesse pubblico, una proroga del termine finale della concessione disposta con quarantasette anni di anticipo.
4. Violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e seguenti del codice della navigazione. Violazione del principio di buon andamento della p.a.. Difetto di presupposto. Illogicità. Travisamento.
Da ultimo, in vista del perseguimento dell’interesse pubblico al più proficuo utilizzo dei beni demaniali, non vi sarebbe alcuna ragionevole proporzione tra il vantaggio arrecato alla concessionaria ed il vantaggio conseguito dall’amministrazione (essendo rimasto il canone sostanzialmente invariato per l’intera durata prorogata, e quindi sensibilmente ridotto rispetto a quello iniziale), e ciò pur tenuto conto della riduzione dell’area con lo scorporo dell’ambito terracqueo di Ponte Calvi.
Si sono costituiti in giudizio l’Autorita' Portuale di Genova e la società controinteressata Marina Porto Antico s.p.a., preliminarmente eccependo la irricevibilità del ricorso per tardività e la sua inammissibilità per carenza di interesse, instando nel merito per la sua reiezione.
La difesa delle resistenti sottolinea come l’equilibrio economico-finanziario del rapporto, che presuppone la teorica remuneratività dell’attività per la quale viene rilasciata la concessione, costituisca un elemento intrinseco al pubblico interesse specifico in ambito concessorio, come ben testimonia – tra le altre - la disposizione di cui all’art. 143.8 del D. Lgs. n. 163/2006 in materia di concessioni di lavori pubblici.
Alla pubblica udienza dell’11 marzo 2010 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.
DIRITTO
Occorre preliminarmente affrontare le eccezioni preliminari sollevate da entrambe le difese dell’Autorità portuale e della società controinteressata.
Quanto alla eccezione di tardività, si osserva che, per quanto l’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale del 17.3.2008 recasse in allegato la bozza di contratto preliminare relativa all’estensione della proprietà superficiaria per il periodo dal 24.5.2051 al 23.5.2090 (che a sua volta richiamava gli estremi ed il contenuto dell’atto suppletivo), agli atti non vi è la prova che le società ricorrenti avessero avuto piena conoscenza dell’atto impugnato prima dell’assemblea condominiale, a tal fine essendo inidonea la certificazione della società che ha curato la spedizione delle lettere di convocazione, in assenza della firma del destinatario o di un suo incaricato.
Infondata è altresì l’eccezione di inammissibilità per carenza di legittimazione e di interesse, sollevata dall’Autorità portuale sul presupposto che le società ricorrenti non potrebbero comunque aspirare a gestire l’intero complesso di beni oggetto della concessione.
La stessa Autorità riconosce infatti che la legittimazione e l’interesse sussistano – quantomeno – rispetto agli immobili di cui le società ricorrenti hanno la proprietà superficiaria, per i quali le stesse possono esercitare la facoltà di subingresso ex art. 46 comma 2 cod. nav. (espressamente richiamato dall’art. 8 della concessione), con conseguente possibilità di far valere, in sede di rinnovo, il così detto diritto di insistenza ex art. 37 comma 2 cod. nav..
Nel merito il ricorso è fondato e va accolto, sotto i profili dedotti con il primo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso.
Occorre premettere che l’atto suppletivo impugnato concreta non già una proroga, bensì – più propriamente – una novazione oggettiva della concessione demaniale marittima, diversi essendo, rispetto a quella originaria, l’oggetto (con riduzione dell’area mediante lo scorporo dell’ambito terracqueo di Ponte Calvi), la durata (con il prolungamento dal 23.5.2051 al 23.5.2090) ed – infine - il canone (complessivamente rideterminato in € 27.349.240,90 a fronte degli originari da € 30.987.420,00).
Ciò posto, si rivelano fondate le censure con le quali si lamenta l’omessa motivazione circa l’interesse pubblico connesso all’uso dei beni demaniali.
Difatti, l’unica motivazione addotta a sostegno dell’atto impugnato fa riferimento alla necessità di dirimere in via transattiva una (possibile) controversia rispetto ad alcune pretese vantate dalla concessionaria, al fine di ristabilire l’equilibrio economico-finanziario dell’operazione.
O, già da un punto di vista generale (primo motivo) può osservarsi che la volontà di porre soluzione ad un contenzioso è di per sé neutra rispetto al perseguimento dell’interesse pubblico (così T.A.R. Liguria, I, 18.8.1998, n. 417, rispetto all’interesse pubblico connesso alla pianificazione urbanistica del territorio), sicché, in mancanza di altri elementi da cui sia consentito ricavare il perseguimento di un interesse pubblico specifico, sussiste la spia dello sviamento di potere.
E ciò – a maggior ragione – in considerazione dell’attualità e concretezza delle valutazioni da svolgere, atteso che le determinazioni dell’amministrazione circa il più proficuo utilizzo dei beni pubblici sono state assunte (terzo motivo di ricorso) con quarantasette anni di anticipo rispetto alla scadenza di una concessione sessantennale: la qual cosa ha immediati riflessi sulla congruità, adeguatezza e ragionevolezza delle relative valutazioni.
Ma, anche volendo prescindere per un momento - e soltanto a fini dialettici - dal pur doveroso perseguimento dell’interesse pubblico e ponendosi in un’ottica meramente contrattualistica, è noto che i normali rimedi privatistici per ricondurre ad equità i contratti con prestazioni corrispettive ad esecuzione continuata postulano indefettibilmente il verificarsi di avvenimenti “straordinari ed imprevedibili” (art. 1467 c.c.), causativi di uno squilibrio nelle originarie posizioni ed esorbitanti dal margine di rischio economico insito nei rapporti commutativi.
O, da quanto è dato desumere dal provvedimento impugnato e dalla relazione 28.2.2003 del comitato portuale (doc. 2 delle produzioni 18.2.2010 dell’Autorità portuale), non pare proprio che le pretese della società controinteressata Marina Porto Antico s.p.a. rivestissero i caratteri della straordinarietà ed imprevedibilità, né che il preteso squilibrio nelle originarie posizioni esorbitasse dal margine di rischio economico normalmente insito in una concessione demaniale di durata sessantennale.
Assume rilevanza, in particolare, la circostanza che parte della pretese avanzate dalla società Marina Porto Antico s.p.a. facessero riferimento alla richiesta di “rifusione dei maggiori esborsi collegati al fermo lavori ed, in genere, sostenuti per effetto di una gestione non ottimale degli interventi edificatori previsti” (cfr. punto 7 lett. b dell’atto suppletivo, doc. 11 delle produzioni 5.6.2008 di parte ricorrente), cioè a fattori incidenti sul costo finale delle opere che, tuttavia, rientravano pienamente nella esclusiva sfera di controllo del concessionario.
In un tale contesto, l’atto suppletivo impugnato, con il quale è stata prolungata, con un anticipo di quarantasette anni dalla scadenza, la concessione demaniale marittima per altri quarantanove anni a fronte di una riduzione del canone concessorio (complessivamente rideterminato in € 27.349.240,90 a fronte degli originari da € 30.987.420,00), appare sprovvista della necessaria motivazione circa la sussistenza di un interesse pubblico al più proficuo utilizzo dei beni pubblici: interesse che invero non è dato di rinvenire nell’intento di transigere una controversia (oltretutto non ancora attuale e fondata su pretese almeno in parte discutibili), viepiù laddove i contenuti della transazione appaiano dismissivi dell’interesse pubblico e completamente satisfattivi dell’interesse privato del concessionario, che dal prolungamento della concessione si è ripromesso di ricavare un ulteriore profitto (cfr. la bozza di contratto preliminare allegata alla convocazione dell’assemblea condominale, doc. 1 delle produzioni 18.2.2010 della società controinteressata).
Ne consegue l’illegittimità del provvedimento impugnato, nei limiti dell’interesse azionato, e cioè limitatamente ai beni dei quali le società ricorrenti hanno acquisito la proprietà superficiaria.
Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.