TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-04-04, n. 202203861

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-04-04, n. 202203861
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202203861
Data del deposito : 4 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/04/2022

N. 03861/2022 REG.PROV.COLL.

N. 14610/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14610 del 2014, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati N P e R V P, con domicilio eletto presso lo studio legale Putignano in Roma, via dei Gracchi, 60;

contro

Ministero della Giustizia (D.A.P.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento,

- della nota Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, 6 ottobre 2014, con la quale l’amministrazione ha dichiarato l’inidoneità del ricorrente per «d eficit staturale (h. 163 cm) » ai fini dell’arruolamento nel corpo di polizia penitenziaria,

- del Decreto Ministero della Giustizia del 7 novembre 2014 che ha disposto l’esclusione del ricorrente dal concorso per allievo agente di polizia penitenziaria maschile riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) e quadriennale (VFP4) di cui al Bando indetto con D.M. Giustizia 20 novembre 2013;

- di tutti i provvedimenti connessi e consequenziali antecedenti presupposti e inerenti, benché non noti;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia (D.A.P.);

Visto l’art. 35, comma 1, lett. c, cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 25 marzo 2022 il dott. A G L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso introduttivo del giudizio, il sig. -OMISSIS- ha impugnato la nota Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, 6 ottobre 2014, con la quale l’amministrazione ha dichiarato la sua inidoneità per « deficit staturale (h. 163 cm) » ai fini dell’arruolamento nel corpo di polizia penitenziaria, nonché il Decreto Ministero della Giustizia del 7 novembre 2014 che ne ha disposto l’esclusione dal concorso per allievo agente di polizia penitenziaria maschile riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) e quadriennale (VFP4) di cui al Bando indetto con D.M. Giustizia 20 novembre 2013, nonché, infine, « tutti i provvedimenti connessi e consequenziali antecedenti presupposti e inerenti, benché non noti ».

A sostegno delle proprie pretese, il ricorrente ha rilevato che « l’unica norma applicabile al caso in questione è quella di cui all’art. 31, comma 2, d.lgs. n. 11 aprile 2006 n. 198, a tenore della quale l’altezza delle persone non può costituire motivo alcuno di discriminazione nei concorsi indetti dalle pubbliche amministrazioni » e ha inoltre sostenuto che « non è rinvenibile alcuna disposizione che prescriva direttamente, per la categoria in esame, il requisito dell’altezza minima indicato dall’amministrazione ».

Sulla base di tali argomenti, lo stesso ha chiesto – in via cautelare – la sospensione dei provvedimenti impugnati e nel merito l’annullamento degli stessi « nonché di tutti i provvedimenti connessi e consequenziali antecedenti presupposti e inerenti, benché non noti e, per quanto occorra, del Decreto Ministeriale 20 novembre 2013 (pubblicato in G.U. n. 94 del 29 novembre 2013 – IV Serie speciale) in parte qua ».

2. Con memoria del 6 dicembre 2014, il Ministero resistente ha svolto le proprie difese, eccependo l’inammissibilità del ricorso introduttivo e rilevando – in ogni caso – l’infondatezza delle censure spiegate dal ricorrente.

2.1. Segnatamente, l’amministrazione ha osservato – in via preliminare – la tardività del ricorso atteso che « non è stato tempestivamente impugnato il bando di concorso (pubblicato in G.U. Serie speciale concorsi ed esami del 29 novembre 2013 n. 94) che, all’art. 2 comma 1 lett. d, punto 2, dispone che i partecipanti debbano avere un’altezza minima di cm 165 ». A tal proposito il Ministero ha evidenziato che l’immediata lesività della previsione di cui sopra era « tale da onerare dell’immediata impugnazione chi vi abbia interesse, senza possibilità di differimento al tempo, successivo, dell’impugnazione dell’esclusione ».

2.2. L’amministrazione ha inoltre sostenuto l’infondatezza nel merito delle censure svolta dal ricorrente atteso che « nell’ordinamento della Polizia penitenziaria il limite di altezza è quello previsto per la Polizia di Stato (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, IV, nn. 2257/2001 e 5210/2001) », e considerato che «ai sensi della direttiva del Consiglio CE 27 novembre 2000, n. 78, in materia di parità di occupazione e di condizioni di lavoro, è legittima la previsione della normativa interna del Paesi membri relativa a requisiti minimi differenziati ai fini della salvaguardia dei servizi svolti dalle Forze Armate, di polizia penitenziaria e di soccorso (Consiglio di Stato, IV, n. 5859/2020) ».

3. Con ordinanza Tar Lazio, III- bis , 17 dicembre 2014, n. 6436, questo Tribunale ha rigettato la domanda cautelare proposta dal ricorrente in considerazione del «pacifico e costante orientamento del Consiglio di Sato (cfr, sent. n. 5859/2008 e 3775/2012) che configura il requisito dell’altezza, richiesto nel concorso in argomento, secondo le prescrizioni previste per il personale della Polizia di Stato ».

4. Con memoria del 23 febbraio 2022, il ricorrente ha replicato alle eccezioni svolte dalla p.a. resistente e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

In particolare il ricorrente:

- ha evidenziato che con il ricorso aveva «esteso l’impugnativa anche al bando di concorso del 20 novembre 2013 » e ha notato l’infondatezza dell’eccezione di tardività sollevata dal Ministero in considerazione dei principi sanciti da Tar Lazio, I- quater , 20 giugno 2018, n. 6904;

- ha insistito nella fondatezza delle pretese avanzate nel ricorso introduttivo;

- ha dedotto che «sussiste un rapporto di invalidità ad effetto caducante tra gli atti presupposti (impugnati con l’atto introduttivo del presente giudizio) e quelli conseguenti (ovvero: successiva graduatoria), in considerazione del fatto per cui l’atto conseguente si è posto nell’ambito della medesima sequenza procedimentale quale inevitabile conseguenza degli atti anteriori, senza valutazioni aggiuntive » e ha conseguentemente sostenuto che «nella fattispecie per cui è causa, la declaratoria di illegittimità della nota del 6 ottobre 2014 del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Genera del Personale e della Formazione – Commissione di cui all’art. 107, comma 4, d.lgs. n. 443/1992 […] , e del Decreto del Ministero della Giustizia, sottoscritto dal Direttore Generale del Personale e della Formazione dell’Amministrazione Penitenziaria del 7 novembre 2014, si estende automaticamente all’atto consequenziale (ovvero alla graduatoria) ».

5. Con memoria di replica del 4 marzo 2022, il Ministero ha replicato alle difese svolte dal ricorrente nella memoria ex art. 73 c.p.a., evidenziando in particolare che «l’estensione – contenuta nell’avversa memoria – della domanda di annullamento agli atti della procedura concorsuale frattanto sopravvenuti e, da ultimo, alla graduatoria, evidenzia l’improcedibilità del ricorso, essendo mancata l’impugnazione dei detti atti attraverso la (necessaria) proposizione di motivi aggiunti, omissione che peraltro inevitabilmente ridonda in difetto del contraddittorio, non essendo stati evocati in giudizio i controinteressati, da identificare in tutti quanti si sono collocati nella detta graduatoria e rischiano di essere pregiudicati dall’accoglimento del ricorso ».

6. All’udienza del 25 marzo 2022 – preso atto della richiesta di passaggio in decisione depositata dall’amministrazione resistente il 16 marzo 2022 – la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è improcedibile per le ragioni di seguito illustrate.

2. In via preliminare, deve essere rilevata l’infondatezza dell’eccezione di irricevibilità del ricorso formulata dall’amministrazione in ragione della presunta tardività dello stesso, ovvero per la mancata tempestiva impugnazione del bando di concorso.

A tal proposito va evidenziato che la giurisprudenza amministrativa – in vicende del tutto analoghe alla presente – ha avuto modo di evidenziare che «l'onere di immediata impugnazione del bando di concorso va circoscritto al caso della contestazione di clausole riguardanti requisiti di partecipazione direttamente ostative all'ammissione dell'interessato e, correlativamente, va escluso nei riguardi di ogni altra clausola che risulti dotata solo di astratta e potenziale lesività, ovvero la cui idoneità a produrre un'effettiva lesione può essere valutata unicamente all'esito della procedura, ove negativo per l'interessato » (cfr. per tutti la sentenza Tar Lazio, I- quater , 20 giugno 2018, n. 6904, richiamata dal ricorrente nelle proprie difese).

Tale principio deve applicarsi al caso di specie, anche in considerazione della differenza davvero esigua tra l’altezza accertata in sede di verifica di idoneità (h. 163 cm) e quella minima richiesta dal bando di concorso (h. 165 cm).

A tal proposito, già in altra occasione il giudice d’appello ha evidenziato che «nelle condizioni “border line” possedute dalla ricorrente che […] è risultata alta pochissimi centimetri, nell’ordine di due - tre, in meno della statura richiesta dalla normativa di concorso, non si poteva in effetti ricondurre una portata direttamente lesiva alla previsione limitatrice del bando » e che «la disposizione concorsuale, nel fissare un determinato limite di altezza per partecipare alla selezione […] non ha fatto tra l’altro riferimento ad un elemento assolutamente obiettivo, potendo la statura di una persona variare, e non di pochissimo […] , a seconda dei criteri di misurazione adottati e delle situazioni soggettive nel momento preciso della misurazione;
quindi ancor più non poteva pretendersi che la ricorrente, nella sua concreta situazione (alta
[poco meno del limite previsto dal bando] ), fosse in grado fin da subito di avvertire la portata lesiva della suddetta disposizione », cfr. Consiglio di Stato, V, 6 marzo 2002, n. 1342 .

3. Ciò premesso in ordine alla tempestività del ricorso, va rilevato che l’eccezione di improcedibilità del gravame formulata dall’amministrazione – a causa della mancata impugnazione da parte del ricorrente della graduatoria definitiva della procedura concorsuale – è fondata.

La giurisprudenza amministrativa è infatti pacifica nel ritenere che « il ricorrente che ha impugnato l'esclusione, a seguito della pubblicazione della graduatoria di merito di un concorso pubblico cui ha partecipato, ha l'onere di impugnare anche tale provvedimento, non potendosi ritenere che un eventuale annullamento del provvedimento di esclusione possa avere un effetto caducante della graduatoria stessa;
in particolare, la mancata impugnazione della graduatoria finale si risolve in un profilo di improcedibilità del ricorso rivolto avverso il provvedimento di esclusione dallo stesso in quanto per i pubblici concorsi, l'atto finale costituito dalla delibera di approvazione della graduatoria, pur appartenendo alla stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l'atto che determina la lesione del ricorrente, non ne costituisce conseguenza inevitabile atteso che la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di una pluralità di soggetti terzi rispetto al rapporto in origine controverso
» (cfr. ex multis Tar Lazio, I, 14 ottobre 2021, n. 10555, nonché Consiglio di Stato, IV, 24 maggio 2019, n. 3422 e 18 dicembre 2018, n. 7122).

4. Per le ragioni appena indicate, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per mancata impugnazione della graduatoria finale della procedura concorsuale, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, nei confronti del Ministero della Giustizia.

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