TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-03-22, n. 201803261
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Testo completo
Pubblicato il 22/03/2018
N. 03261/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04380/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4380 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Fastweb S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A G e E C, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza Borghese, n. 3;
contro
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Gen.Le dello Stato e presso la medesima domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Telecom Italia S.p.A., Vodafone Italia S.p.A., Wind Tre S.p.A., Assotelecomunicazioni - Asstel, Udicon, Eolo Spa non costituite in giudizio;
U.Di.Con. Associazione Dei Consumatori, rappresentata e difesa dall'avvocato Donato Patera, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Manuele Misiani in Roma, piazza Benedetto Cairoli 2;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Movimento Consumatori, rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo Viriglio, Paolo Fiorio e Corrado Pinna, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via Ettore De Sonnaz, n. 3;
per l'annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
della delibera AGCom n. 252/16/Cons come modificata ed integrata in esito alle disposizioni inserite nel testo dall'art. 3 della delibera stessa ad opera della del. 121/17/Cons; di tutti gli atti ai predetti antecedenti, conseguenti, collegati o connessi con particolare riguardo alla del. 462/16/Cons di consultazione pubblica; null null null
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da FASTWEB S.P.A. il 19\5\2017
per l'annullamento
- della delibera AGCom n. 121/17/Cons, pubblicata sul sito dell'Autorità in data 24 marzo 2017, non notificata, recante Modifiche alla delibera n. 252/16/Cons recante “misure a tutela degli utenti per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni economiche dell'offerta dei servizi di comunicazione elettronica”, nella parte in cui stabilisce vincoli stringenti alla cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione per la tariffa fissa e mobile e definisce puntuali modalità attuative dell'obbligo di informativa circa il credito residuo;
- della delibera AGCom n. 252/16/Cons come modificata ed integrata in esito alle disposizioni inserite nel testo dall'art. 3 della delibera stessa ad opera della del. 121/17/Cons; di tutti gli atti ai predetti antecedenti, conseguenti, collegati o connessi con particolare riguardo alla del. 462/16/Cons di consultazione pubblica;
- della delibera AGCom n. 171/17/Cons, adottata nella seduta del 18 aprile 2017, notificata il successivo 24 aprile 2017;
- di ogni atto ad essa collegato o connesso, conseguente o antecedente;
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da FASTWEB S.P.A. il 22\12\2017 :
per l'annullamento
della delibera AGCom n. 121/17/Cons, pubblicata sul sito dell'Autorità in data 24 marzo 2017, non notificata, recante Modifiche alla delibera n. 252/16/Cons recante “misure a tutela degli utenti per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni economiche dell'offerta dei servizi di comunicazione elettronica”, nella parte in cui stabilisce vincoli stringenti alla cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione per la tariffa fissa e mobile e definisce puntuali modalità attuative dell'obbligo di informativa circa il credito residuo;
- della delibera AGCom n. 252/16/Cons come modificata ed integrata in esito alle disposizioni inserite nel testo dall'art. 3 della delibera stessa ad opera della del. 121/17/Cons;
- di tutti gli atti ai predetti antecedenti, conseguenti, collegati o connessi con particolare riguardo alla del. 462/16/Cons di consultazione pubblica, ovvero della delibera n. 171/17/Cons impugnata con il primo atto di motivi aggiunti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma e di U.Di.Con. Associazione Dei Consumatori;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2018 il dott. V B e uditi per la parte ricorrente l'Avv. A. Guarino e E. Cerchi, per il Movimento Consumatori l'Avv. C. Pinna e per l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma l'Avvocato dello Stato Paola Palmieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con delibera 121/17/Cons, AGCom ha approvato modifiche al regolamento adottato con la del. 252/16/Cons per la tutela dell’utente e per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni di offerta.
AGCom, in particolare, ha introdotto un vincolo per gli operatori con riferimento al periodo temporale di cadenza del rinnovo delle offerte e della fatturazione, individuando tale periodo con il mese (o suoi multipli) per le offerte fisse e convergenti e con un periodo non inferiore a quattro settimane per la telefonia mobile.
In particolare la predetta determinazione n. 121 del 2017 ha previsto un obbligo di informazione relativo al credito residuo che deve essere comunicato agli utenti gratuitamente e secondo determinate modalità e ha definito il parametro temporale di validità delle offerte dei singoli operatori, richiedendo a questi ultimi di adottare tutte le misure tecniche e giuridiche idonee a conformarsi a tali disposizioni.
Le modifiche introdotte dalla impugnata delibera n. 121/17/Cons alla del. 252/16/Cons servirebbero, secondo l’Autorità, a migliorare la trasparenza e la comparabilità delle informazioni relative ai prezzi dei servizi di comunicazione elettronica ed il controllo da parte dell’utente dei consumi e della spesa tra i vari operatori.
In tal modo l’Autorità ha indicato il parametro temporale di raffronto delle offerte dei vari operatori su base mensile, stabilendo che la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dovesse avvenire su base mensile o suoi multipli.
Avverso gli atti in epigrafe ha quindi proposta impugnativa l’interessata deducendo i seguenti motivi:
1) Nullità degli artt. 1 co. 1 (n. 10 e 11) e 2 co. 3 della del. 121/17/Cons ai sensi dell’art. 21 septies della legge 241/90. Difetto assoluto di attribuzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 71 del d.lvo 259/03; 8, 12 della dir. 2002/21/CE; 1, 2, comma 12, lett. h) e 2 comma 37, della l. 481/1995.
L’Autorità non sarebbe munita del potere di regolare i rapporti contrattuali tra operatori e utenti, in quanto l’art. 71 del d.lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche, anche CCE), conformemente al quadro normativo europeo, attribuirebbe all’Autorità il solo potere di assicurare la trasparenza e la comparabilità delle offerte commerciali, disciplinandone la forma, ma non il contenuto.
Il potere di indicare il periodo minimo per fatturazione/rinnovo delle offerte non troverebbe legittimazione nemmeno nelle direttive comunitarie (art. 8, par. 4 lett. b della direttiva 2002/21/CE) e nelle altre norme invocate dall’Autorità, tra cui gli artt. 1 e 2 della l. 481/1995, che si limitano a disciplinare la qualità del servizio e la conoscibilità delle condizioni contrattuali da parte degli utenti. Ciò in quanto il regolamento di servizio al quale la legge fa riferimento apparteneva al precedente regime concessorio o monopolistico, che caratterizzava i servizi di telecomunicazione prima della liberalizzazione e precedente all’attuale regime autorizzatorio, che implica la libertà di auto-organizzazione delle imprese.
Secondo precedenti decisioni di questo Tribunale gli artt. 70 del Codice delle Comunicazioni e 33 del Codice del consumo non attribuirebbero all’Autorità il potere di limitare l’autonomia negoziale degli operatori (cfr. TAR Lazio, sentenza n. 947/2017);
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 70 e 71, del d.lvo 259/03; Violazione e falsa applicazione delle direttive 2002/21/CE; 2002/22/CE; 1993/13/CE e 1997/7/CE ed in particolare degli artt. 3, 20, 21, 22, 23 e 30 della direttiva 2002/22/CE. Violazione dell’art. 41 Costituzione. Violazione del divieto di gold plating di cui all’art. 14 della legge 246/05.
La direttiva lederebbe lo ius variandi , riconosciuto agli operatori dall’art. 70 CCE, in quanto la disciplina di dettaglio in materia di diritto di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, di cui agli artt. 20, comma 2 della direttiva 2002/22/CE e all’art. 70, comma 4, CCE, non potrebbe essere soggetta ad ulteriori o indebite limitazioni da parte delle ANR. Trattandosi della durata dei cicli di rinnovo/fatturazione, ossia di un elemento caratteristico dell’offerta commerciale (nonché di un’importante leva competitiva), la limitazione in via regolatoria determinerebbe una illegittima compressione dello ius variandi degli operatori. La “rigida predeterminazione” dei periodi di rinnovo delle offerte sarebbe, inoltre, illegittima perché comprimerebbe sensibilmente l’autonomia negoziale degli operatori (privandoli della possibilità di individuare elementi costitutivi dell’offerta e di differenziazione della politica commerciale), oltre a violare il divieto di gold plating .
La direttiva 2002/22/CE definisce le condizioni minime di servizio da garantire all’utenza, ma non introdurrebbe alcun limite alla possibilità per gli operatori di