TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-03-22, n. 201803261

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-03-22, n. 201803261
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201803261
Data del deposito : 22 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/03/2018

N. 03261/2018 REG.PROV.COLL.

N. 04380/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4380 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Fastweb S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A G e E C, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza Borghese, n. 3;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Gen.Le dello Stato e presso la medesima domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Telecom Italia S.p.A., Vodafone Italia S.p.A., Wind Tre S.p.A., Assotelecomunicazioni - Asstel, Udicon, Eolo Spa non costituite in giudizio;
U.Di.Con. Associazione Dei Consumatori, rappresentata e difesa dall'avvocato Donato Patera, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Manuele Misiani in Roma, piazza Benedetto Cairoli 2;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Movimento Consumatori, rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo Viriglio, Paolo Fiorio e Corrado Pinna, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via Ettore De Sonnaz, n. 3;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

della delibera AGCom n. 252/16/Cons come modificata ed integrata in esito alle disposizioni inserite nel testo dall'art. 3 della delibera stessa ad opera della del. 121/17/Cons;
di tutti gli atti ai predetti antecedenti, conseguenti, collegati o connessi con particolare riguardo alla del. 462/16/Cons di consultazione pubblica;
null null null

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da FASTWEB S.P.A. il 19\5\2017

per l'annullamento

- della delibera AGCom n. 121/17/Cons, pubblicata sul sito dell'Autorità in data 24 marzo 2017, non notificata, recante Modifiche alla delibera n. 252/16/Cons recante “misure a tutela degli utenti per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni economiche dell'offerta dei servizi di comunicazione elettronica”, nella parte in cui stabilisce vincoli stringenti alla cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione per la tariffa fissa e mobile e definisce puntuali modalità attuative dell'obbligo di informativa circa il credito residuo;

- della delibera AGCom n. 252/16/Cons come modificata ed integrata in esito alle disposizioni inserite nel testo dall'art. 3 della delibera stessa ad opera della del. 121/17/Cons;
di tutti gli atti ai predetti antecedenti, conseguenti, collegati o connessi con particolare riguardo alla del. 462/16/Cons di consultazione pubblica;

- della delibera AGCom n. 171/17/Cons, adottata nella seduta del 18 aprile 2017, notificata il successivo 24 aprile 2017;

- di ogni atto ad essa collegato o connesso, conseguente o antecedente;

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da FASTWEB S.P.A. il 22\12\2017 :

per l'annullamento

della delibera AGCom n. 121/17/Cons, pubblicata sul sito dell'Autorità in data 24 marzo 2017, non notificata, recante Modifiche alla delibera n. 252/16/Cons recante “misure a tutela degli utenti per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni economiche dell'offerta dei servizi di comunicazione elettronica”, nella parte in cui stabilisce vincoli stringenti alla cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione per la tariffa fissa e mobile e definisce puntuali modalità attuative dell'obbligo di informativa circa il credito residuo;

- della delibera AGCom n. 252/16/Cons come modificata ed integrata in esito alle disposizioni inserite nel testo dall'art. 3 della delibera stessa ad opera della del. 121/17/Cons;

- di tutti gli atti ai predetti antecedenti, conseguenti, collegati o connessi con particolare riguardo alla del. 462/16/Cons di consultazione pubblica, ovvero della delibera n. 171/17/Cons impugnata con il primo atto di motivi aggiunti.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma e di U.Di.Con. Associazione Dei Consumatori;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2018 il dott. V B e uditi per la parte ricorrente l'Avv. A. Guarino e E. Cerchi, per il Movimento Consumatori l'Avv. C. Pinna e per l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma l'Avvocato dello Stato Paola Palmieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con delibera 121/17/Cons, AGCom ha approvato modifiche al regolamento adottato con la del. 252/16/Cons per la tutela dell’utente e per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni di offerta.

AGCom, in particolare, ha introdotto un vincolo per gli operatori con riferimento al periodo temporale di cadenza del rinnovo delle offerte e della fatturazione, individuando tale periodo con il mese (o suoi multipli) per le offerte fisse e convergenti e con un periodo non inferiore a quattro settimane per la telefonia mobile.

In particolare la predetta determinazione n. 121 del 2017 ha previsto un obbligo di informazione relativo al credito residuo che deve essere comunicato agli utenti gratuitamente e secondo determinate modalità e ha definito il parametro temporale di validità delle offerte dei singoli operatori, richiedendo a questi ultimi di adottare tutte le misure tecniche e giuridiche idonee a conformarsi a tali disposizioni.

Le modifiche introdotte dalla impugnata delibera n. 121/17/Cons alla del. 252/16/Cons servirebbero, secondo l’Autorità, a migliorare la trasparenza e la comparabilità delle informazioni relative ai prezzi dei servizi di comunicazione elettronica ed il controllo da parte dell’utente dei consumi e della spesa tra i vari operatori.

In tal modo l’Autorità ha indicato il parametro temporale di raffronto delle offerte dei vari operatori su base mensile, stabilendo che la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dovesse avvenire su base mensile o suoi multipli.

Avverso gli atti in epigrafe ha quindi proposta impugnativa l’interessata deducendo i seguenti motivi:

1) Nullità degli artt. 1 co. 1 (n. 10 e 11) e 2 co. 3 della del. 121/17/Cons ai sensi dell’art. 21 septies della legge 241/90. Difetto assoluto di attribuzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 71 del d.lvo 259/03;
8, 12 della dir. 2002/21/CE;
1, 2, comma 12, lett. h) e 2 comma 37, della l. 481/1995.

L’Autorità non sarebbe munita del potere di regolare i rapporti contrattuali tra operatori e utenti, in quanto l’art. 71 del d.lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche, anche CCE), conformemente al quadro normativo europeo, attribuirebbe all’Autorità il solo potere di assicurare la trasparenza e la comparabilità delle offerte commerciali, disciplinandone la forma, ma non il contenuto.

Il potere di indicare il periodo minimo per fatturazione/rinnovo delle offerte non troverebbe legittimazione nemmeno nelle direttive comunitarie (art. 8, par. 4 lett. b della direttiva 2002/21/CE) e nelle altre norme invocate dall’Autorità, tra cui gli artt. 1 e 2 della l. 481/1995, che si limitano a disciplinare la qualità del servizio e la conoscibilità delle condizioni contrattuali da parte degli utenti. Ciò in quanto il regolamento di servizio al quale la legge fa riferimento apparteneva al precedente regime concessorio o monopolistico, che caratterizzava i servizi di telecomunicazione prima della liberalizzazione e precedente all’attuale regime autorizzatorio, che implica la libertà di auto-organizzazione delle imprese.

Secondo precedenti decisioni di questo Tribunale gli artt. 70 del Codice delle Comunicazioni e 33 del Codice del consumo non attribuirebbero all’Autorità il potere di limitare l’autonomia negoziale degli operatori (cfr. TAR Lazio, sentenza n. 947/2017);

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 70 e 71, del d.lvo 259/03;
Violazione e falsa applicazione delle direttive 2002/21/CE;
2002/22/CE;
1993/13/CE e 1997/7/CE ed in particolare degli artt. 3, 20, 21, 22, 23 e 30 della direttiva 2002/22/CE. Violazione dell’art. 41 Costituzione. Violazione del divieto di gold plating di cui all’art. 14 della legge 246/05.

La direttiva lederebbe lo ius variandi , riconosciuto agli operatori dall’art. 70 CCE, in quanto la disciplina di dettaglio in materia di diritto di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, di cui agli artt. 20, comma 2 della direttiva 2002/22/CE e all’art. 70, comma 4, CCE, non potrebbe essere soggetta ad ulteriori o indebite limitazioni da parte delle ANR. Trattandosi della durata dei cicli di rinnovo/fatturazione, ossia di un elemento caratteristico dell’offerta commerciale (nonché di un’importante leva competitiva), la limitazione in via regolatoria determinerebbe una illegittima compressione dello ius variandi degli operatori. La “rigida predeterminazione” dei periodi di rinnovo delle offerte sarebbe, inoltre, illegittima perché comprimerebbe sensibilmente l’autonomia negoziale degli operatori (privandoli della possibilità di individuare elementi costitutivi dell’offerta e di differenziazione della politica commerciale), oltre a violare il divieto di gold plating .

La direttiva 2002/22/CE definisce le condizioni minime di servizio da garantire all’utenza, ma non introdurrebbe alcun limite alla possibilità per gli operatori di telefonia di apportare modifiche ai contratti.

Gli obblighi che le ANR possono imporre ai sensi dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 21 sarebbero di tipo informativo. L’art. 22 della direttiva impartirebbe esclusivamente indicazioni relative agli obblighi informativi.

La disciplina comunitaria non contemplerebbe il potere per le ANR di imporre alcun limite negoziale, né tale potere sarebbe rinvenibile nella disciplina posta a tutela dei consumatori.

La direttiva impugnata lederebbe il diritto di autodeterminazione dell’impresa e l’autonomia imprenditoriale, introducendo un fattore di distorsione nella dinamica competitiva perché eliminerebbe una variabile di competizione fra i diversi offerenti;

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 71 del d.lvo 259/03;
8, 12 della dir. 2002/21/CE;
1, 2, comma 12, lett. h) e 2 comma 37, della l. 481/1995. Sviamento. Violazione degli artt. 45, 46 e 50 d.lvo 259/03;
Violazione della delibera 623/15/Cons.

L’Agcom avrebbe perseguito un fine (quello di incidere sulle condizioni contrattuali) estraneo a quello assegnato dalla norma invocata (assicurare la trasparenza delle condizioni contrattuali comunque definite dall’operatore).

La delibera gravata violerebbe anche la delibera 623/15/CONS, secondo cui non sussisterebbero nel mercato al dettaglio le condizioni per imporre una regolazione ex ante , se non per quanto riguarda la regolazione a livello wholesale ;

4) Nullità degli artt. 1 co. 1 (n. 9) e 2 co. 3 della del. 121/17/Cons ai sensi dell’art. 21 septies della legge 241/90. Difetto assoluto di attribuzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 71 del d.lvo 259/03;
8, 12 della dir. 2002/21/CE;
1, 2, comma 12, lett. h) e 2 comma 37, della l. 481/1995. Violazione della dir. 2002/22/CE. Violazione dell’art. 41 della Costituzione. Violazione del divieto di gold plating . Sviamento sotto un ulteriore profilo.

Agcom avrebbe introdotto uno specifico obbligo informativo, dettagliandone puntualmente il contenuto, ciò implicherebbe un notevole aumento dei costi senza che l’Autorità abbia previsto modalità alternative.

Le forme di comunicazione rigidamente predeterminate dall’autorità minerebbe il confronto tra operatori, rientrando anche la comunicazione agli utenti tra le leve competitive a disposizione degli operatori;

5) Difetto dei presupposti giuridici e di fatto. Violazione degli artt. 70 e 71 del Codice. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità. Irragionevolezza. Contraddittorietà.

L’autorità avrebbe violato il principio di proporzionalità, avendo inciso sulla libertà di attività economica degli operatori con misure eccessive rispetto a quelle che sarebbero state sufficienti per il perseguimento del fine di garantire una tutela effettiva agli utenti con riferimento alla trasparenza ed alla comparabilità delle informazioni in merito ai prezzi delle offerte, nonché al controllo dei consumi e della spesa.

L’obiettivo perseguito dall’Agcom con la avversata delibera sarebbe già soddisfatto dalle misure regolatorie dettate con la delibera 252/16/CONS, che ha previsto un motore di calcolo alimentato da dati informativi delle offerte, la cui implementazione garantirebbe la trasparenza e comparabilità delle stesse. L’Autorità non avrebbe nemmeno valutato la possibilità di utilizzare strumenti alternativi, e meno intrusivi, di quelli introdotti con la delibera in esame, limitando, al contempo, sia la libertà di iniziativa economica degli operatori, che quella di scelta degli utenti (che non potranno più fruire di offerte con durata inferiore a quella specificata dall’Agcom);

6) Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità. Irragionevolezza.

AGCom avrebbe dovuto accertare se le misure recentemente approvate fossero idonee ad assolvere gli obiettivi di tutela che essa intendeva perseguire;

7) Violazione del principio di proporzionalità e parità di trattamento. Incoerenza. Illogicità. Irragionevolezza. Difetto di istruttoria e di motivazione.

La delibera violerebbe i principi di proporzionalità e parità di trattamento nella parte in cui fissa una diversa durata tra offerte di telefonia fissa e mobile, non tenendo peraltro conto che i due mercati tendono a convergere prevedendo offerte che comprendono tanto la telefonia fissa che quella mobile.

Le previsioni della del. 121/17/Cons introdurrebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra gli operatori di rete fissa e gli operatori di rete mobile. Mentre a questi ultimi è consentito, infatti, di mantenere un periodo di fatturazione non inferiore a quattro settimane (28 giorni), per gli operatori di rete fissa o per le offerte convergenti fisso/mobile, il periodo minimo è mensile.

La distinzione fra modalità prepagata e in abbonamento per gli operatori di telefonia mobile non giustificherebbe un regime differenziato, atteso che il numero degli utenti di telefonia mobile con abbonamento sarebbe pressoché simile a quello degli utenti di telefonia fissa;

8) Violazione del principio di adeguatezza e proporzionalità. Illogicità. Irragionevolezza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 par. 1 della direttiva 2002/21/CE;

9) Illogicità. Irragionevolezza. Difetto di motivazione sotto altro profilo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 50 del d.lvo 259/03.

L’imposizione di un parametro di rinnovo mensile non sarebbe necessaria anche in un’ottica di sistema in quanto la regolamentazione wholesale è, anch’essa, mensile e perché una diversa base di calcolo potrebbe rendere più gravosa l’attività di controllo di Agcom.

Il raffronto delle offerte sarebbe comunque consentito mediante semplici calcoli di normalizzazione che possono essere elaborati anche in maniera automatica attraverso il sistema predisposto dall’AGCom.

10) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1339 e 1374 c.c.. Carenza assoluta di potere sotto altro profilo.

Secondo gli artt. 1339 e 1374 c.c. l’eterointegrazione è configurabile esclusivamente in presenza di norme imperative recanti la predeterminazione dell’elemento destinato a sostituirsi alle clausole difformi, che mancherebbe nel caso in esame;

11) Difetto di istruttoria. Illogicità. Irragionevolezza. Mancata indagine circa l’impatto della regolazione

Il termine di 90 giorni assegnato agli operatori per adeguarsi alle misure previste dalla delibera gravata non sarebbe sufficiente e sarebbe stato determinato da Agcom in assenza di alcuna istruttoria che verificasse l’impatto reale degli obblighi introdotti.

Con successiva delibera n. 171/17/Cons, AGCom ha dichiarato di aver appreso nel corso delle proprie attività d’Ufficio, che Fastweb avrebbe annunciato ai propri clienti che a decorrere dal 10 aprile e dal 1 maggio la cadenza di rinnovo delle offerte di linea fissa e mobile sarebbe variata a 28 giorni.

In data 29 marzo 2017, AGCom ha rivolto a Fastweb una richiesta di informazioni, fornite da Fastweb con note del 7 e 21 aprile 2017.

Nella seduta del 18 aprile 2017 l’AGCom ha adottato la delibera 171/17/CONS con la quale ha diffidato Fastweb al rispetto degli artt. 70 e 71 del Codice delle Comunicazione e dell’art. 6 Regolamento di cui alla del. 519/15/Cons., in quanto Fastweb avrebbe omesso informazioni essenziali ai fini del potere di vigilanza.

In ogni caso l’Autorità ha ritenuto che l’informativa fornita da Fastweb ai clienti sarebbe priva delle informazioni necessarie ad assolvere agli obblighi informativi di cui alla del. 519/15/Cons., in quanto:

- il messaggio diramato ai clienti risulterebbe privo dell’indicazione dell’incremento di prezzo determinato dalla variazione della cadenza di rinnovo, pari all’8,6% su base annua;

- il messaggio non recherebbe inoltre corretta informazione circa il fatto che agli utenti che esercitano il recesso non saranno addebitati né i costi di disattivazione, né gli importi relativi alle promozioni già godute, impedendo ai destinatari dell’informativa di comprendere gli effetti dell’eventuale recesso.

Pertanto AGCom ha ritenuto che Fastweb non avrebbe rispettato le garanzie informative previste dall’art. 70, co. 4 e dell’art. 6 del Regolamento di cui alla del. 519/15/Cons.

Avverso tale delibera la ricorrente, in data 19.5.2017, ha depositato motivi aggiunti con i quali deduce:

1) Difetto assoluto di attribuzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 71 del d.lvo 259/03;
8, 12 della dir. 2002/21/CE;
1, 2, comma 12, lett. h) e 2 comma 37, della l. 481/1995. Violazione e falsa applicazione delle direttive 2002/21/CE;
2002/22/CE;
1993/13/CE e 1997/7/CE ed in particolare degli artt. 3, 20, 21, 22, 23 e 30 della direttiva 2002/22/CE. Violazione dell’art. 41 Costituzione. Violazione del divieto di gold plating di cui all’art. 14 della legge 246/05. Illegittimità derivata. Sviamento.

Il processo di modifica della fatturazione era stato avviato molto tempo prima della pubblicazione della delibera di consultazione pubblica e non avrebbe potuto essere arrestato o modificato nel momento in cui l’AGCom ha inteso incidere su di esso.

L’Agcom avrebbe utilizzato le disposizioni attributive del potere per un fine diverso da quello cui esse sono in concreto destinate.

La del. 171/17/Cons, sarebbe viziata da carenza assoluta di potere, illogicità ed irragionevolezza, violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza, violazione del divieto di gold plating ;

2) Travisamento dei presupposti giuridici e di fatto. Difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione degli artt. 70 e 71 del Codice delle Comunicazioni;
Violazione dell’art. 6 del Regolamento allegato alla del. 519/15/Cons. Violazione del legittimo affidamento.

Fastweb avrebbe reso le informazioni necessarie come sarebbe possibile desumere dal tenore delle comunicazioni trasmesse ai clienti sul sito internet della società.

Per quanto concerne la comunicazione resa da Fastweb in relazione al diritto di recesso, essa ripeterebbe il contenuto dell’informativa indicata come doverosa dalla del. 519/15/Cons. indicando che il cliente ha diritto di recedere entro 30 giorni senza costi né penali.

In ogni caso le incertezze ipotizzate da AGCom avrebbero potuto essere chiarite dal servizio clienti;

3) Contraddittorietà intrinseca. Violazione del principio di non discriminazione. Violazione del legittimo affidamento e sviamento sotto altro profilo. Difetto di motivazione e di istruttoria.

L’accertamento nei confronti di Fastweb contrasterebbe con quanto statuito dalla stessa Autorità con riguardo all’idoneità degli obblighi informativi, in sede di esame delle comunicazioni rese da altri operatori commerciali, che avrebbero posseduto un grado di specificità inferiore rispetto a quello di Fastweb, ritenuto come non adeguato.

In seguito la ricorrente in data 22.12.2017 ha depositato nuovi motivi aggiunti in cui espone che l’art. 19 quinquiesdecies, del d.l. 148/17, ha introdotto i commi: 1 bis, 1 ter, 1 quater e 1 quinquies all’art. 1, d.l. 7/07.

Il nuovo comma 1 bis stabilisce che, per tutti i servizi di comunicazione elettronica, la cadenza di fatturazione e di rinnovo delle offerte deve essere effettuata su base mensile o di multipli del mese.

Sono escluse soltanto le offerte promozionali a carattere temporaneo, non rinnovabili, di durata inferiore ad un mese.

Il nuovo comma 1 ter prevede che tutti gli operatori si adeguino alle disposizioni del comma 1 bis entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di conversione nella Gazzetta Ufficiale.

Poiché l’art. 19 quinquiesdecies è stato introdotto dalla legge di conversione n. 172/2017, pubblicata il 4 dicembre 2017, il termine scadrà il prossimo 5 aprile 2018.

Il nuovo comma 1 quater dell’art. 1, d.l. 7/07, prescrive all’AGCom di garantire che siano pubblicate le tariffe generali di cui al comma 1 bis in modo da assicurare che i consumatori possano compiere scelte informate.

Il nuovo comma 1 quinquies dispone che in caso di violazione del comma 1 bis l’AGCom ordini la cessazione della condotta ed il rimborso delle somme indebitamente percepite od ingiustificatamente addebitate agli utenti.

A tal fine l’AGCom dovrà assegnare un termine non inferiore a 30 giorni per adempiere all’ordine di cessazione e rifusione.

Secondo l’art. 19 quinquiesdecies, co. 1, lett. (b), d.l. 148/17, la violazione dei commi da 1 bis a 1 quinquies, d.l. 7/07, è sanzionata dall’AGCom ai sensi dell’art. 98, co. 16, d.lvo 259/03.

La violazione degli ordini impartiti dall’AGCom ai sensi del comma 1 quinquies è sanzionata dall’AGCom ai sensi dell’art. 98, co. 11, d.lgs. n. 259/03.

L’importo della sanzione amministrativa prevista da tale ultima disposizione è raddoppiato nei minimi e nei massimi ad opera del comma 4 bis dell’art. 1, del d.l. 7/07, inserito dall’art. 19 quinquies, co. 2, d.l. 148/17.

Le disposizioni in esame confermerebbero che la delibera AGCom n. 121/17/Cons sarebbe stata adottata in carenza assoluta di potere per cui sarebbe nulla.

Le medesime disposizioni avrebbero comunque effetto abrogativo della delibera AGCom n. 121/17/Cons.-.

Di conseguenza, il termine di 90 giorni impartito dalla delibera per adottare la cadenza di fatturazione mensile (il 22 giugno 2017) sarebbe stato sostituito da quello del 5 aprile 2018 previsto dalla legge.

Premesso quanto sopra sono stati in data 22.12.2017 sono stati depositati i seguenti motivi aggiunti:

1) Nullità della delibera AGCom n. 121/17/Cons.

L’art. 19 quinquesdecies del d.l. 148/17 si sovrapporrebbe alla delibera AGCom n. 121/17/Cons. Essa violerebbero l’indipendenza e l’autonomia di valutazione attribuite alla predetta autorità dalla l. 481/95, e dai principi generali che tale legge sottende, quanto dalla direttiva dell’Unione Europea n. 21/02.

Esso dunque sarebbero costituzionalmente illegittimo per illogicità (art. 3, Cost.) e per violazione dell’art. 117, co. 1, Cost., inoltre dovrebbe essere disapplicato perché violerebbe la normativa dell’Unione Europea (C. Cost. n. 170/84).

Nell’adottare l’art. 19 quinquesdecies, d.l. 148/17, il legislatore avrebbe riconosciuto la necessità di una disciplina della cadenza di fatturazione dei servizi di comunicazione elettronica, riconoscendo che l’AGCom non disponeva di alcun potere in merito.

Pertanto la delibera AGCom n. 121/17/Cons sarebbe stata adottata in carenza assoluta di potere per cui sarebbe nulla;

2) Caducazione della delibera n. 121/17/Cons.

l’art. 19 quinquiesdecies, d.l. 148/17 avrebbe ridefinito del tutto la natura e la base giuridica dei poteri dell’AGCom in materia, sopprimendo il potere dell’AGCom di modificare in futuro il contenuto della delibera n. 121/17/Cons.

Ne conseguirebbe la completa caducazione della delibera AGCom n. 121/17/Cons;

3) Contrasto con le disposizioni dell’Unione Europea.

L’obbligo di rinnovare e fatturare con cadenza mensile i corrispettivi dei servizi di comunicazione elettronica sarebbe compatibile con le disposizioni dell’Unione Europea solamente se esso fosse previsto o quantomeno prefigurato da una norma del “quadro regolatorio” di cui alle direttive n.n. 19/02, 20/02, 21/02 e 22/02.

Le indicazioni impartite dalla lettera (a) e quelle di cui alle lettere (b) e (d), dell’art. 8, n. 2, dir. n. 21/02, declinano gli obbiettivi specifici in vista dei quali è attribuito alle autorità nazionali il compito di promuovere la concorrenza. L’indicazione enunciata alla lettera (a) dell’art. 8, n. 2, dir. n. 21/02, non sarebbe finalizzata alla tutela degli interessi degli utenti.

L’art. 8, n. 2, lett. (a), dir. n. 21/02 prescriverebbe alle autorità nazionali di promuovere la concorrenza perseguendo la massima efficienza in termini qualitativi, di varietà e di convenienza economica dei servizi di comunicazione elettronica.

Nessuna delle disposizioni della direttiva n. 21/02 conferirebbe all’AGCom il potere di fissare autoritativamente la cadenza di fatturazione dei servizi e rinnovo delle offerte di comunicazione elettronica.

La determinazione autoritativa della cadenza di fatturazione dei servizi e rinnovo delle offerte di comunicazione elettronica contrasta con l’ordinamento dell’Unione Europea.

La delibera AGCom n. 121/17/Cons sarebbe quindi nulla o illegittima e andrebbe comunque disapplicata. Mentre dovrebbero essere disapplicate le disposizioni dell’art. 19 quinquiesdecies, d.l. 148/17, nelle parti in cui si occupano della cadenza di fatturazione dei servizi e rinnovo delle offerte.

L’AGCom si è costituita in giudizio, depositando memorie con le quali eccepisce la infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti.

All’udienza del 67 febbraio 2018, dopo ampia discussione tra le parti, la causa e stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo del ricorso introduttivo Fastweb deduce che l’Autorità non sarebbe titolare del potere di regolare i rapporti contrattuali tra operatori e utenti, in quanto l’art. 71 del Codice delle comunicazioni elettroniche attribuirebbe all’Autorità solo il potere di assicurare la chiarezza e la comparabilità delle offerte commerciali, disciplinandone la forma, ma non il contenuto.

Né il potere di indicare il periodo minimo di fatturazione/rinnovo delle offerte troverebbe riscontro negli articoli 1 e 2 della legge n. 481 del 1995.

La tesi non merita adesione, nella misura in cui la disciplina contestata mette in discussione, in via generale, non libere scelte imprenditoriali, riferite alla scadenza delle fatturazioni, ma specifiche modalità di scelta, non rispettose della dovuta trasparenza nei confronti degli utenti, in quanto sostanzialmente finalizzate a realizzare incrementi tariffari non dichiarati e di non immediata percezione (oltre che in breve tempo diffusi, con analoghe modalità, tra tutti gli operatori: circostanza, quest’ultima, di competenza tuttavia di altra Autorità, regolatrice della concorrenza e del mercato).

1.1. L’avversata delibera trae fondamento dall’art. 71 CCE, secondo cui “L'Autorità assicura che le imprese che forniscono reti pubbliche di comunicazione elettronica o servizi accessibili al pubblico di comunicazione elettronica pubblichino informazioni trasparenti, comparabili, adeguate e aggiornate in merito ai prezzi e alle tariffe vigenti, a eventuali commissioni per la risoluzione del contratto e a informazioni sulle condizioni generali vigenti in materia di accesso e di uso dei servizi forniti agli utenti finali e ai consumatori, conformemente alle disposizioni dell'allegato n.

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