TAR Venezia, sez. III, sentenza breve 2018-03-26, n. 201800347

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza breve 2018-03-26, n. 201800347
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201800347
Data del deposito : 26 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/03/2018

N. 00347/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00276/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 276 del 2018, proposto da:
Magazzini Zanchetta di Zanchetta Efrem e C. S.n.c., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato B B, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Acerboni in Venezia - Mestre, via Torino 125;

contro

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distret. Dello Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63;
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Ispettorato Territoriale del Lavoro di Belluno non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del verbale di disposizione in materia di lavoro e legislazione sociale prot. n. 13165 del 19 dicembre 2017 emesso ai sensi dell'art. 14, D.Lgs. 124/2004 dall'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Belluno e ricevuto in data 28 dicembre 2017 (doc. 1) nonché, per quanto occorrer possa, del successivo provvedimento del Capo dell'Ispettorato Territoriale del lavoro di Belluno prot. n. 401 del 16 gennaio 2018 col quale è stato rigettato il ricorso proposto dalla deducente ai sensi dell'art. 14, co. 2, D.Lgs. n. 124/2004 (doc. 3) nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e/o conseguente, anche non conosciuto;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2018 il dott. Claudio Rovis e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Considerato.

che oggetto della presente controversia è l’asserita illegittimità della disposizione impartita dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Belluno alla società ricorrente – proprietaria dell’albergo “Miramonti Majestic Grand Hotel” di Cortina d’Ampezzo presso il quale il 17 agosto 2017 aveva effettuato un accesso ispettivo al fine di verificare il rispetto della disciplina in materia di lavoro e di legislazione sociale – di istituire “ un sistema di rilevazione delle presenza informatico, con registrazione in tempo reale di tutti gli orari di entrata e di uscita giornaliera dei propri dipendenti… ”, disposizione, questa, giustificata con la considerazione che “ nel L.U.L. viene riportato unicamente il numero complessivo di ore prestate giornalmente, senza alcuna precisazione in ordine all’orario di entrata/inizio turno, né di uscita/fine turno, con conseguente impossibilità allo stato di verifica, da parte degli organi di controllo, del rispetto delle disposizioni normative in materia di orario di lavoro, pause, riposo giornaliero e settimanale, nonché di lavoro notturno ”;

che secondo la ricorrente, la disposizione impartita dall’Ispettorato sarebbe illegittima per violazione degli artt. 14 del DLgs n. 124/2004 e 39 del DL n. 112/2008 e per eccesso di potere per difetto di motivazione, per manifesta ingiustizia e per violazione dei principi di proporzionalità e di non discriminazione;

che in un caso affatto analogo a quello di cui attualmente si controverte l’intestato Tribunale ha avuto occasione di osservare (sez. III, sent. 21.7.2017 n. 725, il cui appello è stato definito con sent. 12.2.2018 n. 855 ove si dà atto della rinuncia all’appello stesso), facendo proprie le argomentazioni espresse da TAR Milano, III, 28.3.2011 n. 830 (confermata da CdS, VI, 4.5.2015 n. 2210) in una situazione sovrapponibile, che l’art. 39, II comma del DLgs n. 112 del 2008 prescrive, tra l’altro, che “il libro unico del lavoro deve…contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l’indicazione delle ore di straordinario…”, con ciò imponendo al datore di lavoro una serie di adempimenti finalizzati a consentire all’autorità preposta << il controllo del rispetto delle disposizioni impartite in materia di orario di lavoro, riposi settimanali, pause di lavoro e lavoro notturno quali, ad esempio la disposizione di cui all’art. 7 del d.lgs. 8 aprile 2003 n. 6 laddove si stabilisce che “…il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore”;
ovvero la disposizione di cui al successivo art. 8, primo comma, dello stesso decreto laddove è stabilito che “qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa (…) ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto
”>>. Ebbene, ivi si affermava che se questa è la funzione del libro unico, << è ovvio che una indicazione…del quantitativo complessivo delle ore lavorate per ciascun lavoratore non consente all'amministrazione di adempiere ai compiti di controllo che la legge le assegna, giacché tale indicazione complessiva non le consente, continuando negli esempi formulati, di controllare se effettivamente il lavoratore abbia potuto beneficiare di pause intermedie ovvero di riposi giornalieri di almeno undici ore consecutive. Deve pertanto ritenersi che l'Amministrazione alla quale sono stati affidati tali compiti possa impartire agli operatori prescrizioni esecutive che, specificando quanto già imposto in via generale dalle legge, siano funzionali ad un proficuo espletamento delle proprie funzioni di controllo >>, e ciò, appunto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 14 del DLgs n. 124 del 2004;

che – si aggiungeva - << parte ricorrente offre un’interpretazione meramente letterale dell’art. 39 del DL n. 112/2008, senza tenere conto della ratio della norma che è diretta a garantire il rispetto della disciplina in materia di orario di lavoro, di riposi settimanali, di pause di lavoro e di lavoro notturno: in tale prospettiva, pertanto, va letta la contestata disposizione, e cioè in senso conformativo alle finalità di tutela dell'interesse giuridico protetto dalla norma medesima. E se è vero che attraverso tale disposizione viene imposto al datore di lavoro un obbligo nuovo, non specificatamente indicato dalla legge, è altresì vero che tale obbligo è diretto al raggiungimento delle finalità prescritte dalla norma, che altrimenti risulterebbero del tutto prive di concretezza. È per ciò, dunque, che appare indispensabile fare riferimento anche agli orari di inizio dei turni di lavoro, proprio al fine di consentire un'effettiva verifica del rispetto, ad esempio, del diritto alle undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattr’ore e del diritto alla pausa ogni sei ore di lavoro >>;

che, peraltro, l’onere imposto alla ricorrente non appare sproporzionato – e nemmeno irragionevole o arbitrario - rispetto al fine perseguito, atteso che non esistono modalità alternative per controllare efficacemente l’orario di lavoro dei dipendenti: la predisposizione di un sistema di rilevazione delle presenze che dia conto degli orari d'ingresso e di uscita dei lavoratori rappresenta, infatti, il solo mezzo idoneo a consentire un'effettiva vigilanza, da parte del personale ispettivo, del rispetto della normativa in materia di orario di lavoro e, dunque, un’opportuna mediazione tra i diritti (costituzionalmente garantiti) di libertà dell’iniziativa economica e di tutela del lavoro. Né il fatto di doversi recare (dal luogo ove viene svolta l’attività lavorativa) fino al terminale del sistema di rilevamento – l’albergo della ricorrente si sviluppa su cinque piani più interrato e su tre corpi di fabbrica, sicchè qualche lavoratore si troverebbe a dover percorrere da un minimo di 70 metri ad un massimo 200 metri - appare particolarmente disagevole e/o oneroso e, comunque, in grado di inficiare l’organizzazione del lavoro, posto che tali, asserite “difficoltà” sono agevolmente superabili attraverso la collocazione di più sistemi informatici di rilevazione delle presenze;

che, dunque, per le suesposte considerazioni il ricorso è infondato e va respinto, le spese potendo essere compensate in ragione della particolarità della controversia.

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