TAR Salerno, sez. I, sentenza 2018-12-20, n. 201801832
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Pubblicato il 20/12/2018
N. 01832/2018 REG.PROV.COLL.
N. 03150/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3150 del 2004, proposto dal signor E V, rappresentato e difeso dall'avvocato G V, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, corso Garibaldi n. 181;
contro
il Ministero della Difesa, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio eletto in Salerno, corso Vittorio Emanuele n.58;
per l'annullamento
del Decreto n.563/04 di diniego di corresponsione dell’equo indennizzo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2018 la dott.ssa Angela Fontana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, ex militare di truppa dell’Esercito italiano, ha subito un infortunio in data 31 marzo 1997, riportando una ustione alla gamba sinistra, ed ha chiesto al Ministero della Difesa il riconoscimento della dipendenza della infermità da causa di servizio.
Con verbale di data 5 aprile 1997, la Commissione medica ospedaliera dell’Ospedale militare di Caserta ha ritenuto dipendente l’infermità da causa di servizio, ascrivendola nella misura massima alla tabella B allegata alla legge n. 648 del 1950, come modificata dalla tabella allegata al d.P.R. n. 915 del 1978.
In data 19 novembre 1997, l’interessato ha chiesto la corresponsione dell’equo indennizzo.
Il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, con il parere n. 27419/98 del 22 febbraio 1999, pur riconoscendo la sua dipendenza da causa di servizio, ha ritenuto che l’infermità non sia "ascrivibile a nessuna categoria, anziché alla Tab. B proposta, trattandosi di esiti di nessun rilievo medico legale".
Con il decreto n. 563 dell’11 marzo 2004, il Ministero ha fatto proprio il parere del Comitato ed ha respinto l domanda di concessione dell’equo indennizzo.
2. Con il ricorso in esame, l’interessato ha impugnato il decreto di data 11 marzo 2004, nonché gli atti presupposti, deducendo tre motivi di censura.
3. Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, il quale ha chiesto che il ricorso sia respinto.
4. Con il terzo motivo (da esaminare con priorità, poiché riguardante la qualificazione della infermità, come disposta dal primo degli atti impugnati), l’interessato ha dedotto che:
- il verbale della Commissione medica ospedaliera sarebbe illegittimo, poiché ha ascritto l’infermità alla tabella B, mentre avrebbe dovuto constatare l’ascrivibilità “n una delle categorie della tabella A, per le quali sono previsti indennizzi maggiori”;
- nella settima categoria della tabella A rientrano “le cicatrici di qualsiasi altra parte del corpo estese e dolorose o aderenti o retratte che siano facili ad ulcerarsi o comportino apprezzabili disturbi funzionali";
- andrebbe pertanto corrisposto l’importo stabilito per la prima categoria della tabella A.
4. Tale censura va respinta, perché infondata.
Contrariamente a quanto ha dedotto l’interessato, l’infermità constatata dalla Commissione medica ospedaliera non può essere ascritta alla tabella A.
In primo luogo, come ha correttamente rilevato l’Amministrazione con la sua memoria difensiva, la tabella A ha indicato alcune patologie, tra le quali non può essere annoverata quella oggettivamente constatata dalla Commissione medica ospedaliera.
Infatti, l’ustione accertata dalla Commissione non può essere considerata equivalente alle “cicatrici di qualsiasi altra parte del corpo estese e dolorose o aderenti o retratte che siano facili ad ulcerarsi o comportino apprezzabili disturbi funzionali".
La tabella A ha fatto riferimento a patologie che comportino significativi postumi, destinati a perdurare nel tempo, ciò che invece non è stato rilevato dalla Commissione medica, alla quale, peraltro, non è stata neppure riferita a suo tempo la sussistenza di postumi inabilitanti.
In secondo luogo, le deduzioni dell’interessato sulla ascrivibilità della infermità alla tabella A non risultano supportate da alcun supporto probatorio, poiché nel verbale della Commissione non si desume la presenza di cicatrici riconducibili alla medesima tabella, né risultano o sono stati richiamati altri elementi a sostegno della tesi del ricorrente.
5. Col primo motivo, è lamentata la violazione della legge 10 agosto 1950, n. 648, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, della legge 23 dicembre 1970, n. 1094, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 e del d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, nonché vari profili di eccesso di potere.
Dopo aver richiamato i principi applicabili in materia, sul rilievo delle tabelle A e B allegate al d.P.R. n. 915 del 1978, il ricorrente ha dedotto che si dovrebbe tenere conto delle ‘infermità equivalenti’, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 1094 del 1970, e dunque che la patologia in questione (l’ustione di secondo grado diffusa della gamba destra), “sebbene non sia esplicitamente elencata nelle tabelle A e B”, sarebbe “senza dubbio riconducibile, quantomeno per equivalenza, all'infermità indicata nel punto 1) della settima categoria della tabella A”, che si è riferito alle “cicatrici di qualsiasi altra parte del corpo estese e dolorose o aderenti o retratte che siano facili ad ulcerarsi o comportino apprezzabili disturbi funzionali”.
Inoltre, l’interessato ha dedotto che il parere del Comitato – senza tenere conto del verbale della Commissione medica ospedaliera - avrebbe incongruamente affermato che alla medesima infermità non si potrebbe riconoscere alcun "rilievo medico legale".
Con il secondo motivo, il ricorrente ha lamentato la violazione della normativa sopra richiamata e altri profili di eccesso di potere, ribadendo che il Comitato non avrebbe esposto le ragioni che l’hanno indotta a discostarsi dal contenuto del verbale della Commissione medica ospedaliera, in assenza di diversi elementi rispetto a quelli valutati dalla medesima commissione.
6. Ritiene il Collegio che il primo ed il secondo motivo vadano esaminati congiuntamente, per la loro stretta connessione.
E’ infondato il primo motivo, con il quale si lamenta che anche il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie avrebbe dovuto considerare equivalente l’infermità in questione con quelle previste dalla tabella A.
Risulta del tutto ragionevole la valutazione dell’Amministrazione di non ritenere sussistente tale equivalenza, poiché risultano oggettivamente diverse le patologie che comportano cicatrici e postumi permanenti, o comunque destinati a permanere per un periodo di tempo indeterminato, rispetto a una ustione di secondo grado, coinvolgente la superficie della pelle e lo strato di tessuto immediatamente sottostante, ed inoltre non caratterizzata dalla presenza di cicatrici, neppure riscontrata nel corso dell’esame obiettivo.
Inoltre, il parere del Comitato risulta adeguatamente motivato ed istruito, poiché esso – pur avendo constatato l’ustione, considerata dipendente da causa di servizio – ha rilevato che essa non può essere riconducibile neppure alle ipotesi previste nella tabella B, ai fini della concessione dell’equo indennizzo, proprio perché la tabella ha preso in considerazione fattispecie più gravi, che non sono state riscontrate nel corso del procedimento.
7. Per le ragioni che precedono, il ricorso in epigrafe va respinto.
Quanto alle spese del giudizio, sussistono i presupposti per compensarle integralmente tra le parti.