TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-05-27, n. 201906507

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-05-27, n. 201906507
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201906507
Data del deposito : 27 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/05/2019

N. 06507/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00775/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 775 del 2010, proposto da
Soc. Sky Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato O G, con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Pace in Roma, piazza delle Muse, 8;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per ottenere

a) l'accertamento della insussistenza, in capo a Sky Italia s.r.l. (di seguito anche "Sky"), dell'obbligo di pagare i diritti amministrativi di cui all'art. 34 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, recante il "Codice delle comunicazioni elettroniche" (di seguito anche "Codice"), in relazione all'autorizzazione generale di cui all'art. 31 del d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177, recante il "Testo unico della radiotelevisione" (di seguito anche "testo unico");

b) l'accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere la restituzione, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento Comunicazioni e/o del Ministero dell'Economia e delle Finanze, degli importi corrisposti a titolo di diritti amministrativi di cui alla precedente lett. a), per le annualità 2006, 2007, 2008 e 2009 e le eventuali successive altre;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 10 maggio 2019 la dott.ssa C L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso la società Sky Ialia srl ha proposto domanda di accertamento negativo della debenza dei diritti amministrativi di cui all’art. 34 d.lgs. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) nonché che venisse accertato il suo diritto a ottenere la restituzione degli importi già corrisposti per le annualità 2006, 2007, 2008 e 2009.

La ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

1. Violazione degli artt. l, co. 1, lett. ee), gg), mm), 25, 34 d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, e dell'art. l, co. 2, dell'allegato n. 10 allo stesso d.lgs. n. 259/2003;
dell'art. 31 d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177. In subordine, necessità di disapplicare le stesse disposizioni per contrasto con gli artt. 2, lett. c) e) ed O, della direttiva 2002/21/Ce (cd. direttiva quadro), anche in combinato disposto con l'art. 2.2, lett. a), della direttiva 2002/20/Ce (cd. direttiva autorizzazioni), nonché - in ulteriore subordine - con l'art. 4 della direttiva 2000/31/Ce e con il combinato disposto tra l'art. 2.2, lett. a), della citata direttiva 2002/20/Ce (anche alla luce del suo considerando n. 6) e l'art. 3 della direttiva 98/84/Ce. In ogni caso, eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, carenza di motivazione. Violazione dell'art. 3 1. n. 24111990. Infondatezza della richiesta del Ministero del pagamento dei diritti amministrativi di cui al cit. art. 34 d.lgs. n. 259/2003 ed al cit. art. 1, co. 2, dell'all. n. 10 allo stesso d.lgs. 2. 2. Violazione, sotto altro profilo, dell'art. 34 d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, e dell'art. l, co. 2, dell'allegato n. 10 allo stesso d.lgs. n. 259/2003. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, carenza di motivazione. Violazione dell'art. 3 1. n. 241/1990. Infondatezza della richiesta del Ministero del pagamento dei diritti amministrativi di cui ai citt. artt. 34 e l, co. 2. 3. 3. Sulla domanda di accertamento dell'insussistenza dell'obbligo, in capo alla ricorrente, di pagare i diritti di cui all'art. 34 del Codice;
sulla domanda di riconoscimento del diritto della ricorrente alla restituzione degli importi corrisposti a titolo di predetti diritti amministrativi;
nonché sulla conseguente domanda di condanna delle Amministrazioni resistenti alla loro restituzione.

Sostiene la ricorrente: che per espressa specificazione del Ministero dello Sviluppo Economico, la richiesta di pagamento dei diritti amministrativi è da correlarsi alla titolarità delle autorizzazioni per l'offerta al pubblico di servizi di comunicazione elettronica;
che Sky non offre servizi di comunicazione elettronica;
che il presupposto in presenza del quale sorge, a carico dell'operatore, l'obbligo di pagare i diritti amministrativi sta nel possesso di «apparecchiature di comunicazione» e di «sedi» in cui dette apparecchiature siano installate;
che la società non dispone né delle suddette «apparecchiature di commutazione», né di «sedi» di installazione di tali apparecchiature: che, poiché è stato corrisposto l’importo richiesto, ha diritto ad ottenere la restituzione degli importi corrisposti a tale titolo per le annualità 2006, 2007, 2008 e 2009 e le eventuali altre successive.

L’Amministrazione resistente si è costituita controdeducendo nel merito.

Alla pubblica udienza del 10 maggio 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è infondato.

Questo Tribunale, in una fattispecie del tutto similare su un ricorso proposto dalla stessa ricorrente, ha precisato che << la società ricorrente svolge, indubitabilmente, attività di trasmissione di programmi televisivi sia satellite e di distribuzione di film e programmi televisivi, fornendo servizi di accesso condizionato, dovendo escludersi la sua configurabilità quale mero fornitore di contenuti, ricadendo conseguentemente a pieno titolo nella nozione di ‘servizi di comunicazione elettronica’ di cui all’art. 1, lettera gg) del Codice delle comunicazioni elettroniche, il quale ricomprende nel servizio di comunicazione elettronica “i servizi, forniti di norma a pagamento, consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazione elettronica, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, ad esclusione dei servizi che forniscono contenuti trasmessi utilizzando reti e servizi di comunicazione elettronica o che esercitano un controllo editoriale su tali contenuti…”. Ad escludere la possibilità di qualificare la società ricorrente quale mero fornitore di contenuti, come tale espressamente sottratto alla nozione di servizio di comunicazione elettronica ai sensi della citata norma, interviene il rapporto diretto intercorrente tra la stessa e l’utente finale - mancante in presenza di un mero fornitore di contenuti che si avvale della mediazione di un soggetto terzo – trasmettendo la società, in forma codificata, i pacchetti aggregati direttamente presso l’abitazione dell’utente al quale viene consegnato il kit necessario alla ricezione delle trasmissioni. In tale veste, la società ricorrente risulta pertanto soggetta al regime di autorizzazione generale di cui all’art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997, in cui ricadono tutti i fornitori di servizi di comunicazione elettronica, ivi compresi i fornitori di servizi di radiodiffusione televisiva a pagamento. Non conduce a diverse conclusioni la circostanza, evidenziata da parte ricorrente, che l’espressione ‘impresa autorizzata a fornire un servizio radiotelevisivo a pagamento’ sarebbe estranea al novero delle figure normativamente individuate nel Testo Unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici e che nell’ambito dell’attività di fornitura di un servizio radiotelevisivo a pagamento agiscano numerose figure e tipologie di operatori, di cui solo alcune trovano una specifica definizione normativa, potendo tra di esse asseritamente farsi rientrare nel novero degli operatori di comunicazione elettronica solo l’operatore di rete, cui solo potrebbe applicarsi la gravata delibera. Al riguardo, è sufficiente rilevare che seppur deve concordarsi con parte ricorrente circa la riconducibilità alla nozione di fornitura di servizio radiotelevisivo a pagamento di diverse figure, di cui alcune non normativamente individuate, non può revocarsi in dubbio che la società ricorrente svolge una serie di attività che non sono tutte riconducibili alla aggregazione di pacchetti, che come tale sfuggirebbe all’ambito soggettivo di applicazione delle citate norme. In altri termini, non può ricondursi l’attività svolta dalla ricorrente alla mera fornitura di pacchetti, dovendo essa più correttamente qualificarsi come fornitura di servizi, aventi accesso condizionato, attraverso la fornitura di sistemi di abilitazione alla visione dei programmi, propedeutico alla fruizione dei contenuti offerti. Attraverso la qualificazione della società ricorrente quale fornitore di servizio televisivo ad accesso condizionato transita, quindi, l’applicazione, nei suoi confronti, delle norme del Codice delle comunicazioni elettroniche e delle disposizioni di cui al gravato Regolamento, a nulla rilevando la circostanza che la stessa svolga al tempo stesso anche attività di fornitura di contenuti televisivi o attività correlate e strumentali, soggiacendo essa all’applicazione del Regolamento nella qualità di fornitore di servizio televisivo a pagamento che intrattiene rapporti con l’utente. Ad avallare tale interpretazione soccorre, peraltro, il considerando 30 della ‘direttiva servizio universale’…. il quale, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, non si riferisce esclusivamente ai servizi di comunicazione telefonica, ma riguarda le reti ed i servizi di comunicazione elettronica complessivamente intesi…” (così, T.A.R. Lazio,

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