TAR Ancona, sez. I, sentenza 2011-06-23, n. 201100500

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2011-06-23, n. 201100500
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201100500
Data del deposito : 23 giugno 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00560/2009 REG.RIC.

N. 00500/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00560/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 560 del 2009, proposto da:
M P B, M G, M P, A Nscini, A S, M L M, E C, P M, rappresentati e difesi dagli avv. C B, A C, con domicilio eletto presso l’Avv. Alessandra Moneta, in Ancona, via Matteotti, 74;

contro

Comune di Macerata, rappresentato e difeso dall'avv. R T, con domicilio eletto presso l’Avv. Francesco Tardella, in Ancona, corso Mazzini, 156;
Regione Marche, non costituita;

nei confronti di

Maredil S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Agostini, con domicilio eletto presso l’Avv. Giuseppe Agostini, in Ancona, via L. Bernabei, 13;
Rosa Rolando, Adina D, Augusta D, Maria D, Paolo D, Gina Compagnucci, Anna D, Giovanna D, Sante D, Lucia D, Luca D, non costituiti;

per l'annullamento, previa sospensione,

del permesso a costruire di cui alla determina 22.9.2006 del dirigente urbanistica del Comune;

della delibera della Giunta Municipale n. 820 del 18.9.1997, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Macerata e di Maredil S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2011 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il presente ricorso la sig.ra Broglia e gli altri consorti di lite impugnano i provvedimenti con i quali il Comune di Macerata ha autorizzato la controinteressata Maredil ad eseguire un intervento edilizio consistente nella realizzazione di edifici residenziali su un lotto di terreno situato nelle immediate vicinanze delle abitazioni dei ricorrenti, previa demolizione di un preesistente fabbricato a suo tempo realizzato da ENEL (si tratta del permesso di costruire 22/9/2006 e della D.I.A. 26/9/2008, in seguito variata con D.I.A. 6/3/2009). L’iniziativa giudiziaria degli odierni ricorrenti si appunta in via principale sugli atti presupposti al permesso di costruire ed in particolare sulle ragioni giuridiche che hanno portato il Comune a ritenere ancora efficace, per la parte non attuata, una convenzione di lottizzazione risalente addirittura al 1975 (denominata “Due Fonti”). Maredil è avente causa di alcuni degli originari lottizzanti, l’E.N.E.L. – che per la sua parte aveva attuato la lottizzazione e che ha poi ceduto la proprietà del compendio immobiliare ad altra società - e i signori D, i quali avevano ottenuto il rilascio di una concessione edilizia, dichiarata decaduta nel 1986 per mancato avvio dei lavori, e della quale avevano poi chiesto la “riattivazione” nel 1993.

A tale richiesta è seguito un lungo iter amministrativo, caratterizzato da alcuni atti fondamentali:

- la nota prot. n. 38001 del 14/11/1996, con la quale il dirigente pro tempore del Settore Urbanistica del Comune di Macerata, all’esito di un’accurata disamina sullo stato di attuazione della lottizzazione, aveva ritenuto possibile completare l’edificazione sui lotti residui (identificati con le sigle E2, D1, D2 e D3. Il lotto E2 è quello a cui si riferisce il titolo edilizio impugnato in questa sede, mentre per gli altri lotti Maredil, alla data di notifica del ricorso, aveva posto in essere solo alcuni atti propedeutici alla richiesta di rilascio dei titoli edilizi), non essendo necessaria la redazione di un nuovo piano attuativo;

- la deliberazione della Giunta Comunale n. 820 del 18/9/1997, con cui si è ritenuta condivisibile la proposta del dirigente del Settore Urbanistica, anche per la parte relativa alla “monetizzazione” di una parte degli standard carenti;

- nota prot. n. 31733/98 del 18/2/1999, con la quale il dirigente pro tempore del Settore Urbanistica comunicava alle ditte interessate gli adempimenti da porre in essere al fine di ottenere gli atti di assenso edilizio.

Infine, nel 2006 è stato rilasciato alla società controinteressata il permesso di costruire che è impugnato nel presente giudizio.

Le due dichiarazioni di inizio attività impugnate si riferiscono ad un intervento edilizio minore (interramento di una cabina elettrica preesistente) e sono censurate solo nel quadro della contestazione della legittimità complessiva dell’operazione.

2. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

- violazione artt. 17 e 28 L. n. 1150/1942 (il piano di lottizzazione denominato “pl3” era già scaduto nel 1985 per decorso del decennio e, comunque, anche laddove si volesse ritenere che esso sia stato reiterato dal p.r.g. approvato nel 1995, esso è nuovamente scaduto nel 2005. Inoltre, la normativa dianzi richiamata subordina il rilascio dei titoli edilizi alla previa realizzazione delle opere urbanizzazione, il che non è accaduto nel caso di specie);

- illegittima variazione del piano di lottizzazione e incompetenza della Giunta Comunale (nella parte in cui è stata prevista la “monetizzazione” degli standard carenti e per di più da parte di un organo incompetente);

- non sono state indicate le aree che verranno acquisite dal Comune con i proventi della monetizzazione per reperire gli standard carenti;

- violazione dell’art. 55 delle N.T.A. del p.r.g. 1995 (nella parte in cui la norma, pur facendo salvi gli effetti dei piani attuativi già autorizzati, stabilisce che, decorso il termine di efficacia, i lotti inedificati restano destinati a verde privato, fino all’approvazione di un nuovo piano attuativo);

- illegittimità del p.r.g. 1995, nella parte in cui ha fatto rivivere il “pl3” già scaduto;

- in ogni caso, pur ammettendosi che il “pl3” possa avere ancora efficacia, l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare se erano ancora applicabili gli indici edilizi previsti nel 1975 o se invece, stante il maggiore fabbisogno di standard risultante dalle norme attuali, non fosse il caso di ridurre la cubatura insediabile, a vantaggio degli spazi a verde e a parcheggio. In sostanza, il Comune non ha adeguatamente valutato l’enorme carico urbanistico che verrà a gravare su un quartiere che già soffre per la mancanza di una sufficiente viabilità, di un congruo numero di parcheggi pubblici e di zone a verde pubblico;

- illegittimità del permesso di costruire, in quanto l’istanza di Maredil era carente di alcuni degli elementi indicati nell’art. 25 del R.E.C. di Macerata;

- illegittimità derivata della D.I.A. 26/9/2008, variata con D.I.A. 6/3/2009.

3. Si sono costituiti il Comune di Macerata e Maredil, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione passiva e/o di interesse ad agire e insistendo in ogni caso per il rigetto nel merito del gravame.

4. Con ordinanza n. 85/2010 il Tribunale ha disposto una verificazione (finalizzata ad accertare la situazione complessiva del comparto – per il dettaglio si rimanda alla parte motiva dell’ordinanza medesima), affidandone l’espletamento al dirigente pro tempore del Settore Urbanistica dello stesso Comune di Macerata, come era consentito dalla legislazione processuale vigente prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo.

In data 29/11/2010 i ricorrenti hanno proposto istanza di sostituzione del verificatore, ritenendo che l’art. 19 cod. proc. amm. osta a che le verificazioni siano commesse all’amministrazione che è parte in causa nel giudizio.

Con ordinanza n. 8/2011 il Tribunale ha respinto l’istanza predetta.

5. In data 31/1/2011 il funzionario incaricato ha depositato la relazione conclusiva, sui cui contenuti le parti hanno ulteriormente controdedotto. In data 7/4/2011 (quindi oltre il termine all’uopo concesso dal Tribunale) i ricorrenti hanno depositato una relazione tecnica di confutazione degli esiti della verificazione.

Alla pubblica udienza del 26 maggio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione di merito.

DIRITTO

1. Il ricorso non merita accoglimento, per le ragioni che si vanno ad esporre.

2. In considerazione delle numerose questioni procedurali e pregiudiziali insorte nel corso del processo, è opportuno precisare che:

- sussistono indubbiamente la legittimazione ad agire e l’interesse a ricorrere, essendo stato provato che i ricorrenti risiedono nelle immediate vicinanze del lotto in questione e quindi risentono in maniera diretta delle conseguenze dell’edificazione, se non altro in termini di aumento del carico urbanistico (tutt’altra questione è ovviamente quella della fondatezza delle censure dedotte a carico del permesso di costruire n. 179/2006 e degli atti presupposti, ma, come è noto, la sussistenza delle condizioni dell’azione va verificata ex ante e in astratto, anche se nel compiere tale verifica il giudice deve spesso esaminare anche il merito delle doglianze formulate in ricorso);

- l’odierno Collegio non può che condividere e fare proprie le considerazioni espresse dal Tribunale nell’ordinanza n. 8/2011, con cui è stata respinta l’istanza di sostituzione del verificatore;

- sempre a proposito della verificazione, il Collegio non tiene ovviamente conto, ai fini della decisione, delle affermazioni del verificatore che integrano giudizi personali e ciò proprio in ragione del fatto che non si tratta di consulenza tecnica d’ufficio. Peraltro, le affermazioni contestate dai ricorrenti, come si vedrà, non sono comunque tali da influenzare la decisione del Tribunale. In effetti, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti, al verificatore è stato chiesto solo di dare conto del complessivo contesto urbanistico del comparto in esame, e questo vale anche per quanto concerne le notizie richieste in merito alla prassi che il Comune ha osservato nel corso degli anni con riguardo ad altri piani attuativi approvati prima dell’entrata in vigore del p.r.g. vigente e da questo recepiti;

- la verificazione è stata disposta per avere un quadro d’insieme della vicenda, anche alla luce degli inevitabili riflessi che la presente decisione (sia essa favorevole o sfavorevole ai ricorrenti) potrà avere sugli altri titoli edilizi che il Comune sarebbe in procinto di rilasciare a Maredil in relazione agli altri lotti inedificati della lottizzazione “Due Fonti”. In questo senso, il Tribunale si è mosso in un’ottica sostanzialistica, non essendo logico considerare in maniera atomistica vicende urbanistiche che invece si presentano come fenomeni unitari.

3. Ciò detto, e passando all’esame del merito delle censure, va data precedenza logica al motivo di ricorso volto a censurare in radice la decisione del Comune di ritenere ancora efficace la convenzione di lottizzazione del 1975, anche per la parte ineseguita.

Strettamente collegata è l’altra doglianza tesa a censurare l’art. 55 delle NTA del nuovo p.r.g. di Macerata, nella parte in cui la norma dovesse essere interpretata nel senso patrocinato dal Comune e dalla controinteressata.

4. In relazione al primo aspetto, è agevole osservare che:

- la giurisprudenza amministrativa è pressoché costante nell’affermare l’ultrattività dei piani urbanistici attuativi rimasti parzialmente o totalmente ineseguiti, limitatamente alle prescrizioni relative alle modalità di realizzazione degli interventi edilizi ammessi (mentre, decorso il periodo di vigenza legale dei piani medesimi, decadono solo i vincoli di natura espropriativa). Al riguardo è sufficiente citare le decisioni del Consiglio di Stato e di vari T.A.R. richiamate dal Comune e da Maredil nei rispettivi scritti difensivi;

- nella specie, poi, il p.r.g. di Macerata attualmente vigente ha espressamente recepito il “pl3”, considerandolo, alla stregua di numerosi altri piani ancora parzialmente non attuati (vedasi i documenti allegati n. 5, n. 11 e n. 12 alla relazione del verificatore), ancora di interesse. Ovviamente questa è una scelta del tutto discrezionale del Comune, il quale, in sede di elaborazione del nuovo strumento urbanistico generale può anche – debitamente motivando – modificare la disciplina di un comparto rimasto inattuato;
nella realtà è invece molto frequente l’inclusione “tal quale” di piani attuativi in parte ineseguiti all’interno dei nuovi strumenti.

In parte qua, poi, il p.r.g. del 1995 non è illegittimo, proprio perché rientra nella discrezionalità del Comune valutare, in sede di modifica dello strumento urbanistico, l’opportunità di mantenere in vita le previsioni di piani esecutivi non interamente attuati, e ciò è tanto più vero quando le aree interessate ricadono in contesti pressoché completamente urbanizzati (nella specie, come risulta dalla verificazione, la lottizzazione è stata attuata per l’82%). Proprio questo è, in sostanza, il senso del parere espresso in data 8/4/1994 dal dirigente del Settore Affari Generali del Comune, il quale (pur ritenendo erroneamente che i piani di lottizzazione abbiano efficacia decennale con riguardo a tutte le previsioni in essi contenute), considera possibile la redazione di un nuovo piano attuativo, rimandando però la scelta alla discrezionalità del Consiglio Comunale. Il p.r.g. approvato nel 1995 ha invece ritenuto, come detto, di recepire integralmente le previsioni del “pl3”.

Non è nemmeno fondata la censura riportata alla pagina 19 del ricorso, visto che un incremento di 300 abitanti in una città che ne conta circa 40.000 non rappresenta certo uno stravolgimento della pianificazione urbanistica (tanto più se tale incremento è la risultante di una pianificazione esecutiva a suo tempo regolarmente approvata e se il numero degli abitanti insediabili comprende anche quelli che si sono già insediati a seguito delle edificazioni già realizzate nel comparto).

Da quanto appena detto deriva un ridimensionamento, ovviamente dal punto di vista giuridico, di tutte le questioni relative al complesso e lungo procedimento che il Comune ha avviato a seguito della domanda di “riattivazione” della convenzione del 1975 presentata dai signori D. Una volta stabilito che i piani di lottizzazione conservano efficacia nei limiti di cui si è detto, la domanda era accoglibile, salvi ovviamente i necessari approfondimenti che, per la verità, si sono resi indispensabili alla luce di un giudizio di inaffidabilità che l’amministrazione aveva maturato proprio nei riguardi degli unici lottizzanti originari che non avevano attuato per la loro parte il comparto. Sotto questo profilo, dunque, l’operato del Comune va giudicato addirittura favorevolmente, avendo fatto precedere il rilascio del permesso di costruire da un’approfondita analisi della situazione del comparto.

Pertanto, in parte qua il ricorso va respinto.

5. Non sono poi esatte le affermazioni contenute alle pagine 10 e 11 del ricorso, in quanto la convenzione di lottizzazione del 1975 (art. 3) prevedeva che le opere di urbanizzazione dovessero essere realizzate dal Comune, previa corresponsione dei relativi oneri da parte dei lottizzanti. Pertanto, deve ritenersi che al momento del rilascio del titolo impugnato le opere o erano state eseguite oppure esisteva l’impegno del Comune a realizzarle utilizzando le somme a tal uopo corrisposte da Maredil. Per quanto riguarda i lotti ex D il problema era costituito anche dal fatto che non erano state mai cedute al Comune le aree a standard e ciò è tanto vero che questo è uno degli aspetti principali evidenziati dall’amministrazione nella nota – datata 8/7/2008 e sostanzialmente reiterativa delle medesime prescrizioni già rese note ai signori D con nota 18/2/1999 – con cui si rendono noti gli adempimenti che Maredil dovrà porre in essere per poter ottenere i titoli edilizi riferiti ai lotti D1, D2 e D3.

Quanto poi alla c.d. monetizzazione delle aree a standard carenti, si osserva che:

- in generale, si tratta di istituto contemplato dall’ordinamento e applicato nella prassi amministrativa di tutti i Comuni italiani, anche se derogatorio rispetto al principio affermato dall’art. 12 del DPR n. 380/2001. Come affermato dalla Sez. V del Consiglio di Stato nella decisione n. 6950/2010, la monetizzazione deve trovare la sua fonte legittimante nella convenzione urbanistica che disciplina il piano attuativo. Nella specie, come correttamente rilevato dal verificatore, l’art. 2 della convenzione del 1975 prevedeva espressamente tale possibilità;

- non è necessario che la monetizzazione sia richiesta dal privato, ben potendo il Comune, nell’esprimere una valutazione preventiva su un progetto non assentibile tal quale, indicare, fra le modifiche da apportare ai fini dell’approvazione, la monetizzazione di standard non altrimenti ricavabili (la giurisprudenza sostiene poi che la scelta dell’amministrazione di monetizzare aree a standard è ampiamente discrezionale – ex plurimis, Cons. Stato, IV, n. 824/2011). Peraltro, come in fondo è stato rilevato dagli stessi ricorrenti a pagina 22 del mezzo introduttivo, gli spazi a verde pubblico debbono essere funzionali e non ricavati in maniera fantasiosa tanto per adeguarsi formalmente al D.M. n. 1444/1968. Pertanto, laddove a causa dello sviluppo edilizio di un comparto ciò non sia possibile, è preferibile addirittura la monetizzazione. Al riguardo, poi, si deve rilevare l’inammissibilità o comunque l’infondatezza dell’impugnazione della convenzione di lottizzazione del 1975 (pagina 22 del ricorso), in quanto gli standard previsti dal piano di lottizzazione sono formalmente rispettosi della normativa vigente all’epoca;

- nel merito, poi, dalla nota 18/2/1999 risulta che le uniche carenze di aree a standard interne alla lottizzazione riguardano solo 225 mq di superficie (di cui 90 mq per verde pubblico e 135 mq per parcheggi pubblici), ossia un valore tale da non implicare tutte le catastrofiche conseguenze paventate dai ricorrenti. Per la massima parte (valore presunto £. 115.000.000) si tratta invece di aree esterne alla lottizzazione, già indicate dall’art. 2 della convenzione del 1975;

- la deliberazione di G.M. n. 820/1997 non è qualificabile ovviamente come variante al p.r.g., sia perché sono ben note le procedure a tal uopo previste dalla L.R. n. 34/1992 (e non è pensabile che la Giunta Comunale di Macerata non le conoscesse), sia perché l’atto manca di qualsivoglia elemento da cui si possa desumere la volontà della Giunta di modificare lo strumento urbanistico. Peraltro, come detto, la monetizzazione era già prevista nella convenzione di lottizzazione del 1975, per cui la Giunta ha solo fornito al dirigente del Settore Urbanistica indicazioni sul modus procedendi. In realtà, si è trattato semplicemente di un atto di “copertura” politica dell’operato del dirigente del Settore, il quale aveva evidentemente necessità, proprio per la complessità della questione, di non adottare atti in contrasto con la volontà dell’ente. Ma tutto, come si è detto al precedente punto 4., nasceva non tanto da problematiche relative ai profili più spiccatamente urbanistici, quanto dalla preoccupazione di evitare i rischi di un inadempimento della parte privata;
questo è dimostrato dal fatto che la nota dirigenziale n. 38001 del 1996 si dilunga molto proprio su tali aspetti, limitandosi per il resto a riportare lo stato di attuazione del comparto in argomento.

6. Probabilmente i dubbi sulla legittimità complessiva dell’operazione scaturiscono dalla non perspicua formulazione dell’art. 55 delle NTA del vigente p.r.g. (norma che, a quanto risulta dalla verificazione, fu imposta a suo tempo dalla Regione Marche in sede di approvazione del Piano regolatore, ma senza che dalla documentazione versata in atti – né da altre fonti, come è stato accertato nel corso della discussione orale – emerga la ratio della prescrizione).

A questo riguardo, proprio la difficoltà di ricostruire la voluntas del pianificatore del 1995 rende ricevibile la presente censura, dovendosi convenire con i ricorrenti circa la non immediata lesività della norma.

7. Comunque, in relazione alla presente controversia l’incidenza dell’art. 55, quand’anche lo si volesse interpretare nel senso fatto proprio dai ricorrenti, è praticamente nulla, visto che non è in discussione fra le parti il fatto che il lotto E2 fosse già edificato al momento del rilascio del permesso di costruire impugnato.

Sotto questo profilo, non sono giuridicamente rilevanti le asserzioni di parte ricorrente circa il fatto che l’edificio Maredil sviluppa una cubatura superiore a quella del preesistente edificio ENEL;
in effetti, anche a questo riguardo costituisce principio assolutamente pacifico quello per cui il proprietario di un lotto edificato può sempre sfruttare la potenzialità edificatoria residua, applicando gli indici previsti (ex multis,

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi