TAR Catania, sez. V, sentenza 2024-05-29, n. 202402002

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. V, sentenza 2024-05-29, n. 202402002
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202402002
Data del deposito : 29 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/05/2024

N. 02002/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00916/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 916 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati F B e E G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Catania, via C.P. Romeo n. 28;

contro

Ministero dell'Interno - Questura -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Catania, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

del decreto Div. P.A.S.I. Cat.A.11 n. 69/2019 del 27.03.2019, notificato il 5.04.2019, con cui il Questore di -OMISSIS- ha revocato il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato a -OMISSIS-, specificando al contempo che non è possibile rilasciare un permesso di soggiorno a tempo determinato;

nonché di ogni altro atto ad esso presupposto, collegato e conseguente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura -OMISSIS- e di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 20 maggio 2024 il dott. Michele Di Martino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso, notificato in data 30 maggio 2019 e depositato in data 10 luglio 2019, il ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento con il quale il Questore di -OMISSIS- ha revocato il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo n.-OMISSIS-.

In fatto, il ricorrente, immigrato dall’Albania, ha allegato e dedotto di soggiornare regolarmente nel territorio nazionale dal 2001, unitamente all’intero proprio nucleo familiare.

Essendo titolare del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo n.-OMISSIS-, ha chiesto successivamente l’aggiornamento mediante il servizio postale, con ricevuta dell’assicurata n. 06149316831-0.

Tuttavia, in data 27 marzo 2019, oltre un anno dopo la richiesta di aggiornamento, il Questore di -OMISSIS- ha emesso il provvedimento di revoca del predetto permesso di soggiorno, essendo stato accertato che il ricorrente è stato condannato per il reato di cui all’art. 73, D.P.R. n. 309/1990.

Avverso il summenzionato provvedimento il ricorrente ha proposto ricorso, articolando il seguente motivo:

1) Violazione dell’art. 9 d.lgs. 286/1998 - vizio di motivazione circa il livello di attuale inserimento lavorativo e sociale del cittadino extracomunitario, della durata del soggiorno, dei legami familiari – mancanza assoluta di motivazione - eccesso di potere per difetto di istruttoria – violazione art. 8 Cedu – violazione artt. 4 e 5 d.lgs 286/1998, anche in relazione agli artt. 2, 3, 29, 30, 31 Cost.

Il ricorrente ha lamentato che l’Amministrazione resistente avrebbe adottato il provvedimento in assenza di una valida motivazione e di un’adeguata istruttoria, omettendo di valutare il tempo trascorso dalla commissione del reato per il quale è stato condannato, il suo radicamento quasi ventennale sul territorio italiano nonché la sua condizione personale, familiare e lavorativa.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Interno - Questura di -OMISSIS- con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, chiedendo l’improponibilità, l’inammissibilità e il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del 2 luglio 2019 n. 411, il Tribunale ha respinto la domanda cautelare proposta dal ricorrente, sulla scorta della seguente motivazione: “Ritenuto che l’ampia ed articolata motivazione – basata su valutazioni tecnico discrezionali che non appaiono affatto illogiche o censurabili - induce a ritenere adeguatamente istruito e motivato il provvedimento impugnato”.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

Come noto, ai sensi dell'articolo 9, comma 7, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo è revocato quando mancano o vengono a mancare le condizioni per il suo rilascio, elencate al comma 4, il quale dispone che lo stesso non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.

Ai sensi del comma 4 dell'art. 9 d.lgs. 286/1998, "Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero".

Per giurisprudenza consolidata, ai sensi della suindicata norma, ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma, il questore tiene conto, altresì, della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero;
il diniego e la revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo non possono essere adottati per il solo fatto che lo straniero abbia riportato sentenze penali di condanna (cd. automatismi ostativi o espulsivi), ma richiedono un giudizio di pericolosità sociale dello straniero e una motivazione articolata su più elementi (ex multisT.A.R. Toscana sez. II, 23 marzo 2018, n. 427;
Consiglio di Stato sez. III, 26 febbraio 2020, n. 1415;
T.A.R. Lazio, Latina, 23 maggio 2017, n. 324;
T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 1 marzo 2019, n. 47).

Non può omettersi di considerare, al fine di controbilanciare il valore impeditivo dei reati di cui trattasi, l'oggettiva dinamica della condotta delittuosa, il trattamento sanzionatorio, la condotta post delictum del condannato, l'intervenuta estinzione del reato, gli anni di permanenza in Italia, la mancanza di collegamenti con il Paese di origine, il comprovato inserimento socio economico e i legami familiari (Consiglio di Stato, sez. III, 2020 n. 1913).

Anche la giurisprudenza civile ha interpretato la suindicata norma nel senso di imporre all'autorità di pubblica sicurezza un bilanciamento dei diversi interessi in gioco ovvero della pericolosità sociale del soggetto con l'effettiva esistenza dei legami familiari (Cassazione civile sez. II, 19 marzo 2021, n. 7842).

L'Amministrazione deve, dunque, valutare la pericolosità sociale mediante un giudizio di tipo prognostico (ex multisConsiglio di Stato sez. III, 26 ottobre 2016, n. 4492) e ponderarla con gli interessi contrapposti con particolare riferimento alla tutela dell'unità familiare la quale riceve protezione anche ai sensi dell'art. 8 della Convenzione EDU.

Ebbene, facendo applicazione dei principi legislativi e giurisprudenziali testè richimati, va detto che le censure articolate dalla parte ricorrente non si rivelano meritevoli di condivisione.

Invero, le emergenze istruttorie documentali, acquisite agli atti di causa, hanno consentito di accertare che, nel caso di specie, il Questore di -OMISSIS- ha desunto, in concreto, la pericolosità sociale del ricorrente in primo luogo da una condanna - con sentenza della Corte d’Appello di Catania, divenuta irrevocabile in data 30 maggio 2018, alla reclusione di 3 (tre) anni, mesi 10 (dieci), giorni 20 (venti) e alla multa di euro 16.000,00 nonché all’interdizione dei pubblici uffici per anni 5 per art. 73 del D.P.R. 309/90 e artt. 81 e 110 c.p - nonché da diversi pregiudizi di polizia e penali.

In merito alla risalenza delle condotte delittuose poste in essere dal ricorrente, si osserva che “ in ipotesi di risalenza nel tempo dei precedenti penali e/o di scarso disvalore sociale dei medesimi, le esigenze di prevenzione dell'ordine pubblico apparirebbero recessive rispetto alla tutela di legami familiari stabili con soggetti residenti in Italia, dovendo il giudizio di pericolosità essere attualizzato (ex multis Cassazione civile sez. VI, 14 novembre 2016, n. 23181).”

Viceversa nel caso di specie il bilanciamento compiuto dal Questore appare concreto, circostanziato ed attualizzato, lungi da qualunque automatismo espulsivo.

Giova, infatti, rilevare che il rispetto della vita familiare, anche a non voler ritenerlo recessivo rispetto alle esigenze di pubblica sicurezza e prevenzione dei reati (così Cassazione civ. sez. VI, 13 luglio 2015, n. 14610;
cfr. T.A.R. Umbria 10 giugno 2019, n. 322), non può di contro reputarsi aprioristicamente prevalente, alla stregua di un diritto tiranno non certo rinvenibile nella nostra carta costituzionale (Corte Costituzionale, 9 maggio 2013, n. 85 a proposito del diritto alla salute), poiché diversamente opinando, la formazione di una famiglia in Italia diverrebbe per assurdo una sorta di "scudo" per la permanenza nel territorio italiano (Consiglio di Stato sez. III, 4 maggio 2018, n. 2654;
id. sez. III, 5 giugno 2020, n. 3204;
id. sez. III, 27 novembre 2018, n. 6700).

Preme poi rilevare come la giurisprudenza, seppur in riferimento al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, qualifichi le condanne per spaccio di stupefacenti pressoché automaticamente ostative ex art. 4, comma 3, d.lgs. n. 286/1998 in quanto sintomatiche per la loro gravità di pericolosità sociale (ex plurimis Consiglio di Stato sez. III, 2 febbraio 2021, n. 955;
id. sez. III, 21 gennaio 2019, n. 494;
id., 26 giugno 2015, n. 3210;
T.A.R. Lazio Roma sez. I, 28 ottobre 2021, n. 11067;
Consiglio di Stato, sez. III, 25 gennaio 2018, n. 533;
Id. sez. III, 27 aprile 2018, n. 2557;
Id. sez. III, 4 maggio 2018 n. 2654;
Id. sez. III, 3 novembre 2017 n. 5088;
Id., sez. III, 1 agosto 2017, n. 3869).

Ed invero, va ricordato che i reati di cui all'art. 73 del d.P.R. 309/90 - inerenti il traffico e la detenzione illecita di sostanze stupefacenti - integrano idonei presupposti atti a giustificare la revoca ovvero il diniego di rilascio o rinnovo del titolo di soggiorno (ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 12 luglio 2016, n. 3090;
id., 3 maggio 2016, n. 1709), in considerazione del grave disvalore che il legislatore attribuisce ai reati in questione ai fini della tutela della sicurezza pubblica, ed in relazione ai quali si prescinde dalla entità della condanna riportata (che nel caso in esame è, comunque, di un certo rilievo) e da eventuali riconoscimenti di attenuanti.

Ciò detto, la valutazione effettuata dal Questore appare immune dai vizi dedotti, in considerazione del grave allarme sociale destato dalla condotta delittuosa posta in essere dal ricorrente.

Alla luce delle suesposte argomentazioni il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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