TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2021-07-27, n. 202108988
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Pubblicato il 27/07/2021
N. 08988/2021 REG.PROV.COLL.
N. 04763/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4763 del 2020, proposto da F M, rappresentato e difeso dagli avvocati M S, A D V e F V, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma viale Parioli, n. 180 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato A M, con domicilio eletto presso l’Avvocatura dell’ente in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21 e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
- della Determinazione Dirigenziale numero 389 (Rep. QI/389/2020 numero Prot. QI/34874/2020) del 3 marzo 2020, avente ad oggetto “Criteri per l’Univoca applicazione delle norme di riferimento vigenti in materia di determinazione del canone di locazione da valere per gli interventi costruttivi realizzati, su aree ex lege 167/1962, in regime di Edilizia Residenziale Pubblica convenzionata ai sensi dell’art. 35 della Legge 865/1971”, con la quale il Direttore del Dipartimento programmazione e Attuazione Urbanistica di Roma Capitale, ha rideterminato i suddetti canoni di locazione;
- di tutti gli altri atti presupposti, connessi e/o consequenziali, ancorché allo stato non conosciuti;
Visti il ricorso introduttivo e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2021 la dott.ssa Brunella Bruno ed uditi i difensori delle parti in collegamento da remoto in videoconferenza come indicato nel verbale di udienza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso introduttivo del presente il Sig. F M, nella dedotta qualità di proprietario dell’appartamento sito in Roma alla via Pierpaolo Pasolini, n. 51, palazzina 8, scala 2, piano II, int. 3 (catastalmente censito al foglio 221, part. 177, sub 15, rendita 1.394,43), ha agito per l’annullamento della determinazione in epigrafe indicata, avente ad oggetto “ Criteri per l’Univoca applicazione delle norme di riferimento vigenti in materia di determinazione del canone di locazione da valere per gli interventi costruttivi realizzati, su aree ex lege 167/1962, in regime di Edilizia Residenziale Pubblica convenzionata ai sensi dell’art. 35 della Legge 865/1971 ”.
2. Il ricorrente ha premesso di aver acquisito la proprietà della sopra indicata unità immobiliare dalla Cooperativa Sandra 71, di cui era socio, in data 13.06.1989 e che il bene era ricompreso nell’ambito di un intervento di edilizia convenzionata realizzato dal Consorzio Filippo Turati (di cui facevano parte le cooperative edilizie “LINA 71” e “SANDRA 71”) ) su un’area a questi ceduta dall’allora Comune di Roma (oggi Roma Capitale) quale corrispettivo per la precedente alienazione da parte del medesimo Consorzio di distinti appezzamenti di terreno ceduti in permuta al medesimo Comune. Parte ricorrente, inoltre, ha diffusamente illustrato il contenzioso proposto dai conduttori dell’unità immobiliare in argomento innanzi al giudice ordinario in relazione alla quantificazione del relativo canone, incentrandosi la pretesa da questi azionata sull’applicazione del regime di edilizia convenzionata ex L. 865/1971, rappresentando, tra l’altro, gli esiti degli accertamenti svolti, a mezzo c.t.u., in quel giudizio dai quali è emersa: la realizzazione dell’immobile da parte della cooperativa per i propri soci;la non inclusione nel bene nell’Edilizia Residenziale Pubblica (ERP);la rimessione della determinazione del canone di locazione alla libera contrattazione tra le parti.
2.1. Previa illustrazione del contenuto del provvedimento gravato, incidente sulla determinazione del canone di locazione in senso pregiudizievole per il valore commerciale del bene, il ricorrente ha censurato la previsione della determinazione di un “ canone di locazione nella misura massima del 4,5% del corrispettivo massimo di cessione, come determinato ed approvato secondo i criteri stabiliti nelle pattuizioni convenzionali ”, esplicitando la sussistenza delle fondamentali condizioni dell’azione (legittimazione e interesse).
2.2. Nello specifico, la difesa di parte ricorrente ha contestato l’incompetenza del dirigente all’adozione dell’atto gravato, venendo in rilievo attribuzioni proprie del Consiglio comunale, sia alla luce delle previsioni dell’art. 42, comma 2, lett. l) del D.lgs. 267/2000 (che riserva all’organo consiliare e la competenza sugli “ acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari ”) sia tenuto conto del disposto dell’art. 35, commi 7 e 8 della legge 22 ottobre 1971 n. 865, recante “ Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica ”. Solo formalmente, infatti, ad avviso di parte ricorrente l’atto gravato sarebbe giustificato dall’intento di fornire criteri univoci di applicazione della normativa di riferimento vigente, disvelando, per contro, il contenuto del provvedimento una chiara portata innovativa, con modificazione della disciplina primaria e secondaria di riferimento in violazione delle regole sulla competenza. In tale quadro, parte ricorrente ha anche censurato la violazione del principio del contrarius actus , la cui osservanza avrebbe imposto il ricorso alle stesse forme ed alla medesima procedura seguite nell’adottare l’atto da annullare o da revocare.
2.3. Le deduzioni successive si appuntano su plurime violazioni della disciplina di riferimento, nonché sul vizio di eccesso di potere in relazione a diverse figure sintomatiche, avendo il Dirigente del PAU di Roma Capitale accorpato le diverse tipologie di Edilizia Pubblica (convenzionata, convenzionata agevolata e sovvenzionata) senza considerare le significative differenze che sussistono, tanto nella legislazione statale che regionale, tra l’edilizia pubblica agevolata e sovvenzionata da un lato e quella convenzionata dall’altro, oggetto di specifico esame anche da parte della Corte costituzionale con la sentenza a n. 155 del 1988, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della lettera c) dell'art. 26 della Legge 392/1978, consentendo, di fatto, che gli alloggi di edilizia convenzionata fossero equiparati agli alloggi "normali" sia pure con applicazione di un canone massimo di locazione, secondo una linea poi recepita dal legislatore con la nuova Legge sulle locazioni n. 431/1998. A sostegno delle deduzioni articolate, parte ricorrente ha anche richiamato il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 2523 del 27 dicembre 2001, con il quale il Ministero ha approvato un programma di edilizia convenzionata agevolata denominato "20.000 abitazioni in affitto ", espressione della cd. ERP, al quale non si applicano le disposizioni della legge 431/98.
3. Roma Capitale si è costituita in giudizio per resistere al gravame, sollevando eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione in considerazione della natura della situazione giuridica soggettiva del ricorrente, da qualificare in termini di diritto soggettivo e, dunque, rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario stante il contenuto meramente patrimoniale della controversia. La difesa dell’ente ha, inoltre, controdedotto in relazione alle censure proposte, concludendo per il rigetto del ricorso nel merito.
4. Successivamente le parti hanno prodotto memorie, anche in replica, insistendo per l’accoglimento delle rispettive conclusioni.
5. All’udienza pubblica del 7 luglio 2021 la causa è stata trattenuta per la decisione.
6. Il Collegio deve preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilità per difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa dell’amministrazione comunale.
7. L’eccezione merita accoglimento.
7.1. Nella fattispecie, come inequivocabilmente emerge dall’esplicitazione in ricorso dell’interesse all’impugnativa, il ricorrente agisce per la tutela di una situazione giuridica soggettiva di diritto soggettivo, peraltro già oggetto del giudizio pendente innanzi al Tribunale di Roma, proposto dai conduttori dell’immobile.
7.2. Nell’individuazione del regime di disciplina dell’immobile in proprietà, realizzato dalla cooperativa per i propri soci, il ricorrente sostiene, nello specifico, l’esclusione dell’applicazione della disciplina prevista per l’edilizia sovvenzionata ed agevolata, con la conseguenza che la determinazione del canone di locazione dell’immobile sarebbe rimessa all’autonomia privata dovendosi in radice escludere qualsivoglia vincolo imposto dall’amministrazione comunale.
7.3. Su di un piano generale si osserva che l’applicazione dei criteri legali da seguire ai fini della determinazione del canone di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica involge situazioni giuridiche soggettive aventi natura e consistenza di diritti soggettivi, tutelabili davanti al giudice ordinario.
7.4. Nel caso che ne occupa la pretesa del ricorrente è tutta incentrata sulla tutela della propria situazione giuridica soggettiva di diritto soggettivo nei rapporti con altri privati – i conduttori dell’immobile – già oggetto di contenzioso da questi ultimi proposto innanzi al Giudice ordinario ed incentrato proprio sulla determinazione del canone di locazione. Ciò consente di rilevare la radicale diversità rispetto ad altre pronunce di questa Sezione (in specie, la sentenza n. 5721 del 2020), pure richiamate dalla difesa del ricorrente, nelle quali a venire in rilievo era il rapporto derivante dalla convenzione, ove, per contro, nella fattispecie la pretesa del ricorrente è disancorata dalle previsioni della convenzione sottoscritta nel 1984 – che, peraltro, rinviava ad una deliberazione del Consiglio comunale del 1973 con la quale era stata prevista l’applicazione di un canone di locazione massimo del 3,50% del prezzo massimo di cessione –, costituente esclusivamente un antefatto nella definizione del rapporto tra privati per quanto segnatamente concerne la determinazione del prezzo di locazione.
7.5. La presente controversia, dunque, per la natura delle situazioni giuridiche implicate e per i contenuti esclusivamente patrimoniali resta attratta nell’alveo della giurisdizione del giudice ordinario, al quale, peraltro, non è preclusa la valutazione dell’atto gravato e dell’idoneità del medesimo a costituire parametro di riferimento nella regolazione del rapporto.
7.6. E’ di tutta evidenza, infatti, che, a prescindere dalle dichiarate finalità ricognitive della disciplina legale di riferimento alla base dell’adozione dell’atto impugnato, il giudice ordinario ben potrà procedere, in conformità alle regole di riparto della giurisdizione, al vaglio dell’atto gravato, essendo attributario di un potere di disapplicazione degli atti amministrativi che dovesse ritenere illegittimi.
7.7. Ciò esclude la stessa sussistenza del pregiudizio allegato dal ricorrente, espressamente individuato nel rischio del recepimento da parte del giudice ordinario, nel giudizio pendente innanzi al Tribunale di Roma, della determinazione impugnata, circostanze questa che, in disparte ulteriori considerazioni riferite all’interesse allegato, rende di palmare evidenza l’interrelazione sussistente tra i due giudizi sotto il profilo sostanziale.
8. Il ricorso deve, pertanto essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito. In applicazione dell’articolo 11 c. p. a. il giudice fornito di giurisdizione deve essere individuato nel giudice ordinario, davanti al quale il processo potrà essere riproposto, nei termini e con le modalità indicate al comma 2 del medesimo articolo 11.
9. Attesa la complessità della questione giuridica affrontata e l’orientamento non sempre univoco della giurisprudenza in materia, le spese del giudizio devono essere compensate tra le parti.