TAR Palermo, sez. III, sentenza 2011-01-11, n. 201100009

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza 2011-01-11, n. 201100009
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201100009
Data del deposito : 11 gennaio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

1998/html4"> N. 01486/2009 REG.RIC.

N. 00009/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01486/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Rgionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1486 del 2009 proposto da M G, M V, M G, S M C, S F, S M, rappresentati e difesi dall’Avv. G M, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Alfonso Napoli in Palermo, Corso Alberto Amedeo, n. 74;

contro

il Comune di San Giovanni Gemini, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. G R, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Guglielmo Oberdan, n. 5;

per l'annullamento

«A) della deliberazione della Giunta municipale del Comune di San Giovanni Gemini n. 40 del 29 giugno 2009, notificata il 18 luglio 2009, con la quale è stata disposta:

1. l’acquisizione al demanio del Comune di San Giovanni Gemini “dell’area da identificare mediante apposito frazionamento….in quanto l’area interessata è porzione della particella 172, nominalmente estesa 870 mq, foglio 9, …descritta al Catasto Terreni del Comune di San Giovanni Gemini, estesa mq 488 intestata..” ai ricorrenti;

2. nonché la costituzione di “servitù pubblica di rete fognaria sulla parte restante della particella n. 172, foglio 9, indicata nella planimetria allegata alla presente proposta… in quanto bene utilizzato dall’ente stesso per la realizzazione del tratto di rete fognaria giusta perizia di variante “approvata con determinazione n. 298/2001”, bene che è stato modificato in assenza di valido ed efficace provvedimento di asservimento;

3. è stato quantificato in € 291,94 il “risarcimento del danno arrecato” ai ricorrenti;

4. ed è stato stabilito che il suddetto provvedimento dovrà essere trascritto senza indugio nei registri immobiliari […];

B) della determinazione del dirigente dell’Area tecnica del Comune di San Giovanni Gemini n. 140 del 20 luglio 2009 […] con la quale, fra l’altro:

1. è stato recepito il tipo di frazionamento approvato dall’Agenzia del Territorio di Agrigento il 16 luglio 2009 sulla particella 172 foglio 9 di proprietà dei ricorrenti;

- è stata acquisita al patrimonio demaniale del Comune di San Giovanni Gemini la particella 2013 quale porzione della 172, è stata costituita servitù pubblica di rete fognante […];

2. è stato determinato l’ ”ammontare del danno dovuto” ai ricorrenti, “provvedendo alla liquidazione della somma di € 291,94 + gli interessi al 21 agosto 2009, in cifra tonda di € 294,00, a titolo di risarcimento del danno… da suddividere tra gli aventi diritto…. Comprensiva del valore dell’area e del canone per la servitù”;

C) di tutti gli atti pregressi, successivi, e comunque connessi e dipendenti ivi compresa, per quanto occorra, la determinazione del Segretario comunale n. 298 del 18 settembre 2001, mai notificata e menzionata nella deliberazione oggi impugnata, della perizia di stima allegata alla deliberazione impugnata e di tutti gli atti allegati alla medesima determinazione, nonché la deliberazione della G. M. […] n. 41 del 3 luglio 2009 […], il tipo di frazionamento redatto dall’Arch. C R e recepito con la determinazione dirigenziale suddetta e tutti gli atti connessi e conseguenti a tale determinazione […]».


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio e le memorie difensive del Comune di S. Giovanni Gemini;

Vista l’ordinanza n. 17/2010 con cui è stato disposto il compimento di atti istruttori, e visti i relativi adempimenti;

Designato relatore il referendario dott. G L G;

Uditi all’udienza pubblica del 5 ottobre 2010 gli Avv.ti R. R, su delega dell'Avv. G M, per i ricorrenti;
C M, su delega dell'avv. G R, per il Comune di San Giovanni Gemini;

Vista l’ordinanza n. 232/10 emanata ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm., e la conseguente memoria prodotta dai ricorrenti;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

1. Con ricorso notificato il 7 agosto 2009 e depositato il successivo 19 agosto, i ricorrenti hanno impugnato - chiedendone l’annullamento, vinte le spese - tra gli altri provvedimenti, la deliberazione della Giunta comunale di S. Giovanni Gemini n. 40/2009 con cui è stata disposta l’acquisizione, ai sensi dell’art. 43 comma 1 del d.P.R. n. 327 del 2001, di un immobile di proprietà privata, utilizzato dal Comune per la realizzazione della «via dello Sport», nell’ambito dei lavori di realizzazione della rete fognante. Col medesimo provvedimento è stata contestualmente disposta la costituzione di servitù pubblica di rete fognaria su parte di esso e complessivamente quantificato il danno da risarcirsi.

Essi hanno chiesto, altresì, dichiararsi l’illegittimità della materiale rimozione, da parte del Comune, della recinzione del fondo di loro proprietà, «apposta dall’ufficiale giudiziario […] il 29 aprile 2009 che ha immesso i ricorrenti nel possesso […]», nonché l’asserita assenza di titolo in capo al Comune a detenere siffatto immobile.

2. Il ricorso si articola in quattro motivi con cui sono dedotti i seguenti vizi:

1) Eccesso di potere per sviamento dalla causa primaria, difetto del presupposto e della motivazione ed illogicità manifesta;
nullità, inesistenza;
violazione di legge (art. 3, 7, 8 e 21-octies della l. n. 241 del 1990);

2) Violazione di legge (art. 43 d. P.R. n. 327/01), eccesso di potere per sviamento dalla causa primaria, difetto assoluto del presupposto, del potere e della motivazione, dell’ingiustizia manifesta, violazione del giusto procedimento, comportamento contrario al pubblico interesse sotto altro profilo;

3) Violazione di legge (art. 43 d. P.R. n. 327/01), eccesso di potere sotto diversi profili, tra cui il difetto di istruttoria;

4) Violazione degli artt. 37 e 43 d. P.R. n. 327/01, eccesso di potere sotto diversi profili.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di San Giovanni Gemini che, con distinte memorie, ha contrastato le pretese di parte ricorrente chiedendo il rigetto del ricorso, nonché, in subordine, l’emanazione della statuizione di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 43 del d. P.R. n. 327/2001, con esclusione della restituzione del bene da parte dell’Amministrazione senza limiti di tempo, e ciò nell’ipotesi di fondatezza del gravame.

4. Con ordinanza n. 17/2010 questo Tribunale ha disposto incombenti istruttori mediante nomina di c.t.u., e gli stessi sono stati regolarmente eseguiti con le modalità stabilite dalla medesima ordinanza.

5. All’udienza pubblica del 5 ottobre 2010, presenti i procuratori delle parti che si sono richiamati alle già espresse domande e conclusioni, il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione

6. Con successiva ordinanza n. 232 del 19 ottobre 2010 il Collegio ha assegnato termini ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm. su specifica questione rilevata d’ufficio, in relazione alla sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale n. 293/10 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 43 del d. P.R. n. 327 del 2001 che prevedeva la cd. «acquisizione sanante» oggetto di odierna trattazione.

Hanno prodotto memoria i ricorrenti in data 9 dicembre 2010.

DIRITTO

1. Ai fini di una migliore comprensione delle questioni sottoposte alla cognizione del Collegio, occorre ricostruire succintamente la vicenda sulla quale si è innestata la presente controversia.

1.1. I ricorrenti sono proprietari a vario titolo di un appezzamento di terreno sito in territorio di S. Giovanni Gemini, identificato al foglio catastale n. 9, particella n. 172.

A seguito della realizzazione di «alcune opere viarie, fognarie ed edilizie» da parte del Comune, hanno rivendicato, facendone apposita richiesta in data 11 marzo 2002, la restituzione del fondo previo ripristino dello stato dei luoghi ed hanno altresì chiesto il conseguente risarcimento del danno. Per tali finalità, stante l’assenza di risposte da parte del Comune resistente, hanno convenuto lo stesso dinanzi al Tribunale di Agrigento che, con sentenza n. 376/2005, passata in autorità di cosa giudicata, ha accolto le domande attoree e disposto, insieme al risarcimento del danno, la restituzione del bene in argomento.

Con la richiamata sentenza del G.O. la fattispecie in argomento è stata inquadrata nell’ambito della cd. occupazione usurpativa ( cfr . pag. 4), per la quale il Comune è stato condannato al pagamento della complessiva somma di € 10.000,00 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria (la somma poi complessivamente ed esattamente liquidata con determinazione del Segretario Generale n. 343/2007, secondo quanto indicato nell’impugnato provvedimento dirigenziale, è stata pari ad € 22.012,68).

Successivamente, stante l’esecuzione solo parziale della medesima sentenza, i ricorrenti hanno esperito azione esecutiva per il rilascio dell’immobile, avvenuto in data 29 aprile 2009 (v. verbale Ufficiale giudiziario in atti);
successivamente, in data 18 luglio 2009 il Comune ha notificato ai ricorrenti la deliberazione della Giunta comunale n. 40 del 29 giugno 2009 avente ad oggetto l’acquisizione dell’immobile ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, e, successivamente, in data 29 luglio 2009 ha notificato la determinazione dirigenziale n. 140 del 20 luglio 2009 con cui, tra l’altro, è stato determinato l’ammontare del risarcimento dovuto in € 294,00 (€ 291,94 oltre interessi, cfr . punto 5 dispositivo del provvedimento).

2. Il ricorso è fondato secondo quanto di seguito specificato.

3. Con il primo motivo, parte ricorrente si duole dell’asserita illegittimità dei provvedimenti impugnati poiché gli stessi, da una parte, non sono stati preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento di cui agli articoli 7 e 8 della l.r. n. 241 del 1990, recante la disciplina generale del procedimento amministrativo, e, dall’altra, sarebbero caratterizzati da una motivazione non congrua.

La difesa del Comune, sul punto, sostiene che l’Amministrazione non sarebbe stata tenuta alla comunicazione di avvio stante, nel caso di specie, la dedotta sussistenza di «ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento» e che, in ogni caso, il contenuto dispositivo dei provvedimenti impugnati non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato;
la censura, pertanto, sconterebbe l’esito processuale di cui all’art. 21- octies comma 2 della l. n. 241 del 1990.

Il motivo è fondato secondo quanto di seguito specificato.

In tema di acquisizione sanante, il provvedimento di cui all’art. 43, d. P.R. 8 giugno 2001 n. 327, deve ( recte : doveva) di regola essere preceduto dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, in relazione all'intrinseca e ben rilevante discrezionalità della determinazione che l'Amministrazione procedente deve assumere.

Con riguardo al caso in esame, deve darsi atto sia della mancata prova dell’invio di siffatta comunicazione da parte degli uffici comunali, ma anche della circostanza che la deliberazione della Giunta comunale n. 40 del 29 giugno 2009 non reca l’indicazione di alcun presupposto di urgenza oggettiva (C.g.a. n. 490/08) che, in ipotesi, sussistendone i requisiti, avrebbe potuto legittimare l’omissione di tale rilevante adempimento di cui alla l. n. 241 del 1990 (artt. 7 e 8). Al contrario, anche il passaggio, nel corpo della deliberazione, in cui si fa riferimento all’asserita possibilità di applicazione, in sede procedimentale, del disposto di cui all’ultima parte del comma 2 dell’art. 21- octies l. n. 241 del 1990, costituisce indice della concreta volontà della p.a. di non farsi carico di informare i destinatari di siffatto avvio dell’azione ablatoria: e ciò non considerando le indubbie refluenze sulla situazione giuridica soggettiva dei privati i quali avrebbero dovuto essere messi nelle condizioni di poter esercitare, senz’altro, la facoltà di partecipare al procedimento.

Sul versante processuale, poi, non può farsi applicazione del richiamato art. 21- octies della l. n. 241 del 1990 siccome invocato dalla difesa della parte pubblica: ed infatti, sulla base di tale disposizione è vero che il provvedimento non può essere annullato per vizi formali, ivi compresa la omessa comunicazione di avvio, qualora si dimostri che lo stesso non avrebbe potuto avere un diverso contenuto, ma tale regola diviene inapplicabile qualora venga in rilievo la natura discrezionale del provvedimento, quale è quello che dispone la cd. acquisizione sanante ex art. 43 d. P.R. n. 327 del 2001 (Cons. St., VI, 9 giugno 2010, n. 3655;
Cons. St., IV, 17 febbraio 2009, n. 915;
Tar Sicilia, Palermo, 1 giugno 2009, n. 915).

In linea con l’indirizzo giurisprudenziale del Giudice d’appello (tra le diverse, C.g.a., sez. giur., 29 maggio 2008, n. 490), va, dunque, ritenuto illegittimo il provvedimento di acquisizione sanante che non sia stato preceduto dall’avviso di avvio del procedimento ai proprietari interessati.

4. L’accoglimento della doglianza comporta l’annullamento degli impugnati provvedimenti e, come si vedrà, anche la restituzione del bene.

4.1. Il Comune di San Giovanni Gemini, avvalendosi della possibilità (allora) offerta dall’art. 43, comma 3, del d. P.R. n. 327 del 2001 (ai sensi del quale «Qualora sia impugnato uno dei provvedimenti indicati nei commi 1 e 2 ovvero sia esercitata una azione volta alla restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico, l'amministrazione che ne ha interesse o chi utilizza il bene può chiedere che il giudice amministrativo, nel caso di fondatezza del ricorso o della domanda, disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo»), ha chiesto a questo Tribunale di non disporre la restituzione del bene «senza limiti di tempo».

Ed invero, alla prima delibazione della causa, il Collegio, pur ritenendo non manifestamente infondata la censura inerente all’omessa comunicazione di avvio del procedimento, non aveva ritenuto, sulla base di essa, di procedere all’accoglimento del ricorso «salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione» e con assorbimento dei rimanenti motivi, sulla base della considerazione che il mantenimento del bene in mano pubblica, siccome chiesto a questo Tribunale, avrebbe comunque imposto al Giudice di pronunciare sul risarcimento del danno, che, pur determinato con i provvedimenti impugnati, è stato nel merito contestato da parte ricorrente.

Ed infatti, alla stregua della condivisa giurisprudenza del Giudice d’appello, secondo cui «i principi di effettività e completezza della tutela impongono di valorizzare il ruolo della domanda dell’interessato, […] e che, in mancanza di una esplicita richiesta di segno diverso del ricorrente, deve escludersi che l’accoglimento di censure relative alla correttezza della sequenza procedimentale, comprese quelle relative alla […] comunicazione di avvio del procedimento, poss a comportare l’assorbimento delle censure “sostanziali”, riferite ad altri aspetti contenutistici della determinazione impugnata» (C.g.a., sez. giur. 22 aprile 2009, n. 299), nonché in considerazione della predetta domanda di escludere la restituzione del bene, il Collegio, in ossequio al principio di effettività e di concentrazione della tutela, ha ritenuto necessario procedere ad attività istruttoria tesa a quantificare il valore del bene, il quale, comunque, si sottolinea, sarebbe passato in proprietà del Comune: ciò che avrebbe imposto la determinazione dell’esatta obbligazione risarcitoria a carico dell’Ente espropriante.

Ovviamente tutto ciò con il solo fine di attribuire il necessario effetto conformativo alla sentenza, in modo da dar luogo al necessario «orientamento» del riesercizio del potere che, per effetto dell’annullamento degli atti impugnati, il Comune avrebbe dovuto porre in essere mediante l’eventuale riquantificazione del danno di cui al richiamato art. 43.

4.2. Peraltro, in data 8 ottobre 2010, la Corte costituzionale, con sentenza n. 293/2010 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 43 del d.P.R. n. 327/2001, norma sulla quale si è fondato il potere esercitato dall’Amministrazione con l’emanazione dei provvedimenti di acquisizione sanante oggetto dell’odierna impugnativa, e sulla base della quale l’Amministrazione ha chiesto a questo Tribunale di escludere la restituzione del bene senza limiti di tempo.

Il sopravvenire di tale pronuncia di incostituzionalità nell’intervallo tra deliberazione e la pubblicazione della sentenza, pone alcune questioni di carattere processuale involgenti, nell’ordine:

a) gli effetti di tale declaratoria sui provvedimenti impugnati, pendente il ricorso avverso gli stessi;

b) il riesercizio del potere da parte dell’Amministrazione conseguente alla caducazione dei provvedimenti (della Giunta e del Dirigente) di acquisizione sanante del bene oggetto di irregolare procedura espropriativa;

c) la sopravvenuta inammissibilità della domanda, posta dall’Amministrazione a questo Tar, di escludere la restituzione del bene, sulla base della caducazione della norma.

In relazione alla prima questione (sub lett. a ), ritiene il Collegio di non dover far valere d’ufficio, come pure è consentito (Cons. St., comm. speciale, parere 15 febbraio 2005, n. 11548/2004), l’invalidità dei provvedimenti impugnati alla stregua del divieto di applicazione della norma dichiarata incostituzionale che attribuiva all’Amministrazione il potere esercitato, e ciò in ragione dell’illegittimità dei medesimi provvedimenti (fondatezza del primo motivo) a prescindere dalla predetta declaratoria di incostituzionalità.

Diverso è invece il grado di rilevanza con riferimento alle questioni sub lett. b) e c).

Ed invero, è ovvio che a seguito della caducazione dei provvedimenti impugnati l’Amministrazione - come, invero, originariamente ritenuto quando era vigente la norma poi dichiarata incostituzionale - non potrà riesercitare il potere di acquisizione sanante previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 327/01, ciò che esonera il Collegio dallo scrutinare, come invece originariamente avrebbe dovuto sulla base della citata giurisprudenza d’appello, ogni altra censura.

La sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità dell’art. 43 del d.P.R. n. 327/01 ha travolto anche la norma che consentiva all’Amministrazione di chiedere di disporre la non restituzione del bene con conseguente (sopravvenuta) inammissibilità della relativa domanda dell’Amministrazione: su tale questione, con ordinanza n. 232/10 ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm., il Collegio ha ritenuto doveroso garantire un pieno contraddittorio tra le parti, in ossequio al principio dettato dall’art. 2 dello stesso Codice, ed ha assegnato termine per la produzione di eventuali memorie (cui ha provveduto solo parte ricorrente).

5. All’annullamento dei provvedimenti impugnati, pertanto, consegue l’immediata restituzione del bene cui l’Amministrazione deve provvedere, dovendosi dichiarare inammissibile la più volte richiamata richiesta che il Comune di San Giovanni Gemini ha formulato al Tribunale nel senso di disporre il mantenimento del bene in mano pubblica (ferma restando ogni eventuale diversa determinazione del risarcimento del danno).

6. Ovviamente, restano ferme le eventuali libere trattative negoziali che potranno intercorrere tra Amministrazione e ricorrenti per la definizione contrattuale della controversia, oltre alla restituzione di eventuali somme che l’Amministrazione abbia già effettivamente pagato a titolo di risarcimento del danno ed in esecuzione dei provvedimenti impugnati (punti A e B dell’epigrafe).

7. Ogni altra questione ed eccezione, poiché ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione può essere assorbita.

8. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso, in ragione della fondatezza del primo motivo, va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati ad esclusione della determinazione n. 298/01, cui consegue l’immediata restituzione del bene per cui è causa ai legittimi proprietari.

9. Le spese - comprese quelle a titolo di compenso per il consulente tecnico (le quali vanno liquidate con separato decreto presidenziale) - vanno poste, ai sensi dell’art. 26 cod. proc. amm., a carico del soccombente Comune di San Giovanni Gemini, nella misura indicata nel dispositivo.

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