TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2022-05-31, n. 202200933

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2022-05-31, n. 202200933
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 202200933
Data del deposito : 31 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/05/2022

N. 00933/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01610/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1610 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti M M, R L, con domicilio eletto presso lo studio Paola Garofalo in Catanzaro, via A. Turco, 71;

contro

Ministero dell'Interno, Questura di Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Catanzaro, via G. Da Fiore, 34;

per l'annullamento

del provvedimento del Questore di Catanzaro del 7.09.2017, prot. n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Catanzaro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 27 maggio 2022 il dott. A L e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale, mediante collegamento da remoto ai sensi degli artt. 87, comma 4- bis c.p.a. e 13- quater , allegato 2 al c.p.a.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il sig. -OMISSIS- espone di avere richiesto al Questore di Catanzaro il rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia.

Con l’impugnato provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 7.09.2017, adottato previo contraddittorio procedimentale, la resistente p.a. ha però respinto l’istanza, poiché “ …il richiedente è stato condannato in data 21.07.2005 dal Tribunale di Catanzaro, per il reato di esercizio delle proprie ragioni con violenza sulle cose… ”.

Avverso tale determinazione è insorto quindi l’esponente, denunciandone l’illegittimità, con un’unica ed articolata doglianza, per violazione degli artt. 11 e 43 R.D. n. 773/1931, dell’art. 3 L. n. 241/1990 e per vizio di eccesso di potere.

2. Resiste la p.a. intimata, confutando le avverse censure e concludendo per il rigetto del ricorso.

3. All’udienza del 27 maggio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Lamenta il ricorrente che il diniego avversato è stato emanato sulla base dell’unica e risalente condanna alla pena pecuniaria di euro 150,00, inflittagli in esito al procedimento speciale per decreto. Rileva, in particolare, che né il reato di cui all’art. 392 c.p., commesso in concorso con la madre, né la pena inflitta rientrano nelle ipotesi ostative di cui agli artt. 11 e 43, comma 1, R.D. n. 773. Inoltre, il provvedimento attuerebbe un automatismo preclusivo tuttavia non consentito dal decorso del tempo, dall’intervenuta estinzione del reato ex art. 172 comma 2 c.p. nonché da tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto reato, che non ha leso beni di particolare importanza per l’ordinamento giuridico.

L’assunto va disatteso.

Occorre premettere che in base all’11 R.D. n. 773/1931 “ Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate: 1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;
2) a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza. Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta
”.

L’art. 43, comma 1, R.D. n. 773/1931 stabilisce poi che “ Oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi: a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;
c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi
”. Il comma 2 dell’art. 43 aggiunge, ancora, che “ La licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi ”.

Ciò premesso, la resistente p.a. ha negato al ricorrente il titolo di polizia non sulla base dell’automatismo previsto per i delitti e le condanne di cui agli artt. 11, comma 1, e dell’art. 43, comma 1 -posto che la fattispecie in esame non rientra in tali previsioni- ma in ragione di un non positivo apprezzamento sull’affidabilità e buona condotta dell’esponente, rispetto alle quali assumono rilievo l’art. 11, comma 2 e l’art. 43, comma 2, R.D. n. 773/1931.

In particolare, dalla portata dal tenore letterale dei sopra indicati precetti emerge che il giudizio soggettivo circa l’affidabilità del singolo sull’utilizzo delle armi è espressione di una valutazione che rientra nell’ambito della discrezionalità amministrativa, non sindacabile pertanto in sede giurisdizionale, se non ab externo a fronte di un apprezzamento illogico e irragionevole.

All’autorità procedente è quindi riconosciuto un ampio margine di valutazione in ordine ai presupposti che giustificano o meno il rilascio o il mantenimento in capo agli interessati dei requisiti per il possesso di armi, non risultando dunque necessario che il comportamento da cui emerge il presupposto dell'atto negativo sia acclarato nella sua rilevanza penale, bastando l’autonoma valutazione del comportamento medesimo da parte dell’amministrazione per prevenire eventuali effetti negativi per la sicurezza pubblica ( ex plurimis , Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 maggio 2021, n. 3819).

In tale prospettiva quindi “ è sufficiente che dalla considerazione del comportamento, quale si desume dai fatti oggetto di indagine, emerga anche per meri indizi l’assenza della perfetta sicurezza circa il buon utilizzo delle armi;
né è necessaria un’istruttoria aggiuntiva sulla pericolosità sociale, poiché si tratta di un giudizio prognostico orientato a prevenire i pericoli che conseguono dall’uso delle armi
” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 7 gennaio 2021, n. 137).

La giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha inoltre statuito che “ l'affidabilità e la buona condotta dell'istante possono essere desunti da sue condotte comunque significative, …, con la precisazione, però, che il relativo giudizio parte dai dati per giungere ad una ragionevole valutazione complessiva della loro rilevanza, così da desumerne il serio e non remoto pericolo di sua inaffidabilità e cattiva condotta inerente all'attività e, da qui, l'abuso del titolo stesso ” (Consiglio di Stato, Sez. III, 4 luglio 2019, n. 4595;
T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 3 aprile 2018, n. 796).

Alla luce delle riportate coordinate normative ed in applicazione della richiamata giurisprudenza il compendio di elementi posto a base della determinazione avversata resiste ai rilievi del ricorrente.

La valutazione compiuta dal Questore, infatti, è ragionevole e coerente, avuto riguardo alla condotta violenta tenuta dell’esponente ed integrativa del delitto di cui all’art. 392 c.p., che ha indotto la resistente p.a. a dubitare dell’affidabilità dell’esponente medesimo a detenere armi, stante l’esigenza di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, da presidiare anche a fronte dell’interesse al possesso dell’arma da parte del singolo.

5. La domanda di annullamento va pertanto respinta.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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