TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2021-03-18, n. 202103328

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2021-03-18, n. 202103328
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202103328
Data del deposito : 18 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/03/2021

N. 03328/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00763/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 763 del 2014, proposto da
V V, rappresentato e difeso dagli avvocati I R, F R, con domicilio eletto presso lo studio I R in Roma, via Ruggero Fauro 102;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’accertamento

dell’obbligo di rimborso di certificati di credito del tesoro - riassunzione - (Tribunale Ordinario di Roma, sezione seconda civile, sentenza n. 13620 del 20.06.13)


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 19 febbraio 2021 celebratasi in collegamento da remoto, il dott. Salvatore Gatto Costantino, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente conveniva in giudizio di fronte al Tribunale di Roma il Ministero dell’Economia e delle Finanze con atto di citazione notificato il 2 luglio 2007, per ottenerne la condanna al pagamento di euro 147.190,20, oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di rimborso di Certificati di Credito del Tesoro quinquennali di pari importo, emessi il 1 luglio 1990.

Su eccezione del Ministero convenuto, costituitosi in giudizio, il Tribunale adito, con sentenza n. 13620 del 20.06.13 declinava la propria giurisdizione in favore del giudice amministrativo.

Con l’odierno ricorso introduttivo, il sig. V V ha riassunto il giudizio, esponendo quanto segue.

La questione di giurisdizione, fondata sull’art. 61 del DPR n. 1343/1963, sarebbe erroneamente proposta in quanto non verrebbe in rilievo una questione di “interpretazione” dei contratti di prestito pubblico, bensì una questione di rimborso dei Certificati scaduti sulla quale, ai fini della giurisdizione, non inciderebbe l’eccezione di prescrizione opposta dal Ministero ed oggetto di contestazione da parte del titolare dei predetti Certificati.

A tale ultimo proposito, nel merito della domanda, rileva il ricorrente che il Ministero ha opposto alla sua richiesta di rimborso l’eccezione di prescrizione quinquennale delle somme dovute fondata sulla modifica apportata all’art. 2948 del cod. civ. ad opera della legge nr. 313/1993, che vi ha introdotto il n. 1 bis, ai sensi del quale il capitale nominale dei titoli del debito pubblico al portatore si prescrive in cinque anni e non più dieci, come originariamente previsto dall’art. 69 del DPR n. 1343/1963.

Secondo parte ricorrente, sarebbe discutibile che tale norma abbia disposto in via retroattiva e dunque si dovrebbe applicare ai soli titoli emessi dopo la sua entrata in vigore, non anche a quelli emessi prima che – secondo i principi generali di cui all’art. 11 della Disposizioni sulla legge in generale del Codice Civile – dovrebbero rimanere soggetti al regime in vigore al momento della loro emissione.

Non deporrebbe in senso diverso neppure l’art. 4 della l. n. 313/1993, che ha demandato ad un DM l’applicazione della legge, prevedendo che il più breve termine di prescrizione decorra dalla data di entrata in vigore della stesse legge, purchè, a norma delle leggi anteriori non rimanga a decorrere un termine minore (di cinque anni).

Se il legislatore avesse voluto derogare al principio di irretroattività lo avrebbe disposto esplicitamente, come avvenuto nell’art. 49 della l. n. 752/1957 (poi trasfuso nell’art. 93 del TU 1343/1963).

Si è costituito il Ministero intimato che resiste al ricorso del quale chiede il rigetto.

Ritualmente chiesta la fissazione dell’udienza e confermata la persistenza dell’interesse (memoria 18 luglio 2019), il Ministero intimato ha depositato propria memoria nella quale eccepisce quanto segue.

In punto di fatto, evidenzia che il ricorrente premette di essere possessore di Certificati di Credito del Tesoro, meglio specificati nell’originario atto di citazione e nel ricorso in riassunzione, per il valore complessivo di £. 285.000.000, e di aver presentato gli stessi per il rimborso del capitale nominale, successivamente alla loro scadenza (avvenuta il 30.6.95), presso la filiale di Sondrio della Banca d’Italia. Tale filiale avrebbe negava il rimborso per intervenuta prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2948 n. 1 bis c.c.. Richiesto tale pagamento anche al Ministero dell’Economia e delle Finanze, con raccomandata del 25.7.03, lo stesso Ministero denegava nuovamente il pagamento per le identiche motivazioni. Evidenzia l’Avvocatura che all’epoca della introduzione del nuovo termine (5.9.93) i Certificati in possesso del sig. Visini non erano ancora scaduti, dato che la scadenza era prevista al 30.6.95. Richiama quanto affermato in fattispecie similare da Consiglio di Stato, con parere n. 3313/05 e insiste per il rigetto dell’azione.

Con note di udienza, la difesa del ricorrente replica, eccependo, in particolare, circa l’inconferenza del precedente di cui al parere del Consiglio di Stato nr. 3313/2005 e conclude per l’accoglimento del ricorso.

Nella pubblica udienza straordinaria del 19 febbraio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

Nell’odierno giudizio, parte ricorrente agisce per ottenere l’accertamento dell’obbligo dello Stato di rimborsare n. 37 C.C.T. 1.7.90/95 codice 13084 per il valore nominale complessivo di euro 147.190,22 (già £. 285.000.000).

In primo luogo, va respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione che la parte ricorrente, nel riassumere il giudizio dopo la pronuncia declinatoria del Tribunale di Roma, ha prospettato.

Invero, la fattispecie appartiene alla giurisdizione amministrativa esclusiva (radicata sin dall’art. 29 n. 4) del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2840, ribadita dall’art. 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e ancora dall’art. 61 del d.P.R. 14 febbraio 1963, n. 1343, come sostituito dall’art. 7 del d.P.R. 15 marzo 1984, n. 74, e ora dall’art. 133 comma 1 lettera v) del codice del processo amministrativo;
Consiglio di Stato 21 maggio 2013, nr. 2735).

Nel merito, la questione proposta dall’odierno ricorrente è stata già esaminata dalla pacifica giurisprudenza che l’ha ritenuta infondata in altre fattispecie del tutto sovrapponibili a quella odierna.

In particolare (cfr. T.A.R. Salerno, sez. I, 24 settembre 2012, n.1678), si è ritenuto quanto segue.

La legge 12 agosto 1993, n. 313, con la sua entrata in vigore (5 settembre 1993), all'art. 2, attraverso l'inserimento nell'art, 2948 c.c. di apposita norma (n.

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