TAR Napoli, sez. V, sentenza 2014-09-05, n. 201404725

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2014-09-05, n. 201404725
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201404725
Data del deposito : 5 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 11348/1998 REG.RIC.

N. 04725/2014 REG.PROV.COLL.

N. 11348/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11348 del 1998, proposto da:
ARRICHIELLO TOMMASO, CANALE NICOLA, CAPASSO PASQUALE, CIRILLO ASSUNTA MARISA, CORVINO GIUSEPPINA, CORVINO MARIA ASSUNTA, DE ANGELIS ANTONIO, DE ANGELIS MARIA, DE ANGELIS ROSA, DIANA ANTONIO, GOGLIA GIUSEPPE, LETIZIA GIACOMO, LETIZIA RAFFAELINA, MERCADANTE ANNUNZIATA, MOTTOLA ROSA, NATALE ANGELO, NATALE FRANCO, NATALE MARIANNA, PANARO ANTONIETTA, PELLEGRINO GIUSEPPE, PETRILLO VINCENZO, PEZZELLA ANGELO, PUOCCI GIUSEPPE, PUOCCI MARIA PREZIOSA, SCALZONE RAINULFO, SCHIAVONE ADOLFO, SCHIAVONE ALFONSINA, SCHIAVONE VINCENZA per il defunto germano SCHIAVONE MICHELE, SCHIAVONE ROMILDA, SCHIAVONE VINCENZO (28.4.51), SCHIAVONE VINCENZO (12.8.54), ZAGARIA ANTONIETTA, rappresentati e difese dall’Avv. Giovanni Russo ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Maria Rosaria Collarile, in Napoli, alla Via S. Lucia, n. 173;

contro

COMUNE DI CASAL DI PRINCIPE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Pasquale Fiorillo ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Pietropaolo Di Matteo, in Napoli, al C. so Umberto I, n. 23;

per l’accertamento

del diritto dei ricorrenti:

A) all’indennità premio di fine servizio;

B) alla quota del 30% della retribuzione dovuta, indebitamente trattenuta dall’Ente;

C) alle quote di ritenuta previdenziale a carico dei dipendenti, indebitamente trattenuta dall’Ente;

e per la condanna

conseguente dell’intimato Comune, in persona del legale rappresentante p.t.:

- al pagamento in favore dei ricorrenti delle somme dovute a titolo di indennità di fine rapporto, ricomprendendo nei conteggi l’indennità integrativa speciale;

- al pagamento in favore dei ricorrenti degli interessi e della rivalutazione monetaria alla data di formale inquadramento degli istanti nell’Ente (2.6.1984) ovvero 120 giorni dopo detta data trattandosi di crediti di lavoro, oltre i successivi interessi e svalutazione sul residuo vantato dall’11.10.1996 ala data dell’effettivo soddisfo;
in via subordinata dichiararsi dovuti gli interessi e la rivalutazione monetaria dal 21.9.1987, epoca in cui i dipendenti richiesero, con prot. 4934, il “rimborso erariale premio fine servizio I.N.A.D.E.L.”;

- al pagamento in favore dei ricorrenti della quota del 30% della retribuzione dovuta, indebitamente trattenuta dall’Ente, a compenso delle prestazioni concretamente effettuate nell’interesse di quest’ultimo in sostituzione dei prescritti corsi di formazione professionale;

- alla restituzione ai ricorrenti delle quote di ritenuta previdenziale a carico dei dipendenti che indebitamente sono state trattenute dall’Ente e cioè operate in un periodo per il quale non vi è riconoscimento previdenziale e contributivo da parte dell’I.N.A.D.E.L.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimato Comune;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi - Relatore alla pubblica udienza del 10 luglio 2014 il cons. dr. C - i difensori delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Premettono i soggetti in epigrafe indicati - dipendenti del Comune di Casal di Principe (CE), con assunzione ed inquadramento in ruolo in data 2.6.1984, successivamente al servizio non di ruolo prestato, ai sensi della legge 1.6.1977, n. 285, presso lo stesso Ente, a tempo determinato, e con la stessa qualifica di provenienza;
tutti assunti in data 28.3.1980, tranne i dipendenti N M, P A e Z A assunte in data 20.3.1978 - che, con sentenza n. 208 del 9.24.7.1986 la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 9, IV comma, del D.L. vo n. 207 del 4.4.1947, nella parte in cui disponeva che l’indennità premio di fine servizio, prevista dal medesimo articolo per il personale non di ruolo al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non fosse dovuta nel caso di passaggio in ruolo del dipendente, con la conseguenza che anche ai dipendenti che vedono convertito il rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato (con passaggio in ruolo) spetta la indicata indennità.

Aggiungono che, per detto servizio non di ruolo, avevano, pertanto, diritto al trattamento di fine rapporto da liquidarsi a partire dal 2.6.1984 dal Comune di datore di lavoro, ma l’Ente con delibera di Giunta Comunale n. 492 dell’11.10.1996, nel riconoscere al personale assunto ex legge n. 285/1977 il diritto all’indennità di fine servizio per il periodo non di ruolo provvedeva alla liquidazione degli importi di cui al prospetto allegato alla deliberazione, e non della somma effettivamente dovuta.

Tanto premesso, e preso atto che con sentenza n. 208 del 9-24.7.86 la Corte Costituzionale aveva dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, del D.Lgs. del Capo provvisorio dello Stato 4.4.47, n. 207, nella parte in cui disponeva che l’indennità integrativa speciale, prevista dal medesimo articolo, per il personale non di ruolo all’atto della cessazione del rapporto, non fosse dovuta nel caso di passaggio in ruolo del dipendente, i soggetti in epigrafe indicati, con ricorso notificato il 12.10.1998 e depositato il 9.11.1998, hanno adito questo Tribunale e per la condanna dell’intimato Comune, in persona del legale rappresentante p.t.:

- al pagamento in favore dei ricorrenti delle somme dovute a titolo di indennità di fine rapporto, ricomprendendo nei conteggi l’indennità integrativa speciale;

- al pagamento in favore dei ricorrenti degli interessi e della rivalutazione monetaria alla data di formale inquadramento degli istanti nell’Ente (2.6.1984) ovvero 120 giorni dopo detta data trattandosi di crediti di lavoro, oltre i successivi interessi e svalutazione sul residuo vantato dall’11.10.1996 ala data dell’effettivo soddisfo;
in via subordinata dichiararsi dovuti gli interessi e la rivalutazione monetaria dal 21.9.1987, epoca in cui i dipendenti richiesero, con prot. 4934, il “rimborso erariale premio fine servizio I.N.A.D.E.L.”;

- al pagamento in favore dei ricorrenti della quota del 30% della retribuzione dovuta, indebitamente trattenuta dall’Ente, a compenso delle prestazioni concretamente effettuate nell’interesse di quest’ultimo in sostituzione dei prescritti corsi di formazione professionale;

- alla restituzione ai ricorrenti delle quote di ritenuta previdenziale a carico dei dipendenti che indebitamente sono state trattenute dall’Ente e cioè operate in un periodo per il quale non vi è riconoscimento previdenziale e contributivo da parte dell’I.N.A.D.E.L.

L’intimato Comune si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso, sì come infondato, in fatto ed in diritto.

Alla pubblica udienza del 10 luglio 2014 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente il difensore di parti ricorrenti ha rappresentato la permanenza dell’interesse dei propri assistiti alla definizione del giudizio.

Con il ricorso in esame i ricorrenti hanno proposte tre distinte domande: la prima volta all’accertamento della corretta determinazione della indennità premio di fine servizio ritenuta loro spettante, non ritenendo corretta quella effettuata dall’Ente datore di lavoro, con la deliberazione di Giunta Comunale n. 492 dell’11.10.1996, particolarmente sotto il profilo del mancato computo dell’indennità integrativa speciale nella relativa base di calcolo e della omessa contabilizzazione degli interessi e della rivalutazione monetaria dalla data di maturazione dell’asserito loro diritto alla percezione della predetta indennità, cioè a far data dalla loro immissione in ruolo (2.6.1984);
la seconda avente ad oggetto il pagamento della quota del 30% della retribuzione stabilita per il periodo di servizio pre-ruolo svolto a titolo di compenso per le prestazioni effettuate a favore del Comune, in luogo dei prescritti corsi di formazione;
la terza finalizzata alla restituzione dei contributi previdenziali trattenuti dall’Ente per l’iscrizione obbligatoria all’I.n.a.d.e.l. (poi I.n.p.d.a.p., oggi I.n.p.s.);
hanno chiesto, altresì, la condanna dell’intimato Comune al pagamento delle somme ai suddetti titoli rivendicati.

Con riferimento alla prima domanda relativa alla corretta determinazione dell’indennità premio di fine servizio, occorre prendere le mosse dall’art. 9 del D. Lgs. CPS 4 aprile 1947, n. 207, relativo al personale dell’Amministrazione dello Stato, alla stregua del quale: <<
(…..) Al personale assunto con una qualsiasi delle qualifiche previste dal R.D.L. 4 febbraio 1973, n. 100, ed avente almeno un anno di servizio continuativo, è dovuta un’indennità commisurata ad una mensilità della sola retribuzione in godimento all’atto del licenziamento per ciascun anno di servizio o frazione di un anno superiore a sei mesi >>;
in virtù dell’art. 7 del D. Lgs. 5 febbraio 1948, n. 61, il trattamento di cui al citato art. 9 è stato esteso ai dipendenti non di ruolo degli Enti locali.

Con sentenza 9 luglio 1986, n. 208, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 9, comma 4, del citato D.Lgs. 4 aprile 1947, n. 207, nella parte in cui disponeva che l’indennità ivi prevista non fosse dovuta in caso di passaggio di ruolo.

Parti ricorrenti pretendono un’applicazione incondizionata (ossia analoga a quella riservata ai dipendenti non di ruolo dello Stato) anche nei loro confronti della suddetta sentenza costituzionale, mentre il resistente Comune, con la delibera n. 492 dell’11.10.1996, nel riconoscere al personale assunto ai sensi della legge n. 285/77 il diritto alla indennità di fine servizio per il periodo non di ruolo, avrebbe provveduto alla liquidazione della indennità in parola di cui al prospetto allegato alla suddetta deliberazione, in misura inferiore alla somma effettivamente dovuta.

La prospettazione dei ricorrenti, nella parte in cui suppone che ai dipendenti non di ruolo degli Enti Locali spetti un’indennità premio di fine servizio nella stessa misura di quella spettante ai dipendenti dello Stato non è condivisibile.

Al riguardo nel nostro ordinamento non esiste un principio generale per il riconoscimento, in un rapporto di ruolo, del servizio prestato dallo stesso soggetto anteriormente alla sua costituzione, con la conseguenza che le norme che di volta in volta dispongono detto riconoscimento sono di stretta interpretazione ed i servizi fuori ruolo resi nella stessa amministrazione, sono ricongiungibili e valutabili soltanto se ciò sia previsto da esplicita previsione normativa e nelle condizioni in essa previste (C. di S., Sez. V, 10 agosto 2010, n. 5559;
Corte dei Conti Sez. contr., 9 aprile 1993, n. 58).

Con l’entrata in vigore della legge 8 marzo 1968, n. 152 sono state dettate nuove norme in materia previdenziale per i dipendenti degli Enti locali, prevedendo che l’iscrizione all’I.n.a.d.e.l. (erogante l’indennità premio fine servizio) è divenuta obbligatoria anche per il personale degli enti locali non di ruolo (come i ricorrenti), conseguendo, su tale presupposto, il diritto all’indennità premio di fine servizio anche per il periodo lavorativo non di ruolo, tuttavia alle condizioni nella medesima legge previste, poste dagli artt.1, 4, comma 2, e 12.

In particolare il citato art. 4, comma 2, ai fini della misura dell’indennità premio di servizio prevede, alla lettera b), anche la computabilità dei <<
servizi non di ruolo posti in organico non coperti da titolare alla data di entrata in vigore della presente legge, purché posteriori per gli impiegati al 1° gennaio 1930 (……..) sempre che gli stessi abbiano fatto o facciano seguito, senza soluzione di continuità, da servizio reso in qualità di titolare >>.

Pertanto, alla stregua di tali ultime disposizioni, il riconoscimento del servizio non di ruolo è consentito solo alle condizioni stabilite dalla legge medesima che limita la computabilità al servizio reso in posto in organico non coperto dal titolare e seguito, senza soluzione di continuità, da servizio reso in qualità di titolare.

La Corte di Cassazione ha rilevato come: <<
Tale previsione della legge n. 152 del 1968 non sia sospettabile di incostituzionalità per violazione del principio di parità di trattamento in relazione alla diversa disciplina dei dipendenti dello Stato, stante la perdurante, obiettiva diversità del complessivo trattamento economico e normativo del personale degli enti locali e dello Stato >>, con la conseguenza che <<
su tale norma non ha esplicato alcuna incidenza la sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 1986 >>
(Cass. Civ. 16.9.1991, n. 9633).

Ne consegue che - contrariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti - il diritto a percepire la indennità per il servizio fuori ruolo da loro svolto, ed in particolare con riferimenti alla sua misura, non risulta condizionato dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 208/1986, bensì dalla computabilità di detto servizio alle condizioni previste dall’art. 4, comma 2, lett. b), della legge n. 152 del 1968.

Nella fattispecie, risulta provato per tabulas che i ricorrenti, assunti con contratto a termine ai sensi della L. n. 285/1977, alla data di cessazione del medesimo, sono stati immessi nel ruolo soprannumerario del medesimo Enti ai sensi della L. n. 138/1984 (il cui regime prevedeva la possibilità d’immissione in ruolo di personale con un sistema soprannumerario, cioè che prescindeva dalla vacanza delle dotazioni organiche, con il loro completo riassorbimento nel ruolo ordinario al verificarsi delle relative vacanze), così come risulta documentato che l’attività lavorativa espletata fuori ruolo dai ricorrenti non sia relativa ad un posto di organico non coperto dal titolare.

Ne deriva, nel caso dei ricorrenti, nell’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 4, comma 2, lett. b) della legge n. 152/1968, vale a dire il servizio reso in posto in organico non coperto dal titolare e seguito, senza soluzione di continuità da servizio reso in qualità di titolare, che solo conformerebbe, nella misura pretesa dai ricorrenti, il diritto all’indennità di che trattasi nei confronti del Comune, datore di lavoro, (ovviamente, nel caso di mancato riscatto oneroso nei confronti dell’I.n.a.d.e.l.: cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 28.4.2000, n. 1196, conf. da C. di S., Sez. III, 31.7.2012, n. 4359), legittimamente il resistente Comune ha determinato la misura dell’indennità premio di fine servizio prescindendo dalla sentenza della Corte Costituzionale 9 luglio 1986, n. 208.

D’altronde parti ricorrenti neppure sostengono la mancata applicazione nei loro confronti della citata sentenza, atteso che, con la deliberazione di Giunta Comunale n. 492 dell’11.10.1996 ad oggetto: “Riconoscimento e liquidazione indennità di premio di servizio pre-ruolo al personale assunto ai sensi della Legge ex 285/77”, il Comune, nel dichiarato intento di dare seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 24.7.1986, ma in stretta osservanza delle condizioni previste dall’art. 4, comma 2, lett. b) della legge n. 152/1968, deliberava di “liquidare a tutto il personale della L. n. 285/77 le somme indicate nell’allegato prospetto che forma parte integrante del presente provvedimento, predisposto dal Ministero dell’Interno ed elaborato dal Rag. Capo, a fianco di ciascun dipendente per un importo complessivo di Lire 73.649.510”.

Tuttavia, pur con tali premesse, la domanda con cui parti ricorrenti hanno chiesto che nella somme liquidate, nel modo come sopra descritto, a titolo di indennità premio di fine servizio sia ricompresa anche l’indennità integrativa speciale è fondata, alla stregua della sentenza della Corte Costituzionale n. 243/93, per la quale nella misura e nel calcolo dell’indennità di fine servizio va computata anche l’indennità integrativa speciale.

Inoltre il diritto all’inclusione dell’indennità integrativa speciale nel trattamento di fine rapporto per il personale dipendente degli Enti locali era già previsto prima della citata sentenza della Corte Costituzionale dall’art. 3 della L. 3.7.1980, n. 299.

Infine, ai sensi dell’art. 3 della legge 29 gennaio 1994, n. 87: <<
Il trattamento di cui alla presente legge viene applicato anche ai dipendenti che siano cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984 ed ai loro superstiti, nonché a quelli per i quali non siano ancora giuridicamente esauriti i rapporti attinenti alla liquidazione dell’indennità di buonuscita o analogo trattamento >>.

Pertanto fondatamente parti ricorrenti rilevano che l’indennità integrativa speciale deve essere ricompresa nei conteggi allorché il dipendente non sia cessato dal servizio prima del 30.11.1984 ovvero, se cessato dal servizio prima del 30.11.1984, abbia prodotto utile domanda entro la data del 30 settembre 1994.

Nel caso dei ricorrenti, pur essendo il servizio non di ruolo cessato (con l’immissione in ruolo) in data 2.6.1984, i rapporti attinenti alla indennità di buonuscita o analogo trattamento non potevano considerarsi esauriti in quanto il personale assunto come contrattista e poi passato nei ruoli dell’Amministrazione, quanto meno al fine del riconoscimento dei rapporti attinenti all’indennità di buonuscita, non può essere considerato cessato dal rapporto non di ruolo e assunto, con soluzione di continuità, come dipendente di ruolo, con la conseguenza che il momento della cessazione del rapporto di impiego, ai fini dell’applicazione della legge 29 gennaio 1994, n. 87, va individuato nella data della effettiva conclusione del rapporto di ruolo con effetti unitari involgenti anche la fase pre-ruolo (C. di S. Sez. III, 22 febbraio 1994, n. 91).

Nella fattispecie, a fronte della domanda tempestivamente presentata dai ricorrenti in data 21.9.1987, dalle somme liquidate con delibera di Giunta Comunale n. 492 dell’11.10.1996 a tutto il personale della L. n. 285/77 ed indicate nel prospetto predisposto dal Ministero dell’Interno ed elaborato dal Ragioniere - dichiarato formare parte integrante della suddetta delibera - a fianco di ciascun dipendente per un importo complessivo di lire 73.649.510, non è dato evincere se essere siano o meno comprensive anche della quota parte dell’indennità integrativa speciale, ai fini del trattamento di fine rapporto.

Ne deriva che, nel caso in cui le somme liquidata con la suddetta delibera non siano comprensive dell’indennità integrativa speciale, il Comune di Casal di Principe dovrà riliquidare le somme dovute a ciascun dipendente a titolo di indennità premio di fine servizio, includendovi anche la quota parte dell’indennità integrativa speciale.

Deve pertanto disporsi la condanna il Comune di Casal di Principe, in persona del legale rappresentante p.t., alla riliquidazione in favore dei ricorrenti delle somme a titolo di indennità premio di fine servizio nel modo come sopra descritto.

Fondata è anche la domanda con la quale i ricorrenti rivendicano il pagamento delle somme loro dovute a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del diritto coincidente con il formale inquadramento degli istanti nell’Ente (2.6.1984) fino alla data della liquidazione (11.10.1996).

Al riguardo, dalla delibera di Giunta Comunale n. 492 dell’11.10.1996 risulta che sulle somme liquidate ai singoli dipendenti con la delibera di Giunta comunale n. 492 dell’11.10.1996 a titolo di indennità premio di fine servizio non sono state aggiunte le maggiori somme a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria.

Orbene, ai sensi dell’art. 429 cod. proc. civ. quando il giudice pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di danaro per crediti di lavoro deve determinare anche il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione del valore del suo credito condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto e, sul punto, la giurisprudenza è pacifica nel senso di prevedere la corresponsione degli interessi dalla maturazione del diritto (cfr. Cass. Sez. Lav. 4.2.1998, n. 1140, Cass. Civ. Sez. Lav. 5.3.91, n. 2263, Cass. Civ. sez. lav. 4.4.1992, n. 4155;
T.A.R. Sicilia, sez. I, Palermo 15.4.97, n. 37).

Va, pertanto, disposta la condanna del resistente Comune, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore dei ricorrenti delle somme dovute a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria dal 2.6.1984 all’11.10.1996.

Invece il ricorso è infondato in relazione alla seconda domanda di pagamento della quota del 30% della retribuzione stabilita per il periodo di servizio fuori ruolo svolto ed indebitamente trattenuta dall’Ente, a seguito di compenso per prestazioni concretamente effettuate a favore del Comune a seguito dell’adibizione a non meglio specificati “compiti d’istituto”, in luogo dei prescritti corsi di formazione, se solo sin considera la ratio della L. n. 285/1977, recante “Provvedimenti per l’occupazione giovanile”, tra cui l’attività di formazione professionale finalizzata alle prospettive generali di sviluppo, sembrando illogico che una stessa attività lavorativa svolta per l’intero orario di servizio sia retribuita quanto al 70% e che non lo sia quanto al residuo 30%.

Al riguardo il rapporto dei giovani assunti con contratto di formazione lavoro continua ad essere regolato sotto tutti i profili dalla Legge n. 285/77 e dall’atto contrattuale e, pur essendo di pubblico impiego a tempo determinato, resta pur sempre un rapporto precario neppure assimilato al trattamento giuridico, assistenziale e previdenziale dei dipendenti pubblici non di ruolo, con la conseguenza che, nel caso di specie, vanamente parti ricorrenti asseriscono che, non essendo stati mai attivati dall’Amministrazione i corsi di formazione, i giovani in questione erano stati adibiti, fin dalla loro assunzione, in compiti di istituto attuandosi una sorta di ”formazione sul campo” e che, fino al momento dell’assunzione in ruolo, avevano prestato servizio non di ruolo con le stesse qualifiche, in favore del Comune di Casal di Principe, disimpegnando, nelle ore che si sarebbero dovute riservare ai corsi, normale attività lavorativa nell’interesse dell’Ente, ma percependo solo il 70% della retribuzione.

Tuttavia l’assunto di parti ricorrenti, circa il presunto svolgimento di compiti istituzionali dell’Ente, sganciato da qualsiasi previsione contrattuale, risulta infondato anche in fatto, in quanto del tutto sfornito di prova che, secondo il principio dispositivo pieno, incombe esclusivamente sui lavoratori ricorrenti.

Priva di pregio è, infine, l’ultima domanda di restituzione delle somme trattenute dall’Ente per il versamento dei contributi all’I.n.a.d.e.l. (poi I.n.p.d.a.p., attualmente I.n.p.s.), già richiesta all’Amministrazione con istanza del 21.9.1987.

Al riguardo la legge 8 marzo 1968, n. 152, all’art. 1 (“Iscrizione personale non di ruolo”), prevede che: <<
A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge l’iscrizione all’I.n.a.d.e.l. ai fini del trattamento di previdenza, è estesa al personale impiegato, sanitario e salariato degli enti tenuti ad iscrivere i propri dipendenti all’Istituto medesimo a norma delle disposizioni vigenti (…….) >>.

Ne deriva che il versamento dei contributi conseguiva all’obbligo di iscrizione prescritto dalla suddetta legge, mentre altra questione, ovviamente, sarebbe quella inerente all’eventuale mancato versamento dei contributi dal parte dell’Ente obbligato all’Ente previdenziale, ché in tal caso diversa avrebbe dovuto essere la domanda da formulare da parte degli interessati.

Pertanto, in relazione alle restanti domande il ricorso è infondato e deve essere respinto.

L’esito del giudizio suggerisce di compensare integralmente fra le parti le spese giudiziali.

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