TAR Potenza, sez. I, sentenza 2014-04-24, n. 201400286

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2014-04-24, n. 201400286
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 201400286
Data del deposito : 24 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00376/2010 REG.RIC.

N. 00286/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00376/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 376 del 2010, proposto da:
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. A G, con il quale ai sensi dell’art. 25, n. 1, lett a ) del codice del processo amministrativo si intende domiciliato presso la segreteria di questo Tribunale, in -OMISSIS- alla via A. Rosica n. 89;

contro

- Ministero dell’Interno, in persona del Ministro e legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, ope legis , dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di -OMISSIS-, ivi avente sede al corso

XVIII

Agosto 1860;
- Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro e legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, ope legis , dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di -OMISSIS-, ivi avente sede al corso

XVIII

Agosto 1860;

per l'annullamento

- del decreto del direttore della Divisione III, servizio trattamento di pensione e previdenza, Direzione centrale delle risorse umane, del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, di diniego di concessione dell’equo indennizzo per infermità ritenute non dipendenti da causa di servizio;

- ove occorra, del parere negativo del Comitato di verifica per le cause di servizio reso nell’adunanza n.-OMISSIS-del -OMISSIS-, posizione n. -OMISSIS-;

- ove e in quanto occorra, di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, e in ogni caso lesivo dell’interesse del ricorrente ad ottenere l’equo indennizzo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 22, n. 8, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2014 il magistrato avv. Benedetto Nappi e udito per le parti resistenti l’avvocato dello Stato Domenico Mutino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.1. Il ricorrente, graduato della Polizia di Stato, in data -OMISSIS- ha presentato istanza volta ad ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle seguenti infermità: a) “scomparsa della fisiologica lordosi cervicale da pregresso trauma cervicale”;
b) “ipertensione arteriosa”. Contestualmente, il ricorrente ha chiesto anche la concessione dell’equo indennizzo, in merito alle seguenti patologie per le quali la Commissione medico-ospedaliera si era già pronunziata nel vigore del regime giuridico previgente: a) “ferita lacero contusa regione sopracciliare e palpebra superiore”;
b) “note di epatopatia”;
c) “pitiriasi lichenoide”;
d) “ferita lacero contusa in regione interparietaria”;
e) “discopatia L5-S1”.

1.2.1. Per quanto concerne le valutazioni dell’organo medico-specialistico, va detto che la commissione medica ospedaliera dell’Ospedale militare di -OMISSIS-:

I) con verbale modello AB n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, ha riscontrato in capo all’interessato delle affezioni “note di epatopatia” e “pitiriasi lichenoide”, ritenendo che solo la prima di esse potesse dipendere da causa di servizio;

II) con verbale modello AB n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, ha riscontrato in capo all’interessato le affezioni “scomparsa della fisiologica lordosi cervicale da pregresso trauma cervicale” e “cardiopatia ipertensiva”.

1.2.2. Occorre altresì precisare, anche ai fini della disamina del ricorso, che le per infermità sub I ) ha in parte trovato applicazione, ratione temporis , il d.P.R. 20 aprile 1994, n. 349, mentre per quelle sub II ) soltanto il d.P.R. 20 ottobre 2001, n. 461.

1.3. Successivamente, il Comitato di verifica per le cause di servizio, nell’adunanza n.-OMISSIS-del -OMISSIS-, con parere n. -OMISSIS-, ha deliberato che le infermità descritte al precedente capo 1.2.1. non possono riconoscersi come dipendenti da fatti di servizio.

1.4. E’ stato quindi adottato l’impugnato provvedimento del -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, con il quale la competente Direzione del Ministero dell’Interno si è conformata al predetto parere, respingendo la richiesta di equo indennizzo. Inoltre, con riguardo alle sole “note di epatopatia” è stata anche rilevata l’intempestività della domanda.

2.1.1. Avverso tale provvedimento di diniego insorge il sig. -OMISSIS-, chiedendone l’annullamento, unitamente agli altri atti impugnati, se del caso previo ricorso ad una consulenza tecnica d’ufficio o, in subordine, ad una verificazione.

2.1.2. Questi i motivi del ricorso:

1) Violazione dell'art. 21 -septies legge 241/90 con riferimento all'art. 6, co. 1, d.P.R. 20 aprile 1994, n. 349. Nullità per difetto di attribuzione e carenza di potere. incompetenza.

Il ricorrente sostiene che il parere del Comitato di Verifica avrebbe di fatto revocato il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle patologie indicate al precedente capo 1.2.1. per la quali il ricorrente aveva chiesto solo ed unicamente l'ottenimento dell'equo indennizzo;

2) Violazione degli articoli. 7 e 10 della legge n. 241/90. Violazione del principio di buon andamento e di affidamento nell'azione della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost.. Violazione del principio del giusto procedimento, anche in relazione alla violazione del principio del corretto esercizio del potere di autotutela. Violazione e mancata e/o falsa applicazione degli artt. 3, 21 -quinquies e 21 -nonies della legge 241/90.

Il ricorrente ritiene che i provvedimenti impugnati determinerebbero anche la violazione della disciplina in epigrafe, in quanto si sostanzierebbero in un atto di ritiro delle valutazioni compiute dalla Commissione medico ospedaliera ed afferenti l'avvenuto riconoscimento del nesso eziologico tra servizio prestato e patologie di cui innanzi;

3) Eccesso di potere per travisamento di fatto ed erroneità di presupposti. Sviamento con riferimento a quanto previsto dal d.P.R. n. 461/2001. violazione e falsa applicazione dei principi in materia di causalità materiale e giuridica.

Il ricorrente lamenta l'erroneità di presupposti e, quindi, il palese travisamento dei fatti in cui sarebbe incorso il Comitato di Verifica nell'emettere il parere impugnato con riferimento alle infermità accertate dalla Commissione medico ospedaliera.

4) Insufficiente attività istruttoria. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 6, 7, 8, l. n. 241/90.

Non si comprenderebbe sulla base di quale relazione di servizio sia stato formulato il parere del Comitato, il quale risulterebbe cosi emesso senza che sia stato acquisito e quindi valutato materiale istruttorio comprovante con esattezza, concretezza e specificità l'intero stato di servizio del ricorrente. Ciò in quanto sia nel provvedimento finale che nel parere presupposto non vi sarebbe traccia della documentazione esaminata né di alcuna relazione e/o atti afferenti alla descrizione del servizio;

5) Violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma 1, della legge n. 241/90. Eccesso di potere per perplessità, genericità ed apoditticità della motivazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 12 e 14 del d.P.R. n. 461 del 29 ottobre 2001. Eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà.

L'Amministrazione resistente avrebbe recepito acriticamente ed immotivatamente un parere viziato da eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto d'istruttoria e vizio di motivazione, senza verificare e motivare le modalità e i criteri in base ai quali è stato valutato lo stato di servizio;

6) Violazione e falsa applicazioni dell'art. 7 del d.P.R. n. 461/2001.

Il ricorrente non sarebbe stato tempestivamente informato della trasmissione degli atti al Comitato né della possibilità di presentare richiesta di equo indennizzo. L'intero procedimento, anzi, apparirebbe viziato dalla palese e rilevante violazione della tempistica procedimentale disciplinante sia l'accertamento della causa di servizio che il riconoscimento dell'equo indennizzo, cosi come fissata dal d.P.R. n. 461/2001.

3.1. Si sono ritualmente costituite le Amministrazioni resistenti, per il tramite dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di -OMISSIS-, depositando documenti e relazioni difensive, e concludendo per il rigetto dell’impugnativa.

4.1Alla pubblica udienza del 6 marzo 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.1. In via preliminare e in rito, il Collegio dà atto di essere munito di giurisdizione esclusiva sulla questione, ai sensi dell’art. 133, n. 1 lett. f ) del codice del processo amministrativo, in quanto il ricorrente appartiene alle forze di Polizia di Stato, per cui trova applicazione l’art. 3, n. 1, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni.

1.2. Sussiste la competenza territoriale ai sensi dell’art. 13, n. 2, dello stesso codice, in quanto trattasi di pubblico dipendente la cui sede di servizio, ovverosia la Questura di -OMISSIS-, è situata nella circoscrizione di questo Tribunale.

1.3. Risultano altresì rispettato il termine di cui all’art. 29 del codice del processo amministrativo, tenuto conto della sospensione feriale di cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742, atteso che il provvedimento impugnato risulta comunicato al ricorrente il 22 luglio 2010, mentre il ricorso è stato notificato in data 27 ottobre 2010. Del pari, è stato osservato il termine di cui all’art. 45 del codice, essendosi provveduto al depositato in segreteria in data 12 novembre 2010.

1.4. Il Collegio rileva quindi il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'Economia e delle Finanze, richiamando quanto statuito sul punto dalla giurisprudenza, secondo cui il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (oggi Comitato per la verifica delle cause di servizio), e per esso il Ministero dell’Economie e delle Finanze in cui risulta incardinato, è privo di legittimazione passiva nella controversia avente ad oggetto il diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità o lesione sofferta da un pubblico dipendente e di liquidazione dell'equo indennizzo, atteso che il parere da esso reso è un mero atto endoprocedimentale, privo in quanto tale di autonoma capacità lesiva, la quale discende direttamente dall'atto dell'organo di amministrazione attiva che lo ha recepito, facendolo proprio" (cfr. C.d.S., sez. IV, 6 maggio 2008, n. 2028).

2.1. Nel merito, il ricorso è infondato.

3.1.1. Il primo motivo del ricorso ha ad oggetto la pretesa violazione dell'art. 6, comma 1, d.P.R. n. 349/1994, sotto i profilo della nullità per difetto di attribuzione, carenza di potere e incompetenza.

3.1.2. Si sostiene, in particolare, che fino al 22 gennaio 2002, la materia era regolata dal d.P.R. 20 aprile 1994, n. 349. Tanto anche in applicazione dell'art. 18, n. 1, del successivo d.P.R. 20 ottobre 2001, n. 461, secondo cui i procedimenti relativi a domande di riconoscimento di causa di servizio e concessione dell'equo indennizzo, nonché di riconoscimento di trattamento di pensione privilegiata e accertamento di idoneità al servizio, già presentate all'Amministrazione alla data di entrata in vigore di detto regolamento, sono definiti secondo i termini procedurali anteriormente vigenti.

Ne deriva che nel caso in questione dovrebbe appunto trovare applicazione l'art. 6, n. 1, del d.P.R. n. 349/1994, a norma del quale la dipendenza da causa di servizio dell'infermità o lesione contratta dall'impiegato deve essere accertata dalla Commissione medica, nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio cui il dipendente è assegnato. Sarebbe quindi evidente che il Comitato di Verifica avrebbe inciso, a distanza di oltre un ventennio, su valutazioni legittimamente espresse da altri organi, senza averne il relativo potere.

3.1.3. Inoltre, la competenza funzionale del Comitato non potrebbe essere intesa come retroattiva ed estesa addirittura a valutazioni compiute in un epoca in cui nemmeno esisteva quale soggetto istituzionale ovvero era sprovvisto dei relativi compiti e della relative funzioni e prerogative.

3.2.1. Il motivo è privo di pregio giuridico.

3.2.2. In primo luogo, non è esatta la ricostruzione del quadro normativo di riferimento operata da parte ricorrente.

Invero, l’art. 18 del d.P.R. n. 461/2001, pur statuendo che le domande in materia di concessione dell'equo indennizzo già presentate alla data della sua entrata in vigore sono definite secondo i previgenti termini procedurali, tiene tuttavia fermo quanto previsto dall'art. 11, n. 1 del medesimo decreto, secondo cui è il Comitato di verifica per le cause di servizio che accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione.

Ne deriva che la disciplina pregressa è applicabile limitatamente ai termini procedurali, mentre per la riconducibilità a causa di servizio delle infermità è competente per tutte le pratiche in corso il Comitato di verifica per le cause di servizio (cfr. C.d.S., sez. VI, 15 dicembre 2010 n. 8935).

Anche per le vicende oggetto del presente ricorso, quindi, spetta a detto Comitato l’accertamento in via esclusiva della riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l'infermità o lesione.

Del resto, già nel previgente assetto disciplinare in materia di equo indennizzo non poteva dirsi sussistente alcuna equiordinazione dei pareri resi dagli organi consultivi chiamati ad intervenire nei procedimenti di cui trattasi. Era infatti rimesso al Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie il parere finale, anche sulla base di quello reso dalla Commissione Medica Ospedaliera, e detto parere costituiva momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti (cfr. C.d.S., sez. VI, 18 aprile 2007, n. 1769; id , sez. IV, 14 dicembre 2004 n. 8066).

3.2.3. Per quanto innanzi, risulta poi priva di base normativa l’ulteriore tesi sostenuta con il motivo in esame, secondo cui, in base al predetto art. 18, sulle istanze di cui trattasi non avrebbe dovuto esprimere alcun parere il Comitato di verifica per le cause di servizio (T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 5 ottobre 2012, n. 358).

4.1.1. Col secondo motivo di ricorso, il ricorrente sostiene che i provvedimenti impugnati si sostanzierebbero in un “atto di ritiro” del giudizio di riconoscimento, ad opera dalla CMO di -OMISSIS-, del nesso eziologico tra servizio prestato e patologie innanzi rubricate.

4.1.2. In particolare, l'Amministrazione resistente avrebbe ritirato i consolidati ed avvenuti riconoscimenti senza porre in essere alcun procedimento di secondo grado.

4.1.3. Inoltre, anche laddove esso fosse stato espletato, sarebbe comunque stata omessa la previa comunicazione dell'avvio del procedimento, inibendo la partecipazione del ricorrente alla fase istruttoria e decisoria. Nel caso di specie, la partecipazione sarebbe stata tanto più opportuna e doverosa, in quanto il ricorrente avrebbe avuto modo di produrre il verbale della Commissione medico ospedaliera n. -OMISSIS-, nonché il provvedimento di concessine dell'equo indennizzo per la patologia discale, oltre che di chiarire, anche con l'ausilio di un medico legale, la dipendenza dal servizio svolto delle patologie riconosciute e l'esistenza di atti afferenti l'avvenuto riconoscimento.

4.2.1. Anche tale motivo è sprovvisto di pregio giuridico.

4.2.2. Quanto innanzi già ampiamente illustrato consente di affermare che:

- nella presente questione, ai sensi dell’art. 18 del decreto n. 461/2001, unico organo competente ad accertare l'esistenza di un nesso causale fra le patologie riscontrate dalla Commissione a carico del pubblico dipendente e l'attività lavorativa da lui svolta, in vista del riconoscimento dell’equo indennizzo, è il Comitato di Verifica per le cause di servizio;

- lo speciale procedimento di cui al d.P.R. n. 461/2001 si è concluso soltanto con l’emanazione dell’impugnato decreto del Ministero dell’Interno n. -OMISSIS-, per cui i giudizi resi dalla Commissione medica ospedaliera assumono carattere endoprocedimentale;

- ai sensi dell'art. 11 del d.P.R n. 461/2001, in caso di contrasto di pareri medico legali fra la Commissione Medico Ospedaliera e il Comitato di Verifica sulla dipendenza da causa di servizio dell'infermità contratta dal pubblico dipendente, l'Amministrazione non deve dare alcuna motivazione in ordine alla sua adesione all'avviso del Comitato, atteso che compito della Commissione è solo la diagnosi sull'infermità, l'indicazione della categoria, il giudizio di idoneità al servizio, mentre spetta al Comitato di Verifica accertare la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione e conseguentemente formulare parere motivato sulla dipendenza dell'infermità o lesione da causa di servizio (cfr., ex multis , le sentenze di questo Tribunale del 3 maggio 2004, n. 302, del 14 ottobre 2006 , n. 705, e del 16 maggio 2009, n. 222).

4.2.3. Ad ogni modo, anche nel regime previgente, per effetto dell’art. 5 -bis del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387 (Copertura finanziaria del d.P.R. 10 aprile 1987, n. 150, di attuazione dell'accordo contrattuale triennale relativo al personale della Polizia di Stato ed estensione agli altri Corpi di polizia), convertito in legge con modificazioni dall'art. 1, primo comma, della legge 20 novembre 1987, n. 472, i giudizi collegiali adottati dalle Commissioni mediche ospedaliere avevano valore definitivo solo per finalità diverse dal riconoscimento della pensione privilegiata e dalla concessione dell'equo indennizzo, in quanto a questi ultimi fini il parere del Comitato di verifica per le cause di servizio, all’epoca Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, era comunque obbligatorio e preminente (cfr. C.d.S., sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5537).

4.2.4. Non è perciò ravvisabile, in relazione al procedimento volto all’eventuale concessione dell’equo indennizzo, alcun atto di ritiro, né risultano violate le norme sulla partecipazione procedimentale invocate dal ricorrente.

4.2.5. Rileva altresì il Collegio come in più parti del ricorso si faccia riferimento ad un ulteriore verbale della Commissione medico-ospedaliera, di cui il Comitato di verifica non avrebbe tenuto alcun conto, e segnatamente al verbale n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, in cui l’infermità “note di epatopatia” sarebbe stata riconosciuta come dipendente da causa di servizio,.

Tuttavia, detto verbale non è stato incluso dalla difesa del ricorrente tra gli atti prodotti in allegato al ricorso.

La difesa erariale, sul punto, in sede di memoria di costituzione, ha eccepito che secondo il competente Servizio Trattamento di Pensione e Previdenza del Ministero dell’Interno, non risulta mai emesso nei confronti del deducente alcun verbale n. -OMISSIS- del -OMISSIS-.

Tale eccezione non è stata smentita o contestata dalla difesa del ricorrente in prosieguo di giudizio,

D'altronde, è lampante che la Commissione medica-ospedaliera di -OMISSIS- si è pronunziata con riguardo alla citata infermità “note di epatopatia” col diverso verbale n. -OMISSIS-, sempre del -OMISSIS-. Di tale ultimo verbale, peraltro, il Comitato di verifica, come risulta dagli atti, ha tenuto puntualmente conto.

Appare perciò arduo ritenere che nel medesimo giorno, con due distinti procedimenti verbali, la Commissione medico-ospedaliera abbia esaminato per due volte l’unica patologia “note di epatopatia”.

5.1.1. Il ricorrente, col terzo e col quinto motivo, che possono scrutinarsi congiuntamente attesa la connessione logica, deduce ancora l'erroneità di presupposti e, quindi, il palese travisamento dei fatti in cui sarebbe incorso il Comitato di verifica nell'emettere il parere impugnato, nonché il difetto di istruttoria ed il difetto di motivazione degli atti impugnati

5.1.2. In particolare, per ciò che concerne l’ipertensione arteriosa, il Comitato avrebbe errato nel ritenere come insussistente uno dei più noti e comuni elementi di rischio per le patologie cardiache e vascolari, ossia lo stress, ed invece sussistenti senza aver svolto alcuna indagine al riguardo, fattori endogeno-costituzionali dei quali non vi sarebbe traccia in concreto.

Nel caso di specie, il ricorrente sarebbe da anni sottoposto ad una intensa attività di ordine pubblico, attività che, per sua natura, richiede costantemente un rilevante grado di attenzione e di impegno. Proprio l'essere stato sottoposto per lunghi e prolungati periodi allo stress ed ai fattori ansiogeni connessi con la specifica attività espletata durante i turni di servizio, sarebbe da identificare quale causa dell'insorgenza della patologia.

5.1.3. Con riferimento alla patologia “scomparsa della fisiologica lordosi cervicale per pregresso trauma cervicale", non si comprenderebbe poi quali sarebbero gli ulteriori documenti ritenuti necessari dal Comitato di verifica, in relazione al fatto che il sinistro in itinere del dipendente risulterebbe dagli atti nonché dal verbale n. -OMISSIS- del -OMISSIS- della C.M.O. di -OMISSIS-

5.1.4. Inoltre, parte resistente avrebbe recepito acriticamente ed immotivatamente un parere viziato sia da eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto d'istruttoria e, non da ultimo, vizio motivazionale, senza indagare, verificare e motivare, modalità e criteri in base ai quali è stato valutato lo stato di servizio

5.1.4. In definitiva, il giudizio sarebbe affetto, oltre che da un vistoso travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti, anche da una “malevola” applicazione ed interpretazione dei criteri e dei principi che disciplinano la causalità materiale e giuridica. Infatti, in tema di analisi e valutazione del nesso di causalità, la recente giurisprudenza si è attestata sul criterio dell'aumento del rischio e del "più probabile del non" (Cass. Civ., Sez. III, 16 gennaio 2009, n. 975;
11 maggio 2009, n. 10743;
15 settembre 2008, n. 23676;
Sez. Unite, 11 gennaio 2008, n. 581;
Sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619). Diversamente, l’Amministrazione avrebbe erroneamente applicato i criteri disciplinanti il nesso di causalità, laddove sembrerebbe aver abbracciato l'orientamento restrittivo di stampo penalistico (oltre il ragionevole dubbio), anziché quello meramente probabilistico.

5.2.1. Ritiene il Collegio che le predette censure non colgano nel segno.

5.2.2. Secondo una costante giurisprudenza, da cui il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti rientrano nella discrezionalità tecnica dei predetti Comitati, che pervengono alle relative conclusioni assumendo a base le cognizioni della scienza medica e specialistica. Da ciò consegue che il sindacato su detti giudizi è consentito nelle sole ipotesi di evidenti vizi logici, desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi l'inattendibilità metodologica delle conclusioni a cui è pervenuta l'Amministrazione (cfr. C.d.S, sez. II, 28 gennaio 2014, n. 310; id , sez. III, 14 luglio 2009, n. 1599; id , sez. VI, 10 luglio 2001, n. 9360).

Nel caso di specie, detto Comitato è pervenuto alla determinazione di dover escludere la riconducibilità dell’infermità al tipo di attività professionale svolta, con un ragionamento che appare immune da vizi logici e motivazionali, oltre che coerente nel porre in relazione premesse e conseguenze.

Ad una tale conclusione, il Comitato di Verifica è, infatti, giunto sulla base delle conoscenze mediche e dei risultati acquisiti in tema di correlazione tra la patologia lamentata ed asseriti eventi scatenanti, tenendo conto delle modalità, anche temporali, di svolgimento del servizio stesso, e rilevando in particolare che l’infermità “cardiopatia ipertensiva” non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, trattandosi di patologia “conseguente ad ipertensione arteriosa sistemica, caratterizzata da ipertrofia delle pareti del ventricolo sinistro e da disfunzione sistolica e diastolica dello stesso Su tale patologia nessuna influenza causale o concausale efficiente e determinante, può essere attribuita al servizio prestato durante il quale, peraltro, il soggetto non risulta essere stato sottoposto a stress psico-fisici tali da ingenerare notevoli tensioni emotive e conseguenza insorgenza di stati ipertensivi”.

L’iter logico seguito per giungere alla statuizione conclusiva si desume perciò agevolmente dal testo del parere recante le valutazioni formulate dal predetto Comitato di verifica per le cause di servizio, collegio tecnico caratterizzato da un elevato livello di professionalità che, sia per la sua composizione (tecnica e giuridica), sia per la competenza specifica, è l’organo che è più in grado di cogliere se esista o meno un nesso eziologico tra l’insorgenza di una infermità e il tipo di lavoro svolto nell’ambito di una pubblica amministrazione (cfr. C.d.S., sez. IV, 26 luglio 2004 n. 5331).

Nel caso in esame, risulta anche svolta un’adeguata istruttoria, in quanto il Comitato ha dato atto di aver “esaminato e valutato” senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti. Risultano inoltre trasmessi al Comitato i rapporti informativi sul servizio svolto dal sig. -OMISSIS-, a partire dal -OMISSIS-, dai quali emerge che lo stesso ha prestato servizio presso l’Ufficio di Gabinetto della Questura di -OMISSIS- con mansioni di autista (cfr. nota del Ministero dell’Interno del 9 dicembre 2010, in atti della produzione di parte resistente).

5.2.3. Quanto argomentato dal Comitato non può essere superato dalle deduzioni o dalla produzione documentale del ricorrente.

Nell’istanza di riconoscimento dell’infermità “ipertensione arteriosa” del -OMISSIS-, il ricorrente testualmente ne individua le cause nei servizi gravosi espletati dalla data dell’arruolamento, nei numerosi turni notturni con relativa esposizione alle intemperie e, non da ultimo, nell’aver prestato servizio presso sedi con clima non favorevole.

Di contro, il ricorrente non prova o finanche allega specifici episodi di servizio risultati particolarmente gravosi, eccezionali ed esorbitanti rispetto agli ordinari compiti d’istituto, come tali idonei ad incidere in maniera determinante sul manifestarsi dell’infermità di che trattasi, quantomeno sul piano concausale. In effetti, affermare che un agente di polizia svolge servizi di ordine pubblico, lavora per turni, è esposto a condizioni climatiche avverse e interviene in situazioni di emergenza è dato generico;
l’adibizione alle mansioni predette, al contrario di quanto afferma il ricorrente, non è di per sé sufficiente a dimostrare la dipendenza della malattia da causa di servizio, trattandosi di incarichi che, pur delicati, non eccedono la soglia dell’impegno psicofisico ordinariamente richiesto agli appartenenti alle forze dell’ordine addetti a compiti operativi.

Di contro, nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, eccezionalmente gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (cfr. C.d.S., sez. II, 11 dicembre 2013 n. 4817, TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 12 novembre 2013 n. 5052;
TAR Sicilia, Catania, sez. III, 26 settembre 2013, n. 2315;
TAR Calabria, Catanzaro, sez. II , 12 giugno 2013, n. 649;
C.d.S., 11 maggio 2007, n. 2274).

5.2.4. Anche la motivazione concernente l’infermità “scomparsa della fisiologica lordosi cervicale per pregresso trauma cervicale” appare esente da palese inattendibilità o manifesta illogicità.

In effetti, si desume dalla relativa istanza di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio del -OMISSIS-, in atti, che il ricorrente in data -OMISSIS- sarebbe rimasto coinvolto in un sinistro stradale nel mentre si recava al lavoro. Si tratterebbe, dunque, di un c.d. infortunio in itinere.

Secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale, l’infortunio in itinere è indennizzabile quando è certa l’esistenza di un nesso di causalità tra l’attività lavorativa e l’evento dannoso, con la precisazione che il nesso si interrompe ogni qualvolta il danno sia stato determinato dalla condotta del dipendente che abbia agito con dolo o con colpa grave (cfr., C.d.S., sez. IV, 20.1.2006, n. 144;
22.9.2005, n. 4951;
C.G.A., 22.7.2002, n. 421;
C.d.S., sez. IV, 21.11.1994, n. 912).

In giurisprudenza si è anche precisato che un infortunio in itinere può ritenersi avvenuto in occasione di lavoro soltanto quando sussista uno “specifico collegamento tra l'evento e l'attività di lavoro”, per cui non è sufficiente il normale rischio che affronta chiunque transiti su di un dato percorso, perché “occorre il rischio specifico collegato all'attività lavorativa” (cfr. C.d.S., sez. V, 19.11.2012, n. 5850 e sez. VI, 17.7.2006, n. 4572).

Orbene, come puntualmente rilevato dal Comitato, il ricorrente non si è premurato neppure di allegare una sommaria descrizione delle modalità di svolgimento del sinistro, da cui evincere, quantomeno in via presuntiva, le relative responsabilità. Certamente, in tal senso non può ritenersi sufficiente la laconica affermazione secondo cui il ricorrente “[…] veniva a collisione con autovettura guidata da -OMISSIS- ”. A ben vedere, anzi, non viene neppure indicata la targa dell’altro autoveicolo coinvolto nel sinistro. Ancora, sono assenti certificazioni o rilievi di organi terzi eventualmente intervenuti sul luogo dell’evento. Infine, tanto il referto all’Autorità giudiziaria redatto dal Servizio di Pronto Soccorso dell’azienda ospedaliera -OMISSIS- di -OMISSIS-, quanto la segnalazione alla Questura di -OMISSIS- del Posto di Polizia presso l’ospedale stesso, meramente riportano quanto laconicamente riferito dell’interessato in ordine all’accaduto, senza quindi assumere alcun rilievo circa le esatte modalità di verificazione dell’evento e l’attribuzione delle relative responsabilità.

Quanto innanzi, in tutta evidenza, preclude ogni verifica circa la riconducibilità dell’infortunio a causa di servizio.

Peraltro il ricorrente non dà conto del perché stesse utilizzando il proprio automezzo privato per raggiungere il luogo di lavoro. Ebbene, secondo un recente indirizzo giurisprudenziale (cfr. Cass. civ., ord., sez. VI, 7 settembre 2012, n. 15059) l’infortunio in itinere non può essere riconosciuto in caso di incidente stradale subìto dal lavoratore che utilizzi il proprio mezzo di trasporto privato per raggiungere la propria abitazione dal luogo di lavoro, allorché tale utilizzo rappresenti non una necessità per la mancanza di soluzioni alternative, ma una libera scelta del lavoratore, tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce strumento normale di mobilità.

5.2.5. Va ulteriormente precisato che nei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità del pubblico dipendente, il parere reso dal Comitato di verifica si impone nel suo contenuto tecnico-discrezionale all'Amministrazione, la quale nell'adottare il provvedimento finale, è tenuta esclusivamente alla verifica estrinseca della completezza e della regolarità del precedente procedimento di valutazione, di modo che essa non deve attivare una nuova ed autonoma valutazione della vicenda. Ne deriva che l'Amministrazione è tenuta ad esprimere una specifica motivazione solamente nei casi in cui, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del Comitato stesso (cfr. C.d.S., sez. IV, 24 maggio 2007, n. 2637).

5.2.6. Il Collegio non ritiene infine in alcun modo condivisibile la tesi della difesa del ricorrente, secondo cui in materia di accertamento di dipendenza di infermità da cause di servizio troverebbero applicazione il criterio di accertamento della causalità c.d. del “più probabile che non” elaborato dalla giurisprudenza con riguardo alla responsabilità civile, con conseguente sostanziale inversione dell’onere della prova, di modo che: “ il compimento della dedotta attività di servizio ha sensibilmente aumentato il rischio di verificazione dell'evento e, quindi, la concreta verificazione dello stesso sposta sull'Amm.ne resistente l'onere di provare che non è dipeso da fatti ad essa imputabili o collegabili con il servizio reso ”.

In effetti, l’equo indennizzo non riveste natura risarcitoria, ma ha piuttosto natura indennitaria al pari di altre indennità conferite dalla pubblica amministrazione ai propri dipendenti in relazione alle vicende del rapporto di impiego (cfr Consiglio di Stato, Ad. Pl., 16 luglio 1993, secondo cui l’equo indennizzo rappresenta un istituto di carattere pubblicistico collegato con lo status di dipendente pubblico). Siffatto carattere dell’equo indennizzo ne determina la compatibilità con il risarcimento del danno, che può essere chiesto dal dipendente che si ritenga leso, nella propria integrità psico-fisica, a causa di un comportamento illecito, doloso o colposo, dell’Amministrazione (cfr. C.d.S., sez. VI, 2 ottobre 1991, n. 506), sebbene nel limite della complementarietà.

Ebbene, l’estraneità dell’equo indennizzo allo schema risarcitorio, preclude a giudizio del collegio l’applicazione di criteri elaborati per istituti di segno diverso.

Anche la Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ., SS.UU., 17 giugno 2004, n. 11353) ha avuto modo di precisare, in materia di accertamento della dipendenza da causa di servizio, che "la portata estensiva da attribuirsi all'espressione "fatti di servizio" e la considerazione che "la perdita permanente della integrità fisica" del pubblico dipendente può risalire, seppure in forma concausale, a predisposizione organica o costituzionale a contrarre infermità e/o a preesistenti condizioni morbose, portano a concludere che nella materia in esame si rinvengono puntualmente tutte quelle esigenze che, in relazione ad ogni controversia in materia di lavoro, impongono la completezza del ricorso e della memoria difensiva nei termini innanzi indicati, sicché non è consentito dubitare che l'onere della prova - secondo i principi generali (articolo 2697 c.c.) - gravi sul dipendente, non sussistendo in materia presunzioni di dipendenza da causa di servizio, come accade, invece, per le malattie professionali tabellate".

Deve pertanto ritenersi che, ai fini del riconoscimento della causa di servizio in relazione all'equo indennizzo, occorre che l'attività lavorativa possa con certezza ritenersi concausa efficiente e determinante della patologia lamentata, non potendosi nella specifica materia far riferimento a presunzioni di sorta (cfr. Cass. civ., sez. lav., 6 febbraio 2013, n. 2767).

Inconferente è poi il richiamo della difesa del ricorrente alla decisione del Consiglio di Stato, sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751, in quanto quest’ultima ha ad oggetto il diritto al risarcimento dei danni subiti da un’impresa in conseguenza della mancata aggiudicazione, da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dei lavori di ricomposizione di un edificio.

6.1.1. Il quarto motivo del ricorso si incentra su pretese carenze istruttorie che inficerebbero il parere del Comitato di verifica per le cause di Servizio. A detta del ricorrente non si comprenderebbe sulla base di quale relazione di servizio è stato emesso il parere del Comitato, il quale risulterebbe cosi emesso senza che sia stato acquisito e quindi valutato materiale istruttorio comprovante con esattezza, concretezza e specificità l'intero stato di servizio del ricorrente. In ogni caso, basterebbe a contestare l'assunto dell'Amministrazione la possibilità che lo stato di servizio sia stato, se pure non l'unica causa, quanto meno una concausa efficiente e determinante per l'insorgenza delle patologie accertate. In tal senso, non si sarebbe tenuto conto del fatto che nessuna predisposizione e nessuna patologia pregressa o di natura congenita od organica risulterebbe affliggere o aver afflitto il ricorrente (ed i suoi parenti), come erroneamente ed implicitamente ritenuto dall'Amministrazione resistente.

6.2.1. Il motivo è infondato.

6.2.2. Si è già ampiamente detto innanzi che a giudizio del Collegio il parere del Comitato è immune dai vizi innanzi dedotti. Qui si ritiene utile solo evidenziare che in sede di visita medica collegiale svoltasi in data -OMISSIS- il ricorrente è risultato affetto da obesità patologica.

6.2.3. Anche le conclusioni cui giunge la relazione medica di parte non sono idonee nella specie a inficiare il rigore logico e scientifico del giudizio reso dal Comitato e ciò perché le diverse valutazioni ivi contemplate si limitano meramente a contrapporre una diversa tesi a quella privilegiata dal Comitato.

7.1.1. Il ricorrente infine deduce la violazione dell’art. 7 del d.P.R. n. 461/2001, in quanto non gli sarebbe stata comunicata la trasmissione degli atti al Comitato di verifica per le cause di servizio onde consentirgli di presentare la richiesta di equo indennizzo di confermare in tale termine la validità ed efficacia dell'istanza già presentata. Più in generale, a detta del ricorrente l'intero procedimento sarebbe viziato dalla palese e rilevante violazione della tempistica procedimentale disciplinante sia l'accertamento della causa di servizio che il riconoscimento dell'equo indennizzo, cosi come fissata dal d.P.R. n. 461/2001.

7.2.1. Le censure non persuadono.

7.2.2. In primo luogo, il ricorrente ha puntualmente avuto contezza dell’esito dei giudizi formulati dalla Commissione medico ospedaliera di -OMISSIS- rispettivamente in data -OMISSIS-, avendone sottoscritto i relativi procedimenti verbali. Inoltre, non si rinvengono, né il ricorrente si premura di specificarli, effetti negativi che sarebbero derivati dall’omissione di detta comunicazione, atteso che il procedimento volto all’eventuale riconoscimento dell’equo indennizzo ha avuto regolare svolgimento.

In tal senso, occorre evidenziare che l’intempestività dell’istanza di riconoscimento dell’infermità "note di epatopatia" è dipesa dalla violazione dei termini di cui al combinato disposto dell’art. 51 del d.P.R. 686/57 e dell’art.

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