TAR Salerno, sez. II, sentenza 2021-07-05, n. 202101616
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Pubblicato il 05/07/2021
N. 01616/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01817/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1817 del 2012, proposto da:
I V, L V, G V e M P V, rappresentati e difesi dall'avvocato N C, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via G. Cervantes,16;
contro
Comune di Battipaglia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato S C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
e con l'intervento di
ad adiuvandum
:
G E Vza e Paolo Vicinanza, rappresentati e difesi dall'avvocato N C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Gaspare Cervantes 16;
ad opponendum
:
Fare Ambiente Mee - Movimento Ecologista Europeo, rappresentato e difeso dall'avvocato Ferdinando Belmonte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
del provvedimento, n.25/12 del 02/10/2012, recante il rigetto dell'istanza dei ricorrenti per il rilascio del permesso di costruire;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Battipaglia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 9 giugno 2021, tenutasi tramite collegamento da remoto, mediante Teams, ai sensi dell’art. 25 DL 137/2020, la dott.ssa Gaetana Marena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
FATTO e DIRITTO
I titolari in epigrafe, comproprietari di alcuni fondi siti nel Comune di Battipaglia, catastalmente identificati al foglio 25, particelle n. 2034 e 2266, rispettivamente di estensione mq 118 e di mq 1338, inoltravano istanza, del 10.07.2012 n. 52167, per ottenere il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un immobile multipiano per edilizia privata residenziale. Il Comune intimato, con nota n. 52347 dell’11.07.2012, comunicava l’avvio del procedimento;con nota del 13.07.2012, chiedeva chiarimenti in ordine all’istanza, riscontrata con la nota del 23.08.2012, n. 60694;con il provvedimento del 28.08.2012, n. 61625, comunicava i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, ritenendo che la proposta progettuale contrastasse con le previsioni del PRG, e con successivo atto del 2.10.2012, prot. n. 71651, formalizzava il rigetto dell’istanza de qua. Avverso quest’ultimo, unitamente agli atti connessi e conseguenziali, insorge il titolare in epigrafe, proponendo gravame di annullamento, mediante ricorso, notificato il 1.12.2012 e depositato il 15.12.2012, assistito da una serie di censure di illegittimità, variamente articolate nei motivi di ricorso e così di seguito sintetizzate:
1)VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 9 DPR 2001/380-ARTT. 1-3 L. 241/1990-ART. 42 COST.)- ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE- DIFETTO DEL PRESUPPOSTO)-VIOLAZIONE ART. 97 COST.-VIOLAZIONE ART. 1 PROTOCOLLO CEDU.
La parte ricorrente si duole del difetto istruttorio, atteso che il Comune non avrebbe, a suo dire, considerato la circostanza per cui i vincoli richiamati in termini ostativi al rilascio del richiesto titolo edilizio, sarebbero scaduti per decorrenza del termine quinquennale né, per i medesimi, sarebbe stato avviato un iter di rinnovazione. Questo muovendo da una sostanziale natura espropriativa dei medesimi.
2)VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 4 LRC 1982, N. 17-ART. 4 LRC 2004, N. 16-ARTT. 1, 3 E 10 L. 241/1990)- ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA).
La parte ricorrente lamenta l’illegittimità del diniego gravato anche per l’inosservanza della LRC 2004, n. 16, nella parte in cui stabilisce che le previsioni del PUC perdono efficacia, se antro cinque anni dall’approvazione dello strumento urbanistico generale non sia stata adottata la dichiarazione di pubblica utilità. Per cui, secondo l’assunto attoreo, il Comune non avrebbe dovuto rigettare l’istanza, ma accoglierla nel rispetto degli indici di superficie e volume ex LR 17/1982.
3)VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1, 3 E 10 BIS L. 241/1990-ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE.
I ricorrenti censurano l’operato comunale, in ragione dell’inosservanza delle regole partecipative di cui all’art. 10 bis , non avendo, a loro dire, esplicitato puntuali motivazioni volte a disattendere le deduzioni private.
4)VIOLAZIONE DI LEGGE (DEL DM 1968, N. 1444-DEGLI ARTT. 1-3 L. 241/1990)-ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE.
I ricorrenti rimarcano l’illegittimità del diniego impugnato, anche nella parte in cui si contesta la contrarietà dell’intervento rispetto alle destinazioni di zona, con previsione di struttura scolastica.
In data 11.03.2019 resiste in giudizio il Comune intimato, depositando documentazione e memorie, nelle quali, controdeducendo alle avverse prospettazioni di parte ricorrente, conclude per il rigetto.
Il 28.04.2021 spiega intervento ad opponendum l’associazione Fare Ambiente MEE- Movimento Ecologista Europeo, depositando documentazioni e memorie.
Il 29.04.2021 spiegano intervento ad adiuvandum i Sig.ri Vicinanza Giorgio Emanuel e Paolo.
Nell’udienza pubblica di smaltimento del 9 giugno 2021, tenutasi tramite collegamento da remoto, mediante Teams, la causa è introitata per la decisione.
Il gravame è rigettato.
Vanni disattese tutte le doglianze, profilate nei quattro motivi di ricorso che, in ragione della loro affinità contenutistica, sono scrutinate congiuntamente.
La materia del contendere verte sulla legittimità o meno del rigetto dell’istanza di rilascio del permesso di costruire, per realizzare un intervento edilizio in zona B2, sulla base della seguente considerazione: “considerato che quanto richiesto contrasta con il vigente PRG, in quanto le particelle oggetto di intervento sono destinate parte a verde pubblico semplice, ove sono possibili solo attrezzature non permanenti per lo svago e per il gioco, parte a parcheggio pubblico e parte ad attrezzature zonali con previsione di scuola secondaria…che quanto controdedotto dalla parte non può trovare accoglimento in quanto la LR 16/2004, all’art. 38, comma 3, stabilisce che, a seguito della scadenza dei vincoli di cui al comma, si applicano, nelle zone interessate, i limiti di edificabilità previsti dalla LR 1982, n. 17”.
Ed invero, come emerge dalla disamina della documentazione versata in atti, l’atto gravato si appalesa al Collegio in tutta la sua incontestabile legittimità, stante la condivisibilità delle argomentazioni esplicitate a suo fondamento.
Va ripudiato l’assunto attoreo, complessivamente articolato nelle doglianze incentrate sull’inosservanza della normativa urbanistica e di quella più specifica, di carattere regionale, regolante i limiti di edificabilità in presenza di una zona bianca, stante la peculiare natura dei vincoli in contestazione, che, perciò solo, vale ad elidere qualsivoglia dubbio circa la legittimità dell’operato comunale.
L’intervento edilizio, per il quale era richiesto il rilascio del permesso di costruire, consisteva nella realizzazione di un immobile multipiano residenziale privato, vertente in zona B2 del PRG ed insistente su particelle, in parte destinate a verde pubblico semplice, in parte a parcheggio pubblico ed in parte ad attrezzature zonali con previsione di scuola secondaria;ricomprese in zona omogenea territoriale B2 Belvedere, denominata, alla luce della Tavola 6-ter di PRG, zonizzazione e rete viaria, con la specifica destinazione urbanistica a standards urbanistici.
Sulle aree inedificate, sono impressi, ai sensi della Tavola 6-ter del PRG vigente dal 30/03/1972, vincoli conformativi di inedificabilità.
Com’è noto, mentre i vincoli conformativi si caratterizzano per la loro incidenza su una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione assolta dalla intera zona in cui questi ricadono, in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto (per lo più spaziale) con un'opera pubblica;quelli di carattere sostanzialmente preordinato all'espropriazione si presentano come vincoli particolari, incidenti su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione puntuale di un'opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata ma ne esige la traslazione in favore dell'ente pubblico (Consiglio di Stato sez. II, 24/11/2020, n.7354).
Ed invero, sulla base della disamina degli atti di causa, appare incontestabile al Collegio l’intervenuta decadenza dei vincoli de quibus , in ragione del venir meno dell’efficacia delle previsioni della Tavola 6 del PRG, per effetto del predicato decorso del termine decennale di efficacia proprio dei Piani Particolareggiati.
Com’è noto, dalla data di approvazione del piano particolareggiato decorrono i termini massimi di validità per l'attuazione del piano stesso;termini che, in assenza di diversa fissazione, devono essere indicati nel termine massimo decennale previsto dall'art. 16, l. n. 1150 del 1942. Decorso detto termine, stante la disciplina allora vigente di cui all'art. 17, l. 17 agosto 1942 n. 1150, il piano particolareggiato diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso. Ciò comporta una scissione tra le prescrizioni ulteriormente vigenti, che hanno carattere meramente conformativo, e quelle che vanno invece incluse nella nozione di attuazione, che hanno un contenuto pregnante più forte, tanto da comprendere non solo possibilità espropriative, ma anche veri e propri obblighi di fare in capo ai soggetti destinatari. E mentre le prime, quelle di carattere conformativo, sono ultrattive rispetto alla decadenza del termine di validità;le seconde, quelle di carattere maggiormente cogente, vengono invece travolte dallo spirare del termine massimo (T.A.R. Napoli, sez. VIII, 11/01/2008, n.158).
Stanti queste premesse, in ragione dell’intervenuta decadenza dei piani attuativi, scanditi nelle Tavole 6 del PRG, si è delineata una zona bianca, che, notoriamente, negli arresti giurisprudenziali, assolve una precipua funzione pubblicistica.
In linea di principio, la qualificazione di un'area quale zona bianca, soggetta alle rigide prescrizioni edilizie di cui all'art. 4 ultimo comma, l. n. 10 del 1977 - poi confluito nell'art. 9, d.P.R. n. 380 del 2001 - e in Campania, all'art. 4, l. reg. n. 17 del 1982, vale in conseguenza della decadenza per decorso del termine quinquennale del vincolo preordinato all'esproprio previsto dal P.R.G.. La menzionata disciplina legislativa si dirige nei confronti delle aree nelle quali si verifichi la mancanza di qualsiasi programmazione d'uso del territorio, nella considerazione che, in assenza di norme urbanistiche attuative e di dettaglio, finisce con il riespandersi ad libitum lo ius aedificandi insito nel diritto di proprietà e, quindi, senza alcuna considerazione dell'interesse pubblico ad uno sviluppo organico del territorio comunale a fini edificatori che rimarrebbe totalmente privo di tutela. Proprio per fronteggiare siffatto rischio, la citata normativa introduce un istituto specifico, le c.d. zone bianche, la cui ratio è di introdurre uno strumento di salvaguardia - di carattere provvisorio - laddove non sia altrimenti desumibile la volontà degli organi pubblici preposti alla pianificazione urbanistica, di orientare e governare l'interesse pubblico alla razionale gestione del territorio (T.A.R. Napoli, sez. III, 12/09/2016, n.4237).
Il problema che conseguentemente si pone riguarda l’individuazione della disciplina urbanistica concretamente applicabile alla delineatasi zona bianca e sul punto il Collegio intende aderire alle medesime considerazioni già formulate da questo TAR in fattispecie analoghe.
Con la sentenza del 5.04.2017, n. 656, si era statuito che “escluso, quindi, che sia predicabile, quale conseguenza della decadenza delle previsioni della Tavola n. 6 (per effetto del predicato decorso del termine decennale di efficacia proprio dei Piani Particolareggiati), la riespansione delle previsioni di edificabilità proprie della zona B2, e dei relativi indici edificatori, non resta che individuare la disciplina urbanistica applicabile alle aree de quibus …in ordine alle aree sulle quali la Tavola n. 6 del P.RG. prevede la realizzazione di strada di progetto e parcheggi pubblici, dovendo in proposito rinviarsi al recente pronunciamento del giudice di appello (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3805 del 5 settembre 2016), secondo cui nel caso di specie si è, per la gran parte, in presenza di standard urbanistici e di vincoli conformativi, attesa la destinazione impressa al suolo dei ricorrenti (Cons. Stato, sez. IV, 1 ottobre 2007 n. 5059, secondo la quale le destinazioni a parco urbano, a parcheggio e a viabilità non comportano automaticamente l'ablazione dei suoli, e dunque non costituiscono vincoli espropriativi o a contenuto espropriativo);per altro verso, in ogni caso, la decadenza dei vincoli espropriativi non comporta ex se la riespansione di precedenti destinazioni di zona, potendo l'amministrazione procedere, a determinate condizioni, a reiterazione del vincolo (Corte Cost., 20 maggio 1999 n. 179 e 18 dicembre 2001 n. 411), e comunque sussistendo solo l'obbligo a suo carico di reintegrare la disciplina urbanistica, dopo la decadenza del vincolo (Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 2011 n. 4304;13 ottobre 2010 n. 7493;14 febbraio 2005 n. 432)".
Peraltro, il citato orientamento è stato ancor più recentemente ribadito dal giudice di appello (sentenza Sez. IV, n. 4758 del 17.11.2016), relativamente ad un intervento ricadente in zona destinata dal P.R.G. del Comune di Battipaglia a parcheggio e strada ed in minima parte in zona D3, essendosi evidenziato che "in sostanza gran parte dell'opera ricade in una zona che a causa della sopravvenuta decadenza dei citati vincoli espropriativi è divenuta bianca”.
E’ evidente che i summenzionati assunti giurisprudenziali risentono inevitabilmente della peculiare natura giuridica della Tavola 6, inequivocabilmente scandita nel suo carattere prescrittivo, il quale esclude che, al venir meno delle prescrizioni della stessa tavola, si possa semplicemente ritenere applicabile alla zona bianca la regolamentazione urbanistica della contigua zona omogenea la quale comunque è stata disciplinata tenendo conto anche di quelle prescrizioni, dovendo l'Amministrazione adottare una regolamentazione sostitutiva della precedente che tenga conto dell'equilibrio complessivo della pianificazione alla luce della decadenza dei vincoli.
Del resto, già con la sentenza n. 137 del 17.1.2017, questo Tribunale era stato chiaro sul punto, affermando che "la tesi secondo cui la Tavola n. 6 non avrebbe carattere vincolante, ma meramente indicativo, in quanto rispondente ad una finalità non coerente con l'impostazione generale del P.R.G., è dissonante rispetto all'esigenza interpretativa di attribuire al P.R.G., in ogni sua componente (anche di tipo grafico), efficacia prescrittiva, in vista dell'ottimale perseguimento delle finalità perseguite con lo strumento urbanistico. (...) Deve quindi ritenersi che anche la Tavola n. 6 concorra alla realizzazione dei fini propri dello strumento urbanistico, mediante l'individuazione anche di tipo spaziale delle dotazioni zonali, atta a conferire concretezza ubicativa ai rapporti meramente quantitativi fissati per ciascuna zona dalle tabelle di riepilogo delle caratteristiche progettuali" allegata al medesimo P.R.G.. Consegue dai rilievi svolti che la indicazione delle aree destinate ad attrezzature di uso pubblico, contenuta nella Tavola n. 6 del P.R.G., non integra un elemento spurio rispetto alla generale disciplina di zona (B2) concernente la proprietà della ricorrente, quanto piuttosto l'individuazione di una specifica zona F (che, ai sensi dell'art. 2 l. n. 1150/1942, individua appunto le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale) sottratta, in quanto tale, alle previsioni edificatorie della zona B2 e concorrente ad assicurare la dotazione minima di aree destinate ad uso pubblico richiesta ai fini del bilancio complessivo tra pesi insediativi e standards urbanistici. Né, alla luce dei rilievi svolti, sussistono i presupposti per invocare un preteso principio di interpretazione favorevole al privato, non essendo ravvisabile alcun contrasto tra disposizioni urbanistiche configgenti, ma ponendosi piuttosto le due Tavole (n. 6 e n. 9) del P.R.G. in rapporto di perfetta armonia e reciproca integrazione".
Pertanto, in ragione di tutto quanto premesso, si appalesa al Collegio l’incontestabile legittimità del diniego gravato, stante proprio l’intervenuta formazione di una zona bianca, sottoposta, in assenza di ulteriore normazione, alla disciplina di cui all’art. 4 della L.R.C. 17/82, in base alla quale, allorché, come nella specie, l’area si trovi all’interno dei centri abitati, “è vietato ogni intervento edilizio, ad eccezione delle opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, di restauro, di risanamento conservativo e di ristrutturazione, che non comportino aumento delle volumetrie e delle superfici utili preesistenti”;solo all’esterno dei centri edificati è possibile l’edificazione a scopo residenziale pari a metri cubi 0,03 per ogni metro quadrato di area edificabile.
Ogni altro rilievo di carattere procedimentale sollevato dalla parte ricorrente, quale quello inerente l’inosservanza dell’art. 10 bis L. 241/1990, è privo di pregio, come peraltro sconfessato dai documenti versati in atti.
Il gravame è rigettato.
In ragione della complessità della vicenda, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.