TAR Firenze, sez. II, sentenza 2010-07-12, n. 201002503

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2010-07-12, n. 201002503
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201002503
Data del deposito : 12 luglio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00988/2008 REG.RIC.

N. 02503/2010 REG.SEN.

N. 00988/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 988 del 2008, proposto da:
Effeproject S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. R A T, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Firenze, via Lamarmora 29;

contro

Comune di Sesto Fiorentino, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. F Z, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;

Comune di Sesto Fiorentino in persona del Sindaco quale Ufficiale di Governo;

nei confronti di

Cir Costruzioni S.r.l.;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

dell'ordinanza n. 182 in data 21 marzo 2008 del Sindaco del Comune di Sesto Fiorentino, notificata il 27 marzo successivo, nonché di ogni atto presupposto, conseguente e comunque connesso ancorché incognito.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sesto Fiorentino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2010 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 26 maggio e depositato il 10 giugno 2008, la Effeproject S.p.a., proprietaria delle porzioni di terreno ubicate nel Comune di Sesto Fiorentino e identificate in catasto al foglio 62, particelle 188 e 192, proponeva impugnazione avverso l’ordinanza sindacale del 21 marzo 2008, in epigrafe, mediante la quale le era stato ingiunto – come ai proprietari dei terreni limitrofi, tutti appartenenti ad un’area industriale in stato di abbandono – di sgomberare le predette particelle dagli occupanti abusivi che vi si erano insediati, nonché di provvedere alla messa in sicurezza del sito.

In fatto, la società ricorrente esponeva di aver acquistato i fondi in questione nel 2007, a seguito della scissione parziale della Salvatore Ferragamo Italia S.p.a., la quale li aveva concessi in affitto dal maggio del 2000 alla CIR Costruzioni S.r.l.;
successivamente, l’affittuaria era stata assoggettata alla procedura di amministrazione straordinaria, e nel febbraio 2004 i commissari straordinari della CIR avevano inviato alla allora proprietaria la disdetta del contratto di affitto, senza tuttavia mai provvedere al materiale rilascio dei terreni. Ciononostante, il Comune di Sesto Fiorentino aveva adottato nei confronti della Salvatore Ferragamo Italia S.p.a. un primo ordine di bonifica, risalente al novembre 2007, che era stato annullato in via di autotutela a seguito dei chiarimenti forniti dall’interessata proprio in ordine alla indisponibilità dei fondi. Nel mentre sembrava fosse stata fatta definitiva chiarezza sulla situazione, in maniera inaspettata il Comune aveva invece adottato l’ordinanza qui impugnata, della quali la ricorrente Effeproject chiedeva l’annullamento, previa sospensiva, sulla scorta di quattro motivi di diritto.

Costituitosi in giudizio il Comune di Sesto Fiorentino, che resisteva alle pretesa avversarie, con ordinanza del 25 – 26 giugno 2008 il collegio accordava la misura cautelare richiesta.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 20 aprile 2010, preceduta dal deposito di documenti e memorie difensive.

DIRITTO

L’impugnazione è rivolta nei confronti del provvedimento contingibile ed urgente del 21 marzo 2008, adottato dal Sindaco del Comune di Sesto Fiorentino ai sensi dell’art. 54 co. 2 T.U.E.L. (nel testo anteriore alla sostituzione operata dal D.L. n. 92/08), mediante il quale all’odierna ricorrente, come agli altri proprietari di terreni compresi nell’area industriale abbandonata “ex CIR”, viene ordinato di sgomberare – ciascuno per le rispettive proprietà – l’area stessa dagli occupanti abusivi ivi insediatisi, nonché di mettere in sicurezza i fondi impedendo l’accesso dall’esterno.

Con il primo motivo, la Effeproject S.p.a. afferma di non avere la disponibilità materiale e giuridica del terreno cui l’ordinanza impugnata si riferisce, e, pertanto, di non essere in condizione di eseguire il provvedimento, in mancanza di titolo per procedere allo sgombero. Con il secondo motivo, è denunciata la genericità ed indeterminatezza dell’ordinanza impugnata, la quale non preciserebbe le opere da realizzarsi a carico dei suoi destinatari. Con il terzo motivo, la ricorrente nega quindi che siano configurabili, nella fattispecie, i presupposti richiesti dall’art. 54 T.U.E.L. per l’adozione di ordinanze di necessità, sia sotto il profilo dell’urgenza (la situazione sarebbe nota già da tempo), sia sotto il profilo del carattere definitivo delle misure imposte ai proprietari dei terreni (di talché più che un’ordinanza contingibile si avrebbe, in realtà, una riedizione dell’ordine di bonifica a suo tempo già adottato dal Comune, e poi rimosso in autotutela). Con il quarto motivo, infine, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90.

Il gravame è fondato in ordine alle censure, assorbenti, articolate con il terzo ed il quarto motivo.

È opportuno chiarire, in via preliminare, che il provvedimento sindacale del 21 marzo 2008 non può considerarsi la riedizione, sotto mentite spoglie, dell’ordinanza dirigenziale di bonifica pronunciata dal Comune nel 2007, e poi rimossa in via di autotutela. Il contenuto dell’ordinanza per cui è causa non è, infatti, in alcun modo riconducibile alla fattispecie delineata dall’art. 192 D.Lgs. n. 152/06, in forza del quale al responsabile dell’abbandono di rifiuti può esserne ordinata la rimozione, l’avvio a recupero o lo smaltimento, insieme con il ripristino dello stato dei luoghi;
mentre, lo si è detto, alla ricorrente è stato imposto di provvedere allo sgombero del fondo di sua proprietà dagli occupanti abusivi e di impedire per il futuro il ripetersi dell’occupazione, misure cui sono obiettivamente estranei profili di immediata tutela ambientale, giacché, anche con riguardo alla presenza di rifiuti nell’area, l’obiettivo dichiarato dal provvedimento è quello di prevenire innanzitutto i possibili incidenti, e non quello della bonifica.

Venendo al merito della controversia, è noto che l’art. 54 co. 2 T.U.E.L. – nel testo, applicabile ratione temporis , anteriore al D.L. n. 92/08 – è stato stabilmente interpretato dalla giurisprudenza amministrativa, sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla Corte Costituzionale, nel senso che la potestà del sindaco di adottare, quale ufficiale del Governo, provvedimenti contingibili e urgenti è strettamente finalizzata a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini, con la conseguenza che il potere di urgenza può essere esercitato solo per affrontare situazioni di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall'ordinamento giuridico e unicamente in presenza di un preventivo accertamento della situazione che deve fondarsi su prove concrete e non su mere presunzioni: tali presupposti non ricorrono, dunque, laddove il Sindaco possa fronteggiare la situazione con rimedi di carattere corrente nell'esercizio ordinario dei suoi poteri, ovvero la situazione possa essere prevenuta con i normali strumenti apprestati dall'ordinamento (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6366).

Tanto premesso, come si evince dalla lettura della sua motivazione, l’ordinanza qui impugnata trae spunto dagli accertamenti istruttori effettuati dalla A.S.L. n. 10 (si veda la relazione del 17 marzo 2008), dai quali risulta che sull’area denominata “ex CIR”, abbandonata, invasa dai rifiuti ed interessata di recente da incendi, sono presenti alcuni edifici industriali fatiscenti, muniti di coperture anche in eternit, privi di ogni requisito igienico e ridotti a depositi di immondizia, e tuttavia utilizzati come abitazione da non meglio identificati “cittadini”;
sull’area, non recintata ed accessibile dall’esterno, insistono altresì diverse baracche di fortuna, anch’esse apparentemente abitate: tale stato dei luoghi, contrastando con le più elementari norme igieniche, ad avviso degli accertatori renderebbe necessario il trasferimento urgente dei “cittadini” ivi dimoranti, nonché la “messa in sicurezza e la bonifica dell’area” anche “ai fini della prevenzione del rischio derivante dalla presenza di infestanti”. Sulla base delle indicazioni della A.S.L., il Sindaco di Sesto Fiorentino ritiene quindi che la situazione di occupazione abusiva realizzatasi sull’area ponga in essere una situazione eccezionale e imprevedibile, “dalla quale derivano gravi pericoli per la pubblica incolumità in relazione all’accertato rischio provocato dalla presenza di infestanti”, situazione aggravata dal rischio di esplosione dovuta alla presenza di rifiuti pericolosi, e a fronte della quale l’unico intervento possibile sarebbe pertanto quello dello sgombero degli occupanti e della messa in sicurezza della zona onde impedire gli accessi.

Ora, ribadito che l’ordinanza sindacale del marzo 2008 presenta un oggetto affatto differente rispetto a quella dirigenziale del novembre 2007, il collegio osserva in prima battuta come l’esercizio del potere di ordinanza venga giustificato dal Sindaco in ragione dello stato eccezionale ed imprevedibile pericolo per la pubblica incolumità connesso alla presenza di infestanti, laddove la relazione della A.S.L. mette primariamente in rilievo le esigenze di tutela della salute degli occupanti abusivi degli edifici insistenti sull’area, ed in relazione a dette esigenze formula la proposta di trasferire gli occupanti, mettere in sicurezza l’area e bonificarla;
mentre l’indicazione circa la presenza di “infestanti” appare solo rafforzativa della proposta, e – leggendola in una prospettiva di tutela della pubblica incolumità che meglio traspare dal rapporto di sopralluogo della A.S.L. del 7 marzo 2008 – deve ritenersi semmai collegata alla necessità finale di bonificare l’area, e non allo sgombero. Se, da questo, discende la non perfetta corrispondenza tra i presupposti di fatto accertati ed il contenuto dispositivo delle misure adottate dal Sindaco (nessun ordine di bonifica è stato impartito, e, al contempo, nessuna nuova collocazione è stata reperita per gli occupanti abusivi dell’area), può anche aggiungersi che la documentazione in atti non consente di comprendere in cosa consista la presenza di fattori “infestanti” all’interno dell’area;
il che impedisce di valutare la potenzialità lesiva di tali fattori e, conseguentemente, di apprezzare la configurabilità di un pericolo tale da legittimare l’esercizio dei poteri straordinari di ordinanza contingibile e urgente, anziché di quelli ordinari, viziando l’atto impugnato sotto il dedotto profilo del difetto di istruttoria e di motivazione.

In altri termini, il grave pericolo per la pubblica incolumità dovuto alla presenza di infestanti finisce per rivelarsi un’affermazione non sorretta da adeguata valutazione ad opera dell’organo tecnico e della stessa autorità decidente, ed, inoltre, non vi è alcuna prova che la presenza degli infestanti riguardi specificamente la particella di proprietà della ricorrente (il provvedimento fa un indebito trattamento unitario della situazione dell’area, senza distinguere tra le diverse proprietà che la compongono).

Una volta stabilito che la situazione critica verificata dalla A.S.L. dipende in via prioritaria dalla abusiva occupazione di alcuni degli edifici (capannoni industriali, baracche di cantiere, manufatti di fortuna) presenti sull’area, destinati a precario ricovero abitativo in assenza delle più elementari condizioni igienico-sanitarie, debbono poi essere confermati i rilievi espressi in sede cautelare circa la riconducibilità della fattispecie alla previsione dettata dall’art. 222 R.D. n. 1265/34, in forza del quale il Sindaco può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero: infatti, anche a voler ritenere che i provvedimenti di cui all’art. 222 ricadano essi stessi nel novero delle ordinanze sindacali contingibili, la possibilità conclamata di avvalersi di poteri tipicizzati, ancorché d’urgenza, esclude, in virtù dei principi giurisprudenziali inizialmente richiamati, il ricorso ai poteri atipici e sussidiari disciplinati dall’art. 54 co. 2 T.U.E.L.. Né in contrario vale sostenere, come fa il Comune resistente nella memoria difensiva depositata l’8 aprile 2010, che, non trattandosi di “case”, ma di ripari di fortuna, la disciplina del testo unico delle leggi sanitarie sarebbe inapplicabile, atteso che il potere di sgombero sancito dall’art. 222 cit. a presidio dell’igiene non soltanto degli aggregati urbani e rurali nel loro complesso, ma delle singole abitazioni, non può considerarsi confinato ai soli edifici ab origine destinati all’uso abitativo, ma riguarda qualsiasi edificio o manufatto cui sia stata impressa quella destinazione, anche di fatto.

Di tale conclusione non può dubitarsi, se si considera che l’art. 24 del D.P.R. n. 380/01 estende la verifica di agibilità a qualsiasi tipologia di edificio, quale che ne sia la destinazione d’uso, mentre il successivo art. 26 espressamente prevede che il rilascio della relativa certificazione non impedisca l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità ai sensi dell’art. 222 R.D. n. 1265/34;
così come non può rappresentare un ostacolo all’esercizio di quel potere l’eventuale passaggio non autorizzato da una destinazione d’uso non abitativa alla destinazione abitativa, mutamento che, oltre alle possibili sanzioni sul piano urbanistico-edilizio (si vedano gli artt. 58, 59 e 136 l.r. toscana n. 1/05), resta comunque sottoposto al controllo, sempre immanente, dell’idoneità igienico-sanitaria dell’edificio ai fini dell’uso abitativo non corrispondente a quello originario. Diversamente opinando, dovrebbe ritenersi che il cambio di destinazione d’uso di un edificio diverso in abitazione priva dei requisiti di igiene, ovvero la realizzazione di manufatti precari ad uso abitativo, sia di per sé sottratto al controllo sanitario e di agibilità, il che è irragionevole. Per inciso, le condizioni di degrado degli edifici presenti nell’area “ex CIR” sono tali da potersi ritenere pacifico che nessun loro utilizzo sia allo stato ammissibile, ciò che giustificherebbe in ogni caso l’esercizio del potere di dichiararne l’inagibilità e ordinarne lo sgombero anche a prescindere dalla destinazione d’uso, ai sensi dell’art. 222 R.D. n. 1265/34 come richiamato dall’art. 26 D.P.R. n. 380/01, cit..

Precisato, infine, che non vi è prova che l’occupazione abusiva dei capannoni sia solo notturna (e che questo non modificherebbe la finalità abitativa degli occupanti, i quali mostrano di voler in qualche modo ovviare alla indisponibilità di alloggi adeguati), l’ordinanza impugnata incorre dunque nella denunciata violazione dei confini dei poteri atipici regolamentati dall’art. 54 co. 2 D.Lgs. n. 267/00, nella parte in cui addossa alla ricorrente l’onere di provvedere allo sgombero degli occupanti abusivi, anziché rivolgere l’ordine direttamente nei confronti di costoro. D’altro canto l’ordine, come formulato, finisce per porsi, di fatto, in contraddizione con le medesime esigenze di celerità ed urgenza che ne fondano l’adozione, tenuto conto della necessità, per i proprietari destinatari del provvedimento, di munirsi di titolo esecutivo in sede giurisdizionale onde poter eseguire lo sgombero in via coattiva, limite non incontrato dai poteri dell’amministrazione, cui sarebbe del resto inopponibile, da parte degli occupanti sottoposti all’esecuzione dell’ordinanza, la stessa eventuale titolarità di diritti reali o personali legittimanti la disponibilità degli immobili.

Il carattere di stretta consequenzialità fra l’ordine di sgombero degli occupanti abusivi e quello relativo alle successive attività di messa in sicurezza del terreno, anch’esse oggetto dell’ordinanza impugnata, fanno sì che la rilevata illegittimità del primo si trasmetta al secondo, travolgendolo. Deve, peraltro, escludersi che il fondare la decisione sull’esistenza di una norma attributiva di poteri tipicizzati non espressamente invocata dalla società ricorrente rappresenti una violazione del principio della domanda e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, come eccepito dal Comune resistente. Nel momento in cui una delle censure articolate con il ricorso riguarda la violazione dell’art. 54 co. 2 T.U.E.L. sotto l’aspetto dell’insussistenza dei presupposti applicativi della norma, e avuto specifico riguardo al mancato rispetto del limite della residualità dei poteri sindacali di ordinanza extra ordinem , la compiuta individuazione delle norme giuridiche da considerare ed applicare in sede di valutazione della fondatezza della pretesa azionata costituisce nulla più che la corretta esplicazione dei poteri/doveri del giudice (giurisprudenza pacifica, fra le altre cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 maggio 2009, n. 3362).

Per concludere, deve passarsi all’esame del vizio procedimentale dedotto con il quarto motivo, allo scopo di valutarne l’incidenza invalidante anche ai sensi di quanto previsto dall’art. 21- octies co. 2 legge 241/90. Al riguardo, il collegio reputa condivisibile l’indirizzo secondo cui, sebbene in linea di principio l’emanazione di un'ordinanza contingibile ed urgente non necessiti della previa comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo, tale formalità non può essere legittimamente omessa qualora l'ordinanza stessa costituisca l'atto conclusivo di una procedura più ampia, che si sia basata su una precedente corrispondenza in contraddittorio con il soggetto destinatario, tale, quindi, da non essere incompatibile con l'effettuazione di tale comunicazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 2001, n. 580). Nella specie, i problemi dell’area “ex CIR” erano stati già affrontati dal Comune con l’ordinanza dirigenziale del novembre 2007, adottata sulla base di una segnalazione risalente al luglio precedente e successivamente rimossa in autotutela, a seguito dei chiarimenti forniti al Comune dall’interessata: è dunque la stessa successione degli eventi e delle iniziative assunte dall’amministrazione procedente a rivelare come, in concreto, la preventiva instaurazione del contraddittorio procedimentale relativamente all’intento di emettere un’ordinanza contingibile sarebbe stata del tutto in linea con il modus procedendi complessivamente seguito dal Comune, e non connotato da urgenza assoluta. Ciò posto, stante l’accertata fondatezza dei motivi sostanziali di ricorso, non può certamente dirsi che il puntuale adempimento dell’onere di comunicare l’avvio del procedimento sarebbe stato ininfluente sul contenuto dispositivo del provvedimento adottato, di talché, anche per questo aspetto, l’atto impugnato incorre nei vizi denunciati.

Le ragioni esposte conducono all’accoglimento del ricorso, ed all’annullamento dell’ordinanza impugnata. Le spese di lite seguono la soccombenza del Comune di Sesto Fiorentino, e sono liquidate come in dispositivo.

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