TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2010-05-28, n. 201001370
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N. 01370/2010 REG.SEN.
N. 00980/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 980 del 2008, proposto da:
P S, rappresentato e difeso dall'avv. R M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A C in Cagliari, via Paoli N.50;
contro
Comune di Suni, rappresentato e difeso dall'avv. C M, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Cagliari, viale Bonaria N.80;
per la condanna
del Comune di Suni al risarcimento dei danni subiti dalla parte ricorrente per l’illegittima occupazione ed utilizzazione ad opera pubblica di un suo terreno, oltre rivalutazione ed interessi fino all’effettivo saldo, previa adozione da parte dell’Ente locale del provvedimento di cui all’articolo 43 del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327;
nell’ipotesi di restituzione dell’area da parte del Comune: per la condanna dello stesso Comune a risarcire i danni per l’utilizzazione del fondo senza titolo, e per la condanna a corrispondere l’indennità di occupazione per il periodo di occupazione legittima, il tutto con interessi e rivalutazione monetaria;
in via subordinata
per la determinazione e liquidazione del danno secondo i criteri e le modalità indicate nella sentenza n.2582/07 del Consiglio di Stato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Suni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2010 il dott. F S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Sindaco del Comune di Suni, in esecuzione della delibera della GM n. 17 del 23.11.1983 di approvazione del progetto (con il quale veniva dichiarata la pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere) per la realizzazione di infrastrutture stradali nelle zone di completamento “B2” previste dallo strumento urbanistico comunale, disponeva l’occupazione d’urgenza di aree di proprietà di parte ricorrente (con decreto del 25.2.1985), ricadenti in località “Su Padru” e “S’Ena”.
Seguiva l’immissione in possesso con la redazione degli atti di consistenza.
Con una serie di successive deliberazioni (dal 1995 al 1999) il Comune disponeva l’impegno di spesa per il pagamento degli indennizzi spettanti a ciascuno dei proprietari coinvolti nell’esproprio.
Non essendo il decreto di esproprio stato adottato in pendenza del termine quinquennale di occupazione legittima, parte ricorrente chiede ora l’integrale risarcimento del danno per la perdita della proprietà della sua area utilizzata per la realizzazione dell’opera pubblica, oltre alla rivalutazione monetaria ed interessi.
Il Comune di Suni ha eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni chiedendo, comunque, il rigetto del ricorso perché infondato.
Alla pubblica udienza del 9 aprile 2010 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
Con il ricorso in esame parte ricorrente chiede l’accertamento del proprio diritto, con conseguenziale condanna del Comune di Suni, al risarcimento dei danni subiti a causa dell’occupazione di un suo terreno e successiva utilizzazione dello stesso per la realizzazione di un’opera pubblica: infrastrutture stradali nelle zone di completamento “B2” previste dallo strumento urbanistico generale del Comune.
La dichiarazione di pubblica utilità dell’opera era avvenuta con la delibera di Giunta comunale n. 17 del 23.11.1983;le aree erano state occupate con decreto di occupazione del 25.2.1985, ma non è stato poi adottato il decreto di esproprio, né entro il termine di validità della pubblica utilità, né successivamente.
Essendo stata ormai realizzata l’opera pubblica, parte ricorrente chiede il risarcimento dei danni per perdita della proprietà dell’area e per il periodo di occupazione senza titolo dell’area (dalla scadenza della dichiarazione di pubblica utilità), nonché il pagamento dell’indennità di occupazione per il periodo anteriore alla scadenza della pubblica utilità, il tutto con rivalutazione monetaria ed interessi.
Il Comune di Suni ha eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni fatto valere da parte ricorrente, rilevando che il passaggio della proprietà in capo al Comune era intervenuta, stante la realizzazione dell’opera pubblica, alla scadenza della dichiarazione di pubblica utilità.
L’eccezione del Comune non può essere condivisa alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale, che ormai ritiene non più sostenibile la tesi dell’acquisizione per accessione invertita, o occupazione acquisitiva.
Il principio dell’occupazione acquisitiva, per effetto della realizzazione di un’opera pubblica sul terreno occupato, è stato riconsiderato dal Consiglio di Stato con le sentenze A.P., 29.4.2005 n. 2 e sez. IV, 21.5.2007 n. 2582, che il collegio condivide, nella quale ultima è stato ribadito che tale modalità di acquisto della proprietà “non è conforme ai principi della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che hanno una diretta rilevanza nell’ordinamento interno, poiché:
- per l’art. 117, primo comma, della Costituzione, le leggi devono rispettare i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”;
- per l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), «l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ... in quanto principi generali del diritto comunitario»;
- per la pacifica giurisprudenza della CEDU (che ha più volte riaffermato i principi enunciati dalla Sez. II, 30 maggio 2000, ric. 31524/96, già segnalata in data 29 marzo 2001 dall’Adunanza Generale di questo Consiglio, con la relazione illustrativa del testo unico poi approvato con il d.P.R. n. 327 del 2001), si è posta in diretto contrasto con l’art. 1, prot. 1, della Convenzione la prassi interna sulla ‘espropriazione indiretta’, secondo cui l’Amministrazione diventerebbe proprietaria del bene, in assenza di un atto ablatorio (cfr. CEDU, Sez. IV, 17 maggio 2005;Sez. IV, 15 novembre 2005, ric. 56578/00;Sez. IV, 20 aprile 2006).
Nella sentenza si afferma anche che “dalla Convenzione europea e dal diritto comunitario già emerge il principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione indiretta’ o ‘sostanziale’, pur in assenza di un idoneo titolo, previsto dalla legge.”
L’acquisto della proprietà del terreno occupato, precisa il Consiglio di Stato, può quindi avvenire in forza dell’art. 43 del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) che al primo comma così dispone:
“Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni”.
Dalla riportata disposizione emerge il principio per il quale l’occupazione sine titulo, costituisce un illecito che obbliga il responsabile a restituire il suolo ed a risarcire il danno cagionato, salvo il potere dell’Amministrazione di adottare un provvedimento di acquisizione del bene al proprio patrimonio, per sottrarsi all’obbligo di restituzione.
In altri termini, precisa il Consiglio, “a parte l’applicabilità della disciplina civile sull’usucapione (per la quale il possesso ultraventennale fa acquistare all’Amministrazione il diritto di proprietà pur in assenza dell’atto di natura ablatoria), l’art. 43 testualmente preclude che l’Amministrazione diventi proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge”.
L’occupazione senza titolo di un terreno di un privato rappresenta un illecito permanente, da cui non può, quindi, conseguire il passaggio della proprietà in capo all’Ente Pubblico e conseguentemente non può decorrere il termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
Ancorché l’occupazione del terreno di parte ricorrente risalga ad anni antecedenti l’entrata in vigore del T.U. sulle espropriazioni, i riportati principi desumibili dall’art. 43, si applicano anche al caso di specie.
Infatti l’art. 43 “si riferisce a tutti i casi di occupazione sine titulo, anche a quelle sussistenti alla data di entrata in vigore del testo unico” (cfr. Cons. stato 2582/07 cit.).
Non risulta però che il Comune abbia adottato, ai fini dell’acquisizione dell’immobile, il provvedimento disciplinato dal citato articolo 43, ancorché abbia disposto una consulenza tecnica per la determinazione del valore delle aree espropriate. Non risulta neppure che la perizia, che è stata poi eseguita dal geometra Andrea Napoli, sia stata poi utilizzata dal Comune per proporre il risarcimento dovuto ai proprietari delle aree interessate dall’opera pubblica.
Pertanto, respinta l’eccezione di prescrizione, va accolta la domanda di risarcimento danni;danni che dovranno essere determinati secondo i criteri in appresso stabiliti e sulla base del valere venale dell’area occupata alla data di notifica del presente ricorso, in quanto chiedendo il risarcimento danni per l’illegittima occupazione da parte del Comune.parte ricorrente ha abdicato al diritto di proprietà sul proprio terreno,
Infatti, consistendo il pregiudizio da risarcire essenzialmente nella perdita del valore patrimoniale in cui si sostanzia il diritto di proprietà, il danno deve essere necessariamente correlato alla entità economica del bene nel momento in cui il bene è stato definitivamente sottratto alla titolarità del privato ed acquisito al patrimonio dell’amministrazione.
Tale momento non è quello di ultimazione dell’opera pubblica, ma quello, diverso, in cui l’amministrazione adotta un provvedimento di acquisizione sanante, oppure, in mancanza, quello in cui il proprietario, optando per il solo risarcimento del danno per equivalente, abbandona il proprio diritto di proprietà in favore dell’amministrazione (cfr. CGA 18.2.2009 , n. 49).
Nel caso di specie il momento dell’abbandono del proprio diritto di proprietà deve ritenersi verificato con la notifica del presente ricorso (26.11.2008), nel quale è contenuta la domanda di risarcimento del danno.
Infatti al momento della richiesta di risarcimento danni, cui consegue l’implicito abbandono del diritto di proprietà sul terreno, si è verificato l’incontro della volontà del Comune di voler acquisire il terreno, in precedenza manifestato con l’occupazione del terreno e la sua utilizzazione ad opera pubblica, con quella del privato che richiedendo la corresponsione del risarcimento dei danni abdica al diritto di proprietà sul terreno utilizzato dall’Ente pubblico.
La volontà di non voler restituire i terreni ormai utilizzati per la realizzazione dell’opera pubblica, il Comune l’ha ribadita con gli scritti difensivi, precisando che oramai l’opera pubblica è stata realizzata;tuttavia il Comune non ha ancora adottato il provvedimento di acquisizione.
L’atto di acquisizione dovrà essere emanato dal Comune, per formalizzare il passaggio della proprietà con un titolo idoneo e necessario per la successiva trascrizione dell’acquisto nei pubblici registri immobiliari, in conformità al dettato di cui al 4° comma dell’articolo 43 che così recita:
” Qualora il giudice amministrativo abbia escluso la restituzione del bene senza limiti di tempo ed abbia disposto la condanna al risarcimento del danno, l'autorità che ha disposto l'occupazione dell'area emana l'atto di acquisizione, dando atto dell'avvenuto risarcimento del danno. Il decreto è trascritto nei registri immobiliari, a cura e spese della medesima autorità.”
La domanda di risarcimento del danno per la perdita della proprietà del terreno va pertanto accolta.
Oltre al danno per la perdita definitiva della proprietà del bene, deve essere riconosciuto il risarcimento del danno per la mancata utilizzazione del terreno per il periodo compreso tra l’inizio dell’occupazione senza titolo (data di immissione in possesso) e la perdita della proprietà.
Tale ultima voce di danno va risarcita con il criterio dettato dall’articolo 43 che, al comma 6 lettera b, ne prevede la quantificazione “b) col computo degli interessi moratori, a decorrere dal giorno in cui il terreno sia stato occupato senza titolo.”
Va precisata che, per giurisprudenza pacifica, ove al decreto di occupazione di urgenza, in precedenza emesso, non abbia fatto seguito il decreto di esproprio entro il termine della dichiarazione di pubblica utilità, il periodo di utilizzazione del bene va considerato come occupazione senza titolo, in quanto la mancata adozione del decreto di espropriazione comporta l’inefficacia ex tunc dell’occupazione di urgenza (cfr. A.P. 30.8.2005 n. 4).
L’inefficacia retroattiva ex lege dell’occupazione di urgenza rende senza titolo la precedente apprensione ed utilizzazione del bene privato, con la conseguenza che la posizione del proprietario, appunto per il venir meno dell’atto degradatorio (decreto di occupazione di urgenza), va a riespandersi nella posizione di diritto soggettivo, la cui lesione va riparata con il risarcimento del danno e non con il pagamento dell’indennità di occupazione.
Sulla somma dovuta a titolo di risarcimento danni, va detratta la somma, eventualmente corrisposta, per indennità di occupazione.
Pertanto, per quanto riguarda il quantum del danno risarcibile (sul quale le parti non hanno formulato difese specifiche), la Sezione dispone che esso sia determinato dal Comune in base alle disposizioni sostanziali del testo unico sugli espropri (art. 43 comma 6) e in coerenza alle previsioni dell’art. 35 del d.lg. n. 80 del 1998.
Al riguardo fissa i seguenti criteri:
a) entro il termine di sessanta giorni (decorrente dalla comunicazione o dalla previa notifica della presente decisione), il Comune e parte ricorrente possono addivenire ad un accordo sull’ammontare del danno da risarcire ed in tal caso alla parte ricorrente è corrisposta la somma specificamente individuata nell’accordo stesso;
b) sia che tale accordo venga raggiunto, sia che non venga raggiunto, il Comune entro i successivi trenta giorni dovrà emettere un decreto, con cui disporrà la formale acquisizione dell’area occupata al suo patrimonio indisponibile, ai sensi dell’art. 43 del testo unico;
c) per la determinazione dell’importo da corrispondere a titolo di risarcimento (sia nel caso di accordo, sia nel caso di emanazione dell’atto ex art. 43), il Comune dovrà attenersi al valore del bene al momento della notifica del presente ricorso (5.12.2008 non potendo avere rilevanza in questo giudizio il fatto che la parte ricorrente abbia - nel 2003- già proposto analogo ricorso al TAR, deciso con sentenza dichiarativa di difetto di giurisdizione), sulla base della destinazione urbanistica dell’area in questione risultante dallo strumento urbanistico vigente alla data di approvazione del progetto dell’opera pubblica (la difesa del Comune afferma, ma non dimostra, che l’area fosse destinata a strada pubblica), e sulla base dell’effettiva potenzialità edificatoria dell’area medesima in base alla vicinanza all’abitato e alla presenza o vicinanza delle opere di urbanizzazione;
d) oltre al valore venale del bene, come determinato alla lettera precedente, il Comune sarà tenuto a risarcire il danno relativo al periodo della sua utilizzazione senza titolo e segnatamente dall’inizio dell’occupazione del terreno (stante la perdita di efficacia ex tunc del decreto di occupazione di urgenza), sino alla predetta data del 5.12.2008, da quantificare, in assenza di ulteriori danni lamentati, nella misura degli interessi legali da calcolare in base al valore del bene in ciascun anno di occupazione senza titolo;
e)sulla somma quantificata secondo le indicazioni di cui ai punti c) e d), a partire dalla predetta data del 5.12.2008, dovranno poi essere corrisposte le ulteriori somme per rivalutazione monetaria ed interessi nella misura legale fino all’effettivo soddisfo.
Va a tale ultimo riguardo evidenziato che il diritto agli interessi, sebbene accessorio e necessario rispetto a quello capitale, è un diritto autonomo da calcolare separatamente per ogni anno, non potendosi considerare parte integrante del debito principale, con la conseguenza che gli interessi non possono a loro volta generare ulteriori interessi, per il divieto dell'anatocismo.
Qualora il Comune e il ricorrente non concludano alcun accordo e il Comune neppure adotti un atto formale volto alla restituzione o alla acquisizione dell’area in questione, decorsi i termini prima indicati, parte ricorrente potrà chiedere alla Sezione l’esecuzione della presente decisione, per la successiva adozione delle misure consequenziali.
In conclusione, disattesa la richiesta di CTU e la richiesta di rivalutazione monetaria, il ricorso va accolto nei sensi di cui sopra.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.