TAR Firenze, sez. I, sentenza 2010-06-21, n. 201002015

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2010-06-21, n. 201002015
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201002015
Data del deposito : 21 giugno 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01451/2008 REG.RIC.

N. 02015/2010 REG.SEN.

N. 01451/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1451 del 2008, proposto da:
E C, rappresentato e difeso dall'avv. A F, con domicilio eletto presso l’avv. Silvia Cocchi in Firenze, via di Ricorboli, 7;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., e Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del Comandante Generale p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliati per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- della determinazione del Comando generale dell' Arma dei Carabinieri, 1° Reparto, SM, Ufficio Personale Brigadieri Appuntati e Carabinieri, n. 318971/M2-6 di prot. del 3 giugno 2008, notificata il 28.06.2008, con la quale veniva disposto, nei confronti di C Emanuele, il collocamento in congedo per non ammissione in servizio permanente, con decorrenza dal 21 settembre 2002 nonché di ogni atto a quello presupposto, preliminare, connesso e consequenziale ed in particolare:il parere contrario all' ammissione in servizio permanente del Comando Interregionale Carabinieri "Podgora"- SM Ufficio Personale del 20 marzo 2008, l'ato di delega del 7 luglio 2006, non conosciuto,adottato dal Comandante Generale dell' Arma dei Carabinieri a favore del Vice Comandante generale, richiamato nelle premesse dell' atto impugnato nonché della nota del 18.04.2004 con la quale il Vice Comandante Generale partecipava il ricorrente, che, ai sensi dell' art.10 bis della Legge 241/90, stava valutando di non accogliere la sua domanda di ammissione al servizio permanente, indicava i motivi che riteneva ostativi e dava facoltà al C di presentare osservazioni ed eventuali documenti.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2010 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente, carabiniere in ferma volontaria, impugna il provvedimento del Comando Generale dell’Arma del 3 giugno 2008 con il quale è stata disposta la sua non ammissione al servizio permanente e il suo conseguente collocamento in congedo. Alla base del gravato provvedimento è posta dall’Amministrazione militare la intervenuta condanna penale definitiva a carico del ricorrente per il reato di concorso in lesioni personali aggravate.

Nei confronti dell’atto impugnato il ricorrente formula le seguenti censure:

1 – “Incompetenza”;

2 – “Violazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990;
violazione del decreto del Ministero della Difesa 16.09.1993 n. 603, Regolamento recante disposizioni di attuazione degli artt. 2 e 4 della legge n. 241 del 1990;
tardività;
contraddittorietà”;

3 – “Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità, contraddittorietà intrinseca, contraddittorietà con altri atti dell’Amministrazione”;

4 – “Violazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, contraddittorietà e carenza della motivazione, eccesso di potere per erronea valutazione e travisamento dei fatti, difetto nelle valutazioni istruttorie, illogicità, contraddittorietà con altri atti dell’Amministrazione sotto altri profili”;

5 – “Eccesso di potere per sviamento, violazione della legge 18.19.1961 n. 1168, art. 26”;

6 – “Violazione ed erronea interpretazione della legge 1.02.1989, n, 53”;

7 – “Eccesso di potere per contraddittorietà sotto altri profili”;

8 – “Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, violazione del principio di ragionevolezza, di proporzionalità e di adeguatezza del provvedimento, erronea valutazione degli interessi pubblici, violazione dei principi di economicità, di efficienza e di efficacia dell’azione amministrativa”;

9 – “Mancata valutazione e comparazione degli interessi privati”.

Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso.

La Sezione, con ordinanza n. 879 del 25 settembre 2008 ha respinto la domanda incidentale di sospensione proposta dal ricorrente.

Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 5 maggio 2010, relatore il dr. Riccardo Giani, e sentiti i difensori comparsi, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

Con il primo mezzo il ricorrente censura il provvedimento gravato per essere lo stesso stato assunto da organo incompetente, ciò sul rilievo che la delega del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri al Vice Comandante Generale è stata adottata in data 7 luglio 2006, allorquando era Vice Comandante il gen. Cirese e non rinnovata a favore del gen. Piccirillo, poi subentrato, e che ha firmato l’atto gravato.

La censura è infondata.

Con proprio decreto n. 106 del 7 luglio 2006 (cfr. allegato 8 dell’Avvocatura di Stato) il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri delega il compimento di una serie di atti, indicati in apposito allegato, a favore degli organi dell’Arma espressamente menzionati, delega che, per quel che rileva nella presente controversia, è svolta a favore del Vice Comandante dell’Arma anche per il proscioglimento dalla ferma volontaria e il non passaggio al servizio permanente. Ma il ricorrente ritiene che la delega valga con esclusivo riferimento alla persona fisica che nel momento dell’emanazione dell’atto di delega stesso ricopriva la funzione di Vice Comandante, dovendo poi essere rinnovata allorquando la detta funzione viene assunta da altra persona fisica. Si tratta di lettura interpretativa che non convince. Il decreto n. 106 del 2006 è tutto costruito come delega tra organi e quindi come passaggio dell’esercizio di funzioni dall’organo titolare delle stesse (Comandante Generale) all’organo chiamato a svolgere quelle medesime funzioni, nella specie Vice Comandante Generale, venendo quindi in considerazione l’organo in quanto tale, a prescindere dalla persona fisica che lo riveste. Il decreto n. 106 del 2006 assegna quindi i compiti delegati anche ai Vice Comandanti che si sono succeduti dopo il luglio 2006, senza che sia necessaria una rinnovazione della delega.

Con il secondo mezzo il ricorrente contesta l’atto gravato per essere lo stesso stato assunto dopo il termine di trenta giorni, previsto dalla legge n. 241 del 1990 per la sollecita definizione dei procedimenti amministrativi, che egli ritiene di far decorrere nella specie dal 25 giugno 2007, quando la Stazione Carabinieri di Murlo rendeva nota la sentenza penale definitiva della Corte di Cassazione a carico del ricorrente medesimo.

La censura è infondata.

A prescindere da ogni ulteriore rilievo, costituisce costante interpretazione della giurisprudenza amministrativa quella secondo cui il superamento dei termini previsti per la conclusione dei procedimenti amministrativi non costituisce violazione che si traduce in sé, a prescindere cioè dalla presenza di specifiche disposizioni settoriali che prevedano normative diverse, in invalidità dell’atto amministrativo adottato oltre il termine. Cioè l’atto di non ammissione al servizio permanente e di conseguente collocamento in congedo rispetto alla ferma temporanea non è in sé annullabile per il solo fatto di essere stato assunto oltre il termine generale di trenta giorni, né la tardività pare nel caso concreto aver prodotto un danno al ricorrente, avendo questi potuto svolgere medio tempore le funzioni di militare in ferma temporanea anche per il tempo ulteriore in cui l’Amministrazione ha tardato all’adozione dell’atto che ha precluso al ricorrente il passaggio ai ruoli permanenti.

Con il terzo e il settimo mezzo parte ricorrente censura l’atto gravato per essere lo stesso stato assunto senza adeguata istruttoria e motivazione e senza aver tenuto conto in modo adeguato delle lusinghiere valutazioni che il ricorrente ha avuto circa il suo svolgimento del servizio nell’Arma.

Le censure sono infondate.

Nella specie l’Amministrazione non ha esercitato un potere discrezionale nel cui ambito avrebbero potuto e dovuto trovar adeguata valutazione anche le modalità di svolgimento del servizio da parte del ricorrente, ma al contrario l’Amministrazione ha fatto applicazione di una specifica normativa di legge – quella di cui all’art. 5 della legge 1 febbraio 1989, n. 53 - riguardante specificamente il passaggio dalla ferma volontaria al servizio permanente dei militari che siano stati medio tempore sottoposti a procedimento penale - rispetto alla quale l’agire dell’Amministrazione si pone come integralmente vincolato, con l’effetto che in esso non possono trovare considerazione i rilievi inerenti le qualità di servizio del ricorrente.

Con il quarto mezzo il ricorrente denuncia contraddittorietà tra l’atto qui gravato e la decisione dell’Amministrazione, all’esito del procedimento penale che irrogava la condanna a suo carico, di non procedere all’apertura di un procedimento disciplinare.

La censura è infondata.

La decisione di non irrogare sanzioni disciplinari ha visto l’Amministrazione militare esercitare la propria discrezionalità amministrativa, valorizzando le circostanze che i fatti emersi in sede penale si sono svolti lontani nel tempo e nello spazio, oltre ad essere già stata in parte oggetto di sanzione disciplinare, al fine di stabilire di non aprire ulteriore procedimento sanzionatorio. L’atto qui gravato segue un percorso argomentativo totalmente diverso perché diversa è la norma di legge applicata, giacché l’art. 5 della legge n. 53 del 1989 – in sede non già di valutazione disciplinare ma di requisiti per il passaggio al servizio permanente – non lascia margini di valutazione discrezionale alla p.a., configurando un potere integralmente vincolato dalla previsione legislativa.

Con il quinto mezzo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 26 della legge n. 1168 del 1961.

Anche questa censura è infondata.

L’art. 26 della legge n. 1168 del 1961 disciplina le ipotesi di cessazione dalla ferma volontaria, anche anticipata, stabilendo che ciò possa avvenire, tra le altre ipotesi, per condanna penale per la quale il militare debba espiare una pena restrittiva delle libertà personale, mentre nella specie egli è stato condannato a cinque mesi di reclusione ma con pena sospesa. Nel caso che ci occupa, tuttavia, come già evidenziato, non viene gravato un provvedimento di anticipata conclusione della ferma volontaria ma un atto di diniego del passaggio al servizio permanete, assunto sulla base di specifica e diversa disciplina normativa.

Con il sesto mezzo il ricorrente contesta l’atto impugnato per violazione ed erronea applicazione della legge n. 53 del 1989, sul rilievo che il provvedimento gravato avrebbe natura discrezionale e non vincolata e l’Amministrazione non avrebbe adeguatamente evidenziato l’interesse pubblico perseguito.

La censura è infondata.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente l’atto qui gravato riveste natura vincolata e l’Amministrazione lo ha assunto in corretta e puntuale applicazione dell’art. 5, comma terzo, della legge n. 53 del 1989, il quale dispone che il militare in ferma volontaria sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo non può essere ammesso al servizio permanente sino a che dura il procedimento penale, continuando in tale fase a permanere nello status di militare in ferma volontaria, salvo ottenere il passaggio al servizio permanente quando il procedimento penale “si sia concluso favorevolmente”. Tale norma implica infatti che, qualora il procedimento penale per delitto non colposo si concluda invece con una condanna, com’è avvenuto al ricorrente, risulta definitivamente precluso il passaggio al servizio permanente.

Con l’ottavo e il nono mezzo parte ricorrente contesta l’atto gravato perché l’Amministrazione avrebbe violato i principi di ragionevolezza e proporzionalità, non avrebbe proceduto ad una adeguata valutazione dell’interesse pubblico relativo alla specifica vicenda e non avrebbe adeguatamente ponderato e valutato gli esiti dell’atto assunto sull’interesse privato.

Le censure sono infondate.

Come anticipato, l’Amministrazione ha nella specie fatto applicazione dell’art. 5 della legge n. 53 del 1989. E C, militare in ferma temporanea, è stato sottoposto dall’Autorità Giudiziaria a procedimento penale per vari reati, tra cui il concorso in lesioni personali aggravate. Ai sensi del comma 1 dell’art. 5 cit. il militare in ferma che si trovi sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo non può essere ammesso al servizio permanete ma tuttavia può continuare a permanere in ferma volontaria, fino a che non sia definito il procedimento penale medesimo, come specifica il comma 2. Ciò è quanto è avvenuto per il C, che è rimasto nello status di militare in ferma volontaria stante la pendenza del procedimento penale a suo carico per delitto non colposo. Il successivo comma 3 del citato art. 5 stabilisce poi quello che accade una volta che il procedimento penale si sia concluso. La norma prevede che i militari “nei cui confronti il procedimento penale…si sia concluso favorevolmente possono ottenere, a domanda, l’ammissione in servizio permanente con decorrenza dal giorno successivo alla scadenza della ferma precedentemente contratta”. È pacifico in causa che nel caso di E C il procedimento penale non si è concluso favorevolmente, poiché egli è stato condannato per concorso in lesioni personali aggravate in tutti e tre i gradi di giudizio. La corretta esegesi dell’art. 5, comma 3, della legge n. 53 del 1989 non può non comportare, secondo l’interpretazione datane anche dall’Amministrazione e già giudicata positivamente dalla Sezione in sede cautelare, che in ipotesi di procedimento penale per delitto non colposo che si conclude con la condanna penale del militare, il suo passaggio al servizio permanente è precluso. Si tratta di valutazione che è già stata operata una volta per tutte dalla norma in via astratta e che non lascia ulteriori margini valutativi all’Amministrazione in sede applicativa, così che le censure qui proposte di violazione di principi di ragionevolezza e proporzionalità ovvero di mancata adeguata ponderazione di interessi pubblici e privati risultano fuori fuoco, avendo l’Amministrazione non esercitato un potere discrezionale ma fatto applicazione di una facoltà vincolata dalle norme di legge.

Alla luce dei rilievi che precedono il ricorso deve essere respinto. Ritiene tuttavia il Collegio che sussistano giustificati motivi per disporre la integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi