TAR Latina, sez. I, sentenza 2013-12-18, n. 201300983

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Latina, sez. I, sentenza 2013-12-18, n. 201300983
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Latina
Numero : 201300983
Data del deposito : 18 dicembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00582/2013 REG.RIC.

N. 00983/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00582/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 582 del 2013, proposto dai sigg.ri
T C e M A, rappresentati e difesi dall’avv. F D C e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Latina, via Carducci, n. 7

contro

Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. E C e con domicilio ex lege stabilito presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria, n. 4
Comune di Sperlonga, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. P S R e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. C L, in Latina, via Petrarca, n. 38

nei confronti di

S.n.c. Chinappi A E &
C A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Chiara De Simone e con domicilio eletto presso lo studio della stessa, in Latina, v.le dello Statuto, n. 24

e con l'intervento di

D F B, rappresentato e difeso dall’avv. Annamaria Romeo e con domicilio eletto presso lo studio della stessa, in Latina, via Carducci, n. 7

per l’accertamento

dell’illegittimità del silenzio serbato dalla Regione Lazio sull’atto di diffida del 17 gennaio 2013, a firma degli odierni ricorrenti, recante richiesta di adozione dei poteri sostitutivi previsti dall’art. 31, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001 e dall’art. 15, comma 7, della l. Reg. Lazio n. 15/2008, finalizzati alla repressione della totale abusività dell’albergo “Grotta di Tiberio” a seguito dell’accertamento giudiziale contenuto nella sentenza del Tribunale di Latina – Sez. penale, n. 845/12 del 1° ottobre 2012

nonché per l’accertamento

della fondatezza dell’istanza ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 104/2010 (c.p.a.)

e, per l’effetto, per la condanna

della Regione Lazio ad incaricare apposito dirigente affinché applichi quanto previsto dagli artt. 27 e 31 del d.PR. n. 380/2001, nonché dall’art. 15 della l.r. n. 15/2008 e, pertanto, proceda all’adozione dei provvedimenti sanzionatori previsti dalla legge nei confronti del complesso turistico alberghiero “Grotta di Tiberio”

nonché, ancora, per la nomina

di un Commissario ad acta incaricato di provvedere in caso di persistente inerzia della Regione.


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;

Vista la memoria di costituzione e difensiva e la documentazione del Comune di Sperlonga;

Vista la memoria di costituzione e difensiva della Chinappi A E &
C A S.n.c.;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum dell’ing. D F B;

Viste la memoria difensiva e la documentazione depositate dalla Regione Lazio;

Viste la memoria difensiva e la memoria di replica dei ricorrenti;

Viste la memoria difensiva e la memoria di replica della Chinappi A E &
C A S.n.c.;

Vista la memoria dell’interveniente;

Vista la memoria di replica del Comune di Sperlonga;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore nella Camera di consiglio del 21 novembre 2013 il dott. P D B;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue


FATTO

Gli odierni ricorrenti, sigg.ri C T ed A M, espongono di essere comproprietari e compossessori di un fabbricato adibito a civile abitazione, sito in Sperlonga, loc. Flacca, distinto in catasto al fg. n. 12, mapp. nn. 52, 52/B, 426/3, 425, 426 e 238/F.

L’immobile di proprietà degli esponenti è ubicato in prossimità del complesso turistico alberghiero “Grotta di Tiberio”, interessato da un’inchiesta penale per plurimi reati in materia edilizia, sfociata nella sentenza del Tribunale di Latina – Sez. penale, n. 845/12 del 1° ottobre 2012, con cui è stata accertata la responsabilità penale degli imputati (Chinappi A E, C A e Faiola Antonio) per i reati ad essi ascritti e gli stessi sono stati condannati a pene detentive.

Gli esponenti lamentano che dal marzo del 2006 il summenzionato complesso turistico alberghiero ha formato oggetto di lavori che hanno comportato la realizzazione di volumetrie senza titolo ed in violazione delle distanze legali rispetto al fabbricato di loro proprietà. Per questa ragione, con atto di diffida assunto al protocollo comunale in data 5 gennaio 2010 il sig. T ha costituito in mora il dirigente pro tempore dell’Ufficio Tecnico Comunale, invitandolo a provvedere e, segnatamente, ad adottare le seguenti misure:

a) annullare in autotutela tutti i titoli abilitativi rilasciati per i lavori relativi all’indicato complesso turistico alberghiero, ed in particolare il permesso di costruire n. 83/04 e la concessione in variante n. 52/05;

b) sospendere immediatamente l’attività turistico-alberghiera svolta all’interno della struttura de qua e disporre la demolizione del muraglione edificato in Sperlonga, loc. Angolo, sulle particelle n. 454 e n. 455, nonché di tutte le opere edilizie eseguite con i richiamati permessi di costruire, che hanno portato alla realizzazione del complesso turistico alberghiero “Grotta di Tiberio”;

c) disporre la perimetrazione dell’area espropriata e non occupata dalla rampa stradale, in modo da consentire al sig. T di poterla utilizzare per accedere con la sua autovettura all’area cortilizia del fabbricato di cui è proprietario;

d) eseguire una ricognizione dello stato dei luoghi, in modo da accertare che dal marzo del 2006 ad oggi sulle particelle nn. 454 e 455 sono state realizzate volumetrie senza titolo ed in violazione delle distanze legali rispetto al fabbricato di proprietà del richiedente sig. T e che sono stati effettuati lavori consistenti nella demolizione e ricostruzione, con ampliamento e mutamento di destinazione d’uso dell’originario ristorante in un lussuoso albergo, con aumento di volumetria.

I ricorrenti riferiscono che gli organi comunali sono rimasti inerti rispetto a tale diffida, limitandosi ad eseguire un sopralluogo in data 27 giugno 2012, cioè ben due anni e mezzo dopo la diffida, e che per tale ragione in data 6 dicembre 2012 il G.I.P. presso il Tribunale di Latina ha disposto giudizio immediato per il dirigente dell’U.T.C. di Sperlonga (geom. M P), imputato del reato di cui all’art. 328, primo comma, c.p..

Nel frattempo, in data 1° ottobre 2012 sopraggiungeva il deposito delle motivazioni della ricordata sentenza del Tribunale di Latina – Sez. Penale, n. 845/12, la quale tra l’altro – precisano i ricorrenti – reca l’ordine di demolizione delle opere abusive e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi, a cura e spese dei condannati.

Gli esponenti sottolineano, a riprova della condotta omissiva serbata dal Comune di Sperlonga, che quest’ultimo, pur dopo la pubblicazione della sentenza penale n. 845/12, nell’evadere una richiesta di ottemperanza alla stessa, con nota prot. n. 4712 del 9 marzo 2013 ha ritenuto di non dovere, allo stato, adottare provvedimenti amministrativi, al fine di non interferire con il procedimento penale in corso, essendo la sentenza in parola sub judice.

Per conseguenza, con atto di diffida del 17 gennaio 2013, notificato il 24 gennaio 2013, i ricorrenti hanno sollecitato i competenti organi della Regione Lazio ad attivare i poteri sostitutivi ex artt. 31, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001 e 15, comma 7, della l.r. n. 15/2008, sulla base dell’inerzia serbata dal Comune di Sperlonga, perpetuatasi anche dopo il deposito della sentenza penale di condanna n. 845/12, nonché sulla base del contenuto stesso della sentenza n. 845/12.

Non avendo la Regione fornito alcun riscontro, con il ricorso indicato in epigrafe, proposto ai sensi degli artt. 31 e 117 del d.lgs. n. 104/2010 (c.p.a.), i sigg.ri T e Miele hanno chiesto:

- l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dalla Regione Lazio sull’atto di diffida del 17 gennaio 2013;

- l’accertamento della fondatezza dell’istanza ai sensi dell’art. 31, comma 3, c.p.a.;

- per l’effetto, la condanna della Regione Lazio ad incaricare un apposito dirigente affinché applichi quanto previsto dagli artt. 27 e 31 del d.PR. n. 380/2001, nonché dall’art. 15 della l.r. n. 15/2008 e, pertanto, proceda all’adozione dei provvedimenti sanzionatori previsti dalla legge nei confronti del complesso turistico alberghiero “Grotta di Tiberio”, sito in Sperlonga.

Ai sensi dell’art. 117, comma 3, c.p.a., i ricorrenti hanno, poi, chiesto la nomina di un Commissario ad acta, incaricato di provvedere in caso di persistente inerzia della Regione.

A supporto del gravame, hanno dedotto i seguenti motivi:

- eccesso di potere per omessa applicazione degli artt. 27 e 31 del d.P.R. n. 380/2001, in relazione a quanto previsto dall’art. 15 della l.r. n. 15/2008, mancata adozione dei provvedimenti sanzionatori previsti dalla legge nei riguardi del complesso turistico alberghiero “Grotta di Tiberio”, violazione del principio di buon andamento ex art. 97 Cost., violazione del Primo Protocollo addizionale della C.E.D.U., per la mancata esecuzione, ad opera della Pubblica Amministrazione, della demolizione di opere abusive che incidono sul diritto di proprietà del vicino;

- eccesso di potere della Regione Lazio, attesa la natura vincolata del provvedimento richiesto ed in ragione della natura di inadempimento permanente propria del cd. silenzio inadempimento serbato dalla P.A..

Si è costituita in giudizio la Regione Lazio, depositando memoria con cui ha eccepito la carenza dei presupposti per l’invocato intervento regionale ed ha concluso per il rigetto del ricorso.

Si è, altresì, costituito in giudizio il Comune di Sperlonga, eccependo l’inammissibilità del ricorso, anche alla luce della sentenza di questa Sezione 23 febbraio 2011, n. 187, resa su analoga questione (confermata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con decisione 23 febbraio 2012, n. 984), e chiedendo in ogni caso la reiezione del gravame.

Da ultimo, si è costituita in giudizio la S.n.c. Chinappi A E &
C A, eccependo l’insussistenza, per più versi, dei presupposti di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a. e richiamando a propria volta le decisioni di questa Sezione n. 187 del 23 febbraio 2011 e del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 984 del 23 febbraio 2012;
la società ha chiesto, inoltre, la condanna dei ricorrenti per lite temeraria, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a..

Con atto depositato il 16 ottobre 2013 è intervenuto ad adjuvandum l’ing. Benito D F, in veste di capogruppo della minoranza nel Consiglio Comunale di Sperlonga, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Le parti hanno depositato memorie e repliche, controdeducendo alle eccezioni delle controparti ed insistendo nelle conclusioni già rassegnate.

Nella Camera di consiglio del 21 novembre 2013, dopo breve discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Forma oggetto del ricorso in epigrafe, proposto ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., il silenzio serbato dalla Regione Lazio sull’atto di diffida indirizzatole dagli odierni ricorrenti, datato 17 gennaio 2013 e notificato il successivo 24 gennaio 2013.

È necessario far precedere la disamina del ricorso da una premessa di carattere generale: quella per cui le istanze pur legittime rivolte dai consociati alla P.A. devono essere veicolate nei modi previsti dall’ordinamento giuridico e, più in particolare, dalla disciplina procedimentale ad esse applicabile. Analogamente, la richiesta di tutela giurisdizionale va declinata attraverso lo strumento processuale predisposto dell’ordinamento per la forma di tutela invocata.

Occorre, altresì, preliminarmente riportare il contenuto delle norme recanti la previsione dei poteri sostitutivi della Regione Lazio, il cui esercizio i ricorrenti hanno inteso attivare (anche mediante un Commissario ad acta) per il tramite del gravame in epigrafe. Si tratta, in specie:

- dell’art. 31, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001, a tenor del quale, nel caso di inerzia, protrattasi per quindici giorni dalla data di constatazione della inosservanza delle disposizioni di cui al precedente art. 27, comma 1 (norma che prevede l’esercizio, da parte del Comune, della vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale), ovvero protrattasi oltre il termine stabilito dal comma 3 del predetto art. 27 (norma che prevede, nell’ipotesi di inosservanza delle norme regolanti l’attività edilizia, l’ordine, da parte del Comune, di sospensione immediata dei lavori, seguito nei successivi quarantacinque giorni dall’adozione dei provvedimenti definitivi), il competente organo regionale, nei successivi trenta giorni, adotta i provvedimenti eventualmente necessari (dandone contestuale comunicazione alla competente autorità giudiziaria);

- dell’art. 15, comma 7, della l.r. n. 15/2008, ai sensi del quale, in caso di inerzia od inadempimento del Comune agli obblighi previsti dallo stesso articolo (che disciplina le misure da adottare a fronte di interventi di nuova costruzione eseguiti in assenza di titolo abilitativo, in totale difformità, o con variazioni essenziali) la Regione esercita il potere sostitutivo di cui agli artt. 31 e ss. (che si articola in una diffida a provvedere, seguita se del caso dalla nomina di un Commissario ad acta).

Fatte queste premesse, è necessario ora verificare, anche alla luce delle plurime obiezioni mosse al riguardo dalle Amministrazioni resistenti e dalla controinteressata, se nel caso di specie possano o meno rinvenirsi i presupposti per l’attivazione di quella particolare forma di tutela avverso l’inerzia della P.A. prevista e disciplinata dagli artt. 31 e 117 c.p.a..

Ad avviso del Collegio tale verifica non può che avere esito negativo, con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Invero, l’inammissibilità del ricorso si ricava dalle dichiarazioni stesse dei ricorrenti, lì dove questi hanno sottolineato: a) di aver inoltrato apposita diffida a provvedere al responsabile dell’U.T.C. del Comune di Sperlonga in data 5 gennaio 2010;
b) che i medesimi hanno notificato alla Regione atto di diffida per l’esercizio dei poteri sostitutivi in data 24 gennaio 2013;
c) che dopo la pubblicazione della sentenza penale n. 845/12 il Comune di Sperlonga è stato diffidato ad intervenire dall’odierno interveniente ad adiuvandum, ing. D F – secondo quanto è stato riferito in Camera di consiglio dal legale dei ricorrenti – ed ha riscontrato tale diffida con nota prot. n. 4712 del 9 marzo 2013 (non versata in atti), denegando la sussistenza, allo stato, dei presupposti per l’adozione di provvedimenti amministrativi.

Orbene, per ciascuno dei punti ora riportati deve affermarsi l’insussistenza dei presupposti richiesti dagli artt. 31 e 117 c.p.a. per l’attivazione del cd. rito del silenzio.

Infatti, quanto al punto a), l’inammissibilità del ricorso emerge con chiarezza laddove si intenda la diffida rivolta alla Regione per l’attivazione dei poteri sostitutivi ex artt. 31, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001 e 15, comma 7, della l.r. n. 15/2008, come facente seguito all’inerzia serbata dal Comune di Sperlonga sulla diffida ad esso rivolta dai sigg.ri T e Miele il 5 gennaio 2010. Ciò, in quanto a tale data non poteva dirsi sussistente in capo al Comune, in relazione al contenuto di detta diffida, nessun obbligo di provvedere, come già affermato da questa Sezione con la sentenza n. 187 del 23 febbraio 2011: in detta decisione, confermata dai giudici di appello, si è infatti negata l’esistenza di un obbligo di provvedere del Comune di Sperlonga sulla diffida presentata dai sigg.ri T e Miele il 5 gennaio 2010, in quanto finalizzata ad ottenere un intervento in autotutela del predetto Comune, a fronte della costante giurisprudenza, secondo cui non esiste un obbligo della P.A. di pronunciarsi sulle istanze volte ad ottenere un provvedimento in autotutela, non essendo coercibile dall’esterno l’attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell’atto amministrativo mediante il cd. silenzio rifiuto o silenzio inadempimento.

È, quindi, evidente che, non esistendo un obbligo del Comune di Sperlonga di attivarsi sulla diffida del 5 gennaio 2010, non può nemmeno esistere, sotto il profilo in esame, un obbligo della Regione Lazio di esercitare i poteri sostitutivi ex artt. 31, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001 e 15, comma 7, della l.r. n. 15/2008: invero, la mancanza di un’inerzia (giuridicamente qualificabile come tale) del Comune su siffatta diffida fa sì che non sussistano i presupposti per l’esercizio dei suindicati poteri sostitutivi. Né ha alcun valore l’obiezione dei ricorrenti – ripetuta dal loro difensore nel corso della discussione della causa – per cui essi non hanno inteso attivare l’esercizio di poteri di autotutela da parte della P.A.: tale obiezione è, infatti, confutata nello stesso ricorso, lì dove si riporta per estratto il contenuto della diffida del 5 gennaio 2010, recante, al punto 1), la richiesta alla P.A. di annullare in via di autotutela il permesso di costruire n. 83/2004 e quello in variante n. 52/2005, rilasciati per la realizzazione del complesso turistico alberghiero “Grotta di Tiberio”.

Dunque, per questo verso il ricorso risulta palesemente inammissibile, in quanto rivolto a stimolare l’attivazione di poteri sostitutivi in assenza dei presupposti (inerzia dell’Ente deputato ad intervenire in prima battuta) per l’esercizio dei poteri stessi.

L’inammissibilità del ricorso emerge anche rispetto al punto b) sopra indicato, qualora si consideri la diffida alla Regione Lazio – come sembra dedursi da altra parte del gravame (p. 18) – come atto conseguente alla sentenza del Tribunale di Latina – Sez. Penale, n. 845/12.

Sostengono i ricorrenti, infatti, di avere sollecitato gli organi competenti della Regione ad attivare i poteri sostitutivi previsti dalle norme più sopra menzionate sulla base dell’illecita omissione di ogni intervento da parte del dirigente dell’U.T.C. del Comune e sulla base del contenuto della sentenza di condanna n. 845/12.

In questa prospettiva, tuttavia, manca la prova che i ricorrenti, prima di richiedere l’intervento della Regione Lazio, si siano rivolti al Comune di Sperlonga, in quanto Ente deputato in prima battuta ad intervenire, diffidandolo ad adottare i necessari provvedimenti. Anzi, dalle stesse affermazioni rese dal legale dei ricorrenti in Camera di consiglio si ricava la prova contraria, avendo questi dichiarato che la diffida a provvedere, a cui il Comune ha risposto negativamente con nota prot. n. 4712 del 9 marzo 2013, non è stata indirizzata al responsabile dell’U.T.C. da uno dei ricorrenti, ma dall’ing. D F (odierno interveniente). Ne discende che anche sotto questo profilo mancano i presupposti per l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte della Regione, non rinvenendosi un’inerzia del Comune su una diffida ad esso presentata dai ricorrenti, tale da giustificare l’attivazione dei poteri stessi: con il corollario che, in sostanza, si pretende dalla Regione l’esercizio non di poteri sostitutivi, ma di quel potere di intervenire in prima battuta, attribuito, invece, sia dalla legge statale (d.P.R. n. 380/2001), sia dalla legge regionale (l.r. n. 15/2008) ai Comuni.

Da questo punto di vista, dunque, è mancata la previa richiesta, da parte dei ricorrenti, al Comune di Sperlonga di attivarsi in esito alla sentenza n. 845/12 per l’esercizio dei poteri ad esso facenti capo in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale: con l’avvertenza, in ogni caso, che esula da siffatti poteri l’intervento in autotutela sui titoli edilizi a suo tempo rilasciati per la realizzazione del complesso industriale alberghiero in discorso, perché questi ultimi sono già stati dichiarati illegittimi dalla predetta sentenza penale.

Per altro verso, anche qualora si volesse (in ipotesi) prendere in considerazione la diffida rivolta al Comune di Sperlonga dall’ing. D F a seguito della sentenza n. 845/12, resterebbe ugualmente ferma la conclusione dell’inammissibilità del gravame, per quanto visto più sopra al punto c) e cioè per il fatto che a tale diffida il Comune di Sperlonga ha risposto, ancorché negativamente, con nota prot. n. 4712 del 9 marzo 2013. Anche sotto profilo, dunque, non sono rinvenibili i presupposti per l’attivazione dei poteri sostitutivi della Regione: se, infatti, il Comune ha già provveduto in merito, pur con una risposta negativa, non è ovviamente configurabile alcuna inerzia del Comune stesso e, pertanto, manca il presupposto per l’esercizio del potere sostitutivo regionale. In questa prospettiva, anzi, l’unica via percorribile sarebbe stata l’impugnazione del diniego comunale.

In relazione a quanto emerso in sede di discussione della causa in Camera di consiglio, c’è, inoltre, da rilevare che, se con il ricorso in epigrafe si è inteso stimolare la Regione all’esecuzione di attività materiali di ricognizione dello stato dei luoghi, il ricorso stesso risulta ugualmente inammissibile, in quanto il rito del silenzio ex artt. 31 e 117 c.p.a. non è esperibile nel caso di obblighi di eseguire che richiedano, per il loro esperimento, un’attività materiale e non provvedimentale (T.A.R. Campania, Sez. III, 8 luglio 2013, n. 3553).

Da ultimo, mette conto precisare che l’inammissibilità del gravame emerge anche qualora si ritenga che con esso i ricorrenti abbiano inteso stimolare la Regione a dare esecuzione alla sentenza penale n. 845/12, lì dove questa ordina (p. 85) la demolizione delle opere abusive e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi a cura e spese dei condannati: è evidente, infatti, che si tratta di adempimento che fuoriesce dall’ambito dei poteri di cui all’art. 31, comma 8 del d.P.R. n. 380/2001 ed all’art. 15, comma 7, della l.r. n. 15/2008.

In definitiva, quale che sia la prospettiva che si adotti al riguardo, il ricorso è inammissibile e deve, perciò, essere dichiarato tale.

L’inammissibilità del ricorso esonera il Collegio dall’obbligo di esaminare la sussistenza o meno di autonome cause di inammissibilità dell’intervento.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo a carico dei ricorrenti e dell’interveniente ad adiuvandum. Deve essere, invece, respinta la domanda della controinteressata di condanna dei ricorrenti al pagamento della sanzione pecuniaria per lite temeraria ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a., sotto il profilo dell’abuso del diritto che sarebbe stato da essi perpetrato con la proposizione del ricorso, trattandosi – in questa prospettiva – della mera riedizione del gravame già dichiarato inammissibile da questa Sezione con sentenza n. 187/2011. In contrario si deve, tuttavia, evidenziare il sopravvenire di un fattore di novità rispetto alla situazione fattuale esistente al tempo dell’instaurazione del giudizio definito con la sentenza n. 187/2011 cit., cioè la pubblicazione della sentenza penale di condanna n. 845/12, che dedica un apposito passaggio (cfr. pp. 64 e ss.) anche al reato consumato con la realizzazione di un muraglione confinante con la proprietà del sig. T, in violazione della normativa sull’attività edilizia e di quella antisismica. Alla luce del mutato quadro fattuale, deve, perciò, escludersi che nel caso in esame ci si trovi dinanzi ad una fattispecie di abuso del diritto, sub specie di abuso dello strumento processuale: donde l’infondatezza della domanda di condanna ex art. 26, comma 2, c.p.a. proposta dalla controinteressata.

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