TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2024-06-17, n. 202412293
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Testo completo
Pubblicato il 17/06/2024
N. 12293/2024 REG.PROV.COLL.
N. 05122/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5122 del 2019, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato E B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Crescenzio n. 2, Sc. B Int. 3;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Stato Maggiore della Difesa, Ministero della Difesa – Direzione Generale della Previdenza Militare, Ispettorato Generale della Sanita’ Militare, non costituiti in giudizio;
per l’accertamento
del diritto dei ricorrenti ad ottenere, in qualità di eredi legittimi del Sig. -OMISSIS-, la liquidazione di tutti gli importi a lui dovuti a titolo di danni patrimoniali e non patrimoniali, per l''insorgenza di leucemia mieloide acuta con complicanze infettive ed emorragiche, con successivo decesso in data 11.09.2009.
e per la condanna
dell’Amministrazione resistente al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti dal Sig. -OMISSIS-, per quanto in narrativa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 il dott. C V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Le persone in epigrafe nominate, sono, nell’ordine, la coniuge e i tre figli del Maresciallo E.I., Sig. -OMISSIS- deceduto in data 11.9.2009 a causa di una “-OMISSIS-”, le quali agiscono dinnanzi a questo Giudice, per l’accertamento del loro diritto di ottenere, in qualità di eredi, la liquidazione di tutti gli importi dovuti al menzionato sottufficiale a titolo di danni patrimoniali e non patrimoniali, per l’insorgenza della malattia che ha condotto al suo decesso in data 11.9.2009.
Espongono che il loro dante causa è stato inviato in missioni di servizio all’estero prima in Albania (nel 1993) e poi, nel 1999, in zona balcanica nella ex regione iugoslava del Kosovo (in particolare a Pec), partecipando all’operazione “Joint Guardian” nel periodo dal 26 novembre al 22 dicembre 1999” (v. doc. 16 ric.: attestato di servizio).
In particolare, con riguardo alla seconda delle missioni citate, si espone nel ricorso che il defunto militare ha dovuto affrontare condizioni di rischio derivanti dal fatto di essersi dovuto spostare a bordo di automezzi e mezzi corazzati e blindati (contaminati), attraverso territori, a loro volta, contaminati a causa di (allora) recenti bombardamenti con proiettili all’uranio impoverito, dei quali erano già all’epoca noti gli effetti lesivi per la salute, dovuti in particolare alle nanoparticelle e alle radiazioni (cfr. relazione medica di parte del dott. -OMISSIS- con documentazione allegata), causate dall’esplosione delle munizioni ad uranio impoverito (in lingua inglese “Depleted Uranium”, sigla “DU”).
Il militare era privo di mezzi di protezione (tute, mascherine e guanti);ha ricevuto cibi approvvigionati in loco e ha bevuto e utilizzato, per l’igiene personale, acqua del posto, con alloggiamenti precari.
Per la pulizia delle armi, il militare ha dovuto utilizzare, anche al chiuso, solventi, tra cui quelli contenenti benzene, ed è stato sottoposto a massicce e ravvicinate somministrazioni vaccinali.
L’esposizione professionale a tali agenti cancerogeni (in totale assenza di qualsivoglia protezione) hanno portato il sig. -OMISSIS- alla morte prematura avvenuta a soli 65 anni a causa delle gravi complicazioni infettive ed emorragiche derivanti dalla leucemia mieloide acuta contratta per cause di servizio.
Gli eredi hanno a suo tempo tempestivamente promosso il procedimento per il riconoscimento, in favore del “de cuius”, dello “status” di soggetto equiparato alle vittime del dovere, procedimento che si è concluso con il parere favorevole del Comitato di Verifica delle Cause di Servizio CVCS) n.-OMISSIS- del 11.10.2011(adunanza n.-OMISSIS-), ove si legge che “… l’infermità: crisi blastica di leucemia mieloide cronica Ph (-), complicanze infettive, emorragiche e progressione di malattia - Exitus dell’11/09/2009 dell’evento morte, già riconosciuta dipendente da causa di servizio, PUO’ altresì ritenersi riconducibile, sotto il profilo quantomeno concausale efficiente e determinante, alle particolari condizioni ambientali od operative di missione così come risultanti e descritti in atti, nonché a particolari fattori di rischio quali previsti dagli artt. 603 e 1907 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, come sostituiti dall’art. 5, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2011, n. 9” (cfr. doc. 3/a ric.)
Il parere, che ha poi condotto al decreto ministeriale di riconoscimento di vittima del dovere, è confortato da tutta la documentazione clinica che era stata raccolta e che, sostengono i ricorrenti, comprovava la lesione biologica pari al 100% già al momento della diagnosi della neoplasia (05.05.2009), con impossibilità di compiere gli atti ordinari della vita.
In data 11.09.2009 il sottufficiale è deceduto.
Il Ministero della Difesa con decreto n. -OMISSIS- del 24.11.2011 ha conferito agli odierni ricorrenti quali eredi del Maresciallo deceduto la speciale elargizione prevista dall’art. 1079 del D.P.R. n.90 del 15/03/2010 per una invalidità complessiva del 100% (cfr. doc. 3/c ric.), nonché, come già accennato, il riconoscimento di vittima del dovere del dante causa (cfr. doc. 4/a ric.).
I ricorrenti agiscono dunque per ottenere il risarcimento “iure hereditatis” dei danni sofferti dal proprio congiunto affermando il proprio “diritto a ottenerne la liquidazione per gli importi previsti in loro favore, quali eredi legittimi, ex art 30 c.p.a.”.
2. Si assume, nel ricorso in esame, che la fatale patologia contratta sia causalmente correlata alla esposizione del militare a contaminazioni tossiche di varia natura (v. pag. 6 ric.) tra le quali si sono rivelate particolarmente nocive quelle provocate dalla combustione ed ossidazione dei metalli pesanti, causate, come detto, dall’impatto ed esplosione delle munizioni all'uranio impoverito utilizzate nei teatri di guerra nei quali egli si è recato nei periodi del servizio prestato nelle missioni sopra menzionate, considerato che, nell’espletamento dei servizi che gli venivano ordinati, lo stesso si trovava spesso all’aperto, a contatto con i più disparati tipi di armi e munizioni.
Tali fattori, uniti al grave indebolimento fisico dovuto allo stress, avrebbero purtroppo determinato i loro effetti dannosi sulla salute del ricorrente.
Parte ricorrente sostiene che, nonostante fosse ampiamente nota (grazie alla letteratura medica specialistica e ai documenti ufficiali relativi all’uso di proiettili all’uranio impoverito in ambito militare) la grave nocività dell’esposizione dei militari alle micro e nano particelle di metalli pesanti prodotte dalle esplosioni di bombe e munizioni all’uranio impoverito (ampiamente utilizzate sia in Somalia che in Bosnia), l’Amministrazione non avrebbe predisposto misure di protezione idonee a prevenire l’insorgenza di “probabili” malattie neoplastiche.
In conclusione, ad avviso del ricorrente, è ravvisabile un comportamento negligente dell’Amministrazione intimata che non ha adeguatamente tutelato l’incolumità psico-fisica del M.llo -OMISSIS-.
Sulla base delle sopra esposte deduzioni e dell’abbondante documentazione prodotta, parte ricorrente ha domandato l’accertamento e la declaratoria di responsabilità del Ministero della Difesa ai sensi del combinato disposto dell’art. 2087 c.c. e 32 Cost., in collegamento con le norme di cui agli artt. 1218 c.c. e/o 1453 c.c. ed ex artt. 2043 e 2059 codice civile. È stata dedotta altresì la violazione degli artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36 e 41 Cost. La responsabilità della p.A. deriva dalle condotte dei titolari delle posizioni di garanzia, ex art. 28 Cost. ed ex artt. 1228 e 2049 c.c.
In via istruttoria parte ricorrente ha richiesto CTU e di essere ammessa alla prova testimoniale.
3. Basandosi sulla suddetta ricostruzione fattuale e giuridica gli eredi ricorrenti domandano, dunque, il risarcimento dei danni sia non patrimoniali che patrimoniali.
3.1. Quanto ai danni non patrimoniali, il “petitum” si riferisce a quelli che sono connessi al ristoro del danno biologico per il decesso del de cuius.
Parte ricorrente configura il danno da questi subito come “danno biologico permanente, con annessa personalizzazione del danno morale” da valorizzare secondo le tabelle del Tribunale di Milano.
Pertanto, oltre al danno biologico in senso stretto, si pretende anche il risarcimento dei danni morali ed esistenziali e/o per lesione di tutti gli altri diritti che “possono quantificarsi nel 100% del quantum del danno biologico (rispettivamente il 50% per quanto riguarda il danno morale e un ulteriore 50% per quanto riguarda tutti gli altri danni): si quantificano gli importi dovuti alla vittima primaria nella somma di Euro 814.730,00 ovvero nell’importo maggiore o minore che fosse accertato e/o ritenuto equo da questo Giudice. Anche con “personalizzazione”, tenendo conto della reale portata ed entità della lesione, delle sofferenze morali e della reale modificazione dei programmi e progetti di vita.
3.2. Quanto al danno patrimoniale parte ricorrente argomenta come segue: vista la morte del militare all’età di 65, spetta “[…] l’aggiunta del pregiudizio patrimoniale per l’importo di € 300.000,00, tenendo conto che rispetto alle aspettative di vita, il decesso è intervenuto con circa 20 anni di anticipo e quindi con riduzione della pensione INPS al 60% della reversibilità in favore della vedova […]”.
4. A seguito di ordinanza presidenziale istruttoria n. -OMISSIS- del 2023, il Ministero della Difesa ha prodotto copiosa documentazione e puntuale relazione sulla vicenda di causa redatta dall’Ispettorato Generale della Sanità Militare che assume posizione negativa sulla sussistenza del nesso causale tra la patologia sofferta dal militare e le attività di servizio, da limitare, peraltro, solo a quelle svolte in Kosovo nel 1999, dal momento che non sussiste documentazione di sorta che comprovi l’uso di munizioni all’uranio impoverito in Albania né negli anni precedenti né in quelli successivi all’anno della missione (1993).
5. Sono stati prodotti ulteriori documenti da parte ricorrente che ha poi depositato memoria ex art. 73 c.p.a. in data 3.4.2024 e, in data 15.4.2024, note di replica a quanto già esposto dall’Amministrazione nella propria relazione.
6. Alla pubblica udienza del giorno 8 maggio 2024, presenti le difese di entrambe le parti in causa, nel corso della discussione il Collegio ha prospettato possibili profili di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione relativamente alla domanda di risarcimento da mancata percezione del sostentamento a beneficio degli eredi.
Il difensore di parte ricorrente ha insistito anche su tale domanda.
La causa, quindi, è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Deve essere affrontata preliminarmente la questione della giurisdizione riguardante la domanda per i danni patrimoniali proposta da parte ricorrente.
Come sopra esposto questo Collegio, nel corso dell’udienza, ha sollevato dei dubbi sull’ammissibilità di detta domanda la quale è riferita ad un diritto risarcitorio (avente ad oggetto danni patrimoniali da mancata percezione del sostentamento) che, invero, non è mai entrato nella sfera giuridico-patrimoniale del ricorrente e che, quindi, a tutto concedere, potrebbe configurarsi come mera pretesa “iure proprio” dei suoi familiari (e aventi causa), la quale non potrebbe, pertanto, essere azionata nella presente sede “iure hereditario”.
Come meglio precisato nella memoria conclusionale, parte ricorrente ha azionato il diritto degli attori ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale, dovuto alla premorienza a seguito di leucemia mieloide acuta del de cuis, che ha percepito fino al dì della sua morte la pensione INPS pari a €3.600,00. Il calcolo del danno patrimoniale “subito dalla vittima primaria per la perdita del trattamento pensionistico” (v. capo VI.3 del doc. 22 della nota di deposito del 26.03.2024) è stato così effettuato: € 3.600,00 (rateo mensile di pensione del militare) x 13 mensilità = €46.800,00 (x anno);tale importo moltiplicato per i 20 anni di aspettativa di vita del militare deceduto determina l’importo di Euro 936.000,00, a titolo di “danno patrimoniale, oggi vantato dagli eredi” da ripartire tra gli stessi (ma da compensare, parzialmente, con la pensione di reversibilità percepita negli anni dalla vedova ricorrente).
Al Collegio appare evidente che si tratti di un ammontare erroneamente riferito al diretto titolare;si tratta cioè di una somma che, nell’irreale ipotesi di sopravvivenza del defunto alla malattia, sarebbe potuta entrare nel suo patrimonio quale posta economica attiva. Ma detto ammontare, evidentemente, non ha mai potuto né potrà mai costituire un elemento attivo del patrimonio del de cuius (e cioè un suo credito pensionistico), per la semplice ragione che, con la morte dell’avente diritto, è naturalmente venuto meno (estinguendosi) il suo diritto alla percezione dei futuri ratei della pensione, diritto che, in quanto riferito ai ratei “post mortem”, non è mai sorto né mai è entrato a far parte dell’asse ereditario (si tratta quindi di situazione soggettiva insuscettibile di trasmissione in via ereditaria).
Semmai, almeno in astratto, i ricorrenti possono rivendicare, a titolo risarcitorio ma “iure proprio”, il danno economico che sarebbe loro derivato dall’abbattimento del reddito familiare a loro spettante pro quota, considerato il minor importo che spetta al coniuge superstite a titolo di pensione di reversibilità.
In questi termini va quindi interpretata la domanda per danni patrimoniali proposta da parte ricorrente in questa sede.
Trattandosi di domanda di risarcimento dei danni “iure proprio” vi è difetto di giurisdizione di questo Giudice sull’intero arco delle voci risarcitorie patrimoniali vantate dai ricorrenti nella presente causa. Il giudice munito di giurisdizione va infatti individuato nel Giudice Ordinario, dinanzi al quale la causa potrà essere proposta.
Conferma ciò il consolidato orientamento della Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. Un., 5 maggio 2014, n. 9573;id. 6 marzo 2009, n. 5468), secondo cui “nel caso di controversia relativa a rapporto di pubblico impiego non soggetto, per ragioni soggettive o temporali, alla privatizzazione, la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psicofisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell’Amministrazione, è strettamente subordinata all’accertamento della natura giuridica dell’azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell’ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. L’accertamento del tipo di responsabilità azionato prescinde dalle qualificazioni operate dall’attore, anche attraverso il richiamo strumentale a singole norme di legge, quali l’art. 2087 o l’art. 2043 cod. civ., mentre assume rilievo decisivo la verifica dei tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito, e quindi l'accertamento se il fatto denunciato violi il generale divieto di neminem laedere e riguardi, quindi, condotte dell’amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso, ovvero consegua alla violazione di obblighi specifici che trovino al ragion d’essere nel rapporto di lavoro, nel qual caso la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio (ex multis, Cass. Civ., Sez. Un. 27 febbraio 2013, n. 4850)”.
Pertanto solo l’azione proposta dai ricorrenti “iure hereditatis” appartiene alla giurisdizione di questo T.A.R.
Deve quindi essere dichiarata la parziale inammissibilità della domanda per difetto di giurisdizione nella parte in cui ha ad oggetto i danni patrimoniali come sopra delineati.
2. Venendo ora all’esame del danno non patrimoniale rivendicato “iure hereditario” dagli odierni attori (rispetto al quale questo Giudice è certamente titolare della “potestas judicandi” ), si rileva che, come esposto nella superiore narrativa, al dante causa dei ricorrenti è stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta in data 05.05.2009.
Egli è deceduto il successivo 11.9.2009.
Il militare è stato colto da “crisi blastica di leucemia mieloide cronica Ph (-), complicanze infettive, emorragiche e progressione di malattia. Exitus dell’11/09/2009” (come si legge nel parere del Comitato di verifica per le cause di servizio n.-OMISSIS- del 11.10.2011- adunanza n.-OMISSIS- che ha riconosciuto la dipendenza della malattia da causa di servizio).
Nel ricorso si espone che dal maggio del 2009 vi è stata nel paziente la immeditata e lucida consapevolezza dell’esito infausto che lo attendeva e ciò ha provocato una radicale modificazione “in peius” della qualità della sua vita.
Con parere del CVCS n. -OMISSIS- dell’11.10.2011 è stata riconosciuta la dipendenza della malattia da causa di servizio in quanto “gli elementi e le circostanze di fatto evidenziati si prospettano in rapporto di valida efficienza etiopatogenetica con l’insorgenza e l’evoluzione della predetta affezione”. Si legge, inoltre, nel medesimo parere che l’infermità “PUO’ altresì ritenersi riconducibile, sotto il profilo quantomeno concausale efficiente e determinante, alle particolari condizioni ambientali od operative di missione così come risultanti e descritti in atti, nonché a particolari fattori di rischio quali previsti dagli artt. 603 e 1907 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, come sostituiti dall’art. 5, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2011, n. 9” (doc. 3/a).
In conformità al predetto parere il Ministero della Difesa con decreto n. -OMISSIS- del 24.11.2011 ha conferito agli odierni ricorrenti quali eredi del Maresciallo deceduto, la speciale elargizione prevista dall’art. 1079 del D.P.R. n.90 del 15/03/2010 per una invalidità complessiva del 100% (cfr. doc. 3/c).
Parte ricorrente ha anche documentato che il Ministero della Difesa con decreto ministeriale n. 205 dell’11.7.2017 gli ha riconosciuto la “Equiparazione a vittima del dovere” e, per l’effetto, ha attribuito l’assegno vitalizio di euro 258,23 mensili e lo speciale assegno vitalizio di Euro 1033,00 mensili sia alla moglie del de cuis che alla figlia S.G., non ammettendo invece gli altri familiari alle medesime indennità perché essi non erano familiari a carico del dante causa (cfr. doc. 4/a).
Il Ministero della Difesa ha quindi inserito il de cuius nella graduatoria delle vittime del dovere (cfr doc. 4/b).
3. Muovendo da tali presupposti fattuali, quanto alla sussistenza del nesso causale tra la principale patologia patita dal ricorrente e l’attività di servizio da questi svolta, con particolare riguardo alle missioni alle quali ha partecipato in teatri di guerra (in particolare in Kosovo nel 1999), il Collegio non ritiene di poter condividere l’assunto ministeriale secondo cui tale nesso causale non sarebbe accertabile nella specie ai fini risarcitori, neanche applicando il criterio di matrice giurisprudenziale del “più probabile che non”, in quanto sarebbero diversi i presupposti per l’accertamento della responsabilità risarcitoria rispetto a quelli (meno impegnativi) richiesti dalle leggi speciali per l’attribuzione dello status di vittima del dovere o per l’attribuzione dell’equo indennizzo per causa di servizio.
Al riguardo questo Collegio ritiene condivisibile l’affermazione giurisprudenziale secondo cui “Il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio determina una presunzione di efficacia causale esclusiva e sufficiente del servizio prestato sull'insorgere della patologia, onde sarebbe stato onere dell'Amministrazione dedurre e, conseguentemente, provare la sussistenza di altra diversa concausa. Detto onere non è stato in alcun modo assolto dal Ministero della Difesa nel presente giudizio. (…) Quanto alla valenza probatoria del menzionato decreto, ritiene la Corte che il contenuto dello stesso vada qualificato quale confessione stragiudiziale, con valenza anche nell'ambito dell'azione risarcitoria (...)” (Corte d'Appello di Roma n. 837/2017, pubblicata il 3.2.2017).
Non sembra, invero, revocabile in dubbio neanche nella specie la portata confessoria di quanto esposto nel sopracitato parere del Comitato di verifica secondo cui “gli elementi e le circostanze di fatto evidenziati si prospettano in rapporto di valida efficienza etiopatogenetica con l’insorgenza e l’evoluzione della predetta affezione”.
4. Deve richiamarsi a tal riguardo, ad ulteriore supporto del positivo riconoscimento del nesso causale che collega la grave malattia contratta e i fattori di rischio connessi al servizio svolto in scenari di guerra contaminati, l’orientamento giurisprudenziale in base al quale viene censurata, in particolare, la mancata considerazione dell’effetto carcinogenico delle nanoparticelle di metalli pesanti che, proprio sulla base di studi internazionali, ha portato il legislatore a riconoscere alle vittime del munizionamento ad uranio impoverito particolari benefici (v. ex multis Cons. Stato, IV, 4.9.2013, n. 4440).
In presenza dei suddetti fattori di rischio a cui il militare è stato effettivamente esposto, l’Amministrazione non può invocare, quale fattore ostativo al riconoscimento della causa di servizio, la mancanza di una chiara evidenza scientifica circa il carattere oncogenetico dell’esposizione umana a residui di combustione di metalli pesanti, in primis DU: la prova liberatoria non può consistere semplicemente nell’invocare il fattore causale ignoto, ma deve spingersi sino a provare convincentemente il fattore causale fortuito, ossia quello specifico agente, non prevedibile e, comunque, non prevenibile, che ha provocato l’evento di danno.
Altrimenti detto, nel quadro di una responsabilità posta a garanzia di beni primari, nell’ambito di un ordinamento di settore connotato dall’insindacabilità degli ordini, nel contesto di una missione in un teatro operativo interessato da recenti eventi bellici ed ancora pervaso da plurimi, insidiosi e multifattoriali fattori di pericolo, il rischio causale ignoto grava sull’Amministrazione e non sul singolo militare.
Del resto, la causa ignota, categoria gnoseologica e non ontologica, non è altro che la conseguenza dell’attuale ignoranza scientifica circa i nessi eziologici: è cioè un dato umano, relativo e dinamico, non una realtà naturale, assoluta e fissa (è quanto si afferma nella sentenza del Consiglio di Stato n.7557/2020).
5. Sotto il profilo probatorio, con recente decisione del Consiglio di Stato, sez. II, 7 marzo 2022, n.