TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2020-03-19, n. 202003445

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2020-03-19, n. 202003445
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202003445
Data del deposito : 19 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/03/2020

N. 03445/2020 REG.PROV.COLL.

N. 14530/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14530 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento del provvedimento di rigetto della domanda di transito nei ruoli civili da parte del Ministero della Giustizia, Dip. Giustizia Minorile e di Comunità, di cui alla nota

DGMC

23.09.19 0048467.U, comunicata al ricorrente in data 24.09.2019;
del rigetto della domanda di transito nei ruoli civili da parte del Ministero della Giustizia, Dip. Organizzazione Giudiziaria del Personale e dei Servizi, di cui alla nota DOG 18.09.19 0009056.ID comunicata al ricorrente in data 24.09.19;
in via derivata, del decreto n. 09086/S Ministero della Giustizia, Dip. Amministrazione Penitenziaria, comunicato al ricorrente in data 30.10.2019, con il quale il sig. -OMISSIS- è stato dispensato dal servizio per infermità a decorrere dal 24.09.19;
in quanto atto presupposto, della circolare Ministero della Giustizia n. 3484/5934 del 7 agosto 1998.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2020 la dott.ssa Lucia Gizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con ricorso ritualmente notificato, -OMISSIS- impugnava, chiedendone l’annullamento, la nota n. 48467.U del 23.9. 2019 e la nota n. 9056.ID del 18.9.2019, con cui il Ministero della Giustizia, rispettivamente Dipartimento giustizia minorile e di comunità e Dipartimento organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi, hanno rigettato la sua domanda di transito nei ruoli civili, nonché il decreto n. 9086/s con cui il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, lo ha dispensato dal servizio per infermità a decorrere dal 24.9.2019.

Parte ricorrente – premesso di essere un agente polizia penitenziaria dal 2004 e di prestare attualmente servizio, quale assistente, presso la casa circondariale di Viterbo – deduceva che: la Commissione medica di II istanza di Roma, con verbale del 9.7.2019, lo dichiarava inidoneo al servizio nel corpo della Polizia penitenziaria in modo assoluto e permanente, ma idoneo ad essere impiegato nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell’Amministrazione penitenziaria o di altra Amministrazione Statale, nei ruoli civili. Di conseguenza, il successivo 17.7.2019, il ricorrente faceva istanza di transito nei ruoli civili, una presso l’UDEPE di Viterbo, l’altra presso il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria. Entrambe le domande venivano rigettate: la prima per carenza di disponibilità di posti vacanti;
la seconda per la presenza di sanzioni disciplinari. Successivamente, il ricorrente è stato dispensato dal servizio per infermità.

Avverso questi provvedimenti, parte ricorrente deduceva violazione degli artt. 75, 76, 77, 78 del d.lgs. n. 443 del 1992, degli artt. 35 e 38 Cost., eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà. Egli, infatti, avuta conoscenza del giudizio di inidoneità della commissione medica, ha formulato istanza di transito nei ruoli civili, senza che l’Amministrazione resistente gli abbia preventivamente indicato le sedi disponibili per un suo utile collocamento. Inoltre, la seconda domanda, formulata all’esito del rigetto della prima, è stata a sua volta rigettata per una valutazione dei pregressi provvedimenti disciplinari. Tuttavia, non sono state assicurate le garanzie partecipative del ricorrente ed è stata illegittimamente considerata, come motivo ostativo alla prosecuzione del rapporto di servizio, un’infrazione disciplinare già sanzionata.

Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia.

Con ordinanza n. 8224 del 2019, il Collegio accoglieva la domanda cautelare del ricorrente, disponendo il riesame della sua posizione.

Con provvedimento del 30.12.2019, l’Amministrazione resistente, in esecuzione dell’ordinanza cautelare, reintegrava in servizio il ricorrente, collocandolo in aspettativa, ai sensi dell’art. 76, comma 12, del d.lgs. n. 443 del 1992.

Alla pubblica udienza del 3.3.2020, la causa veniva trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è fondato, per le seguenti ragioni.

Il ricorrente, agente di polizia penitenziaria, è stato dichiarato inidoneo al servizio nel corpo della Polizia penitenziaria in modo assoluto e permanente, ma idoneo ad essere impiegato nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell’Amministrazione penitenziaria o di altra Amministrazione Statale, con verbale del 9.7.2019 della Commissione medica di II istanza di Roma. Di conseguenza, egli ha presentato, il successivo 17.7.2019, domanda di transito nei ruoli civili. Nel far ciò ha indicato specificamente gli uffici presso cui essere impiegato (l’UDEPE di Viterbo e il Dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria), ma entrambi, ancorché per ragioni diverse, hanno rigettato la domanda. Successivamente, il ricorrente è stato dispensato dal servizio per infermità.

Oggetto di gravame sono, quindi, sia le note n. 48467.U del 23.9. 2019 e n. 9056.ID del 18.9.2019, con cui il Ministero della Giustizia, rispettivamente Dipartimento giustizia minorile e di comunità e Dipartimento organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi, hanno rigettato la domanda del ricorrente di transito nei ruoli civili;
sia il decreto n. 9086/s con cui il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, lo ha dispensato dal servizio per infermità a decorrere dal 24.9.2019.

In proposito, osserva il Collegio che, secondo la costante giurisprudenza amministrativa, la ratio dell'istituto del transito nei ruoli civile è quella di consentire al personale della polizia penitenziaria - risultato inidoneo ai gravosi e delicati compiti di servizio - di poter proseguire il rapporto di pubblico impiego nei ruoli civili dell'Amministrazione della giustizia o di altre Amministrazioni statali, per le quali non sia necessaria la sussistenza degli specifici requisiti psichici, fisici e attitudinali richiesti per i compiti di servizio suddetti.

Pertanto, le disposizioni contenute negli art. 75 e 76 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443 sottendono la finalità di assicurare giusta tutela al diritto al lavoro del dipendente che, riconosciuto inidoneo al servizio d'istituto, possa, invece, espletare altre mansioni anche presso Amministrazioni diverse da quella afferenti alla compagine ministeriale, nella quale è originariamente collocato.

In tal senso, giova sottolineare che costituisce principio generale, proprio dell'ordinamento del pubblico impiego, quello in forza del quale il personale inidoneo al servizio per ragioni di salute, prima di essere dispensato, deve essere posto nelle condizioni di continuare a prestare servizio ai fini dell'assolvimento di compiti e funzioni compatibili con le sue condizioni di idoneità fisica. Solo nel caso in cui non sia possibile tale utilizzazione, o per ragioni di carattere oggettivo o per scelta dell'interessato, ne è disposto il collocamento a riposo d'autorità (Corte cost., 10 febbraio 2006, n. 56).

In sintonia con i principi sopraesposti, il Consiglio di Stato ha recentemente avuto occasione di affermare che il transito nei ruoli civili del personale militare dichiarato permanentemente inabile al servizio, ai sensi dell'art. 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, nr. 266, configura una fattispecie peculiare di trasferimento interno alla medesima Amministrazione (cfr. Cons. Stato, n. 1598 del 2009), formando oggetto di un vero e proprio diritto soggettivo dell'interessato, la cui attuazione è subordinata all'accertamento tecnico-discrezionale della Commissione medica ospedaliera sull'idoneità fisica e psichica al servizio e che non può essere negato per altre e diverse ragioni (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, n. 4127 del 2013;
n. 6951 e n. 4864 del 2009).

In base ad un'interpretazione suggerita dalla formulazione letterale della disposizione sopra indicata (art. 77), si deve quindi ritenere che l'Amministrazione può dispensare dal servizio il dipendente della Polizia penitenziaria unicamente quando abbia constatato l'impossibilità di un ricollocamento in altri ruoli dell'Amministrazione dello Stato, anche diversi da quello prescelto (Cons. Stato, n. 3203 del 2019).

È pertanto onere dell'Amministrazione di appartenenza cercare un possibile reimpiego del dipendente inabile al servizio anche in mansioni inferiori a quelle richieste, purché tale diversa nuova attività del dipendente risponda alle esigenze organizzative dell'Amministrazione stessa (Cons. Stato, n. 307 del 2007).

Tanto premesso, osserva il Collegio che, nel caso di specie, l’Amministrazione resistente, a fronte dell’accertata inidoneità al servizio di polizia del ricorrente e della sua istanza di transito nei ruoli civili dell’Amministrazione penitenziaria o di altra Amministrazione statale, si è limitata a prendere atto che il Dipartimento della giustizia minorile e quello dell’organizzazione giudiziaria avevano respinto il passaggio. Al contrario, a fronte dell’istanza del ricorrente, era suo onere individuare il differente ruolo in cui collocarlo, anche diverso da quello prescelto e anche implicante lo svolgimento di mansioni inferiori.

Prima di dispensare il ricorrente dal servizio, insomma, l’Amministrazione avrebbe dovuto indicargli il ruolo presso la stessa Amministrazione penitenziaria, o presso altra Amministrazione statale, che sarebbe potuto andare a ricoprire. Solamente in caso di rifiuto del ricorrente, ovvero in caso di motivata impossibilità di collocarlo in altro ruolo, avrebbe potuto dispensarlo dal servizio.

Tanto premesso, il ricorso va accolto e i provvedimenti gravati annullati.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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