TAR Genova, sez. I, sentenza 2015-02-25, n. 201500228

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2015-02-25, n. 201500228
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201500228
Data del deposito : 25 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00738/2013 REG.RIC.

N. 00228/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00738/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 738 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
La Valle degli Oleandri, Panificio Fabiola, Il Centro di Ancorini Marina e C. Snc, rappresentati e difesi dagli avv. A G, S G, con domicilio eletto presso S G in Genova, Via Ceccardi 1/15;
Macelleria Da Maurizio, rappresentato e difeso dagli avv. S G, A G, con domicilio eletto presso S G in Genova, Via Ceccardi 1/15;

contro

Comune di Andora, rappresentato e difeso dagli avv. M A Q, P G, con domicilio eletto presso M A Q in Genova, Via Roma 4/3;

nei confronti di

Maresan Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Piergiorgio Alberti, Glauco Stagnaro, con domicilio eletto presso Piergiorgio Alberti in Genova, Via Corsica 2/11;

per l'annullamento

autorizzazione n. 54 del 26\9\2012 recante provvedimento conclusivo per variante al permesso di costruire, autorizzazione al commercio n. 583 del 16\7\2012, verbali delle conferenze di servizi e ogni atto connesso;
per motivi aggiunti di s.c.i.a. del 27\3\2013;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Andora e di Maresan Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2015 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe gli odierni ricorrenti, in qualità di titolari di attività di commercio al dettaglio in comune di Andora, impugnavano gli atti di cui in epigrafe, concernenti le autorizzazioni all’apertura di una media struttura di vendita e connessa variante al permesso di costruire, rilasciata in favore della società odierna controinteressata.

Nel ricostruire in fatto e in diritto il procedimento, avverso tali atti venivano quindi dedotte le seguenti censure:

- violazione dell’art. 19 l.r. 1\2007, 17 s. l.r. 9\1999, l. 241\1990 e 97 Cost., nonché diversi profili di eccesso di potere, per mancata valutazione comparativa unitaria degli aspetti edilizi e commerciali;

- analoghi vizi per insufficienza della pubblicazione della convocazione della conferenza di servizi via internet al fine di consentire la presentazione di osservazioni;

- violazione dell’art.11 d

PR

380\2001, eccesso di potere per travisamento, in quanto la società controinteressata risulta solo comodataria di una parte dell’area;

- violazione degli artt. 26 o 28 d

PR

495\1992, eccesso di potere per travisamento per violazione della fascia di rispetto autostradale;

- violazione dell’art.

8.2 puc ed eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti, a fronte della mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione previste nel titolo originario;

- violazione degli artt. 15 tu edilizia cit. e 34 l.r. 16\2008, difetto di presupposto, in ipotesi di decadenza del precedente titolo;

- violazione degli artt. 3 tu edilizia cit., 7 e 10 l.r. 16 cit., perplessità, in quanto l’intervento qualificato di manutenzione straordinaria nella relazione viene descritto come di ristrutturazione;

- violazione dell’art. 10 puc e perplessità, essendo ammessi in zona solo attività artigianali;

- violazione dell’art. 18 puc e difetto di istruttoria, per mancanza degli atti relativi alla verifica di inserimento dell’esercizio commerciale;

- violazione dell’art. 19 l.r. 1 cit., per separazione dei procedimenti edilizi e commerciali.

Venivano altresì formulate domande risarcitoria e cautelare (quest’ultima poi oggetto di rinvio al merito in sede di camera di consiglio).

Sia il Comune sia la parte controinteressata si costituivano in giudizio e, replicando punto per punto, chiedevano la declaratoria di irricevibilità ed inammissibilità nonchè il rigetto del gravame.

Con successivi motivi aggiunti gli atti impugnati, nonché una ulteriore scia, venivano contestati anche sotto gli ulteriori seguenti profili: riproposizione del vizio concernente la destinazione a sole attività artigianali;
analoghi vizi e diversi profili di eccesso di potere per mancata esplicazione delle ragioni sottese all’emendamento dell’autorizzazione commerciale a poca distanza dal rilascio dell’originaria;
analoghi vizi per superamento dell’incremento massimo previsto per snv alimentare, fissato per il comune in questione in 332 mq;
azione di accertamento per illegittimità della scia, per insufficienza del vantato comodato;
illegittimità derivata in relazione ai vizi di cui al ricorso originale.

Anche avverso tali censure le parti resistenti replicavano e controdeducevano con analoghe conclusioni.

Alla pubblica udienza del 12\2\2015, in vista della quale le parti depositavano memorie, la causa passava in decisione.

DIRITTO

Le eccezioni preliminari dedotte in termini di tardività del ricorso appaiono infondate.

In proposito, rispetto all’invocato principio in tema di atti soggetti a ordinaria pubblicazione, per ciò che concerne la specifica materia dell’impugnativa di titoli edilizi – anche rispetto ad edifici di valenza commerciale – va fatta applicazione del tradizionale principio che lega il decorso del termine decadenziale a partire dalla piena conoscenza: secondo la costante giurisprudenza, il termine decadenziale per l'impugnazione da parte del terzo di un atto comunale di assenso edilizio non decorre dalla data di pubblicazione, ma dal giorno in cui si provi che il ricorrente ne abbia acquisito la piena conoscenza (CdS 2907\2013). Infatti, la decorrenza del termine per ricorrere in sede giurisdizionale avverso atti abilitativi dell'edificazione deve essere collegata, per i soggetti diversi da quelli cui l'atto è rilasciato, al momento in cui il controinteressato sia in grado di percepire la concreta entità del manufatto e la sua incidenza effettiva sulla propria posizione giuridica;
pertanto, salvo che non venga fornita la prova certa di una conoscenza anticipata del provvedimento abilitativo, nel caso d'impugnazione del titolo edilizio ordinario il termine di decadenza decorre dal completamento dei lavori, che è il momento in cui è materialmente apprezzabile la portata definitiva dell'intervento in precedenza assentito (cfr. ad es. CdS 2958\2013).

Al riguardo assume rilievo dirimente anche il principio già espresso dalla sezione, a mente del quale in materia di tempestività dell'impugnazione di titoli edilizi da parte di terzi, la piena conoscenza dalla quale decorre il termine decadenziale per la proposizione dell'impugnazione va riferita al momento dell'ultimazione dei lavori, ovvero al momento nel quale la costruzione realizzata riveli in modo inequivoco le caratteristiche essenziali dell'opera agli effetti della sua eventuale difformità rispetto alla disciplina urbanistico edilizia vigente, fermo (altresì) restando che la prova della tardività dell'impugnazione deve essere fornita rigorosamente e incombe, secondo le regole generali, alla parte che la deduce (Tar Liguria n. 851\2013).

Ad analoga conclusione deve giungersi in relazione alla eccepita carenza di interesse del gravame

Gli odierni ricorrenti agiscono nella qualità di esercenti di attività commerciali al dettaglio nell’area comunale coinvolta dalla realizzazione della media struttura di bvendita di cui ai titoli impugnati. Pertanto, quali titolari di analoghe situazioni giuridiche attive, operanti in zona in potenziale concorrenza con la nuova struttura, hanno la piena legittimazione a contestare la legittimità delle scelte amministrative che mutano la zona, oltreché l’interesse concreto a contestare la legittimità di iniziative edilizie e commerciali limitrofe alla propria e, conseguentemente, il rispetto delle regole dettate a livello urbanistico ed edilizio per l’area in cui si trovano i propri interessi giuridicamente rilevanti ed i propri immobili.

Invero, la sezione ha già avuto modo di evidenziare altresì che, poiché il legittimo esercizio di un'attività commerciale è subordinato, sia in sede di rilascio del titolo che durante lo svolgimento dell'attività, alla disponibilità giuridica e alla regolarità urbanistica ed edilizia dei locali è possibile ammettere che un operatore economico impugni un titolo edilizio avendo come sua esclusiva finalità quella di perseguire un interesse commerciale, essendo l'iniziativa strumentale (attraverso la rimozione del titolo edilizio) alla caducazione del titolo commerciale di cui il primo costituisce presupposto (cfr. ad es. sent 363\2013). In definitiva, se per un verso gli operatori economici agiscono, anche avverso i prodromici titoli edilizi, al legittimo fine di tutelare il proprio interesse commerciale ad impedire l'avvio di attività potenzialmente concorrenti, per un altro e sufficiente verso tutti i ricorrenti agiscono altresì a tutela delle rispettive proprietà e situazioni giuridiche radicate nella zona direttamente incisa dalla realizzazione di un complesso produttivo dal quale scaturirà un evidente intensificazione dell'impatto urbanistico. Nel caso de quo, a fronte della rilevanza dell'intervento contestato, tutti i ricorrenti rientrano negli ambiti di legittimazione individuati, risultando collocati nella stessa area di riferimento, quantomeno da un punto di vista dell'impatto urbanistico ed edilizio.

Peraltro, il ricorso è infondato nel merito.

Con il primo ordine di motivi, reiterato nel decimo, si contesta la mancata valutazione comparativa unitaria degli aspetti edilizi e commerciali. Invero la censura è formulata in termini generici e priva della necessaria valenza sostanziale. Infatti, ciò che rileva è la conformità alla disciplina urbanistica, edilizia e commerciale vigente che le censure così formulate neppure mirano a contestare.

Con il secondo motivo si lamenta l’insufficienza della pubblicazione della convocazione della conferenza di servizi via internet al fine di consentire la presentazione di osservazioni. Anche tale prospettazione non appare condivisibile, sia in generale, a fronte del principio normativo correttamente invocato dalle difese resistenti (art. 32 l. 69\2009), sia nella specie in quanto parte ricorrente neppure si premura di indicare quali osservazioni avrebbe inteso svolgere.

Con il terzo motivo si contesta la carenza di legittimazione a richiedere un titolo edilizio, in quanto la società controinteressata sarebbe solo comodataria di una parte dell’area. Anche tale prospettazione non può essere accolta. In linea generale, infatti, costituisce jus receptum il principio a mente del quale ai sensi dell'art. 4, l. n. 10 del 1977 e ora dell'art. 11 d.P.R. n. 380 del 2001, sono legittimati a richiedere la concessione edilizia, o il permesso di costruire, i soggetti che hanno la disponibilità giuridica dell'area e la titolarità di un diritto reale o di obbligazione che dia facoltà di eseguire le opere, in proposito, atteso che il rapporto di comodato dà vita ad un’obbligazione non vi sono ostacoli in materia (cfr. ad es. CdS 4370\2011: “in via di principio, il titolare di un diritto di comodato è legittimato alla richiesta di titoli edilizi compatibili con l'effettiva disponibilità del bene e con l'entità della trasformazione oggetto della richiesta cfr.C.d.S., sez. V^, 19 settembre 2008, n. 4518;

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