TAR Brescia, sez. I, sentenza 2018-11-29, n. 201801141

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2018-11-29, n. 201801141
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201801141
Data del deposito : 29 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/11/2018

N. 01141/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00851/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA IALIANA

IN NOME DEL POPOLO IALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 851 del 2015, proposto da B G e T L, rappresentati e difesi dagli avv.ti I F e F F, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi, in Brescia, alla via Armando Diaz n. 28

contro

il Comune di Nuvolento, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. M B, con domicilio digitale presso l’indirizzo PEC indicato nella memoria di costituzione e domicilio fisico eletto presso lo studio del predetto legale, in Brescia, viale della Stazione n. 37

per l'annullamento

- dell’ordinanza n. 1002 del 2 febbraio 2015, notificata il 6 febbraio 2015, del Responsabile dell’Ufficio intercomunale Mazzano – Nuvolento Edilizia privata ed urbanistica avente ad oggetto “ingiunzione di demolizione e rimessa in pristino opere abusive realizzate in assenza di titolo abilitativo presso l’immobile identificato catastalmente dal mappale n. 107 del foglio n. 7 del N.C.T. di Nuvolento”;

- nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale, fra cui la relazione tecnica relativa a violazione urbanistico-edilizia dell’Ufficio comunale del 23 dicembre 2014.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 novembre 2018 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Evidenziano i ricorrenti di essere proprietari delle aree catastalmente identificata al mapp. 107, fg. 8, N.C.T. del Comune di Nuvolento.

Soggiungono che tali aree sono sottoposte a vincolo di polizia idraulica.

Evidenziano che, a seguito di sopralluogo effettuato dalla Polizia Locale in data 26 novembre 2014, veniva accertata l’esistenza di manufatti edilizi (porticato adiacente ad autorimessa;
ricovero per cani) ricadenti nella zona di rispetto, in quanto posti a distanza inferiore a metri 4 dalla riva del Torrente Rudone.

Avverso l’impugnata determinazione ripristinatoria vengono dedotte le seguenti doglianze:

1) Violazione di legge: violazione degli artt.

3-6 e 31-34 del D.P.R. 380/2001. Eccesso di potere e difetto di motivazione. Vizio e difetto di procedura e di istruttoria. Erronea rappresentazione dei presupposti. Eccesso di potere per sviamento della causa tipica: art. 2 della legge 241 del 1990, art. 97 della Costituzione.

Gli interventi realizzati dai ricorrenti non possono essere qualificati come interventi di nuova costruzione, trattandosi di una struttura amovibile adibita a ricovero per cani e di una tettoia adiacente ad un garage già autorizzato e preordinata a garantire una migliore fruibilità dell’autorimessa.

In particolare, il portico, avente superficie pari a mq. 25,76 ed altezza di mt. 2,27, privo di autonomia funzionale, rivelerebbe carattere strettamente pertinenziale, non dimostrandosi, quindi, assoggettabile a rilascio di licenza edilizia.

Il ricovero per cani, diversamente, sarebbe una struttura non infissa al suolo e, quindi, facilmente amovibile;
per il quale è sufficiente la sole denuncia di inizio attività, ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. 380/2001.

2) Violazione del legittimo affidamento ingenerato nei ricorrenti dal notevole lasso di tempo trascorso dalla realizzazione dei contestati abusi e poi dall’emanazione dell’ordinanza di demolizione. Violazione dell’art. 3 della legge 241 del 1990, per difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico, diverso da quello al mero ripristino della legalità, che avrebbe dovuto sostenere un ordine di demolizione emesso a circa 25 anni dalla realizzazione degli abusi. Violazione del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per sviamento della causa tipica. Illogicità ed irragionevolezza manifeste.

Nel dare atto del rilevante arco temporale intercorso fra l’adozione del provvedimento gravato, da una parte, e la realizzazione dei manufatti, dall’altra (circa 25 anni), lamenta parte ricorrente l’inadeguatezza motivazionale della determinazione, in punto di interesse pubblico, anche a fronte dell’affidamento consolidatosi.

3) Violazione di legge: art. 31, comma 3, del D.P.R. 380/2001. Eccesso di potere per sviamento di potere, difetto di motivazione e di istruttoria.

L’acquisizione delle opere e della relativa area di sedime sarebbe illegittima in quanto i manufatti di cui sopra non sono assoggettati a rilascio di permesso di costruire.

Anche l’individuazione dell’area da acquisire – pari a mq. 209,26 – sarebbe largamente eccedente a quella interessata dagli abusi (estesa per mq. 69,32).

4) Violazione di legge: art. 7 della legge 241 del 1990. Eccesso di potere per violazione del principio di affidamento, vizio e difetto di procedura.

Viene, da ultimo, denunciata l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento, con riveniente sacrificio delle possibilità di interlocuzione endoprocedimentale.

Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.

La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata da questa Sezione accolta con ordinanza n. 275 del 7 aprile 2016.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 28 novembre 2018.

DIRITO



1. Nel provvedimento ripristinatorio, con il presente ricorso gravato, si dà atto che, in sede di sopralluogo effettuato in data 26 novembre 2014, veniva accertata, sull’area di proprietà degli odierni ricorrenti, la presenza dei seguenti immobili:

- manufatto edilizio adibito a portico, avente superficie di mq. 25,76, altezza di ml. 2,27 e volume pari a mc. 58,48;

- manufatto edilizio adibito a ricovero cani, avente superficie di mq. 43,56 ed altezza media di ml. 1,96.



2. Come illustrato in narrativa, assumono i ricorrenti il carattere univocamente pertinenziale della prima delle indicate opere;
altresì sostenendo che il ricovero cani sarebbe opera facilmente amovibile: con conseguente esclusa esigenza, per entrambi i manufatti, di previa acquisizione di titolo ad aedificandum.



3. Con riferimento al portico, va rammentato che, sulla base di un consolidato insegnamento giurisprudenziale ( ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 26 agosto 2014 n. 4290;
nonché T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 21 settembre 2018 nn. 884 e 887;
22 gennaio 2018 n. 22;
11 dicembre 2017 n. 1425):

- la pertinenza è configurabile quando vi è un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra cosa accessoria e quella principale, cioè un nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso pertinenziale durevole, oltre che una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa cui esso inerisce (Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2012 n. 615);

- a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma è anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto carico urbanistico (Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2008 n. 6756 e 13 giugno 2006 n. 3490).

Nel ribadire tali orientamenti, il Collegio ritiene che debba, nella fattispecie all’esame, essere esclusa la configurabilità della natura pertinenziale – ai fini edilizi – dell’opera in questione, realizzata, atteso che il realizzato intervento ha introdotto, ex novo, nell’area di un corpo di fabbrica prima non presente, con riveniente accrescimento della volumetria e della superficie occupata (con connotazione dimensionale, peraltro, non esigua, come descritto nell’avversata ordinanza).

E ciò in quanto il carattere pertinenziale rilevante ai fini urbanistici transita attraverso le seguenti coordinate identificative:

- opere che non comportino un nuovo volume;

- opere che comportino un nuovo e modesto volume ‘tecnico’ (così come definito ai fini urbanistici, fermo restando che anche i volumi tecnici mantengono rilievo ai fini paesaggistici, dovendosi essi considerare ai fini dell'applicazione del divieto di rilascio di autorizzazioni in sanatoria, ai sensi dell'art. 167, comma 4, del D.Lgs. 42/2004: cfr. Cons. Stato, sez. VI, 26 marzo 2013 n. 1671;
sez. VI, 20 giugno 2012 n. 3578).

Consente di escludere la natura pertinenziale dell’opera de qua anche la previsione dettata dall’art. 3, comma 1, lett. e.6) del D.P.R. 380/2011, laddove vengono considerati “ interventi di nuova costruzione … gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% (percento) del volume dell'edificio principale ”.

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