TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-02-28, n. 201802230

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-02-28, n. 201802230
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201802230
Data del deposito : 28 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/02/2018

N. 02230/2018 REG.PROV.COLL.

N. 03230/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3230 del 2005, proposto da:
RAI Radiotelevisione Italiana S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato C P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Prefetti, 17;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comitato per l’applicazione del Codice Autoregolamentazione su Tv e Minori, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della delibera n. 283/04/CSP assunta dall’AGCOM nella seduta del 22.12.201 e notificata alla RAI S.p.a. in data 21.1.2005, con la quale veniva ingiunto alla stessa il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di euro 15.000,00 per la violazione dell’art. 15, comma 10, della legge n. 223 del 1990, in relazione alla trasmissione del film "Il patto dei lupi" durante la fascia oraria protetta, il giorno 4 marzo 2004;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2017 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con il ricorso in esame, spedito a notifica in data 22.3.2005 e depositato nel termine di rito, la RAI – Radiotelevisione Italiana S.p.a. impugnava la delibera n. 283/04/CSP assunta dall’AGCOM nella seduta del 22.12.201 e notificata alla RAI in data 21.1.2005, con la quale veniva ingiunto alla ricorrente il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di euro 15.000,00 per la violazione dell’art. 15, comma 10, della legge n. 223 del 1990. La sanzione è intervenuta in esito al procedimento avviato con la nota del Dipartimento garanzie e contenzioso della stessa Autorità, mediante atto notificato alla società ricorrente il 28.6.2004, con il quale veniva contestato alla stessa la violazione dell’art. 15, comma 10, legge n. 223 del 1990, per avere trasmesso su “Raidue” in data 4 marzo 2004 il film “Il patto dei lupi” che, secondo l’AGCOM, era da considerare inadatto ad un pubblico non adulto per le diverse rappresentazioni di violenza in esso presenti.

L’avvio procedimentale prendeva le mosse dalla attività istruttoria anteriormente svolta dal Comitato per l’applicazione del “Codice di autoregolamentazione tv e minori”, organo le cui funzioni erano state riconosciute dalla legge n. 112 del 2004 (art. 10) e che, a suo tempo, era stato istituto in esecuzione del menzionato “Codice tv e minori”, composto da n. 15 componenti nominati con decreto dell’allora Ministero delle Comunicazioni, d’intesa con l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in rappresentanza, per quote uguali, delle emittenti televisive, delle istituzioni e degli utenti.

Il Comitato, a seguito di specifica istruttoria sui fatti in contestazione, era pervenuto alla conclusione che fosse stata integrata, nella specie, la violazione del predetto “Codice tv e minori”, con riferimento ai principi generali e all’art.

2.4 di esso, stante la ritenuta presenza di “aspetti di violenza ripetuta e orrorifica e incestuosa prevaricazione sessuale”. Il Comitato, pertanto, trasmetteva in data 20.4.2004 (doc. 3 ric.) la propria risoluzione all’Autorità, che dava avvio al procedimento sanzionatorio per cui è causa. Quindi, in data 27.8.2004, la RAI depositava presso il Dipartimento garanzie e contenzioso dell’AGCOM apposita memoria difensiva nella quale, oltre a richiedere l’audizione a difesa dinnanzi all’Autorità (la quale in effetti si svoltasi il giorno 23.11.2004), deduceva:

- la nullità dell’intero procedimento per essere stato avviato non già dagli organi dell’AGCOM dotati dei necessari poteri, bensì da un Ufficio (il Dipartimento sopra richiamato) avente competenze meramente interne;

- l’improcedibilità dell’azione di accertamento e sanzionatoria per intervenuto decorso del termine di cui all’art. 1, commi 1 e 2 della legge n. 689 del 1981;

- l’improcedibilità dell’azione medesima per genericità e indeterminatezza della contestazione;

- e, in ogni caso, l’infondatezza nel merito della contestazione atteso che, a dire dell’Ente ricorrente, la trasmissione del film non concretizzava la fattispecie di cui all’art. 15, comma 10, della Legge n 223 del 1990.

L’Autorità, tuttavia, non riteneva di poter accogliere gli argomenti difensivi svolti dalla RAI e, conseguentemente, ingiungeva all’odierna ricorrente di pagare la somma di euro 15.000,00 quale sanzione pecuniaria dovuta per la violazione dell’art. 15, comma 10, della legge n. 223 del 1990.

Con il gravame proposto dinnanzi a questo Tribunale la ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento sanzionatorio sulla base di cinque motivi di impugnazione articolati come segue:

1) violazione e falsa applicazione della legge n. 249 del 1997 e del Regolamento che disciplina l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità adottato con delibera n. 316/02/CONS: in sostanza la RAI contesta la competenza del Dipartimento Garanzie e Contenzioso ad avviare il procedimento, a svolgere l’istruttoria e ad adottare sia l’atto di accertamento che l’atto di contestazione della violazione;
secondo l’Ente ricorrente, infatti, in applicazione dei commi 1 e 3 dell’art. 1 della Legge n. 249 del 1997, la competenza ad avviare i procedimenti sanzionatori spettava, all’epoca, esclusivamente alla Commissione per i servizi e i prodotti e non al Dipartimento precitato, da qualificarsi come mero ufficio interno, privo come tale della legittimazione ad adottare atti a rilevanza esterna (v. pag. 5 ric.);
ad avviso di parte ricorrente gli artt. 1 comma 2 e 20 delibera n. 316/02/CONS confermerebbero l’assunto;

2) con il secondo motivo la ricorrente lamenta: violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e dell’art. 18 della legge n. 689 del 1981 nonché dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 4 della delibera n. 425/01/CONS, recante il regolamento in materia di procedure sanzionatorie;
l’eccesso di potere per travisamento dei fatti;
l’illogicità e ingiustizia manifesta e il difetto di motivazione;
per la ricorrente la contestazione sarebbe generica e, inoltre, tardiva in quanto, a suo avviso, il “dies a quo” decorrerebbe dall’accertamento “sostanziale” di cui all’art. 14, commi 1 e 2, della legge n. 689 del 1981 e non dall’accertamento “formale” di cui all’art. 4 del Regolamento in materia di procedimenti sanzionatori di cui alla delibera Agcom n. 425/01/CONS;
l’Autorità, in altri termini, avrebbe potuto e dovuto contestare la presunta violazione subito dopo la messa in onda del film “Il patto dei lupi”, dovendosi ritenere la violazione istantaneamente percepibile ed accertabile;
anche ai sensi dell’art. 2 della Legge n. 241 del 1990, l’Autorità avrebbe dovuto concludere il procedimento con provvedimento espresso entro il termine perentorio previamente stabilito dal regolamento dell’Autorità ovvero, in mancanza, entro trenta giorni;

3) nel terzo motivo di ricorso si contesta la riconducibilità del fatto storico in contestazione alla previsione di cui all’art. 15, comma 10, della legge n. 223 del 1990;
secondo la RAI, la disposizione mira ad impedire la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori in quanto contenenti scene di violenza gratuita oppure pornografiche, circoscrivendo tassativamente l’attività sanzionatoria dell’Autorità a tali due ipotesi;
al di fuori di tali fattispecie deve prevalere il diritto dell’autore (e dell’editore) dell’opera audiovisiva a manifestare liberamente il proprio pensiero e a rappresentare la propria creazione artistica (art. 21 Cost.);
oltre a ciò la violenza non è stigmatizzata in sé dalla norma ma soltanto ove essa sia “gratuita” cioè “ sine causa” o con causa illecita o riprovevole socialmente, elementi che non ricorrerebbero nell’opera in esame;
inoltre, le scene sanzionate si sarebbero svolte dopo le 22:30 e la trasmissione del film è avvenuta predisponendo tutte le cautele previste dalla normativa di settore, vale a dire: preventivo annuncio specifico circa la destinazione del film ad un pubblico adulto;
apposita scritta scorrevole sul monitor ogni volta che la trasmissione è ripresa dopo le interruzioni pubblicitarie;
presenza sul video del simbolo allora usato dalla RAI per segnalare le trasmissioni non adatte ai minori (una farfalla rossa).

La società ricorrente ha successivamente depositato documentazione integrativa.

Si è quindi costituita, con il patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato, l’AGCOM che, in vista dell’udienza per la discussione di merito, ha prodotto documenti, memoria difensiva e, successivamente, note di replica.

Alla pubblica udienza del 22 novembre 2017, la causa è stata discussa e, quindi, trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1. - Il ricorso, ad avviso del Collegio, è infondato e deve conseguentemente essere respinto in quanto nessuno dei motivi di impugnazione appare meritevole di accoglimento.

2. - Quanto al primo motivo (relativo all’asserita incompetenza del Dipartimento Garanzie e Contenzioso dell’AGCOM), il Collegio osserva che, ai sensi dell’art. 1, comma 6, lett. b) n. 6, della legge n. 249/1997 (istitutiva dell’Autorità) la Commissione per i servizi e i prodotti dell’AGCOM, tra i vari compiti di cui è titolare, “6) verifica il rispetto nel settore radiotelevisivo delle norme in materia di tutela dei minori anche tenendo conto dei codici di autoregolamentazione relativi al rapporto tra televisione e minori e degli indirizzi della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. In caso di inosservanza delle norme in materia di tutela dei minori, ivi comprese quelle previste dal Codice di autoregolamentazione TV e minori approvato il 29 novembre 2002, e successive modificazioni, la Commissione per i servizi e i prodotti dell'Autorità delibera l'irrogazione delle sanzioni previste dall'articolo 31 della legge 6 agosto 1990, n. 223. Le sanzioni si applicano anche se il fatto costituisce reato e indipendentemente dall'azione penale. Alle sanzioni inflitte sia dall'Autorità che dal Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV e minori viene data adeguata pubblicità e la emittente sanzionata ne deve dare notizia nei notiziari diffusi in ore di massimo o di buon ascolto” (è il testo dell’articolo come modificato dall'art. 10, comma 4, L. 3 maggio 2004, n. 112).

Il successivo comma 7, poi, prevede espressamente che “le competenze indicate al comma 6 possono essere ridistribuite con il regolamento di organizzazione dell'Autorità di cui al comma 9”. Il potere di normazione secondaria espressamente attribuito dalla norma di legge menzionata è stato quindi esercitato con l’emanazione del Regolamento AGCOM di cui alla delibera n. 316/02/CONS, il cui art. 20 ha attribuito al Dipartimento “de quo” funzioni non soltanto di indagine e preparatorie ma anche “…istruttorie ai fini dell’esercizio delle attribuzioni dell’Autorità…”, le quali implicano anche il potere di dare avvio al procedimento mediante atto di accertamento e di contestazione prodromici, ove ne sussistano le condizioni, alla successiva adozione del provvedimento sanzionatorio conclusivo da parte della Commissione servizi e prodotti. Considerato che, nella specie, è pacifica l’irrogazione della sanzione da parte della Commissione e che il Dipartimento non ha adottato il provvedimento finale bensì solo atti endo-procedimentali (contestazione e accertamento) a conclusione della fase istruttoria che il citato regolamento riserva proprio al Dipartimento;
rilevato altresì che le stesse disposizioni primarie di cui all’art. 1 della Legge n. 249 del 1997 non riservano alla Commissione altro potere che non sia quello di deliberare “l'irrogazione delle sanzioni previste dall'articolo 31 della legge 6 agosto 1990, n. 223 ;
si deve ritenere che l’atto di contestazione - che ha posto fine alla fase istruttoria, ponendo il soggetto interessato in condizione di interloquire con l’Autorità prima dell’adozione del provvedimento finale – è stato giustamente adottato dal Dipartimento prodotti e servizi, quale organo dotato del relativo potere. Tale conclusione, peraltro, trova puntuale conferma nella previsione di cui all’art. 4, comma 1, della delibera AGCOM n. 425/01/CONS (regolamento in materia di procedure sanzionatorie) vigente “ratione temporis”, ove si precisa a chiare lettere che il Direttore del Dipartimento garanzie e contenzioso dispone l’avvio del procedimento sanzionatorio con l’atto di contestazione. Il procedimento in oggetto, in conformità alla suddetta disposizione dell’AGCOM è stato avviato sulla base dell’atto di contestazione n. 95/04/DGC/AEM/N. PROC. 1145/AN promanante proprio dal Direttore Dipartimento “de quo”.

Il primo motivo deve pertanto essere respinto.

3. - Quanto al secondo motivo (presunte genericità e tardività della contestazione) deve ritenersi, in adesione a quanto dedotto dalla difesa erariale (vedi pag. 5 e ss. della “replica”), che la contestazione non possa considerarsi generica in quanto essa è successiva alla precedente istruttoria svolta dal Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione tv e minori che, con nota del 17.3.2004 (doc. 1 ric.), rappresentava con puntualità, i fatti oggetto di addebito e poneva la RAI in condizione di svolgere una prima, ampia difesa in merito all’accaduto (vedi doc. 2 ric.). Ancor più ampie e articolate appaiono le deduzioni difensive endo-procedimentali presentate dalla RAI con la nota depositata in data 27.8.2004, dopo la notificazione dell’atto di contestazione da parte del Dipartimento Garanzie e Contenzioso (doc. 5 ric.).

Ciò dimostra l’adeguatezza contenutistica della contestazione e, in ogni caso, la piena cognizione da parte dell’Ente ricorrente dei fatti contestati e delle ragioni giuridiche poste a fondamento dell’atto di contestazione.

In merito alla tardività, depongono per il rigetto le seguenti ragioni e circostanze:

- risultano essere contestuali, datati entrambi 20 luglio 2004 e congiuntamente notificati il verbale di accertamento della violazione dell’art. 15, comma 10, della legge n. 223 del 1990 (in relazione alla messa in onda del film “Il patto dei lupi” in data 4 marzo 2004 alle ore 21:00 su Rai Due) e l’atto di contestazione, entrambi sottoscritti dal Direttore del Dipartimento Garanzie e Contenzioso dell’AGCOM (vedi doc. 4 ric.);

- ciò implica rispetto del termine di gg. 90, decorrenti dall’accertamento della violazione che l’art. 14 della Legge n. 689 del 1981 prescrive come tempo entro il quale l’Amministrazione deve procedere alla contestazione;
per costante indirizzo giurisprudenziale l’accertamento non può mai coincidere con il mero verificarsi del fatto “storico”, coincidente nella specie con la messa in onda del film;
al contrario è necessario che l’Autorità acquisisca piena conoscenza della condotta illecita, tanto nei profili oggettivi che soggettivi, al fine di poter apprezzare l’integrazione dell’infrazione;
in altri termini, lo stesso accertamento non può prescindere da un apprezzamento riguardante anche i contorni giuridici del “fatto” ai fini della successiva formulazione della contestazione;

- peraltro nella specie il fatto “materiale” è dato dal contenuto di un’opera cinematografica e dei suoi possibili effetti sulla psiche dei minori e le stesse locuzioni normative di “violenza gratuita” e “scene pornografiche” (art. 15, comma 10, Legge n. 223 del 1990) implicano un momento di valutazione su diversi piani (culturale, artistico, psicologico, educativo ecc.), già nella fase di accertamento/apprezzamento del “fatto”; ciò di per sé esclude che possano farsi decorrere automaticamente dal giorno stesso della messa in onda i gg. 90 di cui all’art. 14, comma 2, della legge n. 689 del 1981;

- non è poi pertinente il richiamo all’art. 2 della Legge n. 241 del 1990 poiché la disposizioni generali di riferimento, in ordine al procedimento sanzionatorio per cui è causa, debbono semmai rinvenirsi nella legge 689 del 1981 le cui disposizioni (vedi in particolare il citato art. 14) non sono state, nella specie, violate;

- l’Autorità, viceversa, ha dimostrato di essere attenuta al modello procedimentale delineato dall’art. 4 della delibera AGCOM n. 425/01/CONS, recante il regolamento in materia di procedure sanzionatore, vigente “ratione temporis”.

Per quanto precede, anche il secondo motivo di gravame va respinto.

4. - Sul terzo ed ultimo motivo di ricorso il Collegio, in punto di fatto, osserva che, nella sua versione integrale il film “Il patto dei lupi” era stato vietato ai minori di anni 14 dalla competente Commissione di revisione cinematografica presso il MIBAC “in considerazione della particolare efferatezza di molte scene di violenza che non inquadrandosi in uno schema narrativo completo e manifestandosi come flash sono tali da influire in maniera negativa sulle personalità dei minori di anni 14….” (vedi doc. 3 res.). Per quanto emerso dall’istruttoria di causa (vedi in particolare i docc. 2 – 5 res.) il lungometraggio veniva successivamente riesaminato da parte della Sezione VIII della Commissione di revisione cinematografica presso il MIBAC, la quale, preso atto dei numerosi “tagli” apportati alla pellicola (per circa 142 metri) in corrispondenza delle scene contestate, concedeva il nulla osta per la visione del lungometraggio nelle sale cinematografiche, senza alcun divieto per i minori. Tuttavia, come ammesso dalla stessa emittente pubblica nella “memoria difensiva” presentata in data 26.3.2004 al Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione tv e minori (doc. 2 res.), la versione del film andata in onda la sera del 4 marzo 2004 non coincide con quella a suo tempo ammessa alla visione “per tutti” nei cinema , ma neanche è sovrapponibile però alla versione integrale (originariamente vietata ai minori di anni 14 dalla Commissione di revisione cinematografica del MIBAC). Infatti Rai Due, intervenendo con alcuni “tagli” operati direttamente sulla versione originale (e non su quella che aveva ottenuto il nulla osta per la visione senza limiti), ha finito per trasmettere una “terza versione” del film in questione, in cui i tagli – operati autonomamente dalla RAI – non corrispondono esattamente a quelli già individuati dalla Commissione di Revisione (come detto, Rai Due riteneva per errore di avere operato dei tagli aggiuntivi rispetto all’edizione “per tutti” o meglio, “derubricata” del film) (vedi la memoria difensiva presentata dalla RAI al Comitato tv e minori in data 26.3.2004 - doc. 2 ric.).

Il risultato che ne è conseguito è che il film andato in onda su RaiDue contiene alcune scene, non eliminate dalla RAI, le quali erano nella versione integrale (vietata ai minori di anni 14) ma non in quella che aveva ottenuto il nulla osta per la visione “per tutti”, da parte della competente Commissione (trattasi del primo piano di un cadavere nudo di donna;
dell’inquadratura del marchese trascinato con il braccio insanguinato durante la lotta con la “belva”;
nella parte finale: della scena di seduzione incestuosa e dell’inquadratura del protagonista colpito e morente, che emette dei rantoli, vedi doc. 5 res.).

Ora, la “ratio” dell’art. 15, comma 10, della Legge n. 223 del 1990, vigente “ratione temporis” era quella di prevenire lesioni agli interessi (morali, etici, di corretto sviluppo psichico) degli spettatori e, in particolare, dei minori, rispetto ad ogni genere di programmazione (si veda, seppur risalente, Cass., sez. I,. 6 aprile 2004, n. 6759). L’interpretazione di tipo restrittivo e tassativo seguita da parte ricorrente e tesa ad individuare la fattispecie illecita soltanto in relazione alle due “ipotesi” delle immagini di violenza gratuita e pornografiche non è conforme alla suddetta “ratio” della norma la quale, come correttamente rilevato dall’Autorità nella motivazione del provvedimento impugnato, si configura come “norma di portata generale e di chiusura rispetto alle fattispecie tipizzate dai commi 11 e 13 del medesimo articolo e pertanto non deve essere letta in senso restrittivo e tassativo ma interpretata come disposizione diretta a prevenire lesioni agli interessi (morali, etici, di corretto sviluppo psichico) degli spettatori, ed in particolare dei minori….”. L’assoluta preminenza del “valore della persona umana esclude parimenti che l’interesse alla salvaguardia dell’integrità fisica, psichica e psicologica delle persone (nella specie dei minori) possa recedere di fronte ad interessi seppure importanti ....” (come si legge in TAR Lazio, sez. II, 21 maggio 2008, n. 8322).

Pur nella inevitabile divergenza delle opinioni che possono manifestarsi nell’apprezzamento di un prodotto artistico, anche con riferimento alle sue scene più crude e violente, nel caso di specie non sembra dubbio che possa considerarsi inappropriato e idoneo a turbare e, comunque, ad impressionare in modo fortemente negativo la psicologia di un minorenne (si deve rammentare che il film è andato in onda dalle ore 21:00, in pieno orario di “televisione per tutti” ), la trasmissione di immagini filmiche aventi i seguenti contenuti (sulla cui presenza non vi è contestazione in punto di fatto): primo piano di un cadavere femminile nudo, ferito e insanguinato;
donna in preda ad una crisi epilettica;
scene angoscianti e cruente di lotta tra alcuni uomini e una bestia “primordiale”;
una scena di sesso e sangue. Inoltre, seppure dopo le ore 22:30, sono andate in onda una scena di “incestuosa prevaricazione sessuale” e la scena del protagonista colpito e morente che emette rantoli: trattasi, come detto, di due scene che erano state addirittura vietate ai minori degli anni 14 dalla competente Commissione di revisione cinematografica, per la proiezione nelle sale cinematografiche.

A quest’ultimo riguardo deve ritenersi che non possa considerarsi, ai fini dell’esclusione della responsabilità dell’emittente pubblica, la circostanza che le due scene da ultimo citate siano andate in onda in un orario che non integrava più “ fascia protetta”. E’ infatti di intuitiva evidenza che, stante la continuità del film e il comprensibile desiderio dello spettatore di voler seguire la “storia” fino al suo epilogo, si sia verificato un effetto di trascinamento oltre l’orario-limite nei confronti degli stessi spettatori che avevano iniziato a fruire della visione del film anteriormente.

Del pari non possono considerarsi esimenti le cautele adottate dall’emittente pubblica e consistite nell’annuncio preventivo circa la destinazione del film ad un pubblico adulto e l’inserimento del simbolo iconografico della “farfalla rossa” in evidenza in tutto il corso della messa in onda.

Trattasi di elementi che certamente incidono nella valutazione della portata della condotta lesiva e, quindi, sull’entità della sanzione e, non a caso, di tali elementi l’AGCOM dimostra di aver tenuto conto nella motivazione del provvedimento ai fini della determinazione dell’ammontare sanzionatorio (quantificato in misura pari al doppio del minimo edittale ma comunque ben al di sotto del massimo). Tali cautele, tuttavia, non escludono la configurabilità della violazione dell’art. 15, comma 10, della Legge n. 223 del 1990, che l’Autorità ha giustamente ritenuto integrata, in base a valutazione motivata e immune da illogicità e travisamenti.

Il Collegio, per quanto sopra esposto, respinge anche il terzo motivo di impugnazione.

5. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto. Le spese, tuttavia, possono in via eccezionale essere compensate tra le parti stante la peculiarità della fattispecie.

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