TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2021-04-22, n. 202100849
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Testo completo
Pubblicato il 22/04/2021
N. 00849/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00965/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 965 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Orsola Pronesti', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Paolo Falzea in Catanzaro, via Indipendenza 13;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Catanzaro, domiciliataria ex lege in Catanzaro, via G. Da Fiore, 34;
per l'annullamento
del provvedimento reso con nota prot. -OMISSIS- del 15 luglio 2020 (fascicolo -OMISSIS--D/122.M.2.1), notificata a mezzo pec in pari data, ed ogni atto o parere ad esso presupposto, ivi compreso il provvedimento prot.-OMISSIS- del 04/03/2020 (fascicolo n. -OMISSIS--D/122.M.2.1 prot. -OMISSIS- del 04/03/2020) e per l’accertamento del diritto del ricorrente a svolgere liberamente e manifestare il proprio credo in tutte le sue forme e attività di culto previste anche dal rango clericale conferitogli sacramentalmente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2021, tenuta come disposto dall’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020 convertito in l. n. 176 del 2020, il dott. Domenico Gaglioti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1- Il ricorrente è Assistente Capo della Polizia di Stato, in forza presso il reparto -OMISSIS-, e riveste altresì le funzioni di -OMISSIS- della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia secondo quanto previsto dal proprio ordinamento.
2- In data 12.2.2020 egli, rappresentando la suddetta qualifica nell’ambito confessionale, i cui rapporti con la Repubblica Italiana sono stati regolamentati da Intesa ai sensi dell’art. 8, 3° comma, Cost., approvata con legge 30.7.2012, n. 126 ed assumendo che l’esercizio del culto non sia attività lavorativa comunicava che, salvo contrario avviso da parte del Ministero, avrebbe inteso “ svolgere liberamente e manifestare il proprio credo in tutte le sue forme e attività di culto, previste anche dal rango clericale conferito sacramentalmente, come anche usufruire del sussidio previsto ”, che sarebbe stato tassato a norma delle leggi vigenti.
3- Con parere del 4.3.2020 l’Amministrazione resistente ha, per un verso, rilevato l’insussistenza di profili di incompatibilità di diritto, non sembrando sussistere limiti di natura formale ostativi dell’esercizio dell’attività in esame ma ha, al contrario, espresso forti perplessità, in termini di opportunità, sul fatto che un appartenente alla Polizia di Stato che esercita funzioni di polizia assolva contestualmente alle funzioni tipiche del sacerdozio, peraltro nello stesso territorio dove presta servizio. Nello specifico, rilevava l’amministrazione il possibile contrasto tra il disposto dell’art. 3 della suddetta legge n. 126 del 2012 che prevede l’esonero, per i ministri di culto, dall’obbligo di fornire ai magistrati o ad altre autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragioni del proprio ministero.
4- Con istanza del 7.5.2020, il ricorrente chiedeva il riesame in autotutela di tale determinazione, richiamando il principio pluralista, pluriconfessionale e neutrale dello Stato italiano come sancito dalla Carta costituzionale, le cui disposizioni sono state attuate, quanto ai rapporti con la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia, con la legge n. 126 del 2012 per rilevare che: -) a tale confessione religiosa deve riconoscersi natura di ordine autonomo dotato del potere di esprimere determinazioni (nella specie qualifiche di ministri di culto) opponibili allo Stato;-) l’accertamento (non messo in discussione da parte dell’amministrazione) della qualifica di ministro di culto sia esponente di un’organizzazione confessionale rapportata con l'ordinamento giuridico italiano avrebbe dovuto portare a ritenere estese a lui tutte le garanzie di libertà previste dalla legge, salvo che vi sia sussistenza di un oggettivo e concreto impedimento all’espletamento delle funzioni religiose.
Nello specifico, osservava il ricorrente che: -) sarebbero erronee e fuorvianti le affermazioni poste a base del diniego da parte dell’amministrazione, riferite allo svolgimento della doppia mansione (agente di polizia e -OMISSIS-) “nello stesso territorio” e al divieto, sancito dall’art. 3 L. 126/2012 del -OMISSIS- di riferire all’autorità giudiziaria su fatti di cui ha avuto conoscenza nell’esercizio del suo ministero. Difatti: -) quanto alla prima affermazione, essa non troverebbe riscontro nei fatti, non avendo l’amministrazione alcuna contezza in ordine al luogo in cui il ricorrente esercita o andrebbe ad esercitare il proprio ministero di sacerdote;-) quanto alla seconda, premessa l’impossibilità di definire astrattamente le circostanze che qualifichino o meno l’attività del ministro del culto come svolta nell’esercizio del proprio ministero confessionale (dipendendo ciò dalla specificità dagli ordinamenti delle singole confessioni) rilevava che, nella fattispecie, la verifica circa la ricorrenza di tali limitazioni avrebbe dovuto richiedere un’indagine più accurata di quella svolta dall’amministrazione e da rapportare nel caso concreto, alla peculiarità ordinamentale e strutturale della confessione religiosa cui l’attività ministeriale si riferisce.
A tal proposito, asseriva il ricorrente che l’attività di cognizione dei fatti da parte del soggetto portatore del segreto professionale e/o confessionale non coinvolgerebbe ogni momento della vita del chierico, ma le sole informazioni ricevute in occasione della confessione, sacramento che, nell’ordinamento ortodosso, il sacerdote può anche rinunciare ad amministrare, in quanto autonomo e indipendente dalle altre funzioni attribuite al religioso ed essendo conferito con separata autorizzazione vescovile, di cui egli non risulta investito.
5- Con nota interlocutoria del 14.5.2020 il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno – Direzione Centrale per le risorse umane ha rilevato di aver interessato nuovamente l’Ufficio Affari Generali e Giuridici della Direzione Centrale al fine di acquisire nuovi elementi di valutazione.
6- Il successivo 1.7.2020 il ricorrente sollecitava la definizione del procedimento.
7- In data 15.7.2020 il competente ufficio del Ministero dell’Interno riscontrava al ricorrente (comunicazione prot. -OMISSIS- di pari data – fascicolo -OMISSIS--D/122.M.2.1) che l’Ufficio Affari Generali e Giuridici, interpellato sulla richiesta di riesame, aveva confermato l’orientamento già espresso con nota n. -OMISSIS--D/122.M.