TAR Venezia, sez. I, sentenza 2024-08-09, n. 202402061

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2024-08-09, n. 202402061
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202402061
Data del deposito : 9 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/08/2024

N. 02061/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00842/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 842 del 2021, proposto da
C O s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G F e L T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Venezia, San Marco 63;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del silenzio rigetto formatosi sull’istanza di annullamento e rettifica in autotutela presentata dalla ricorrente in data 15 febbraio 2021;
del provvedimento datato 24 agosto 2020 prot. 35136/RU a firma del Dirigente dell'Ufficio delle Dogane di Venezia con il quale è stata rigettata l’istanza della ricorrente di parziale annullamento e rettifica in autotutela delle bollette di importazione IM/4T n. 1173/B, n. 1175/P, n. 1176/R del 30 aprile 2020 rettificate in sede di accertamento in linea con le bollette di rettifica n. 892/Q, n. 893/J e n. 894/U del 30 aprile 2020;
della revoca dell'autorizzazione prot. 2019/A21122 del 10 luglio 2019;
di ogni altro atto connesso per presupposizione e/o consequenzialità;

nonché per il risarcimento del danno in favore della ricorrente come verrà comprovato in corso di causa.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

Visto l’art. 35, comma 1, cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2024 il dott. Alberto Ramon e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società C O s.r.l., con il ricorso in esame, ha impugnato il silenzio-rigetto formatosi sulla propria richiesta di esercizio dell’autotutela presentata il 15 febbraio 2021 dinanzi all’Ufficio delle Dogane di Venezia, finalizzata ad ottenere il parziale annullamento e la rettifica – ai sensi dell’art. 48 del Codice Doganale dell’Unione (CDU) e dell’art. 11, comma 1, del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374 – delle dichiarazioni doganali nn. 892 Q, 894 U e 893 J del 30 aprile 2020, in relazione alle modifiche apportate dal predetto Ufficio alla casella 14 del modulo contenente le dichiarazioni stesse (DAU).

Giova precisare che le dichiarazioni doganali in esame sono state presentate nell’ambito di operazioni di importazione soggette alla procedura dello sdoganamento con svincolo diretto, avendo ad oggetto merci necessarie a fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19. Tale procedura risulta disciplinata dall’ordinanza n. 6 del 28 marzo 2020, adottata dal Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto della summenzionata emergenza;
dalla determinazione del 30 marzo 2020, prot. n. 102131/RU, del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
nonché da plurimi atti interpretativi e attuativi emessi dalla stessa Agenzia, tra cui le determinazioni prot. n. 100562/RU del 27 marzo 2020;
prot. n. 102117/RU del 1 aprile 2020;
prot. n. 110477/RU dell’8 aprile 2020;
prot. n. 124559/RU del 22 aprile 2020.

La succitata richiesta di autotutela mirava a contestare l’esito della verifica documentale compiuta sulle medesime dichiarazioni doganali dall’Amministrazione, laddove la stessa aveva rettificato d’ufficio il rapporto di rappresentanza sussistente tra la stessa società, nella sua qualità di centro di assistenza doganale, e il soggetto intermediario-importatore, mutando così l’originaria indicazione di rappresentanza diretta in quella di rappresentanza indiretta.

Più nel dettaglio, la società istante, il 30 aprile 2020, aveva presentato presso l’Autorità doganale, in nome e per conto dell’importatore P s.p.a., talune dichiarazioni doganali in forza del mandato da quest’ultima rilasciatole con potere di rappresentanza doganale diretta. Proprio sulla scorta di tale potere, il C O s.r.l. aveva compilato la casella 14 del DAU con il codice “2”, corrispondente per l’appunto alla rappresentanza diretta dell’importatore. Sennonché l’Amministrazione, in sede di verifica doganale, ha compiuto una rettifica in corso di accertamento e, con e-mail del 14 maggio 2020, ha trasmesso al centro di assistenza doganale le tre dichiarazioni sostituendo nella casella 14 il codice “2” con il codice “3”, indicante la rappresentanza indiretta.

Ricevuta la rettifica d’ufficio, l’odierna ricorrente ha avanzato, il 17 giugno 2020, una prima istanza di revisione in autotutela all’Ufficio delle Dogane di Venezia. Quest’ultimo, con nota prot. 35136/RU del 24 agosto 2020, pur invitando C O s.r.l. a ripresentare la propria istanza ai sensi del combinato disposto dell’art. 48 CDU e dell’art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 374 del 1990, nella forma della revisione su istanza di parte, si è pronunciato nel merito della questione, ritenendo infondata l’invocata richiesta.

Sicché l’odierna ricorrente, il 15 febbraio 2021, ha presentato una nuova istanza di autotutela nella forma richiesta dall’Amministrazione, la quale è rimasta priva di riscontro, con la conseguente formazione del silenzio-rigetto previsto dall’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 324 del 1990.

2. Avverso sia la nota prot. 35136/RU del 24 agosto 2020, sia il silenzio-rigetto anzidetto, è insorta in questa sede la società C O s.r.l., proponendo il seguente motivo di ricorso: “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 5, lett. 6), 18 e 48 del CDU e dell’art. 11, comma 1, del D.Lgs. 374/1990. Violazione e falsa applicazione dell’Ordinanza n. 6 del 28 marzo 2020 e della Determinazione Direttoriale prot. 102131 del 30 marzo 2020 nonché delle note Agenzia Dogane 102117/RU del 1° aprile 2020 e 124599/RU del 22 aprile 2020. Violazione dell’art. 3, L. 241/90. Eccesso di potere per illogicità e contrasto con procedimenti provvedimenti ”.

Nella prospettazione attorea, le circolari interpretative emanate in materia di svincolo celere impedirebbero soltanto all’intermediario-importatore (nel caso di specie, P s.p.a.) di avvalersi della rappresentanza diretta, senza tuttavia imporre tale vincolo allo spedizioniere doganale di cui il primo si avvale, il quale può quindi agire non solo per conto, ma anche in nome del soggetto rappresentato. La rappresentanza diretta in capo allo spedizioniere doganale, infatti, non farebbe venir meno la responsabilità dell’intermediario-importatore, posto che, ai sensi dell’art. 77, comma 3, del CDU, “ il debitore è il dichiarante ”: dichiarante che è ravvisabile proprio nello stesso intermediario-importatore, in virtù della spendita del suo nome fatta nelle dichiarazioni doganali.

3. Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato.

4. Con ordinanza n. 229 del 9 febbraio 2024, questa Sezione ha rilevato un eventuale profilo di inammissibilità del ricorso concernente il difetto di giurisdizione, con contestuale assegnazione di un termine di trenta giorni per il deposito di note difensive in relazione a tale questione.

5. Con memoria depositata l’8 marzo 2024, la società ricorrente ha osservato come la presente controversia rientri nella giurisdizione del giudice adito, in quanto, da un lato, essa non avrebbe ad oggetto una pretesa tributaria;
dall’altro lato, il silenzio-rigetto impugnato non sarebbe caratterizzato da alcun contenuto impositivo: il che escluderebbe la potestas iudicandi del giudice tributario, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

6. Chiamata all’udienza pubblica del 13 giugno 2024, la causa è stata trattenuta in decisione sulla base degli scritti difensivi delle parti.

7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile: sulla odierna controversia la giurisdizione va, infatti, declinata in favore del giudice tributario.

Il petitum sostanziale del presente giudizio, con riguardo al quale deve essere vagliata la questione di giurisdizione, riguarda la pretesa della società ricorrente alla rettifica in autotutela di talune dichiarazioni doganali da parte dell’Ufficio delle Dogane di Venezia, con la conseguente sostituzione del codice “3” (rappresentanza indiretta) con il codice “2” (rappresentanza diretta). Secondo parte attrice, sussisterebbero ragioni di interesse pubblico tali da legittimare l’esercizio dell’autotutela, connesse alla tutela del mercato e della concorrenza, stante l’ingiusta penalizzazione di cui sarebbe stata destinataria, vedendosi attribuita, ai sensi dell’art. 77, comma 3, del CDU, una responsabilità in ordine all’obbligazione tributaria invero spettante al solo importatore-intermediario.

Sul punto, l’art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 374 del 1990 stabilisce che “ l’'ufficio doganale può procedere alla revisione dell'accertamento divenuto definitivo, ancorché le merci che ne hanno formato l'oggetto siano state lasciate alla libera disponibilità dell'operatore o siano già uscite dal territorio doganale. La revisione è eseguita d'ufficio, ovvero quando l'operatore interessato ne abbia fatta richiesta con istanza presentata, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data in cui l'accertamento è divenuto definitivo ”. Il successivo comma 6 chiarisce che “ l’istanza di revisione presentata dall'operatore si intende respinta se entro il novantesimo giorno successivo a quello di presentazione non è stato notificato il relativo avviso di rettifica ”: trattasi del silenzio-rigetto sull’istanza di revisione oggetto del presente giudizio.

In virtù dei riportati riferimenti normativi, deve ritenersi – come già evidenziato nella citata ordinanza n. 229 del 2024, con argomenti che le difese della ricorrente non hanno permesso di superare – che il rifiuto, sia esso espresso o tacito, dell’Amministrazione doganale di procedere alla revisione dell’accertamento divenuto definitivo incida sul rapporto tributario sottostante.

Come precisato dalla più recente giurisprudenza di legittimità, la disciplina normativa relativa al procedimento di revisione dell’accertamento, nella sua veste attuale, è il derivato delle “ modifiche introdotte con il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 9, anteriormente al quale il procedimento prevedeva, al comma 6, che il rigetto dell'istanza di revisione, tacito o espresso, poteva essere oggetto di «ricorso entro trenta giorni al direttore compartimentale, che provvede in via definitiva» (comma 6, seconda parte, ora abrogata ). Inoltre, il comma 7 (ora abrogato), prevedeva che «La rettifica può essere contestata dall'operatore entro trenta giorni dalla data di notifica dell'avviso. Al momento della contestazione è redatto il relativo verbale, ai fini della eventuale instaurazione dei procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie previsti dagli artt. 66 e segg. del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43» . Le modifiche rivelano dunque l'intento di snellire un procedimento, ritenuto evidentemente eccessivamente articolato, nel quale era prevista, per l'ipotesi di rigetto dell'istanza di revisione, una fase ancora amministrativa, e pertanto endoprocedimentale, che si definiva dinanzi al direttore compartimentale ”: ne consegue che “ il legislatore ha dunque scelto di imprimere maggiore velocità alla fase accertativa […] affidando la risoluzione dei contrasti ancora non sopiti all'eventuale instaurazione del contenzioso dinanzi al giudice tributario ” (cfr. Cass., Sez. trib., 7 settembre 2023, n. 26068;
cfr., altresì, id ., 11 settembre 2019, n. 22661).

Deve pertanto concludersi che il silenzio-rigetto formatosi sull’istanza di revisione, proprio perché incide sull’accertamento doganale che ne costituisce oggetto, ricada all’interno della giurisdizione tributaria, come delineata dall’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992.

A tal riguardo, è opportuno puntualizzare che nonostante il rigetto tacito dell’istanza di revisione non rientri formalmente nell’elenco tassativo degli atti impugnabili tracciato dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 – disposizione, questa, che non definisce i limiti esterni della giurisdizione tributaria, indicati dal precedente art. 2 nei rapporti “ aventi ad oggetto i tributi ”, bensì le condizioni di proponibilità del ricorso tributario –, comunque deve riconoscersi alla società C O s.r.l. l’interesse all’impugnabilità del silenzio qui in contestazione, in quanto concernente una specifica pretesa impositiva, vale a dire la responsabilità diretta dello spedizioniere doganale per l’obbligazione tributaria derivante dall’importazione.

D’altra parte, la Corte di Cassazione ha a più riprese chiarito che “ la tassatività dell'elenco di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, deve intendersi riferita non a singoli provvedimenti nominativamente individuati, ma alla individuazione di «categorie» di atti considerate in relazione agli effetti giuridici prodotti (tra cui predomina la categoria degli atti di natura impositiva), con la conseguenza che non è impedito all'interprete – attraverso la corretta qualificazione giuridica dell'atto tributario in concreto impugnato, da compiere in relazione agli elementi funzionali ed agli effetti prodotti – ricondurre ad una delle predette categorie anche atti «atipici» od individuati con «nomen juris» diversi da quelli indicati nell'elenco (tanto in considerazione […] delle esigenze di certezza dei rapporti tributari che rinvengono il loro fondamento nei principi costituzionali di buon andamento della PA ex art. 97 Cost. e di effettività del diritto di difesa del cittadino ex art. 24 Cost. ” (cfr. Cass., Sez. trib., 4 dicembre 2013, n. 27200;
cfr., altresì, C.T.P. Milano, Sez. XVI, 10 maggio 2022, n. 1314, secondo cui l’elencazione tassativa contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 non esclude l’impugnabilità dinanzi al giudice tributario di atti non compresi in tale novero, ma contenenti la manifestazione di una compiuta e definita pretesa tributaria, come nel caso del provvedimento in autotutela o del diniego dell’istanza volta all’esercizio dell’autotutela).

8. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il giudizio potrà essere riproposto nel termine indicato dall’art. 11, comma 2, cod. proc. amm. dinanzi al giudice tributario, ferme restando le preclusioni e le decadenze eventualmente intervenute.

9. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio, in considerazione della specificità della controversia, nonché della sua definizione in rito.

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