TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-10-07, n. 202401110

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-10-07, n. 202401110
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202401110
Data del deposito : 7 ottobre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/10/2024

N. 01110/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00653/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 653 del 2022, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, n. 4;

per il risarcimento

del danno non patrimoniale iure hereditatis subito per la malattia professionale tabellata “ mesotelioma peritoneale maligno di tipo epitelioide ”, contratta dal Sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS-.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2024 la dott.ssa F R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente, che si dichiara l’unico erede del defunto sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS-, riassume il giudizio innanzi a questo Tribunale, ai sensi dell’art. 111 c.p.a., a seguito della sentenza del Tribunale di -OMISSIS-, sezione lavoro n.-OMISSIS-, datata e pubblicata il -OMISSIS-, con la quale il giudice dott.ssa Agostini dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, nonché la giurisdizione del giudice amministrativo, assegnando il termine di gg. 60 per la riassunzione della causa innanzi a questo Tribunale.

Nel ricorso si afferma che il defunto sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS-, durante il servizio quale guardia carceraria presso il lanificio del carcere di -OMISSIS-, era stato esposto all’inalazione di microfibre di asbesto emesse dai macchinari tessili, senza dispositivi di protezione e senza informazioni sul rischio da parte del datore di lavoro, in spregio alle leggi vigenti già all’epoca dei fatti. Il ricorrente afferma che il defunto, sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS-, era rimasto affetto da mesotelioma, patologia asbesto correlata lungolatente che lo aveva condotto all’ exitus , dopo indicibili sofferenze. La patologia sarebbe di origine professionale e pertanto il danno doveva essere risarcito dal datore di lavoro.

Alla luce di tutto quanto sopra evidenziato, il ricorrente ha chiesto a questo Tribunale di accertare e dichiarare che il Sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- era deceduto a causa di mesotelioma peritoneale maligno di tipo epitelioide contratto a seguito di esposizione ad amianto subita alle dipendenze del Ministero della Giustizia, dichiarandolo pertanto responsabile della causazione dei danni sofferti dall’odierno ricorrente, iure hereditatis ;
di condannare il Ministero della Giustizia, in persona del ministro pro tempore , al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali vantati iure hereditatis dal ricorrente, ex artt. 30 c.p.a., 1218 c.c., 1176 c.c., 2050 c.c., 2059 c.c. e 2087 c.c., come da seguenti tesi ed ipotesi: danno iure successionis , per la perdita della vita: -in tesi (teoria A1 con personalizzazione) l’importo pari ad € 926.662,25 a favore del Sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- quale unico erede;
-in ipotesi (teoria A2 senza personalizzazione) l’importo pari ad € 799.949,25 a favore del Sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- quale unico erede;
- in tesi (teoria A1.a 50% con personalizzazione) l’importo pari ad € 463.331,12 a favore del Sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- quale unico erede;
- in ipotesi (teoria A2.a 50% senza personalizzazione) l’importo pari ad € 399.974,62 a favore del Sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- quale unico erede.

Per il danno biologico e morale terminale: in ulteriore ipotesi (teoria B) l’importo pari ad € 179.048,92 a favore del Sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- quale unico erede;
o a quella maggiore o minore somma che sarà accertata o comunque ritenuta di giustizia su base equitativa ex artt. 1226 c.c. e/o 2056 c.c. e/o 432 c.p.c., oltre alla rivalutazione monetaria e al danno da ritardo nella misura degli interessi legali sulla somma totale devalutata alla data del decesso (30.12.2017) e rivalutata anno per anno sino al giorno della sentenza, ed ulteriori interessi legali sulla somma rivalutata dal giorno della sentenza al saldo, ed ulteriori interessi anatocistici ex 1283 c.c. a decorrere dalla data della domanda.

Il ricorrente, ha chiesto, dunque, di condannare il Ministero della Giustizia, in persona del ministro pro tempore , a corrispondere in favore del ricorrente il suddetto risarcimento per i danni non patrimoniali vantati iure hereditatis .

Con ordinanza n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, questo Tribunale ha disposto una consulenza tecnica, nominando c.t.u. il dott. Giancarlo Maltoni con studio in Firenze, il cui nominativo risultava inserito e desunto dall’Albo dei c.t.u. del Tribunale di Firenze. Il quesito posto al c.t.u. era il seguente: “ alla luce di tutta la documentazione depositata in giudizio, quantifichi il danno non patrimoniale, nella qualità di danno biologico terminale e di danno morale terminale subito dal sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS-, richiesto iure hereditatis dal sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- ”.

Il consulente tecnico ha giurato innanzi al consigliere delegato F R in data 6 marzo 2024 (così come risulta dal verbale n. 3649 del 7 marzo 2024) e, in data 23 maggio 2024, ha depositato la relazione finale.

In data 23 maggio 2024, il consulente tecnico d’ufficio ha depositato la relazione finale, che ha tenuto conto anche delle osservazioni presentate dai consulenti di parte.

All’udienza pubblica del 26 settembre 2024, il difensore di parte ricorrente ha dichiarato che quest’ultimo non ha mai percepito somme per equo indennizzo, causa di servizio, o qualsiasi altro titolo, in relazione alla malattia professionale tabellata mesotelioma peritoneale maligno di tipo epitelioide e la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - Nel ricorso si espone che il Sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- era stato dipendente del Ministero della Giustizia dal 21.04.1969 fino al 03.07.1990, data del suo pensionamento, che durante gli anni di servizio aveva esercitato il ruolo di appuntato prima, vicebrigadiere e brigadiere poi e che per tutto il corso dell’attività lavorativa aveva ricoperto tali gradi presso la casa circondariale di -OMISSIS-.

Nel gravame si precisa che, inizialmente, egli aveva svolto la sua attività come addetto alla sorveglianza dei muri di cinta;
dal 1973 fino alla data del pensionamento, per circa 18 anni, quale guardia addetta alla sorveglianza dei detenuti presso il lanificio all’interno dell’istituto penitenziario. L’orario lavorativo del defunto era il seguente: fra le 7.00 della mattina e le 16.00 del pomeriggio, dal lunedì al sabato.

Il ricorrente evidenzia che il lanificio era situato in un piccolo capannone dove non vi erano né dispositivi di areazione, né finestre;
la luce filtrava all’interno attraverso dei quadri di vetro sigillati murati nelle pareti e il soffitto era a volta, ricoperto con lastre di eternit, precisando che all’edificio si accedeva tramite un’unica porta, verso le 7.30-8.00 della mattina e che tale porta veniva immediatamente serrata e riaperta soltanto per l’accesso ai bagni dei detenuti o del lavoratore.

Nel gravame si afferma che presso il lanificio erano presenti 40 telai ai fini di una produzione tessile volta a soddisfare le esigenze del carcere di -OMISSIS- e di altri istituti di reclusione, mentre, oggi, presso il carcere in questione, sarebbe presente una tessitoria industriale.

Il ricorrente espone che, come noto nella letteratura scientifica, i telai in uso negli anni di cui sopra erano composti in molte loro parti di amianto. In particolar modo, tale materiale sarebbe stato utilizzato negli impianti frenanti il cui utilizzo comportava usura e conseguente cospicua liberazione di polveri negli ambienti.

Il ricorrente, insiste nel ribadire che il capannone presso cui si svolgeva l’attività del lanificio era privo di areazione poiché sprovvisto di finestre e di appositi impianti come da documentazione fotografica che allega al ricorso, sottolineando che il lavoratore presenziava tutti i giorni alla pulizia dei telai, settimanalmente, alla sostituzione di freni e frizioni composti di amianto friabile (operazioni che, a dire del ricorrente, comportavano massiccia aerodispersione di polveri cancerogene), nonché alla pulizia degli ambienti che si svolgeva una volta conclusa l’attività di filatura. Tale attività sarebbe stata condotta principalmente con scopa e paletta e l’utilizzo della scopa avrebbe comportato lo spargimento nell’aria delle fibre di asbesto già depositatesi sul pavimento. Durante questa attività quotidiana il lavoratore sarebbe stato soggetto ad una forte inalazione di fibre di amianto. Conseguentemente, il Sig. -OMISSIS--OMISSIS- sarebbe stato esposto alle fibre aereo disperse di asbesto sia a causa dell’inquinamento di fondo presente nell’ambiente di lavoro, sia a causa della costante liberazione di polveri durante il funzionamento dei macchinari, sia a causa della movimentazione delle stesse durante le operazioni di pulizia.

Nel ricorso si sostiene che, nonostante la pericolosità dell’asbesto fosse nota sin dagli inizi del ‘900, al lavoratore non furono mai forniti dispositivi di protezione individuale (mascherine), non furono mai installati dispositivi di protezione collettiva negli ambienti a tutela delle guardie e della popolazione carceraria (aspiratori) e non furono mai fornite informazioni sulla pericolosità dell’esposizione.

Al defunto lavoratore, in data 13.10.2017, fu diagnosticato un mesotelioma maligno peritoneale di tipo epitelioide a mezzo esame istologico. Il ricorrente evidenzia che, tuttavia, il malessere fisico del Sig. -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- risaliva a data anteriore alla diagnosi. Tant’è che già da diverso tempo lamentava dolori nelle zone interessate, generale malessere e mancanza di appetito (si afferma che in poco tempo il lavoratore aveva perso più di 20 kg).

Nel ricorso si afferma che, purtroppo, il lavoratore, dopo un ulteriore decadimento della condizione fisico psichica ed a seguito di indicibili sofferenze dovute, tra le tante, ad occlusioni intestinali, difficolta diuretiche e continui conati nella zona oro-faringea, decedeva in Pavullo in data 30.12.2017.

2. - In via preliminare, il Collegio deve accertare se effettivamente il lavoratore deceduto, nell’ambiente di lavoro, fosse stato esposto all’inalazione di microfibre di asbesto emesse dai macchinari tessili, così come allegato in ricorso;
affermazione supportata, come elemento probatorio, dalla nota del Servizio sanitario regionale Emilia-Romagna, Azienda unità sanitaria locale di Reggio Emilia, IRCCS, Istituto in tecnologie avanzate e modelli assistenziali in oncologia, Direzione sanitaria, Staff governo clinico, Servizio di epidemiologia, Registro mesoteliomi della Regione Emilia Romagna.

Ebbene, con riferimento al Sig. -OMISSIS--OMISSIS- -OMISSIS-, nella nota si legge “ Il Sig. -OMISSIS--OMISSIS- è inserito nell’archivio del Registro in intestazione con Codice Identificativo Caso (CIC) n° -OMISSIS- di 3.713, in quanto già affetto da mesotelioma peritoneale maligno certo di tipo epiteliode (Cod. “1.1” Linee Guida ReNaM II Edizione), diagnosticato in data 13/10/2017 in base ad esame istologico su biopsia corredata da test immunoistochimici, effettuato presso l’Anatomia Patologica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena. Allo stesso è stato attribuito il codice di esposizione professionale ad amianto “2” (cfr. LL. GG. citate), esposizione professionale probabile, per l’attività di capo guardia carceraria presso il carcere di -OMISSIS- Carrara dal 1960 al 1990. Presso detta struttura, era presente un laboratorio tessile di circa 100 mq, senza finestre e con un’unica porta di accesso, ove erano adoperati circa 10 telai per la produzione di tessuti in cotone e lana (lenzuola e coperte), cui erano addetti una decina di detenuti. È ormai definitivamente accertato (cfr. note bibliografiche essenziali in calce) che macchine e impianti utilizzati in questo settore di attività economica, presentavano parti in amianto. Detti elementi, in particolare, erano presenti nel sistema frenante, dotato di frizioni a dischi, dei telai per la tessitura di cotone e lana ”. Non solo, nella nota si precisa altresì che “ Per il Sig. -OMISSIS--OMISSIS- non sono state evidenziate esposizioni ad amianto di natura extra professionale ”.

Dalla nota di che trattasi, proveniente da un soggetto pubblico qualificato, si possono trarre le seguenti conclusioni: il Sig. -OMISSIS--OMISSIS- è stato affetto da mesotelioma peritoneale maligno certo di tipo epiteliode da esposizione professionale ad amianto;
non essendo state evidenziate altre esposizioni ad amianto di natura extraprofessionale, l’unica possibile tipologia di esposizione risulta proprio quella professionale, per l’attività di capo guardia carceraria presso il carcere di -OMISSIS- Carrara dal 1960 al 1990.

Andando per ordine. Il fatto che il sig. -OMISSIS--OMISSIS- avesse svolto, fino a circa quattro anni dal pensionamento, anche mansioni di sorveglianza dei detenuti che lavorano al lanificio è confermato nella memoria dell’Amministrazione, seppur con la precisazione che “ tale mansione non si svolgeva in compresenza con i detenuti, e nel medesimo locale, ove erano presenti i telai;
la guardia penitenziaria prestava la propria attività di sorveglianza restando nel locale del corpo di guardia che era separato dal locale telai, aveva un proprio autonomo bagno di servizio, ed autonomo ne era pure l’ingresso, come conferma anche la piantina dei locali che pure si offre in produzione”
. A parere del Collegio, tuttavia, tale documentazione (piantina dei locali) non è sufficiente per provare che il sig. -OMISSIS--OMISSIS- non avesse svolto la propria attività di sorveglianza anche nel locale dove erano presenti i telai e dove, effettivamente, lavoravano i detenuti.

Irrilevante, a parere del Collegio, è anche la circostanza che negli ultimi quattro anni di servizio circa il sig. -OMISSIS--OMISSIS- avesse acquisito il ruolo di preposto al coordinamento delle sezioni detentive e avesse smesso ogni mansione di sorveglianza al locale lanificio, poiché resta il fatto che per tutto il tempo pregresso è, per contro, confermato che egli avesse svolto tale attività.

Sul fatto che i freni dei telai dell’epoca fossero costituiti da amianto, si rinvia a quanto osservato dal Servizio sanitario regionale Emilia-Romagna, Azienda unità sanitaria locale di Reggio Emilia, IRCCS, Istituto in tecnologie avanzate e modelli assistenziali in oncologia, Direzione sanitaria, Staff governo clinico, Servizio di epidemiologia, Registro mesoteliomi della Regione Emilia Romagna, nella nota sopra riportata: “ È ormai definitivamente accertato (cfr. note bibliografiche essenziali in calce) che macchine e impianti utilizzati in questo settore di attività economica, presentavano parti in amianto .

Sul punto, si riporta, ad esempio, quanto evidenziato nella rivista “ La Medicina del lavoro ”, 2003, nell’articolo, non a caso intitolato “ Il rischio amianto nel settore tessile: indicazioni dal Registro Mesoteliomi Lombardia e definitiva conferma ”, dove si legge “… tutti i freni operavano con guarnizioni in amianto fino all’entrata in vigore delle leggi di bando…in alcune macchine ad alta velocità di rotazione esistevano oltre ai freni anche frizioni monodisco a secco in amianto…le guarnizioni amiantifere frenanti disperdevano prevalentemente fibre fini…il rischio professionale amianto deve oggi essere riconosciuto per tutti i soggetti che hanno lavorato nell’industria tessile. Le entità di questo rischio, espressa in termini di dose cumulativa raggiungibile…adeguata a provocare la comparsa di mesoteliomi nei soggetti suscettibili…Ai fini epidemiologici, medico legali ed assicurativi il mesotelioma che si manifesta in un ex lavoratore tessile deve essere pertanto considerato malattia professionale ossia certamente conseguente alla esposizione ad amianto nell’ambiente di lavoro ”. Esistono tanti altri articoli su questo tema, debitamente depositati in giudizio, dal titolo “ Un caso di mesotelioma pleurico da inusuale esposizione professionale ad amianto nell’industria della lana ”, “ La ricostruzione dell’esposizione ad amianto in un’azienda tessile di produzione filati cucirini attraverso l’utilizzo di un’insolita fonte informativa ” e “ Il rischio amianto nel settore tessile: i sistemi frenanti delle macchine di penultima generazione”, nel quale si legge “ Tutte le macchine dell’ultima generazione hanno oggi sistemi frenanti elettromagnetici, mentre quelle in uso fino agli anni ’90 erano equipaggiate con sistemi meccanici a sfregamento dotati di guarnizioni che erano sempre costituite da materiali contenenti amianto ”.

Anche tenuto conto del principio della vicinanza della prova, il Collegio ritiene che la documentazione depositata in giudizio dall’Amministrazione non sia sufficiente a mettere in discussione tali conclusioni, per quanto riguarda la presenza di amianto nei telai, trattandosi di meri e sommari formulari di smaltimento rifiuti, inidonei a dimostrare che i telai dismessi non contenessero amianto.

3. – Ciò posto, facendo valere una responsabile contrattuale per violazione dell’art. 2087 c.c., al fine della sua configurabilità, rileva se il datore di lavoro, nel caso in esame, possa ritenersi responsabile dell’evento lesivo (per condotta sostanzialmente omissiva), tenuto anche conto che trattasi di fatti precedenti alla normativa specifica sull’amianto.

In via generale, si osserva che, ai sensi dell’art. 2087 c.c., è obbligo del datore di lavoro garantire che l’ambiente di lavoro sia sano.

Invero, l’art. 2087 (norma la cui violazione è fatta valere nella controversia in esame), rubricato “ Tutela delle condizioni di lavoro ”, dispone chiaramente quanto segue: “ L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro ”.

La Cassazione, ai sensi dall’art. 2087 c.c., ravvisa la responsabilità colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l’esistenza di una condizione lesiva della salute, cioè nociva (Cass., sez. lav., 26 febbraio 2024, n. 5061).

Più nello specifico, la Cassazione ha condivisibilmente chiarito che “… si deve al riguardo rilevare che, come ribadito anche di recente da questa Corte (Cass. 3.8 2012 n. 13956 nonché Cass.

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