TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-04-23, n. 201008263
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N. 08263/2010 REG.SEN.
N. 09427/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9427 del 2009, proposto dalla Società Azienda Energetica S.p.A. – Etschwercke AG, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti R P e C C, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Roma, via Giulia n. 66
contro
l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è elettivamente domiciliata, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
- l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del Presidente p.t., non costituitasi in giudizio;
nei confronti di
del Centro Tutela Consumatori Utenti di Bolzano, non costituitosi in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento n. 20238 del 26 agosto 2009, relativo al procedimento PS3477;
- nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale, ivi inclusi il parere di AGCom e la lettera di AGCM del 26 ottobre 2009 prot. n. 60433.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2010 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il 30 marzo 2009, a seguito di una segnalazione da parte del Centro Tutela Consumatori Utenti di Bolzano, AGCM avviava, a carico della Società ricorrente, un procedimento per pratica commerciale scorretta – ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo – in quanto il messaggio pubblicitario apparso sul sito web www.ae-ew.it si sarebbe rivelato suscettibile di trarre in inganno il consumatore circa le effettive condizioni tariffarie dell’offerta promossa e la relativa durata di applicazione.
Il 24 aprile 2009 l’Autorità ampliava l’oggetto del procedimento con riferimento alla diffusione del messaggio – oltre che su internet – anche su quotidiani, periodici ed a mezzo di affissioni.
Acquisito il prescritto parere di AGCom, l’Autorità antitrust rendeva il conclusivo provvedimento, con il quale, positivamente apprezzata la natura ingannevole del messaggio in questione, irrogava la sanzione amministrativa pecuniaria di € 70.000,00.
Queste le dedotte censure:
1) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo e 3 della legge 241/1990. Erroneità, illogicità e contraddittorietà, difetto di motivazione.
Esclude parte ricorrente che la motivazione del provvedimento impugnato illustri, con carattere di idonea concludenza, l’affermato connotazione “scorretta” della pratica commerciale presa in esame da AGCM;assumendosi, anzi, che una condotta (come nella fattispecie) avente carattere di sporadicità possa assurgere al rango di una vera e propria “pratica”.
Inoltre, si osserva che per effetto della diffusione del messaggio pubblicitario in questione non verrebbe in considerazione alcun tipo di pregiudizio nei confronti dei consumatori;né, altrimenti, la gravata determinazione offrirebbe elementi dimostrativi in proposito.
2) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo. Eccesso di potere: travisamento dei fatti, illogicità, contraddittorietà del provvedimento. Disparità di trattamento.
Nell’osservare come il provvedimento oggetto di censura si soffermi sulle limitazioni dell’offerta promossa dalla ricorrente (per quanto concerne sia il prezzo effettivamente addebitato all’utente, che la durata temporale della tariffa promossa), sostiene la Società ricorrente che le componenti del prezzo siano state adeguatamente (e, comunque, sufficientemente) evidenziate nell’offerta: escludendosi che rilevi il carattere di ingannevolezza laddove, pur in presenza della scomposizione del prezzo in vari addendi, sia comunque percepibile dal consumatore il complessivo esborso al medesimo richiesto.
3) Sulla sanzione: violazione del principio di proporzionalità
Lamenta poi parte ricorrente che l’applicata sanzione pecuniaria – commisurata al fatturato e peraltro ridotta in ragione della volontaria cessazione del comportamento – sarebbe sproporzionata con riferimento alla condotta posta in essere e, comunque, rispetto a quelle applicate nei confronti di altre Società operanti nel settore della distribuzione dell’energia elettrica a fronte di pratiche commerciali parimenti ritenute scorrette.
Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.
L'Autorità intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 14 aprile 2010.
DIRITTO
1. Sul sito Internet della società ricorrente www.ae-ew.it, dal 28 gennaio 2009 al 1° aprile 2009, su alcuni quotidiani (“ALTO ADIGE” ed. Bolzano, del 4, 7, 10, 12 e 14 febbraio 2009;“CORRIERE DELL’ALTO ADIGE”, del 4, 7, 10, 12 e 14 febbraio 2009;“DOLOMITEN”, in lingua tedesca, del 4, 7, 10, 12 e 14 febbraio 2009) e su alcuni periodici (nella specie: “PUSTERTALERZEITUNG” del 13 febbraio 2009;“VINSCHGER” del 4 febbraio 2009;“BAZ” del 12 febbraio 2009;“FF ILLUSTRIERT” del 5 febbraio 2009 e “QUI BOLZANO/MERANO/BASSA ATESINA” del 12 febbraio 2009), nonché su affissioni poster nel comune di Bolzano (dal 2 febbraio 2009 per un periodo di 14 giorni) e su affissioni in impianti speciali nei comuni di Bolzano e Merano (dal 2 febbraio 2009 per un periodo di 14 giorni), veniva diffuso un messaggio pubblicitario, proveniente dalla ricorrente Società Azienda Energetica S.p.A. – Etschwercke AG, riguardante la promozione di un’offerta di energia elettrica rivolta ai clienti domestici del mercato libero in Alto Adige.
Il messaggio in esame conteneva il seguente claim: “RILASSATEVI l’energia fino al 2011 a 0,099 € al kwh*”.
Le parole “RILASSATEVI” e “0,099” presentavano, come illustrato nel provvedimento gravato, un carattere più grande rispetto al resto della frase;inoltre i numeri “2011” e “0,099” venivano riportati in colore arancione, mentre il testo restante in bianco.
Con caratteri più piccoli e in nota al suddetto messaggio si leggeva, in corrispondenza dell’asterisco, in colore arancione, “prezzo bloccato riferito alla componente energia, escluse le componenti di prezzo regolamentate dall’autorità per l’energia elettrica e il gas e le relative imposte”;e, subito dopo, con lo stesso carattere, ma in colore blu: “Offerta valida fino al 31 marzo 2009 per tutta la clientela domestica sul mercato libero in Alto Adige. Prezzo bloccato fino al 31 marzo 2011. Normative e condizioni dell’offerta presso i nostri uffici di Bolzano e Merano e sul sito www.aeew.it”.
1.1 Rispetto alla condotta descritta, AGCM ipotizzava la sussistenza di una pratica commerciale scorretta ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, in ragione dell’idoneità del messaggio ad indurre in errore i destinatari relativamente alle caratteristiche essenziali dell’offerta, ed in particolare:
- al prezzo complessivo applicato al consumatore per l’erogazione del servizio richiesto
- ed al periodo di applicabilità della relativa tariffa pubblicizzata.
Veniva quindi contestato, da parte di AGCM, che l’indicazione del prezzo al netto di imposte e di ulteriori costi determinati in via regolamentare si sarebbe rivelata idonea ad alterare in misura significativa la percezione della convenienza dell’offerta da parte dei consumatori, “in quanto evidenzia una cifra parziale, non comprensiva di una parte del costo finale. La precisazione della presenza di tali componenti aggiuntive rispetto al prezzo indicato è infatti ubicata, con carattere ridotto rispetto al corpo del testo, in nota al messaggio e non riporta l’incidenza percentuale, sul costo complessivo, della componente il cui ammontare viene bloccato”.
Quanto alla ritenuta ingannevolezza del messaggio, con riferimento al periodo di applicabilità della tariffa pubblicizzata, la stessa Autorità rilevava che il claim “l’energia fino al 2011” poteva indurre i consumatori a ritenere che la tariffa fosse applicabile sino alla fine dell’anno 2011, ancorché nella nota in corrispondenza dell’asterisco si leggesse, peraltro a caratteri ridotti, che il prezzo sarebbe rimasto “bloccato” (soltanto) fino al 31 marzo 2011.
Di seguito alla comunicazione dell’avvio del procedimento istruttorio alla società ricorrente (invitata anche a fornire taluni chiarimenti in ordine alla descritta pratica commerciale), quest’ultima produceva, in data 6 aprile 2009, una memoria difensiva, nella quale si evidenziava, fra l’altro, che il 1° aprile 2009 il messaggio in argomento era stato rimosso dal sito internet aziendale (in ragione della scadenza dell’offerta alla data del 31 marzo 2009) e che dal 16 febbraio 2009, non vi erano state più apparizioni della campagna citata su cartelloni pubblicitari e testate giornalistiche.
In data 24 aprile 2009 veniva comunicata ad Azienda Energetica l’integrazione oggettiva del procedimento (ai sensi dell’articolo 27, comma 3, del Codice del Consumo;nonché ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento), in quanto le evidenze raccolte nel corso del procedimento, ed in particolare le informazioni fornite da quest’ultima, avevano mostrato l’opportunità di estendere il procedimento ai comportamenti consistenti nella diffusione del descritto messaggio pubblicitario, oltre che sul sito Internet www.ae-ew.it, anche sui citati quotidiani e periodici, nonché a mezzo di affissioni.
Richiesto il prescritto parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – in quanto la pratica commerciale oggetto di esame era stata diffusa tramite internet e a mezzo stampa – quest’ultima ne assumeva la “scorrettezza” ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, in quanto:
– “nel caso di specie, le omissioni informative e le informazioni incomplete o non rispondenti al vero devono considerarsi rilevanti in quanto riferite ad essenziali condizioni di fruibilità dell’offerta;tra l’altro, non può trascurarsi come nei mercati della vendita di energia elettrica la concorrenza tra operatori si svolga principalmente intorno alla variabile prezzo”;
– “la modalità di rappresentazione del prezzo utilizzata nei messaggi in esame è tale da non consentire ai consumatori di essere informati in modo preciso circa l’ammontare del prezzo dell’energia, potendone alterare in misura significativa la percezione della convenienza dell’offerta, di talché, per il destinatario, il prezzo percepito viene identificato in quello posto in evidenza (portato subito all’attenzione del consumatore) al quale al massimo poi il consumatore stesso dovrà aggiungere il valore degli oneri aggiuntivi al fine di calcolare il prezzo finale complessivo del bene”;
– “il claim utilizzato – “rilassatevi” … l’energia fino al 2011 …” – inducendo a ritenere, per la particolare rilevanza grafica e la sua perentorietà, che, per tutto il 2011, sia possibile ricevere l’erogazione di energia al prezzo pubblicizzato, risulta fuorviante, in quanto è contraddetto dalla scritta, a caratteri ridotti, riportata in basso a destra del messaggio pubblicitario e di rimando dall’asterisco, che invece prende in considerazione il “prezzo bloccato fino al 31 marzo 2011”;
– “la possibilità per il consumatore di essere tratto in errore circa l’esatta portata dell’offerta non può essere esclusa dalla circostanza che questi sia in grado di conoscere le condizioni della stessa anche in un momento immediatamente successivo, come nel caso di specie, quale quello della consultazione del sito Internet del professionista o mediante contatto telefonico …”;
– quanto alla contrarietà alla diligenza professionale, “non si riscontra da parte del professionista nel caso di specie il normale grado di competenza e attenzione che ragionevolmente ci si può attendere, avuto riguardo alla qualità del professionista ed alle caratteristiche dell’attività svolta, con riferimento alla completezza delle informazioni necessarie alla valutazione della convenienza dell’offerta”.
1.2 In sede di esplicitazione delle conclusioni, l’Autorità rilevava che, “con riferimento al prezzo pubblicizzato, nella nota in corrispondenza dell’asterisco e con caratteri molto più piccoli rispetto al testo del messaggio principale, viene precisato che il prezzo “bloccato” si riferisce alla c.d. “componente energia” e che sono escluse le componenti di prezzo regolamentate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas e le relative imposte”;ulteriormente osservando come nel messaggio promozionale all’esame non fosse stata “fornita alcuna spiegazione in ordine al significato dell’espressione “componente energia”, né un’indicazione circa il prezzo complessivo che verrà applicato al cliente”: circostanza, questa, vieppiù rilevante ove si consideri che “la componente energia del prezzo dell’elettricità stabilito dall’AEEG rappresenta una parte soltanto del prezzo complessivo applicato all’utente per la fornitura”, pari, al netto delle imposte, a circa “il 65% … della spesa complessiva addebitata in media in bolletta”, mentre “la restante parte, pari … a circa il 35% del costo complessivo, è composta da una serie di voci cd. “passanti”, quali oneri di sistema, trasmissione e distribuzione, dispacciamento, costi a copertura del servizio di commercializzazione, fissate autoritativamente dall’AEEG, finalizzate in larga parte a remunerare i servizi accessori necessari all’erogazione dell’energia ai clienti finali, e dalle imposte”.
Il fatto che l’esistenza di tali oneri aggiuntivi fosse indicata, nel messaggio in esame, “esclusivamente in nota e con caratteri decisamente più piccoli rispetto al testo del claim principale, senza alcuna precisazione circa la percentuale della componente “bloccata” in rapporto al prezzo complessivo”, ha condotto AGCM “a ritenere che la modalità di rappresentazione del prezzo utilizzata sia tale da indurre in errore i destinatari in ordine al preciso ammontare del costo complessivo dell’energia che verrà addebitato in bolletta, facendo loro credere, contrariamente al vero, che il prezzo finale sarà, in ogni caso, quello posto in evidenza, al quale al massimo dovrà essere aggiunto soltanto un costo marginale”.
Nel rilevare come “la prima informazione pubblicitaria si impone subito all’attenzione del lettore e va a rappresentare il principale elemento per la formazione della decisione di acquisto … soprattutto quando … consiste in un prezzo “d’impatto”, in assoluto conveniente rispetto alle aspettative del cliente, al quale viene poi scaricato l’onere di calcolarsi il costo complessivo”, l’Autorità ha osservato che “al fine di rendere chiara e compiuta l’informazione fornita al pubblico, l’indicazione del costo di un prodotto o servizio deve includere ogni onere economico gravante sul consumatore, il cui ammontare sia determinabile ex ante, o presentare, contestualmente e con adeguata evidenza grafica e/o sonora, tutte le componenti che concorrono al computo del prezzo finale”.
Se, “con riferimento alle peculiarità del settore in esame … il professionista può essere impossibilitato ad indicare l’importo esatto delle componenti diverse dalla “componente energia” che verranno addebitate all’utente, tuttavia, al fine di garantire una corretta e trasparente informazione, appare necessario precisare, contestualmente e con adeguata evidenza grafica, che l’importo promesso si riferisce ad una parte soltanto del costo complessivo che verrà addebitato dal fornitore ed indicare la percentuale di incidenza del prezzo bloccato sul prezzo complessivo”.
1.3 Con riferimento al messaggio in esame, AGCM ha ulteriormente constatato che “l’indicazione che il prezzo pubblicizzato non include i descritti oneri aggiuntivi non appare riportata con adeguata evidenza grafica, se si considera che il relativo riferimento è indicato soltanto in nota e con caratteri che non risultano facilmente leggibili come il testo del claim principale, in quanto di dimensioni più ridotte e riportati in colore arancione su uno sfondo bianco che rende meno agevole la lettura”;tali difficoltà di lettura risultando “ancora maggiori con riguardo ai messaggi diffusi attraverso la cartellonistica, la quale, notoriamente, è destinata principalmente ai consumatori in movimento su un mezzo di trasporto”.
Nel ritenere che il claim utilizzato nel messaggio in esame, “per la particolare rilevanza grafica (in termini di dimensioni e colore) sia idoneo ad indurre il pubblico a ritenere erroneamente che, aderendo all’offerta, fruirà di una tariffa fissa pari a quella indicata nel messaggio pubblicitario”, l’Autorità ha avuto modo di esplicitare che nel settore della distribuzione dell’energia elettrica, oggetto di recente liberalizzazione, “la posizione di asimmetria informativa in cui versa il consumatore medio rispetto all’impresa risulta particolarmente accentuata e impone all’operatore pubblicitario un onere informativo particolarmente stringente e rigoroso”.
Né la possibilità di induzione in errore del destinatario del messaggio poteva essere “esclusa dalla circostanza che l’utente [fosse] in grado di conoscere le condizioni dell’offerta dalla lettura del primo foglio del plico contrattuale scaricabile dal sito Internet aziendale”, dal momento che “costituisce principio interpretativo consolidato … che il rinvio a fonti informative ulteriori rispetto al messaggio non è idoneo a sanare l’ingannevolezza di quest’ultimo … in quanto tutte le informazioni necessarie per la corretta comprensione dell’offerta da parte del pubblico devono essere fornite contestualmente, potendo servire il rimando ad altra fonte al più ad integrare i contenuti di quanto prospettato, ma non a circoscriverne la portata, alla luce anche del fatto che il destinatario del messaggio potrebbe assumere le proprie determinazioni senza consultare tali fonti”.
Quanto alla durata dell’offerta oggetto del messaggio promozionale all’esame, l’Autorità rilevava che solo dalla lettura dell’asterisco è dato evincere, “a caratteri ridotti, che in realtà il prezzo sarà “bloccato” sino al 31 marzo 2011”: evidenziandosi, in proposito, che “l’informazione relativa alla durata della tariffa pubblicizzata dovrebbe essere riportata con adeguata evidenza grafica rispetto al claim principale, in quanto rilevante per un consapevole orientamento delle scelte economiche da parte del destinatario del messaggio”.
Se “la suddetta limitazione temporale, specificata soltanto in nota, unitamente alle altre restrizioni sopra evidenziate, rendono l’offerta in esame effettivamente differente rispetto a quella, senza apparenti limitazioni, pubblicizzata nel claim principale”, AGCM ha ritenuto che “la conoscenza delle descritte limitazioni appare idonea a modificare la percezione del potenziale acquirente in merito all’esatto contenuto delle pubblicità e, quindi, in grado di mitigare fortemente il tenore enfatico del claim che caratterizza la comunicazione pubblicitaria”.
Concludeva l’Autorità, alla stregua delle considerazioni sopra esposte ed in conformità al parere espresso da AGCom, nel senso della “ingannevolezza” del messaggio pubblicitario di che trattasi:
- “ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettere b) e d), del Codice del Consumo nella misura in cui non precisa con adeguata evidenza grafica che l’offerta “l’energia fino al 2011 a 0,099 € al kwh” si riferisce esclusivamente alla componente energia e che la tariffa pubblicizzata è in realtà ferma soltanto fino al 31 marzo 2011”;
- “ai sensi dell’articolo 22 del Codice del Consumo, nella misura in cui omette di fornire informazioni rilevanti in merito all’incidenza percentuale, sul prezzo complessivo dell’offerta, della componente il cui ammontare viene bloccato”;
ulteriormente rilevando che la pratica medesima “risulta … contraria alla diligenza professionale, ai sensi dell’articolo 20, comma 2, del Codice del Consumo, in quanto non si riscontra, nel caso di specie, il normale grado di competenza ed attenzione che ragionevolmente ci si può attendere da parte del professionista – con riferimento alla prospettazione al pubblico delle condizioni di fruibilità ed economiche della propria offerta tariffaria – avuto riguardo sia alle caratteristiche dell’attività svolta dalla società, sia alla sua qualità di operatore del settore”.
Nell’osservare come la condotta presa in esame riveli “idoneità … a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico dei consumatori”, in quanto “le informazioni che vengono omesse o fornite in maniera ingannevole nella loro presentazione complessiva riguardano caratteristiche dell’offerta imprescindibili ai fini dell’adozione di una decisione commerciale consapevole”, concernendo esse “uno dei principali parametri cui fanno riferimento i consumatori allorché compiono proprie valutazioni sull’opportunità di acquistare o meno un prodotto o un servizio”, l’Autorità prendeva in considerazione, ai fini della commisurazione della sanzione afflittiva (all’interno del previsto range da € 5.000,00 ad € 500.000,00;ed in applicazione dei criteri individuati dall’art. 11 della legge n. 689/1981, in virtù del richiamo previsto all’art. 27, comma 13, del Codice del Consumo):
- la dimensione economica del professionista, “che, nel 2007, ha realizzato un fatturato pari a circa 200 milioni di euro, registrando un utile di circa 12 milioni di euro, e che rappresenta uno dei principali operatori nel settore dell’energia elettrica a livello locale (Alto Adige)”;
- l’ampiezza della pratica, in relazione ai mezzi di comunicazione impiegati (sito internet, stampa e affissioni locali) e l’idoneità della stessa di “raggiungere un numero assai elevato di consumatori in Alto Adige”;
- la durata della pratica (protrattasi, per quanto concerne la diffusione tramite il sito Internet, dal 28 gennaio al 1° aprile 2009;mentre, con riferimento agli altri mezzi di comunicazione, nei primi 15 giorni del febbraio 2009);
conclusivamente pervenendo ad una quantificazione del relativo importo pari ad € 80.000,00: ridotto, in ragione “dell’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione” ad € 70.000,00.
2. La disamina dei proposti argomenti di doglianza transita, in primo luogo, attraverso la compiuta individuazione del quadro normativo di riferimento.
L’art. 18 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo, come modificato dal D.Lgs. 2 agosto 2007 n. 146) precisa che, per le finalità considerate dal Titolo III (Pratiche commerciali, pubblicità ed altre informazioni commerciali), si intende per:
- “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;
- “prodotto”: qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;
- “pratiche commerciali tra professionisti e consumatori”: qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;
- “falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori”: l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.
Nell’osservare, innanzi tutto, come la descrizione della “pratica commerciale”, per come contenuta nel sopra riportato art. 18 del Codice, escluda la condivisibilità delle argomentazioni con le quali parte ricorrente ha sostenuto che, quanto alla fattispecie in esame, non sarebbe evocabile tale tipologia di condotta, va poi soggiunto come il successivo art. 19 puntualizzi che le disposizioni contenute nel Titolo anzidetto trovano applicazione alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto.
Il comma 2 dell’art. 20 stabilisce, quindi, che “una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale e' diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori;mentre il successivo comma 4 individua come scorrette le pratiche commerciali:
- ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23
- aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26”.
Quanto all’art. 21, il carattere di “ingannevolezza” della pratica commerciale” rileva allorché essa rechi “informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:
a) l'esistenza o la natura del prodotto;
b) le caratteristiche principali del prodotto …
c) la portata degli impegni del professionista … ;
d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo”.
Soggiunge il successivo comma 2 (lett. a) che “è altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita”.
Se, ai sensi dell’art. 22 “è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso” per il successivo art. 23 sono considerate in ogni caso ingannevoli le pratiche commerciali volte:
- ad “invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l'esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità della pubblicità fatta del prodotto e al prezzo offerti” (lett. e);
- a “descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto” (lett. v).
3. Quanto sopra ribadito, ritiene il Collegio che la tesi (a fondamento dell’ipotesi accusatoria che ha condotto l'Autorità a ritenere scorretta la pratica commerciale in discorso) secondo la quale la promozione di un tariffa deve essere necessariamente inclusiva di ogni onere economico gravante sul consumatore (sempre che di ammontare quantificabile ex ante), sì da illustrare compiutamente il relativo esborso finanziario (e da rendere, conseguentemente, la scelta economica pienamente consapevole) meriti talune precisazioni.
3.1 Va in primo luogo osservato che la necessità di garantire che i potenziali destinatari del messaggio pubblicitario siano posti in grado di valutare consapevolmente la convenienza relativa dell'offerta impone che l’indicazione delle condizioni tariffarie debba essere chiaramente ed immediatamente intelligibile dal consumatore.
È stato – coerentemente – osservato che, se in linea di massima l'omissione di alcuno degli elementi da cui dipende il prezzo del servizio pubblicizzato può indurre in errore il consumatore (e rendere ingannevole il messaggio con riguardo a tale profilo), anche le sole modalità di presentazione del prezzo possono rivelare valenza decettiva, e quindi porsi in contrasto con l'ampia previsione della norma richiamata, quando:
- il messaggio pubblicitario enfatizzi non il prezzo finale, ma un prezzo base a cui si aggiungono ulteriori costi ed oneri
- e il prezzo finale (ed effettivo) risulti di non chiara e immediata percezione da parte del consumatore, per la macchinosità del calcolo o per la non agevole percezione delle relative informazioni.
In tal senso, non è tanto l'articolazione del prezzo o della tariffa a dimostrarsi suscettibile di rendere ingannevole il messaggio pubblicitario;quanto, piuttosto la scelta di enfatizzare un prezzo base al quale non corrisponde il prezzo conclusivo, e che può condurre in errore il consumatore, ove ad esso non si accompagnino modalità di presentazione del messaggio complessivo che consentano una precisa e immediata percezione del prezzo finale.
Sulla base delle esposte considerazioni, la Sezione è ripetutamente pervenuta al riconoscimento della ragionevolezza e della conformità alla previsione normativa delle determinazioni con le quali l’Autorità ha ritenuto ingannevoli messaggi pubblicitari molto articolati, quando il prezzo finale ed effettivo del servizio non sia quello enfatizzato nel claim principale, ma a tale prezzo si debbano aggiungere – in base ad indicazioni non contestuali e prive della stessa enfasi – ulteriori voci (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 23 gennaio 2002 nn. 631 e 633;nonché 16 gennaio 2002 n. 398).
Le considerazioni così ribadite, se lasciano comprendere come – dal punto di vista dei valori della chiarezza e trasparenza informativa – la tecnica pubblicitaria preferibile sia quella basata sull'indicazione di un prezzo finale omnicomprensivo, non permettono, tuttavia, di spingersi al punto di qualificare come necessariamente ingannevoli – e quindi illecite – tutte le formule pubblicitarie che in qualsiasi misura e circostanza si discostino dal relativo modello.
La ratio, prima ancora che la lettera, delle pertinenti disposizioni dettate dal Codice del Consumo, è agevolmente traducibile nell’esigenza che la pubblicità non sia suscettibile di trarre in inganno i suoi destinatari (e quindi di pregiudicarne il comportamento economico, oppure di ledere la concorrenza);ma non anche che in essa debba essere necessariamente riscontrabile il più elevato standard possibile di chiarezza e semplicità.
Se, ai fini del rispetto del dettato legislativo, deve ritenersi sufficiente che il messaggio nel suo complesso consenta una percezione precisa e sufficientemente immediata dell'esborso finale richiesto al consumatore, allora ne consegue che:
- a fronte della conferma dell’antigiuridicità di una promozione pubblicitaria laddove, a fronte di una tariffa soltanto “apparente” venga a contrapporsi una tariffa “effettiva” del servizio offerto ben superiore, senza che al consumatore sia dato poter ricostruire, in termini di costo reale, l’esborso che sarà tenuto ad affrontare ove intenda aderire all’offerta;
- ed a fronte, ulteriormente, della antigiuridicità di messaggi che impongano al consumatore l’effettuazione di calcoli macchinosi o comunque disagevoli;
- per converso, non può tuttavia escludersi la legittimità della reclamizzazione (dell’offerta di una fornitura o di un servizio) in cui l'esborso finale richiesto scaturisca, con sufficiente immediatezza e con ragionevole percepibilità, dalla composizione addizionale di componenti di prezzo fornite in modo contestuale e con pari grado di enfasi espressiva;o, almeno, che abbia un rilievo grafico tale da rendere concretamente percepibile la presenza di siffatti elementi –ulteriori – rispetto a quello immediatamente visualizzabile per effetto dell’evidenza assunta dal claim principale.
3.2 Ben ha presente il Collegio che la Sezione, in precedenti occasioni, ha avuto modo di affermare che, se l'omissione di alcuno degli elementi da cui dipende il prezzo (o la tariffa) del servizio pubblicizzato può indurre in errore il consumatore e rendere ingannevole il messaggio con riguardo a tale profilo, anche le sole modalità di presentazione del prezzo (o della tariffa) possono sortire tale effetto laddove il messaggio pubblicitario enfatizzi non il prezzo finale ed effettivo, ma un prezzo base a cui siano destinati ad aggiungersi ulteriori costi ed oneri.
Ne consegue che la macchinosità del calcolo, ovvero la non agevole percezione delle relative informazioni, possono escludere una chiara e immediata percezione, da parte del consumatore, dell’intero complesso di componenti dell’offerta (cfr., in termini, le pronunzie 16 gennaio 2008 n. 276;21 gennaio 2002 n. 633).
Le esposte considerazioni – sul principio a fondamento delle quali non si nutrono elementi di perplessità – trovano giustificazione in un duplice ordine di ragioni:
- la prima delle quali, corrispondente ad un dato di condivisa esperienza, risiede nella notorietà del comportamento assunto dal consumatore all’atto della percezione visiva e della conseguente apprensione cognitiva del messaggio promozionale, laddove costituisce dato ampiamente acquisito che, a fronte della lettura normalmente veloce degli slogan pubblicitari, gli operatori del settore modellano su tale comune nozione di psicologia le proprie strategie di comunicazione;
- la seconda, come precedentemente accennato, è rappresentata dal fatto che, piuttosto che nell’articolazione del prezzo o della tariffa (la quale ben può rivelarsi connaturata alla natura del bene o del servizio offerto;e che, comunque, obbedisce ad un’autonoma scelta imprenditoriale), l’ingannevolezza del messaggio pubblicitario sia ravvisabile nella scelta di enfatizzare un prezzo base non corrispondente al prezzo finale ed effettivo, la cui concreta decettività nei confronti del consumatore viene ad assumere sostanza di antigiuridicità ove non si accompagni a modalità di presentazione del messaggio complessivo che consentano una precisa e immediata percezione dell’esborso complessivo che quest’ultimo, in caso di adesione all’offerta, sarà chiamato ad assumere a proprio carico.
I passaggi logici che hanno condotto all’esplicitazione dei principi sopra riportati meritano, tuttavia, una precisazione che il Collegio ritiene doverosa, con riferimento al comportamento del consumatore (o, più correttamente, al livello di consapevolezza che non può non accompagnare il consumatore nell’assunzione delle scelte economiche): e, conseguentemente, al grado di avvedutezza o diligenza che deve, quale presupposto del responsabile orientamento di queste ultime, integrare il bagaglio conoscitivo di base dell’utente che si ponga quale soggetto all’interno del mercato dell’offerta/domanda di beni e servizi.
Non ignora il Collegio che un costante insegnamento giurisprudenziale, fondato su una corretta interpretazione delle pertinenti disposizioni del Codice del Consumo, abbia valorizzato precipuamente, nel quadro della pretendibilità di una condotta ispirata al fondamentale canone della diligenza, il comportamento assunto dall’operatore commerciale, piuttosto che il livello di consapevolezza e/o conoscenza riscontrabile in capo ad un consumatore normalmente avveduto ed informato.
È evidente che un’acritica equiordinazione dell’obbligo di diligenza facente capo all’operatore commerciale (e normativamente sancito) rispetto al grado di consapevole assunzione delle scelte commerciali (predicabile con riferimento al consumatore), è suscettibile di condurre a conseguenze distorsive, laddove si introduca, all’interno del paradigma di correttezza che deve normalmente assistere l’informazione commerciale, un elemento di eterointegrazione informativa quale componente aggiuntiva ed adeguatrice rispetto all’assolvimento di un obbligo che, invece, deve ritenersi precipuamente ascrivibile a fatto proprio (ed esclusivo) del professionista.
Del resto, la stessa interpretazione giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 31 maggio 2005 n. 2852;T.A.R. Lazio, sez. I, 16 gennaio 2008 n. 277 e 10 maggio 2004 n. 4065) ha avuto modo di confermare che la valutazione in ordine alla decettività del messaggio va condotta esclusivamente tenendo conto del testo di quest’ultimo: risultando, a tali fini, irrilevante il concreto atteggiarsi di eventuali atti (e/o comportamenti) aggiuntivi volti a precisare, integrare o correggere il messaggio stesso.
Nel caso di specie, il messaggio promozionale oggetto di indagine ad opera dell’Autorità:
- se proponeva con enfasi grafica e cromatica assolutamente prevalente una duplicità di indicazioni, aventi immediato risalto visivo e suggestivo, volte ad indicare il costo (€ 0,099 al kWh) e la durata dell’offerta (fino al 2011) oggetto di promozione (osservandosi che l’ancora più accentuata rilevanza di tali elementi veniva fornita dalla differenziazione cromatica di essi, risultante dall’impiego del colore arancione rispetto al colore banco delle rimanenti parole che componevano il claim, tutte comunque apposte su fondo blu);
- rimetteva a precisazioni asteriscate (peraltro con evidenza grafico-cromatica assolutamente inferiore;e comunque apposte al di fuori del riquadro recante lo stesso claim) la puntualizzazione che il prezzo bloccato era riferito alla componente energia, “escluse le componenti di prezzo regolamentate dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas e le relative imposte”, che l’offerta era valida “fino al 31 marzo 2009” e che il prezzo era “bloccato fino al 31 marzo 2011”;rinviandosi, quanto alle “normative e condizioni dell’offerta”, ai “nostri uffici di Bolzano e Merano” ed al sito “ww.ae-ew.it”.
3.3 Ciò osservato in punto di fatto sulla base della percezione visiva del messaggio pubblicitario in questione, viene, allora, in considerazione l’esigenza di verificare la ricaduta concreta che l’integrale apprensione del testo del messaggio sia suscettibile di determinare a fronte del livello di conoscenza del consumatore, al fine di inalvearne le scelte commerciali.
Vuole il Collegio, in altri termini, affermare che:
- se la diligenza (rectius: la normale avvedutezza) impiegata dal consumatore (quale fondamentale canone orientativo nell’assunzione di una scelta avente risvolti economicamente sensibili) non assurge, ex se riguardata, ad elemento suppletivo e/o integrativo che consenta di ovviare ad altrimenti inescusabili opacità o lacune informative proprie della comunicazione posta dall’operatore commerciale a disposizione del primo,
- diversamente, laddove l’informazione stessa si riveli, ex se riguardata, completa, allora è proprio il livello di percepibilità dell’intero contenuto della stessa a dover essere interpretato attraverso la “cartina di tornasole” della consapevole valutazione, da parte dell’utente, del complesso di indicazione ritraibili (sia pure con diversificata evidenziazione grafica, ovvero con disomogenea enfatizzazione visuale) dal messaggio pubblicitario offerto alla sua attenzione.
Se, conseguentemente, la valutazione della diligenza dell’operatore commerciale (e, con essa, la verifica in ordine alla eventuale scorrettezza di una pratica dal quest’ultimo posta in essere) deve essere riguardata – anche – alla luce della “normale” percepibilità che il messaggio promozionale possa dimostrare nei confronti della platea dei potenziali destinatari di esso (si confrontino, in proposito, le considerazioni dalla Sezione già sviluppate con precedente sentenza 16 giugno 2009 n. 5695), deve allora escludersi che nel caso in esame anche un comportamento particolarmente “attento” o “avveduto” del lettore del messaggio potesse consentire a quest’ultimo una immediata ricostruzione del complesso di elementi coinvolti dall’offerta (in altri termini, che consentisse la percezione del prezzo finale destinato a gravare sull’utente).
Il carattere concretamente decettivo del messaggio (e, con esso, l’attitudine ingannevole dal medesimo rivelata) appieno viene in considerazione ove si tenga presente:
- non soltanto che all’enfasi che caratterizza il claim non corrisponde omogenea accentuazione visiva delle limitazioni che accompagnano il reale contenuto dell’offerta (e, con essa, la limitata durata della validità e, soprattutto, il fatto che il prezzo non fosse “bloccato” per tutto il 2011, ma soltanto per i primi tre mesi dell’anno);
- ma che, soprattutto, nessuna indicazione del messaggio (neppure i richiami, pur considerevolmente meno accentuati, esplicitati con asterisco) consentiva una percezione integrale di tutte le componenti tariffarie suscettibili di determinare la finale commisurazione del prezzo, atteso che al riguardo il messaggio operava un mero rinvio (senza alcuna ulteriore indicazione) alle componenti di prezzo regolamentate dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas ed alle relative imposte.
Se è quindi vero, sulla base degli orientamenti interpretativi in precedenza riportati, che un’indicazione di elementi di costo parcellizzata all’interno del medesimo messaggio promozionale può assumere valenza decettiva ai fini dell’assunzione, da parte del consumatore, di una scelta commerciale libera e consapevole, deve, allora, vieppiù escludersi la correttezza di una pratica commerciale quando – come nella fattispecie – non sia in alcun modo dato ricostruire (qualunque sia il livello di avvedutezza o di attenzione del consumatore) il costo finale del servizio o della tariffa proposti, atteso che taluna delle relative componenti costitutive, lungi dall’essere comunque esplicitate nel messaggio, possono essere “conosciute” solo aliunde.
Viene quindi, in considerazione proprio quella “eterointegrazione” del contenuto del messaggio promozionale a fronte della quale la pur pretendibile (nei limiti sopra indicati) “diligenza” e/o “avvedutezza” del consumatore inevitabilmente recede in ragione della lacunosità della comunicazione promozionale: la carente completezza della quale insanabilmente rivela contenuto ingannevole laddove si consideri che il potenziale utente non è, comunque, posto in grado di poter ricostruire il complessivo onere finanziario che è chiamato a sostenere ove intenda aderire all’offerta.
Nel rammentare come la Sezione, con la decisione 276/2008, abbia ritenuto ragionevole e conforme alla previsione normativa la determinazione con la quale l’Autorità aveva valutato il carattere di ingannevolezza di messaggi pubblicitari laddove il prezzo finale ed effettivo del servizio non corrispondesse a quello enfatizzato nel claim principale (a tale prezzo dovendosi invece aggiungere ulteriori componenti ricavabili da indicazioni non contestuali e prive della stessa enfasi), va allora rilevato come, quanto alla fattispecie in esame, siffatto carattere di “contestualità” delle voci aggiuntive di costo riguardanti l’offerta in questione non sia in alcun modo ravvisabile: per l’effetto dovendosi escludere, nell’ambito dell’annuncio promozionale di che trattasi, l’esaustiva evincibilità dell’onere complessivo destinato a gravare sul consumatore.
Deve conseguentemente convenirsi sulle conclusioni alle quali è pervenuta l’Autorità circa l’ingannevolezza della pratica commerciale posta in essere dalla ricorrente mercé la diffusione dei messaggi sopra esaminati: per l’effetto escludendosi, in ragione delle considerazioni sopra esposte, che le argomentazioni dedotte da AE-EW con il presente mezzo di tutela presentino condivisibili elementi di fondatezza.
4. Né è dato accedere alle censure con le quali la medesima parte ricorrente ha contestato la commisurazione della sanzione pecuniaria irrogata da AGCM.
Il paradigma normativo rilevante ai fini in esame è rappresentato, come è noto, dalle indicazioni ricavabili dall’art. 11 della legge 24 novembre 1989 n. 681, espressamente richiamato dall’art. 27, comma 13 del D.Lgs. 206/2005.
I criteri sono, in particolare, rappresentati:
- dalla gravità della violazione;
- dall’attività svolta dall’agente per eliminare quest’ultima;
- dalla personalità dell’agente stesso e dalle condizioni economiche al medesimo riferibili.
Va in primo luogo escluso che il messaggio pubblicitario abbia avuto ridotta diffusione, atteso che:
- la presenza in rete della comunicazione di che trattasi si è protratta per oltre due mesi (dal 28 gennaio al 1° aprile 2009);
- la modalità diffusiva (siti web) è intrinsecamente suscettibile di raggiungere una platea indeterminabile di potenziali consumatori, con potenzialità considerevolmente superiori rispetto ad una pubblicazione dell’informazione pubblicitaria su organi di stampa o riviste, ovvero, veicolata da pubbliche affissioni.
Nel rammentare come l’importo minimo e massimo della sanzione si ponga all’interno di un campo di variazione (comma 9 dell’art. 13 del D.Lgs. 206/2005) compreso fra € 5.000,00 ed € 500.000,00, va osservato come l’Autorità, ai fini della quantificazione della misura repressiva, abbia tenuto conto:
- del fatturato registrato dalla ricorrente nell’esercizio 2007 (pari a circa 200 milioni di euro, con un utile di circa 12 milioni di euro);
- della variegata molteplicità degli strumenti di diffusione del messaggio pubblicitario (internet, stampa locale, affissioni);
- della durata (come sopra individuabile);
- e del ravvedimento operoso posto in essere da AE-EW, la quale non solo si è adoperata per rimuovere il messaggio oggetto di contestazione, ma ha anche provveduto, nel rinnovare la validità dell’offerta, a fornire ai consumatori informazioni (maggiormente e diversamente) dettagliate sulle relative condizioni economiche di applicabilità;
conclusivamente pervenendosi all’abbattimento della misura da € 80.000,00 ad € 70.000,00.
Nel dare atto, alla stregua di quanto sopra evidenziato, della congruità dell’apparato motivazionale (con riferimento alla durata dell’infrazione, alla pervasività del relativo strumento diffusivo ed alla gravità della condotta tenuta dalla ricorrente al fine di orientare in maniera decettiva gli orientamenti dei consumatori), la commisurazione della applicata misura sanzionatoria (che, come si è visto, ha anche adeguatamente tenuto conto del ravvedimento posto in essere dalla ricorrente) appare invero indenne da censure suscettibili di esame nella presente sede di legittimità: per l’effetto dovendosi disattendere le argomentazioni sul punto esplicitate con il mezzo di tutela all’esame.
5. Quanto sopra ribadito, la constatata infondatezza delle censure dalla parte ricorrente dedotte avverso l’impugnata deliberazione dell’Autorità impone la reiezione del gravame.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.