TAR Genova, sez. I, sentenza 2010-01-22, n. 201000168

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2010-01-22, n. 201000168
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201000168
Data del deposito : 22 gennaio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01019/2004 REG.RIC.

N. 00168/2010 REG.SEN.

N. 01019/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1019 del 2004, proposto da:
Also s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. A G, con domicilio eletto presso A G in Genova, via Porta D'Archi 1/10;

contro

Comune di Campomorone, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. M L S, con domicilio eletto presso M L S in Genova, Piazza della Vittoria 4/11;
Regione Liguria, in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

dell’ordinanza dirigenziale prot. n. 7107 del 18.05.2004, recante la reiezione della richiesta di modifica dell’autorizzazione sanitaria n. 38/2002 e dell’autorizzazione allo scarico produttivo n. 10966/2002, non conosciuto, parere della Commissione Edilizia integrata espresso nella seduta del 06.05.2004 e della relazione del consulente del Comune Dott. G del 29.04.204, indicata come parte integrante del provvedimento nonché per l’annullamento e/o la declaratoria di nullità e/o inefficacia dell’art. 20.3. delle norme di attuazione del P.R.G. comunale, citato nelle premesse del provvedimento e per il risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla società ricorrente, per effetto dell’esecuzione del provvedimento.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Campomorone;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2010 il dott. L M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato in data 12 – 13 luglio 2004 al Comune di Campomorone e depositato in data 15 luglio 2004 la società ALSO s.r.l., ha impugnato, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, il provvedimento in epigrafe.

Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente deduceva i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 216 r.d. 27.7.1934 n. 1265 e dell’art. 45, comma 11, d.lgs. 11 maggio 1999 n. 152 e s.m.i., eccesso di potere per falsità di presupposto, perplessità, illogicità, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, sviamento di potere, in quanto, erroneamente, il Comune ha ritenuto l’attività svolta dalla ricorrente quale attività considerata ad esaurimento o riconversione in quanto considerata insalubre di I classe ex art. 216 del t.u. leggi sanitarie. In realtà, pur essendo l’ALSO una industria insalubre di I Classe, nondimeno tale caratteristica non la renderebbe di per sé ad esaurimento o riconversione come ritenuto dal Comune;

2) violazione degli artt. 7 e s. l.u. 17.8.1942 n. 1150, 24 e ss. l.r.

4.9.1997 n. 36 e s.m.i., 216 e 217 r.d. 27.7.1934 n. 1265, violazione degli artt. 3, 41, 97 Costituzione, eccesso di potere per sviamento, difetto di presupposto ed illogicità, in quanto il Comune avrebbe surrettiziamente impiegato le proprie potestà urbanistico – edilizie per perseguire finalità estranee al controllo delle trasformazioni del territorio.

3) violazione dell’art. 20.3 delle n.t.a. del p.r.g comunale, eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione, sviamento di potere, in quanto la corretta interpretazione dell’art. 20.3 delle n.t.a del p.r.g. di Campomorone non impedirebbe l’utilizzo di sostanze diverse che, tuttavia – come avviene nel caso di specie - presenterebbero un livello di rischio minore di quello delle sostanze attualmente impiegate nelle lavorazioni;

4) violazione degli artt. 2 e ss. l. 241/90, eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, perplessità, difetto di motivazione, incompetenza, in quanto l’amministrazione ha posto a base del proprio provvedimento un parere del dott. G, dottore in chimica industriale, che non risulta fornito delle competenze necessarie per valutare la compatibilità della variazione richiesta dalla ricorrente (e negata dal provvedimento impugnato) con la normativa urbanistica;

5) violazione dell’art. 20.3 n.t.a del p.r.g. di Campomorone, eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, perplessità, difetto di motivazione, incompetenza, in quanto l’art. 20.3 delle n.t.a del p.r.g. non vieterebbe qualsiasi modificazione delle sostanze chimiche impiegate ma solo quelle che sono tali da incidere negativamente sulla salubrità dell’impianto industriale, che nella specie farebbe difetto;

6) illegittimità, invalidità ed inefficacia dell’art. 20.3 delle n.t.a del p.r.g comunale, in quanto, ove interpretata nel senso patrocinato dal Comune la norma delle n.t.a del p.r.g. sarebbe illegittima in quanto nell’ambito della destinazione di un’area del territorio a zona D non potrebbero essere aprioristicamente inibite particolari tipologie di insediamenti produttivi dal momento che tale scelta non rientrerebbe nell’ambito della disciplina urbanistica ma concreterebbe un illegittimo di ben diverse funzioni di igiene pubblica da parte del Consiglio comunale in luogo di altri soggetti istituzionalmente competenti.

La ricorrente concludeva per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento impugnato con vittoria delle spese di giudizio.

Veniva formulata anche domanda risarcitoria.

Si costituiva in giudizio l’amministrazione intimata.

Con ordinanza 29 luglio 2004 n. 476 veniva respinta l’istanza incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

All’udienza pubblica del 14 gennaio 2010 il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Il ricorso in esame è rivolto avverso ordinanza dirigenziale 18 maggio 2004 n. 7107 recante reiezione della richiesta di modifica dell’autorizzazione sanitaria n. 38/02 e dell’autorizzazione allo scarico produttivo n. 10966/2002, nonchè avverso il non conosciuto parere della Commissione edilizia integrata espresso nella seduta del 6 maggio 2004 e la relazione del consulente del Comune Dott. G del 29 aprile 2004.

Il ricorso è infondato.

La ricorrente ha chiesto al Comune di Campomorone di potere introdurre nel ciclo produttivo due sostanze chimiche l’acido solforico e l’ipoclorito di sodio.

Il Comune di Campomorone ha opposto il diniego impugnato sulla base delle disposizioni dell’art. 20 delle n.t.a. del p.r.g..

Occorre preliminarmente trascrivere le disposizioni dell’art. 20 delle n.t.a. del p.r.g.

L’art. 20 ultimo comma stabilisce che: “non sono consentiti insediamenti produttivi di tipo industriale nonché quelli di tipo artigianale, con superficie di riferimento maggiore di quella fissata al Gf. 4 lett. b), se considerati insalubri di prima classe ai sensi dell’art. 216 del t.u. delle leggi sanitarie”.

L’art. 20.3, primo comma, stabilisce: “Per gli insediamenti non consentiti dall’art. 20 nelle zone a funzioni produttive, le attività esistenti ed appartenenti a tale categoria non ritenuta ammissibile, sono considerate ad esaurimento e/o riconversione”.

L’art. 20.3, terzo comma, stabilisce: “Non sono consentiti interventi di modificazione e/o trasformazione tecnologica delle attività produttive, tali da determinare variazione delle attività in atto con riferimento dell’elenco ministeriale per le industrie insalubri, di cui all’art. 216 del T.U. delle leggi sanitarie, sia per quanto alle sostanze chimiche impiegate, sia per prodotti e materiali usati, sia per attività esercitata”.

Il complesso normativo trascritto considera le industrie insalubri di prima classe ai sensi dell’art. 216 t.u. leggi sanitarie come inammissibili (art. 20, ultimo comma) e come tali industrie non possono essere insediate nelle zone D del territorio comunale. Le industrie esistenti, se ritenute inammissibili sono considerate ad esaurimento e/o a riconversione (art. 20.3 primo comma). Conseguentemente l’industria ricorrente, essendo incontestabilmente industria insalubre di prima classe, è considerata inammissibile e quindi deve essere considerata alla stregua delle norme trascritte come industria soggetta ad esaurimento e a riconversione.

A questo punto si deve notare come la giurisprudenza abbia ammesso la legittimità delle norme urbanistiche finalizzate a limitare ovvero escludere l’insediamento di industrie insalubri di prima classe sul territorio comunale.

E’ stato infatti affermato che: “In sede di pianificazione urbanistica e, quindi, nell'esercizio dei propri poteri di gestione del territorio, l'amministrazione comunale può escludere, in via generale e preventiva, la realizzabilità in determinate zone del territorio comunale di industrie insalubri, individuando un apposito parametro normativo per verificare quando un determinato tipo di insediamento industriale sia da considerare insalubre;
tale scelta pianificatoria deve, però, avvenire nell'assoluto rispetto delle forme, delle modalità e dei tempi previsti dalla legge per le procedure di variante delle previsioni del piano regolatore generale. Pertanto, è illegittima la deliberazione con cui un Comune, al di fuori della procedura di variante del piano regolatore generale, detti prescrizioni limitative all'insediamento di determinate tipologie industriali in zone del territorio che il piano regolatore vigente ha specificatamente destinato all'insediamento di attività industriali” (Consiglio Stato , sez. IV, 22 marzo 2005 , n. 1190).

E’ stato altresì affermato che: “È legittima la norma tecnica di attuazione di piano regolatore che facendo rientrare gli impianti di allevamenti di animali (di per sè insalubri per previsione normativa, giusta il d.m. 23 dicembre 1976) fra le industrie "inquinanti" ne preveda nel tempo la soppressione” (Consiglio Stato , sez. IV, 14 luglio 1987 , n. 424).

Relativamente alle industrie ad esaurimento le n.t.a del p.r.g. impongono un divieto di variazione dell’attività esercitata, sotto i seguenti profili: a) sostanze chimiche;
b) prodotti e materiali;
c) attività esercitata. E ciò sulla base dell’elenco ministeriale delle industrie insalubri di cui al decreto ministeriale previsto dall’art 216 t.u. leggi sanitarie.

La norma, pertanto, impone lo stretto mantenimento dell’attività insalubre esercitata ovvero una sua modificazione nel senso di eliminare l’insalubrità. Per converso è vietato qualsiasi mutamento dell’attività che non produca l’effetto di eliminare gli aspetti di insalubrità dell’industria.

Da qui la previsione di divieto di qualsiasi mutamento delle sostanze chimiche, dei prodotti, dei materiali e dell’attività ove queste siano previste dall’elenco ministeriale previsto dall’art. 216 delle leggi sanitarie

L’art. 216 t.u. leggi sanitarie stabilisce: “Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi. La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni;
la seconda quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato. Questo elenco, compilato dal consiglio superiore di sanità, è approvato dal Ministro per l'interno, sentito il Ministro per le corporazioni, e serve di norma per l'esecuzione delle presenti disposizioni. Le stesse norme stabilite per la formazione dell'elenco sono seguite per iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura che posteriormente sia riconosciuta insalubre. Una industria o manifattura la quale sia inscritta nella prima classe, può essere permessa nell'abitato, quante volte l'industriale che l'esercita provi che, per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato. Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al podestà, il quale, quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può vietarne l'attivazione o subordinarla a determinate cautele. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da lire 40.000 a lire 400.000”.

In applicazione della norma di cui sopra è stato emanato da ultimo il d.m. 5 settembre 1994.

Nell’ambito dell’elenco contenuto in tale decreto sono ricomprese le sostanze chimiche oggetto del provvedimento impugnato.

Ne consegue che la modificazione richiesta dalla ricorrente era vietata dalle norme urbanistiche.

Premesso quanto sopra i motivi di ricorso si appalesano infondati.

Con il primo motivo si deduce: violazione dell’art. 216 r.d. 27.7.1934 n. 1265 e dell’art. 45, comma 11, d.lgs. 11 maggio 1999 n. 152 e s.m.i., eccesso di potere per falsità di presupposto, perplessità, illogicità, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, sviamento di potere, in quanto erroneamente il Comune ha ritenuto l’attività svolta dalla ricorrente quale attività considerata ad esaurimento o riconversione in quanto considerata insalubre di I classe ex art. 216 del t.u. leggi sanitarie. In realtà, pur essendo l’ALSO una industria insalubre di I Classe nondimeno tale caratteristica non la renderebbe di per sé ad esaurimento o riconversione come ritenuto dal Comune.

Il motivo è infondato.

L’art. 20, comma terzo, delle n.t.a. del p.r.g. di Campomorone considera le industrie insalubri di prima classe, come quella della ricorrente, come non ammissibili.

Il successivo art. 20.3, comma primo, delle n.t.a. del p.r.g. di Campomorone qualifica poi tali industrie come ad esaurimento. Non è quindi censurabile il provvedimento comunale nella parte in cui ha ritenuto ad esaurimento l’industria della ricorrente.

Con il secondo motivo si deduce: violazione degli artt. 7 e s. l.u. 17.8.1942 n. 1150, 24 e ss. l.r.

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