TAR Genova, sez. I, sentenza 2014-12-05, n. 201401814

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2014-12-05, n. 201401814
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201401814
Data del deposito : 5 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00510/2014 REG.RIC.

N. 01814/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00510/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 510 del 2014, proposto da:
G C, rappresentato e difeso dagli avv. A M, D G, con domicilio eletto presso D G in Genova, via Bartolomeo Bosco 31/4;
L C, P C, Istituto Diocesano Per il Sostentamento del Clero (I.D.S.C.) in Persona del Presidente C F e I O, O I, rappresentati e difesi dagli avv. D G, A M, con domicilio eletto presso D G in Genova, via Bartolomeo Bosco 31/4;

contro

Comune di Ortonovo, in nome del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. G G, con domicilio eletto presso G G in Genova, via Roma 11/1;
Regione Liguria, Provincia della Spezia;

nei confronti di

Massimo Marcesini, Giancarlo Scapazzoni;

per l'annullamento

delibera n. 8/2014 avente ad oggetto variante al p.u.c. del comune di Ortonovo relativa ai distretti di trasformazione e alle unità di intervento non attuati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ortonovo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2014 il dott. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti, proprietari di compendio immobiliare classificato dal PUC come distretto di trasformazione D1 - Camporeggio, hanno impugnato la delibera avente ad oggetto l’adozione della variante al p.u.c. del comune di Ortonovo relativa ai distretti di trasformazione e alle unità di intervento non attuati.

Cumulativamente hanno proposto azione di risarcimento danni.

Dopo avere descritto in narrativa l’iter diacronico del procedimento promosso a iniziativa privata snodatosi dalla presentazione dello strumento urbanistico attuativo (nell’acronimo: PUO), mediato dall’integrazione documentale e tecnica richiesta dal comune, ed infine nel deposito del progetto di PUO modificato e integrato, hanno dedotto i seguenti motivi d’impugnazione:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. 17 agosto 1942 n. 1150 e dell’art. 29 l.r. 4 settembre 1997 n. 36. Eccesso di potere.

La variante impugnata non terrebbe affatto conto della vocazione residenziale delle aree ricomprese nel distretto di trasformazione D1 sì da pregiudicare ingiustificatamente l’edificabilità di esse.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. 17 agosto 1942 n. 1150 e dell’art. 29 l.r. 4 settembre 1997 n. 36. Eccesso di potere.

La variante contrasterebbe con la programmazione delle attività edilizie e d’espansione del territorio urbano come prevista dal PUC, rendendo di fatto inutilizzabili le aree di proprietà.

Violazione degli artt. 1 e 2 l. 241/90. Eccesso di potere sotto vari profili.

Il comportamento dilatorio tenuto dall’amministrazione comunale nella definizione del procedimento di approvazione del PUO si sarebbe riflesso in danno dei ricorrenti in forza della sopravvenuta adozione della variante impugnata, ostativa alla realizzazione degli interventi programmati.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. 17 agosto 1942 n. 1150 e dell’art. 29 e 44 l.r. 4 settembre 1997 n. 36. Violazione dell’art. 7 l. 241/90. Eccesso di potere.

La variante sarebbe illegittima in quanto non avrebbe tenuto conto della legittima aspettativa maturata in capo ai ricorrenti sull’edificabilità del distretto.

Inoltre sarebbe inficiata da vizi formali stante la mancata comunicazione d’avvio del procedimento di adozione.

Violazione dell’art. 78 d.lgs. 267/2001

La deliberazione impugnata sarebbe stata assunta con la partecipazione di soggetti che beneficerebbero degli effetti della variante in quanto portatori di interessi economici propri: la mancata astensione inficerebbe la legittimità della variante.

Il comune di Ortonovo si è costituito instando per l’inammissibilità e infondatezza del gravame.

Alla pubblica udienza del 30.10.2014 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

È impugnata dai ricorrenti proprietari delle aree site nel distretto di trasformazione D1 – Camporeggio la delibera d’adozione della variante al p.u.c. del comune di Ortonovo relativa ai distretti di trasformazione e alle unità di intervento non attuati.

Tre sono gli ordini di censura sottesi ai motivi d’impugnazione: sotto il profilo formale, la variante sarebbe affetta da vizi quali l’omesso contraddittorio nel procedimento e la partecipazione alla seduta consiliare di adozione di soggetti che avrebbero dovuto astenersi;
sotto il profilo sostanziale, la variante pregiudicherebbe, senza motivazione alcuna, le linee di sviluppo del territorio comunale come previste e programmate dal PUC;
infine, con specifico riguardo alla posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio, sarebbe compromesso il legittimo affidamento alla realizzazione degli interventi previsti nel PUO, che solo per il comportamento dilatorio del comune non è stato approvato prima dell’adozione della variante.

Le censure sono infondate.

Preliminare è la qualificazione giuridica della variante urbanistica impugnata. Come testualmente affermato nella delibera d’adozione con essa si intende conseguire la “…Riduzione dell’edificazione residenziale complessivamente consentita nei distretti e nelle unità d’intervento al fine di mantenere il maggiore quantitativo possibile di aree non impermeabilizzate, salvaguardandone l’immagine paesaggistica d’insieme e la funzione di tutela del territorio in termini di compensazione ambientale ed ecologica”.

La tutela idrogeologica ed ambientale del territorio compromesso da frequenti e devastanti eventi alluvionali, e la (già programmata) messa in sicurezza degli argini e dell’alveo del Torrente Parmignola che lo attraversa, è il dichiarato obiettivo perseguito con la nuova pianificazione.

La variante pertanto rientra nel genus della c.d. variante generale, ossia relativa a parti omogenee ed indifferenziate del territorio (i distretti e le unità d’intervento) dettata per finalità di tutela ambientale.

Vale a dire che essa si colloca nel solco degli strumenti urbanistici previsti dalla legge per il recupero, la salvaguardia e lo sviluppo sostenibile del territorio (cfr. rispettivamente l. 493/93;
d.m. 21 dicembre 1994 e d.m. 8 ottobre 1990).

Sicché, oltre a trovare riferimento normativo sì da rispettare il principio di legalità che informa gli strumenti urbanistici conformativi, l’obiettivo avuto di mira legittima ex se la valutazione discrezionale sottesa alle opzioni urbanistiche contenute nella variante.

Che, va sottolineato, non esautora affatto l’edificabilità delle aree dei ricorrenti, bensì, abbassando l’indice fondiario da 0,27 mq./mq. a 0,20 mq./mq., la riduce per le nuove costruzioni.

In definitiva il Comune, con la variante impugnata, ha bilanciato gli opposti interessi, limitando, ma non sopprimendo l’edificabilità, in favore della salvaguardia ambientale e dell’assetto idrogeologico del territorio.

In questa cornice giuridica vanno scrutinate le censure dedotte dai ricorrenti.

Nell’ordine.

Costituisce ius receptum , cui va data continuità, che la variante (del c.d. tipo generale), in quanto atto generale e normativo, non individuandosi ex ante alcun diretto destinatario di cui è parola all’art. 7 l. 241/90, non è subordinata alla comunicazione d’avvio del procedimento. E, in aggiunta, è affrancata ai sensi dell’art. 13 l. 241/90 dal dovere di motivazione.

La salvaguardia ambientale perseguita si pone inoltre in linea di coerente continuità con la programmazione degli altri interventi sul territorio tanto che la variante è il portato del necessario ed ineludibile adeguamento della pianificazione urbanistica alla sopravvenute esigenze di tutela idrogeologica.

Il fatto poi che incida su precedenti destinazioni urbanistiche è l’effetto naturale della nuova pianificazione che non incontra alcun limite nella c.d. aspettativa (di fatto) nutrita da coloro i quali, secondo la disciplina urbanistica preesistente, avrebbero potuto realizzare determinati interventi edilizi.

È dirimente a riguardo sottolineare che i ricorrenti hanno presentato un piano attuativo di iniziativa privata mai approvato. E che solo il conseguimento del titolo edilizio comporta la (temporanea) inopponibilità di eventuali sopravvenute contrastanti previsioni urbanistiche.

Venendo ad altra specifica censura, la tempistica di definizione del procedimento d’approvazione del PUO, come palesata in atti, evidenzia che nella prima fase d’esame (gennaio 2012) del progetto, la Commissione edilizia aveva lamentato l’assenza della documentazione tecnica necessaria per l’approvazione, rilevando nella seduta successiva, deputata all’esame delle integrazioni fornite dai ricorrenti, del 7 agosto 2012, ben tredici elementi di criticità ostativi.

La progettazione, passata al vaglio nel maggio del 2013, non aveva recepito la prescrizione (specificamente impartita dall’amministrazione) di concentrare le tipologie degli edifici sì da “ridurre le superfici coperte”.

Solo in coincidenza con l’adozione della variante (lo stesso giorno della delibera impugnata) è stato protocollato l’elaborato che recepisce la prescrizione.

L’ excursus del procedimento accredita la conclusione che nessuna ritardo nella definizione del procedimento d’approvazione del PUO è imputabile al Comune e che, in soprannumero, non è maturato alcun legittimo affidamento in capo ai ricorrenti ostativo all’adozione della nuova disciplina urbanistica.

Da ultimo sulla censura relativa alla violazione del dovere d’astensione.

Dagli atti depositati in giudizio non emerge l’interesse proprio di coloro – nominativamente indicati dai ricorrenti – i quali hanno partecipato alla delibera consiliare d’adozione della variante impugnata.

L’uno è assessore e non consigliere. L’altro non è proprietario di immobile ricompreso nelle zone interessate dalla variante. Sicché non v’è correlazione alcuna, tanto meno – secondo l’aggettivazione coniata dalla giurisprudenza – immediata e diretta, fra contenuto della deliberazione e specifico interesse proprio dell’amministratore che impone(va) il dovere d’astensione.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

Sussistono giustificati motivi per compensare le spese di lite individuabili nella concreta consistenza (ancorché di fatto e non di diritto) della posizione soggettiva dedotta in giudizio dai ricorrenti che li ha indotti a promuovere il gravame.





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