TAR Catania, sez. IV, sentenza 2022-09-13, n. 202202386
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Testo completo
Pubblicato il 13/09/2022
N. 02386/2022 REG.PROV.COLL.
N. 02546/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2546 del 2010, proposto da
P Sc a rl in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati T M, G R, con domicilio eletto presso lo studio T M in Catania, via V.E.Orlando,56;
contro
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento dell’11 giugno 2010, con il quale la Commissione Provinciale della Cassa Integrazione Guadagni della sede di Enna dell'Inps ha disposto una nuova revoca della autorizzazione alla CIGO concessa alla società ricorrente nel 1993;
- di ogni altro provvedimento o atto ad esso presupposto, inerente, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2022 la dott.ssa Giuseppa Leggio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società ricorrente riferisce di essere stata costituita per l’esecuzione dell’appalto per la realizzazione dell’opera pubblica di grandi dimensioni denominata “Invaso P” sul fiume Margherito in agro di Aidone, i cui lavori furono consegnati dalla stazione appaltante in data 16.2.1989 con scadenza per l’ultimazione pattuita inizialmente in 48 mesi successivi alla consegna, poi prorogati in 51 mesi, e quindi fissata al 31.5.1993.
A seguito del terremoto del 13.12.1990, che colpì la zona dei lavori con una scossa del 7° grado della scala Mercalli, il Servizio nazionale dighe, prima con nota n. 108 del 30.1.1991, e successivamente con nota del 22.03.1993, richiese integrazioni del progetto per il consolidamento e la messa in sicurezza dei versanti della diga danneggiati dal sisma.
Nelle more dell’approvazione dei lavori la ricorrente manifestò la necessità di sospendere i lavori e la sospensione venne formalizzata dal Direttore dei Lavori a far data dal 19.5.1993, per motivi tecnici collegati all’attesa dell’approvazione delle opere. In data 25.6.1993, la ricorrente presentava all’INPS di Enna domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale ordinaria per il trimestre 19 maggio – 13 agosto per il personale con la qualifica operaia e impiegatizia, allegando a sostegno il verbale della riunione tenutasi presso la Prefettura di Enna il 18 e il 27 maggio 1993 per l’esame delle problematiche riguardanti la prosecuzione dei lavori e la situazione occupazionale delle maestranze.
In data 8 settembre 1993 l’INPS autorizzava il pagamento dell’integrazione salariale relativa al periodo 19 maggio – 13 agosto 1993 per il personale sospeso dal lavoro, ma con provvedimento del 31 marzo 2000 il Comitato provinciale INPS revocava il beneficio, sull’assunto che la causa che aveva determinato la sospensione dell’attività era attinente ai rapporti tra il committente e la ditta e che fosse mancante nella fattispecie il requisito della temporaneità della sospensione stessa, atteso che “ non può considerarsi congrua una ripresa di attività limitata come quella verificatasi e senza aver riammesso tutte le maestranze interessate alla sospensione ”.
La società proponeva ricorso gerarchico avverso tale provvedimento e a seguito della formazione del silenzio rigetto proponeva ricorso davanti al Tribunale di Enna - Giudice del Lavoro, chiedendo l’annullamento del provvedimento di revoca dell’originaria autorizzazione CIGO. Con sentenza n. 95/2002 il Tribunale di Enna dichiarava il difetto di giurisdizione e in esito a ricorso in Cassazione sulla questione di giurisdizione, con sentenza n. 310/2007 la causa veniva rimessa al giudice del lavoro per la decisione delle questioni contributive proposte.
Con provvedimento del 24.02.2004 il Comitato INPS respingeva il ricorso gerarchico, confermando le motivazioni del provvedimento di annullamento delle autorizzazioni CIGO.
Con sentenza n. 1470 del 24 settembre 2007, questo Tribunale accoglieva il ricorso proposto dalla società P avverso il provvedimento del 24.02.2004 del Comitato INPS, e con sentenza n. 1705 del 18 novembre 2009 il CGARS respingeva l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza di primo grado.
Con il provvedimento in questa sede impugnato l’INPS, a seguito della sentenza n. 1705/2009 del CGARS e previo annullamento della revoca del 31.02.2000, ha disposto una nuova revoca della autorizzazione alla CIGO concessa alla società ricorrente nel 1993, motivata sulla mancanza di prevedibile temporaneità della sospensione dei lavori e sulla impossibilità di ripresa a breve dei lavori per mancanza di mezzi finanziari.
La ricorrente società consortile P ha dedotto i seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990, eccesso di potere per errato esercizio del potere di annullamento in autotutela e per omessa motivazione: mancherebbero nella fattispecie i presupposti per l’esercizio dell’autotutela, sia sotto il profilo della mancata comparazione degli interessi in gioco, sia sotto il profilo della mancanza del termine ragionevole per l’adozione della revoca, intervenuta a distanza di ben 17 anni dalla concessione della CIGO;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 8 L. n. 241/1990, della l. n. 77/1963 e della l. n. 427/1975, dell’art. 10 della l. n. 223/1991, delle delibere CIPI del 25.03.1992 e del 19.10.1993, eccesso di potere per omessa, illogica e insufficiente motivazione, carenza di istruttoria e travisamento dei fatti : la ricorrente ha lamentato la mancata comunicazione di avvio del procedimento di revoca, nonché la carenza di istruttoria e di motivazione, quest’ultima anche sotto il profilo della mancata considerazione che all’epoca dei fatti l’INPS aveva ricondotto la sospensione dei lavori alla disposizione di cui all’art. 10 della L. n. 223 del 1991, che disciplina un’ipotesi speciale di intervento CIGO nel settore dell’edilizia per la realizzazione di opere pubbliche di grandi dimensioni, con riferimento ad eventi non imputabili al datore di lavoro o al lavoratore (connessi al mancato rispetto dei termini previsti nei contratti di appalto, alle varianti di carattere necessario apportate ai progetti originari delle predette opere, nonché ai provvedimenti dell'autorità giudiziaria emanati ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni ed integrazioni). La ricorrente ha contestato le motivazioni poste a fondamento dell’impugnata revoca, rilevando la carenza di un’istruttoria atta a dimostrare l’impossibilità della ripresa dei lavori, che fu invece ritenuta possibile all’esito dell’istruttoria condotta all’epoca dei fatti;
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. n. 241/1990, eccesso di potere per omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione, sviamento di potere e violazione del giudicato: l’INPS non avrebbe tenuto conto di quanto accertato nel giudizio amministrativo che ha avuto ad oggetto la decisione negativa sul ricorso gerarchico presentato avverso il primo provvedimento di revoca della CIGO concessa nel 1993, riproponendo le medesime argomentazioni già disattese nelle sentenze n. 1470/2007 di questo TAR e n. 1705/2009 del CGARS.
L’INPS non si è costituito in giudizio.
In vista dell’odierna udienza pubblica di trattazione del merito del ricorso, la società ricorrente ha depositato memoria con la quale ha ribadito le proprie difese.
All’udienza pubblica del 12 maggio 2022 la causa è passata in decisione.
Il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo del difetto di istruttoria e motivazione.
L’INPS, pur dichiarando nell’impugnato provvedimento di voler emendare l’originario provvedimento di revoca da quei vizi che nel giudizio amministrativo innanzi a questo TAR e al CGARS hanno condotto all’annullamento della decisione sul ricorso gerarchico avverso la revoca del 31 marzo 2000, in realtà ripropone le medesime motivazioni già disattese in primo e secondo grado dal TAR e dal CGARS, in quanto il nuovo provvedimento di revoca è ancora una volta motivato con riferimento alla mancanza di prevedibile temporaneità della sospensione dei lavori e all’impossibilità di ripresa a breve degli stessi per mancanza di mezzi finanziari.
Quanto alla prima delle motivazioni in questa sede riproposte, l’INPS ha ricostruito il quadro normativo applicabile alla fattispecie, e ribadito che l’astratta prevedibilità della ripresa dei lavori a breve termine in caso di sospensione degli stessi, è presupposto indefettibile per la concessione del trattamento di integrazione salariale anche per lo specifico settore edile di inquadramento della P (realizzazione di opere pubbliche di grandi dimensioni), riconducibile alla disposizione di cui all’art. 10 L. n. 223/1991 ( eventi non imputabili al datore di lavoro o al lavoratore);ha quindi sostenuto che la “ natura dei motivi del fermo imposto ai lavori dal cedimento strutturale dell’opera, per la gravità della situazione venutasi a creare e le rigide prescrizioni vincolative imposte dall’Autorità preposta alla sicurezza dell’invaso ” rendeva fin da subito evidente che “ giammai si sarebbe avuta una sospensione soltanto temporanea e di breve durata dei lavori ”, per la necessità di interventi di lunga durata per consentire la messa in sicurezza dell’opera pubblica ed il conseguente ripristino dell’attività lavorativa delle maestranze. E pertanto, ad avviso dell’amministrazione, il “ successivo e definitivo fermo dei lavori ha confermato (seppure in modo postumo) la fondatezza del giudizio prognostico emesso a fondamento del provvedimento di revoca ”.
Tanto ha ritenuto l’INPS, all’esito di una “ più accorta valutazione della situazione di fatto esistente al momento della sospensione dei lavori ”, che se pure compiuta successivamente “ nulla ha a che fare con eventi sopravvenuti” .
Si tratta di affermazioni e conclusioni che ripropongono, senza il compimento di alcuna ulteriore attività istruttoria, la stessa motivazione che ha condotto all’annullamento dei precedenti provvedimenti dell’Inps nel giudizio amministrativo più volte richiamato.
E’ sufficiente ripercorrere la motivazione della sentenza del CGARS n. 1705/2009, in ottemperanza alla quale l’INPS ha dichiarato di avere adottato il nuovo provvedimento di revoca, per accorgersi che la motivazione della revoca è la stessa, addirittura formulata con le stesse parole (si legge a pag. 9 della citata sentenza che “ l'Istituto appellante - richiamando l'univoca giurisprudenza di legittimità formatasi sull'art. 10 della legge n. 223/91 (…) ha rilevato che la stessa società P, già nella domanda amministrativa, non avrebbe rappresentato concrete previsioni di ripresa a causa del fermo imposto al cantiere dal cedimento strutturale dell'opera, dalla gravità della situazione venutasi a creare e dalle rigide prescrizioni vincolistiche imposte dall'Autorità preposta alla sicurezza dell'invaso ”).
La medesima sentenza inoltre, dopo aver affermato, quanto alla sospensione dei lavori, che “ non pare possano esservi dubbi sul fatto che essa, a seguito dell'evento sismico del 13/12/90, venne formalizzata dal Direttore dei Lavori, con decorrenza dal 19/5/93, per motivi tecnici connessi all'attesa dell'approvazione delle opere ”, ed ancora che tale necessità di sospendere i lavori era chiaramente evincibile sia dai verbali redatti presso la Prefettura di Enna alla presenza di tutte le parti interessate, compreso il rappresentante dell'INPS, sia “ dal carteggio intercorso con i competenti uffici dello stesso Ministero dei Lavori Pubblici, che autonomamente ritennero sussistere i presupposti per una tale decisione ”, afferma quanto segue in merito alla censura sollevata dall'INPS sulle prospettive di ripresa dei lavori: “ il Collegio, ribadito il principio in base al quale l'esistenza di concrete possibilità di ripresa dell'attività non è da valutare ex post bensì ex ante, ritiene che la difesa dell'INPS non abbia in alcun modo dimostrato né la sussistenza delle causali impeditive di concessione della C.I.G.O., di cui all'art. 10 della legge n. 223/91, né che la complessità della situazione venutasi a creare a seguito dell'evento sismico (insufficiente di per sé a legittimare un provvedimento, non solo di revoca, ma neppure di diniego) facesse prevedere l'inesistenza di prospettive di una ripresa dei lavori.
La ripresa dei lavori, invece, era all'epoca da considerare prevedibile, come d'altronde lo stesso Istituto aveva valutato con la concessione della prima autorizzazione, tra l'altro rimasta in vigore per ben sette anni.
Infatti, dalla stessa documentazione agli atti si evince sempre e solamente l'attestazione di una "sospensione" dei lavori, con ciò volendo significare la prevedibile ripresa degli stessi a breve termine. ”.
L’INPS non ha dunque fornito, nel nuovo provvedimento di revoca, elementi nuovi o diversi da quelli posti a fondamento dell’originaria motivazione di revoca della CIGO già censurata in sede giurisdizionale.
L’ulteriore elemento addotto a giustificazione della revoca, vale a dire l’impossibilità di una ripresa a breve per mancanza di mezzi finanziari in capo alla ricorrente, costituisce, nella prospettazione dell’INPS, elemento rafforzativo dell’unica motivazione costituita dalla impossibilità di una ripresa a breve dei lavori, in quanto dimostrerebbe l’impossibilità di ripresa dei lavori anche se venissero superate le difficoltà di carattere tecnico, stante l’asserita situazione di insolvenza della P.
Si tratta, in realtà, di un elemento inconferente, in quanto strettamente collegato alla sospensione dei lavori per motivi tecnici, tenuto conto che con la ripresa dei lavori la committenza pubblica avrebbe ripreso e proseguito nel finanziamento per la realizzazione dell’opera.
Già nel giudizio amministrativo più volte richiamato, l’insolvibilità dell'azienda era stata collegata causalmente “ ai problemi economici sofferti a causa dei ritardi nei pagamenti da parte della committenza pubblica ” ( cfr. TAR Catania, sez. II, n. 1470/2007 e CGARS n. 1705/2009 già citate).
Ne consegue l’illegittimità della motivazione fondata sugli stessi presupposti già disattesi nel giudizio amministrativo conclusosi con la sentenza n. 1705/2009 del CGARS.
Il ricorso pertanto, assorbite le ulteriori censure dedotte, deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Le spese devono dichiararsi irripetibili per la mancata costituzione in giudizio dell’INPS.