TAR Ancona, sez. I, sentenza 2015-11-06, n. 201500798

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2015-11-06, n. 201500798
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201500798
Data del deposito : 6 novembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00548/2011 REG.RIC.

N. 00798/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00548/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 548 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
L R in proprio e quale erede di A M R e procuratore di M A R, rappresentato e difeso dagli avv. E F, I F, con domicilio eletto presso Avv. Antonio Di Stasi in Ancona, Via degli Orefici, 5;

contro

Comune di Maltignano, rappresentato e difeso dall'avv. M O, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24;

per la condanna del Comune di Maltignano:

- al risarcimento del danno conseguente all’inadempimento della transazione approvata con delibera del 16 giugno 1989 nella misura determinata dal consulente tecnico d’ufficio nella relazione della 30 settembre 2000 nella causa presso il Tribunale di Ascoli Piceno o in subordine al pagamento, a titolo d’indennizzo ex articolo 2041 del codice civile della somma stabilita dal Tribunale di Ascoli Piceno con la sentenza n.6 del 10 gennaio 2002;

Con motivi aggiunti depositati l’11 febbraio 2015, per la condanna:

- alla restituzione, previa riduzione in pristino, dei fondi concessi in uso al Comune e medio tempore irreversibilmente trasformati, in particolare:

- porzione della p.11a 50, fl. 8, partita n. 946, sita nel Comune di Maltignano, di circa 936 mq., concessa in uso al Comune con la dichiarazione del 25.7.1989;

- porzione della p.11a 50, fl. 8, partita n. 946, sita nel Comune di Maltignano, di circa 60 mq., concessa in uso al Comune con la dichiarazione del 4.11.1989, ivi contrassegnata come "area n. 2";

- porzione della p.11a 50, fl. 8, partita n. 946, sita nel Comune di Maltignano, di circa 130 mq., concessa in uso al Comune con la dichiarazione del 4.11.1989, ivi contrassegnata come "area edificabile fabbricato "p";

- porzione della p.11a 50, fl. 8, partita n. 946, e p.11a 51, fl. 8, partita n. 946, site nel Comune di Maltignano, concessa in uso al Comune con la dichiarazione del 4.11.1989 in vista della cessione di aree per standards per la lottizzazione B3 e C3, limitatamente alla superficie di 6224 mq. corrispondenti agli standards per la lottizzazione C3 mai approvata e realizzata;

o, in subordine, anche per la condanna

- del Comune al risarcimento del danno per l'espropriazione sostanziale dei. suddetti fondi, pari al valore dei fondi.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Maltignano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il dott. G R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti, fratelli titolari di terreni nel comune di Maltignano avevano proposto una serie di ricorsi innanzi a questo Tar per contestare la legittimità della localizzazione di opere pubbliche e degli espropri che riguardavano fondi di loro proprietà, siti nel Comune di Maltignano e ricompresi nel perimetro dei piani di lottizzazione per le zone B3 e C3.

I Rosati e il Comune decidevano di concludere il contenzioso con una transazione, presentata dai Rosati il 6.6.1989 e approvata dal Consiglio Comunale di Maltignano con delibera n. 61 del 16.6.1989. Con questa transazione i Rosati si impegnavano a rinunciare ai ricorsi pendenti contro i procedimenti espropriativi e il Comune a revocare i relativi provvedimenti. I Rosati si impegnavano a concedere immediatamente in uso quei terreni, mentre il Comune si impegnava ad approvare due piani di lottizzazione per la zone B3 (intervento edilizio di 3.501 mc.) e C3 (intervento edilizio di 52.600 mc.), su proposta dei Rosati (quest’ultima, per la presenza di un vincolo, richiedeva l’approvazione regionale).

I Rosati concedevano in uso al Comune una porzione di suolo con dichiarazione del 25.7.1989, per poi cedere il resto con dichiarazione del 4.11.1989.

Afferma parte ricorrente che sui suoli concessi in uso il 25.7.1989 e il 4.11.1989 il Comune realizzava una scuola media e una palestra e adibiva la restante parte dei suoli a verde pubblico, mentre i Rosati ottenevano l'approvazione del piano di lottizzazione B3 (per 3.501 mc) ma non quella del piano di lottizzazione C3 (per 52.600 mc.). A detta dei ricorrenti, con eccezione dei suoli destinati a standards per la lottizzazione B3 e pari a 1293 mq., gli altri suoli, pari a 7.519 mq concessi con la dichiarazione del 4.11.1989 e a 936 mq concessi con la dichiarazione del 25.7.1989 (come meglio individuati nell'epigrafe dei motivi aggiunti), sarebbero stati irreversibilmente trasformati dal Comune, senza acquisirne la proprietà e senza remunerarne la perdita.

I ricorrenti citavano il Comune di fronte al Tribunale Civile di Ascoli Piceno, chiedendo l’accertamento del suo inadempimento all’accordo e il relativo risarcimento danni. Il Tribunale accoglieva parzialmente il ricorso e, previa CTU, condannava il Comune al pagamento a favore dei ricorrenti dell’indennizzo ex art. 2041 c.c., per una somma complessiva di poco più di 2 miliardi di lire (sentenza 10.2.2002 n. 6). Con sentenza dell’8.11.2008 n. 643 tale decisione era riformata dalla Corte d’appello di Ancona, che accoglieva l’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione, a favore del giudice amministrativo. In particolare, la Corte d’Appello qualificava l’accordo tra i f R e il Comune come accordo al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale di provvedimento ex articolo 11 comma 1 legge 241/1990 e non come transazione, quindi sottoposto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del comma 5 del medesimo articolo. La Corte di Cassazione, con sentenza delle sezioni unite civili n. 2546 del 3.5.2011 respingeva il ricorso dei f R (come nel presente ricorso R L in proprio e nella qualità di erede di R A M L ed il procuratore di R M A) confermando la giurisdizione del giudice amministrativo e condannando i ricorrenti al pagamento le spese processuali.

Il ricorso era quindi riassunto dinanzi al giudice amministrativo in data 13.5.2011, sempre con la richiesta di condanna del Comune di Maltignano al risarcimento dei danni per inadempimento dell’accordo o alla corresponsione dell’indennizzo ex articolo 2041 del codice civile.

In data 11 febbraio 2015, i ricorrenti depositavano motivi aggiunti, richiedendo la restituzione e la rimessione in pristino dei fondi illegittimamente occupati o la condanna del Comune al risarcimento del danno per l’espropriazione sostanziale.

Si costituiva il Comune di Maltignano deducendo, con dovizia di argomentazioni, l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti.

Alla pubblica udienza del 2 luglio 2015, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

1 Parte ricorrente ha formulato le domande contenute nel ricorso e nei motivi aggiunti in forma alternativa e/o subordinato. E’ quindi necessario, ancor prima di pronunciarsi sulle eccezioni preliminari, un inquadramento dal punto di vista dei fatti e della normativa applicabile nella fattispecie all’esame del tribunale per poi trattare le eccezioni preliminari presentate nei confronti della domanda ritenuta scrutinabile. A parere del Collegio, per principi da considerarsi ormai consolidati nella giurisprudenza amministrativa, nel caso in esame non è presente un titolo valido per il trasferimento della proprietà dai ricorrenti al Comune di Maltignano. Ciò perché, pacificamente, non si sono realizzate le condizioni previste dall’accordo del 16 giugno 1989, che subordinavano la conclusione dell’accordo all’approvazione della lottizzazione C3, che in realtà il Comune ha cercato di approvare ma che è stata bocciata dall’autorità preposte al controllo sui vincoli ambientali. Non ha rilevanza la trasformazione ad uso pubblico dei suoli privati e neanche la cessione del possesso dei suoli al Comune, effettuata in attesa della conclusione dell’accordo e subordinata, per quanto riguarda la cessione definitiva dei suoli, all’adempimento di quanto stabilito dal medesimo. Difatti l’accordo approvato il 16.6.1989 disciplina solamente le modalità dell’immissione in possesso dei terreni da parte del comune e dell’abbandono dei ricorsi al Tar da parte degli odierni ricorrenti, senza pronunciarsi sulla proprietà. Su ciò si pronuncia esplicitamente la dichiarazione del 25.7.2009 firmata dai ricorrenti e da un rappresentante del Comune, sulla base della quale il Comune è stato immesso in possesso di parte dei terreni. Tale dichiarazione prevede che la proprietà dei terreni sia trasferita successivamente in base a quanto previsto dall’accordo. Appare quindi evidente, pur non essendo presente una previsione esplicita dell’accordo, che il trasferimento della proprietà delle aree fosse rimandato al verificarsi di tutte le condizioni previste dall’accordo. Ne consegue che, allo stato attuale, non vi sono quindi strumenti giuridici per considerare trasferita la proprietà a favore del Comune. Difatti, per giurisprudenza ormai costante, l’occupazione sine titulo , e ancor più, come nel caso in esame, la trasformazione di beni immobili appartenenti a privati è una situazione di fatto del tutto contrastante con quella di diritto, e l'Amministrazione, che non può restare inerte, dovendo tempestivamente adoperarsi per ripristinare una situazione di legalità, atteso che essa ha dinanzi a sé una alternativa: o restituisce i terreni ai titolari, demolendo quanto realizzato e disponendo la completa riduzione in pristino allo status quo ante, oppure si attiva per costituire un legittimo titolo di acquisto dell'area (CdS sez. IV 25.5.2015 n. 2591). In particolare, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 293 dell'8.10.2010 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 43 del DPR n. 327, deve considerarsi estranea al nostro ordinamento ogni forma di c.d. "espropriazione sostanziale", suscettibile di determinare un effetto traslativo della proprietà del bene inciso dal procedimento espropriativo, con la conseguenza che la realizzazione dell'opera pubblica sul fondo in assenza di esproprio non può surrogare un valido titolo di acquisto e non può, pertanto, determinare alcun trasferimento della proprietà (CdS Sez. IV, 29.10.2011, n. 4833, 28.1.2011, n. 676).

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi