TAR Bari, sez. II, sentenza 2020-02-18, n. 202000275
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Pubblicato il 18/02/2020
N. 00275/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00261/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOE DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 261 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla impresa individuale della signora -OSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati M V e F E L, con domicilio eletto in Bari alla via P. Fiore n. 14 presso lo studio dell’avv. F L e con domicili digitali come da P.E.C. iscritte al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
contro
- Ministero dell’Interno, U.T.G.-Prefettura di Foggia e Questura di Foggia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari alla via Melo n. 97;
- Comune di Manfredonia (FG), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. T S T, con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
- Comune di Mattinata (FG), non costituito in giudizio;
per l’annullamento
- del provvedimento n. -OSIS- del Prefetto di Foggia-Ufficio territoriale del Governo di informazione interdittiva antimafia, trasmessa con nota del -OSIS-;
- della determinazione del Comune di Mattinata del -OSIS- di esclusione della ditta -OSIS- dal nuovo elenco degli operatori economici idonei ad espletare i servizi cimiteriali di tumulazione ed estumulazione, ai sensi dell’art. 94 del D.Lgs. 159/2011.
e, per quanto possa occorrere, degli atti istruttori infraprocedimentali:
- della D.I.A. (Direzione investigativa antimafia) -Centro operativo di Bari n. -OSIS-;
- del Comando provinciale dei Carabinieri di Foggia n. -OSIS-;
- della Questura di Foggia n. -OSIS-;
- verbali delle riunioni del gruppo ispettivo antimafia del -OSIS-;
- del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Foggia n. -OSIS-.
Sui motivi aggiunti per l’annullamento:
- della determinazione dirigenziale n. 921 del 9.8.2019 del Comune di Manfredonia concernente la revoca delle autorizzazioni di agenzia funebre e di vendita articoli funerari;
- di ogni altro atto ai predetti connesso, presupposto ovvero consequenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e del Comune di Manfredonia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2019 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori avv. M V e avv. F E L, per la ricorrente, avv. dello Stato Lydia Fiandaca, per le amministrazioni statali, e avv. T S T, per il Comune;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso introduttivo depositato come previsto in rito, l’impresa individuale impugnava il provvedimento del Prefetto di Foggia n. -OSIS- d’informazione antimafia interdittiva, nonché la determinazione del Comune di Mattinata (FG) -OSIS- di esclusione dal nuovo elenco degli operatori economici idonei ad espletare i servizi cimiteriali di tumulazione ed estumulazione.
Venivano altresì impugnati gli atti istruttori interni, formati dalle Autorità di polizia.
In particolare, la ricorrente contestava la corretta applicazione della normativa in materia di prevenzione (art. 91, comma 6, del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159) e, comunque, lamentava l’eccesso di potere dell’Amministrazione per difetto d’istruttoria ed errore di fatto, violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità e per ingiustizia manifesta, dichiarando di essere in toto estranea a qualsivoglia coinvolgimento in fatti di criminalità organizzata.
Dall’asserita erronea applicazione della legislazione di prevenzione, veniva poi fatta derivare dalla ricorrente l’illegittimità del provvedimento (applicativo) di esclusione adottato dal Comune di Mattinata.
Si costituiva la Prefettura di Foggia, resistendo e producendo ampia documentazione a supporto.
Alla camera di consiglio del 2 aprile 2019, parte ricorrente, previa discussione, rinunciava all’istanza cautelare, con fissazione, ai sensi dell’art. 71, comma 5, del codice del processo amministrativo, dell’udienza di merito al 22 ottobre 2019.
Nelle more, con duplici ripetitivi atti d’impugnazione per motivi aggiunti, depositati entrambi in data 25 settembre 2019, a cura di diversi difensori (precedentemente incaricati e altri ex novo incaricati), l’impresa -OSIS- impugnava, altresì, la determinazione n. -OSIS- del Comune di Manfredonia (FG), di revoca delle autorizzazioni di agenzia funebre e di vendita di articoli funerari, nonché gli atti connessi.
Indi, in data 17 ottobre 2019, i primi difensori incaricati (prof. avv. Enrico Follieri e avv. Ilde Follieri) depositavano nota di rinuncia al mandato.
Più specificamente, avverso il provvedimento restrittivo del Comune di Manfredonia venivano dedotti sia vizi derivati dall’illegittimità del provvedimento presupposto (informativa antimafia), sia vizi propri, costituiti dalla violazione degli artt. 67, 89- bis , 94 del d.lgs. 159/2011 e dall’eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto d’istruttoria, sviamento, erronea presupposizione in fatto e in diritto, travisamento, ingiustizia manifesta.
Si costituiva altresì il Comune di Manfredonia.
Le parti depositavano ampia documentazione e si scambiavano memorie e repliche.
Dopo il rinvio per garantire i termini a difesa, all’udienza del 19 novembre 2019 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso principale e i motivi aggiunti sono infondati.
1.- L’impresa individuale ricorrente è destinataria di provvedimento di “ informativa interdittiva antimafia ” emanato dalla Prefettura di Foggia, ampiamente motivato , a seguito di richiesta proveniente dalla Commissione straordinaria del Comune di Mattinata (FG).
1.1.- Il Consiglio comunale di Mattinata è stato sciolto con d.P.R. del 19 marzo 2018, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, in relazione alla procedura di gara per l’affidamento dei servizi cimiteriali nel comune stesso. L’impugnazione proposta è stata rigettata (T.A.R. Lazio, sez. I, 18 giugno 2019 n. 7937, non appellata), con conferma dell’esistenza di una grave compromissione della funzionalità dell’Ente locale, a causa della c.d. infiltrazione mafiosa.
1.2.- Del pari, il provvedimento del Tribunale di Foggia, sez. I civ., 17 aprile 2019 n. 1466 ha accolto il ricorso promosso dal Ministero dell’interno nei confronti di taluni amministratori, ai fini della dichiarazione d’incandidabilità degli stessi, ai sensi dell’art. 143, comma 11, del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, ponendo in rilievo la grave compromissione della corretta gestione del Comune predetto.
1.3.- Con l’atto introduttivo del giudizio si censura il provvedimento per violazione dell’art. 91, comma 6, del d.lgs 6 settembre 2011 n. 159 e per eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore di fatto, violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità, nonché per ingiustizia manifesta. È stata inoltre dedotta l’illegittimità in via derivata del provvedimento di esclusione disposto dal Comune di Mattinata.
Con i motivi aggiunti è stato impugnato il provvedimento sfavorevole del Comune di Manfredonia per vizi derivati consistenti nella violazione dell’art. 91, comma 6, del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 e per eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore di fatto, violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità e per ingiustizia manifesta. Inoltre, per vizi propri, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, per violazione degli artt. 67, 89- bis e 94 del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, per carenza di motivazione, difetto d’istruttoria, per sviamento, erronea presupposizione in fatto e in diritto, travisamento, ingiustizia manifesta.
2.- Onde procedere a vagliare i provvedimenti impugnati, il Collegio ritiene opportuno premettere le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza del Giudice di appello in ordine all’oggetto, alle finalità, alla regola di giudizio, agli effetti giuridici, agli interessi tutelati, nonché agli strumenti di garanzia, concernenti l’informazione interdittiva, dando atto peraltro di pronunce che presentano una diversa accentuazione degli elementi fattuali, emesse dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana (da ultimo: 18 febbraio 2019 n. 129;28 gennaio 2019 n. 66;9 luglio 2018 n. 385).
2.1.- L’interdittiva ha per oggetto la necessità di arginare il fenomeno criminale mafioso, mediante l’adozione di speciali misure di prevenzione.
Il pericolo dell’infiltrazione mafiosa si fonda sugli elementi fattuali previsti dal legislatore all’art. 84, comma 4, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, che disciplina taluni elementi vincolanti (tipizzati), c.d. delitti-spia, e prevede altri elementi a forma libera (non tipizzati), lasciati al prudente apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, ai sensi dell’art. 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011. Inoltre, ai sensi dell’art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159 del 2011, il prefetto estende gli accertamenti ai soggetti (collegati), che risultano poter determinare le scelte o gli indirizzi dell’impresa.
La giurisprudenza sottolinea che l’organizzazione della criminalità di stampo mafioso ha una struttura clanica , che si articola sul nucleo centrale di una famiglia (e propri sodali), quale compagine naturale composta da una pluralità di parenti e affini, che condividono in maniera solidaristica comuni valori e interessi economici (Cons. St., sez. III, 2 maggio 2019 n. 2855;Cons. St., sez. III, 20 settembre 2018 n. 5480).
Rappresenta una criminalità pervasiva dell’economia pubblica, che trova nell’ordinamento sia una risposta nella legislazione penale (art. 416- bis codice penale e altri reati), sia una speciale legislazione di misure di prevenzione (d.lgs 6 settembre 2011 n. 159 ).
Tant’è che, nei casi in cui assuma significato il rapporto di parentela, questo viene considerato come rilevante non già perché si desuma che il parente di un mafioso sia necessariamente anch’egli un mafioso, ma perché, in relazione alle circostanze concrete, il rapporto di parentela in se stesso riesce ad avere una pregnanza evocativa, laddove, nella genesi e/o nello svolgimento dell’attività, possa evincersi il pericolo di condizionamento mafioso, perlomeno di tipo soggiacente (Cons. St., sez. III, 2 maggio 2019 n. 2855).
In particolare, l’amministrazione può dare rilievo al rapporto di parentela, laddove tale rapporto, per la sua natura, com’è nel caso di prossimità del vincolo, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, o di verosimiglianza, che l’impresa abbia una conduzione familiare, alla quale non risultino estranei (di diritto o di fatto) i parenti dediti a traffici illeciti, ovvero che le decisioni sull’attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia, mediante il contatto col proprio congiunto (Cons. St., sez. III, 31 agosto 2016 n. 3754).
2.2.- La finalità dell’interdittiva è dunque quella della prevenzione da indebite ingerenze criminali nell’ ordine pubblico economico e, quindi, nella legalità dell’azione delle amministrazioni pubbliche, in particolare nell’ambito contrattuale e nelle concessioni di beni e di servizi.
Lo strumento dell’interdittiva non costituisce perciò una sanzione penale o penale-amministrativa, ma è una speciale misura amministrativa di prevenzione (Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019 n. 6105), ritenuta costituzionalmente legittima (da ultimo, Corte cost., sent. 24 febbraio 2010 n. 58).
Le informazioni antimafia hanno contenuto discrezionale, dirette ad attestare pericoli di infiltrazione nell’attività contrattuale oppure concessoria della P.A., da parte di organizzazioni mafiose. Il pericolo considerato è, per definizione, la probabilità di un evento, giammai la sua certezza (Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016 n. 1743;Cons. St., sez. V, 10 maggio 2018 n. 20826).
Gli eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e le tendenze di questi ad influenzare la gestione dell’impresa richiamati dall'art. 84, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, infatti, sono, all’evidenza, tutte nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzate a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non è necessariamente attuale, potendo essere solo potenziale, ossia consistere in un pericolo, purché desumibile da elementi di fatto oggettivi (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019 n. 759).
Tanto in quanto il pericolo, anche quello d’infiltrazione mafiosa, è per definizione la probabilità di un evento, per cui la funzione di “frontiera avanzata” dell’informazione interdittiva antimafia consente alle prefetture l’uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze anche atipici come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini (Cons. St., sez. III, 26 febbraio 2019 n. 1349).
Pertanto, la cd. interdittiva antimafia , per la sua natura cautelare di polizia (prevenzione), comporta la massima anticipazione della soglia di difesa sociale, a fini di tutela preventiva, per cui richiede solo una serie di indizi , in base ai quali sia possibile evincere un legame con organizzazioni mafiose o similari.
Il “collegamento” può essere: a) compiacente , quando il soggetto destinatario di interdittiva partecipa attivamente (o si teme che possa partecipare) alle attività criminali; b) soggiacente , quando si reputa che il soggetto destinatario di interdittiva partecipi passivamente (o si teme che possa partecipare), o ancora, per meglio dire, subisce l’influenza della criminalità, soprattutto quando vi sono stretti legami familiari (Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019 n. 6105;Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343).
Siffatta misura preventiva è volta a interdire, ossia a impedire, rapporti contrattuali e concessori tra la P.A. e imprese oppure società, anche formalmente estranee, ma, direttamente o indirettamente, comunque collegate con la criminalità organizzata.
Peraltro, nella concessione, il soggetto privato gestore di servizi o di beni pubblici assume la veste di longa manus dell’amministrazione, ossia di suo organo indiretto, per cui a maggior ragione rispetto alla semplice realizzazione di appalti pubblici, va impedito ogni rapporto, che ponga in contatto uffici pubblici con privati, non meritori di affidamento per il corretto svolgimento dei servizi o funzioni (Cons. St., sez. III, sentenza 9 ottobre 2018, n. 5784;Cons. St., sez. III, 9 maggio 2016 n. 1846).
2.3.- Preclusa (artt. 26 e 27 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054;artt. 3 e 7 legge 6 dicembre 1971 n. 1034;art. 7, commi 4 e 6, del codice del processo amministrativo) ogni valutazione nel merito della scelta discrezionale fatta dall’Amministrazione, la regola causale di giudizio , sulla base della quale vanno apprezzati gli elementi indizianti, è quella compendiata nella formula del “ più probabile che non ” tipica dei giudizi civili e dei provvedimenti di polizia, in sostanza consistente in un ragionevole convincimento sulla sussistenza del condizionamento mafioso (Cons. St., sez. III, 9 ottobre 2018 n. 5784).
Non trova applicazione la regola causale della formula “al di là del ragionevole dubbio” propria invece dei giudizi penali, ove si comminano pene afflittive della libertà personale (Cons. St., sez. III, 13 agosto 2018 n. 4938;Cons. St., sez. III, 14 settembre 2018 n. 5410;Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019 n. 758).
Con riferimento alle misure di prevenzione di qualsivoglia genere, possono essere utilizzati elementi di fatto indiziari tratti da indagini di polizia o da procedimenti penali, anche se non si siano conclusi con una condanna (Cass. pen., sez. V, 10 maggio 2018 n. 20826), pure se risalenti nel tempo (Cons. St., sez. III, 9 ottobre 2018 n. 5784), ma che, per la loro portata, siano comunque attualizzabili.
Nell’utilizzo di tale criterio di giudizio di tipo empirico-induttivo, esso ben può essere integrato da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali, qual è quello mafioso (Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343;26 aprile 2017 n. 1923;28 giugno 2017 n. 3173.
Il quadro indiziario va apprezzato non in modo atomistico-analitico, ma in modo unitario-sintetico (T.A.R. Campania, sez. I, 14 febbraio 2018 n. 1017;Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343), ossia deve trapelare, dal sistema degli elementi di fatto indiziari raccolti, l’indicazione del pericolo (non della certezza) dell’infiltrazione mafiosa, tale da dover mettere al riparo l’attività contrattuale e ancor più quella concessoria della pubblica amministrazione, da commistioni che finiscano per lederne la legalità, l’efficienza e l’efficacia (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019 n. 758).
2.4.- Gli effetti giuridici dell’interdittiva sono costituiti dalle restrizioni alla libertà di iniziativa economica, sub specie della capacità contrattuale con la pubblica amministrazione, anche in relazione alla concessione di beni o servizi pubblici (Cons. St., sez. III, 13 aprile 2018 n. 2231), in quanto determina una speciale incapacità ex lege (Cons. St., ad. plen., 6 aprile 2018 n. 3), peraltro provvisoria (art. 86 del d.lgs n. 159).
Non viene inibita l’attività economica in toto (incapacità assoluta), ma solo quella che si pone, anche in via mediata, in rapporto con la pubblica amministrazione (incapacità relativa), perché il pericolo fronteggiato è proprio quello del perturbamento del mercato pubblico (Cons. St., sez. III, 14 settembre 2018 n. 5410).
Per altro verso, va detto che anche la disciplina generale della contabilità pubblica assuma in sé il principio fondamentale secondo il quale i soggetti privati destinatari di concessioni o di appalti dallo Stato e dagli enti territoriali debbano, oltreché possedere una piena idoneità professionale , vieppiù manifestare una solida affidabilità , sì da assicurare, nell’interesse della collettività, l’ottimale fruizione del servizio o bene pubblico concesso, ovvero l’ottimale esito del pubblico appalto affidato.
3.- Occorre poi aggiungere che, al fine di contemperare le esigenze delle imprese colpite da interdittiva, il legislatore (legge 17 ottobre 2017 n. 161) ha previsto una sorta di “valvola di sicurezza” del sistema di prevenzione antimafia, costituito da una speciale forma di controllo giudiziario introducendo, nel d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, l’articolo 34- bis .
Viene così previsto che le imprese interessate da un’informazione interdittiva possano richiedere al Tribunale per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario, che, previa istruttoria e contraddittorio, accoglie la richiesta, ove ne ricorrano i presupposti, e, successivamente, può anche revocare il controllo giudiziario, oppure disporre altre misure di prevenzione patrimoniali.
Inoltre, ai sensi dell’art. 34- bis , comma 7, del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, il controllo giudiziario sospende gli effetti preclusivi di cui all’art. 94 dello stesso decreto. Il Consiglio di Stato ha ritenuto che, nel caso di nomina di un amministratore giudiziario, vada disposta la sospensione del giudizio proposto avverso l’interdittiva antimafia per tutto il periodo di validità della misura (sez. III, 10 luglio 2019 n. 4873).
Nel caso concreto, non v’è stata alcuna richiesta di ammissione al controllo giudiziario. Anzi, agli atti, v’è la pronuncia di rigetto dell’istanza di ammissione al controllo giudiziario del Tribunale di Bari, sez. III, in funzione di tribunale della prevenzione, del 3 luglio 2018 n. 1/19 A.C., riguardante altra società di cui è socio -OSIS-, nella motivazione della quale emergono i ruoli ricoperti dai -OSIS-, anche in epoca recente, e il loro inserimento nello “scenario criminale” del Gargano, che risulta in forte evoluzione e caratterizzato da una pluralità di gruppi criminali, basati essenzialmente su “vincoli familiari”.
4.- La fattispecie concreta al vaglio del Collegio concerne l’interdittiva, emanata con riguardo all’impresa individuale della signora -OSIS-, nativa di Mattinata (FG). L’impresa ha sede legale in -OSIS-, con unità locali sia in -OSIS-, quest’ultima però aperta a gennaio 1994 e chiusa in data 17 marzo 2011.
Essa – come da visura della Camera di commercio di Foggia – risulta autorizzata quale “agenzia d’affari”, per il disbrigo di pratiche amministrative conseguenti al decesso di persone e per il trasporto infermi e feriti. È anche esercente del commercio al minuto di articoli funerari e mortuari.
Il Comune di Mattinata, dopo aver approvato il disciplinare e avviato la procedura per la formazione di un elenco di operatori economici idonei ad espletare i servizi cimiteriali di tumulazione ed estumulazione, ha richiesto alla Prefettura competente informative antimafia per due delle ditte partecipanti, tra cui appunto quella di -OSIS-.
La Prefettura di Foggia - Ufficio territoriale del Governo, con provvedimento n. -OSIS-, ha adottato l’informazione antimafia interdittiva per la ricorrente, in quanto, dagli elementi di fatto raccolti, è emerso un quadro indiziario volto a far ragionevolmente ritenere sussistenti situazioni di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 91 del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, tendenti a condizionare l’attività dell’impresa individuale della signora -OSIS-.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il provvedimento del Prefetto di Foggia e gli atti restrittivi adottati dal Comune di Mattinata prima e dal Comune di Manfredonia poi sono legittimi, in quanto emanati nell’esercizio della discrezionalità che connota la cura degli interessi pubblici ai quali le richiamate Amministrazioni sono preposte.
In definitiva, la Prefettura, a seguito delle risultanze delle autorità di polizia, ha emanato il provvedimento di interdittiva. Gli enti territoriali comunali competenti hanno indi inibito l’accesso al demanio comunale cimiteriale e revocato la possibilità di svolgere l’attività di agenzia d’affari per le pratiche di tumulazione e la connessa vendita di articoli funerari.
5.- I dedotti vizi inerenti alla violazione della normativa applicata o all'eccesso di potere commesso per carenza di istruttoria o di motivazione non sussistono, come non sussistono le violazioni degli altri principi procedimentali pure richiamati, né l’ingiustizia manifesta. Al contrario, vi sono numerosi elementi di fatto indizianti riportati nell’ampio e coerente excursus del provvedimento d’interdittiva.
5.1.- Si legge infatti che la signora -OSIS- è figlia del noto pluripregiudicato capo del clan -OSIS- , -OSIS-, morto assassinato in agguato mafioso e sorella di -OSIS-, il quale ha raccolto l’eredità del clan nelle attività criminali, già sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno per anni 1 e mesi 8 e coinvolto nella più vasta operazione antimafia condotta nei confronti della criminalità organizzata garganica, denominata “-OSIS-”. Tali indagini hanno riscontrato nel 2004 l’esistenza della mafia garganica e ne hanno delineato le caratteristiche fondamentali.
L’operazione di polizia “-OSIS-” ha condotto all’arresto nel giugno del 2004 di 99 indagati, in relazione a 22 omicidi (e altri numerosi reati) e, in seguito ai processi che ne sono derivati, ha comportato l’inflizione di 44 condanne, di cui tre ergastoli (così Tribunale di Foggia, sezione I civ., 17 aprile 2019 n. 1466, concernente la dichiarazione d’incandidabilità di ex amministratori del Comune di Mattinata).
A seguito di tale operazione di polizia, è sorto dal 2008-2010 il contrasto tra il clan -OSIS- e il clan -OSIS-, contrassegnato dai numerosi omicidi che hanno riguardato vicendevoli componenti e sodali delle due famiglie, un tempo però entrambe facenti parte dell’unitario aggregato mafioso del Gargano denominato “ clan -OSIS-”.
Parimenti assassinati in altri agguati di stampo mafioso sono altri prossimi parenti di -OSIS-, tra cui l’altro fratello -OSIS-, che veniva assassinato in un agguato di stampo mafioso insieme ad altre tre persone il 9 agosto 2017 nelle campagne di Apricena (FG). Nell’occasione venivano assassinati anche i fratelli -OSIS-, agricoltori estranei ai contesti criminosi, in quanto semplici testimoni, che si trovavano per caso sul luogo dell’eccidio.
L’esistenza del clan -OSIS- è evidenziata anche dal Tribunale di Bari, sezione G.I.P., nella recente ordinanza di custodia cautelare in carcere del 13.10.2018 n. 6863 (11102/2018-DDA) disposta nei confronti di due indagati per il concorso in omicidio, con l’aggravante del metodo mafioso, commesso in danno di -OSIS-, presuntivamente ad opera di due soggetti incaricati dal contrapposto clan -OSIS-.
La figlia di -OSIS-, -OSIS-, nata a -OSIS-, dunque nipote di -OSIS-, ha dato alla luce un figlio con -OSIS-, nato a -OSIS-, arrestato nel 2017 per tentata rapina e detenzione di armi da guerra, essendo parte di un gruppo che progettava un assalto a un portavalori.
Altro fratello ancora, -OSIS-, elemento apicale del clan , era stato precedentemente assassinato in un agguato il 21.4.2009, insieme al suo autista. Analoga sorte, un anno più tardi, colpiva il figlio di quest’ultimo -OSIS-, ucciso a Manfredonia il 27.6.2010.
Attualmente, -OSIS- è l’unico fratello superstite della sanguinosa faida tra la “famiglia -OSIS-” e il gruppo contrapposto “famiglia -OSIS-”, i quali pure annoverano diversi esponenti uccisi in agguati mafiosi.
A ciò si aggiunge che, in data 26.10.2009, in Monte Sant'Angelo -OSIS--, allevatore, considerato storico elemento apicale dell’omonimo clan , era stato ucciso in modo cruento, presentando il cadavere di questi il volto sfigurato. Le indagini, confluite nel procedimento penale n. 6164/2009 R.G. DDA, inquadravano tale omicidio come vendetta in risposta all’omicidio di -OSIS- e a un precedente fallito attentato ai danni di -OSIS- e -OSIS-.
Inoltre, in data 30.6.2010, in Manfredonia, all’interno di un bar, veniva ucciso a fucilate da due uomini travisati -OSIS-, nato a -OSIS-, cugino del latitante -OSIS-. Anche in questo caso, le indagini, confluite nel proc. pen. n. 3688/10 R.G. DDA, erano orientate a ritenere l’omicidio, per le modalità di tempo e di luogo, strettamente collegato all’omicidio del -OSIS-.
5.2.- -OSIS- è sorella del fratello ancora in vita -OSIS-, che annovera precedenti di polizia per associazione a delinquere, ricettazione, rapina, sequestro di persona, truffa e reati contro la P.A. (nota della Questura di Foggia, Cat. Q.