TAR Trento, sez. I, sentenza 2024-07-19, n. 202400113

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza 2024-07-19, n. 202400113
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 202400113
Data del deposito : 19 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/07/2024

N. 00113/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00044/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 44 del 2024, proposto da
Fattoria Cheyenne di F M, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Valfloriana, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Trento, largo Porta Nuova, 9;

per l'annullamento

del provvedimento prot. 884/2024 del Sindaco del Comune di Valfloriana del 22 marzo 2024 avente ad oggetto “ ordinanza - ingiunzione di pagamento ” e dei relativi allegati, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Valfloriana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2024 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente, a seguito dell’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica indetta dal Comune di Valfloriana, è risultata aggiudicataria della concessione della struttura denominata “Malga Sass”, che si trova a 1950 metri di altitudine, per le stagioni d’alpeggio 2021 – 2026, con possibilità di rinnovo per ulteriori sei anni.

I rapporti con l’Amministrazione e gli obblighi per la conduzione della malga sono definiti in un apposito disciplinare il cui art. 21 prevede che il Comune, per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo sull’adempimento degli obblighi del concessionario, nomini una commissione composta dal Sindaco, da un tecnico esterno e da un custode forestale.

La commissione, nominata il 20 settembre 2021, ha svolto un sopralluogo e con il verbale prot. n. 3119 del 30 settembre 2021, ha contestato le seguenti violazioni previste dall’art. 13 del disciplinare concernenti:

- il punto 3, a causa della non corretta conduzione dei cani da guardiania tenuti liberi e senza sorveglianza con conseguente pericolo per i visitatori;

- il punto 6, a causa della mancata manutenzione del decoro degli spazi esterni, in cui è stata riscontrata la presenza di immondizia e di deiezioni canine;

- il punto 10 a causa della mancata pulizia dei locali interni, in cui è stata riscontrata sporcizia, fieno per gli animali, e residui di deiezioni di animali sul pavimento anche nel locale da destinare a caseificio.

Per tali violazione il Comune, ai sensi dell’art. 23 del disciplinare, ha applicato per ciascuna violazione la penalità di € 300,00.

La ricorrente, facendo acquiescenza, ha corrisposto l’importo di € 450,00 in misura ridotta in quanto si trattava del primo inadempimento riscontrato.

La ricorrente espone che il Sindaco del Comune di Valfloriana in data 14 settembre 2022, con note del 14 e del 27 settembre 2022, ha contestato ulteriori violazioni rispetto alle quali sono state presentate delle controdeduzioni in sede procedimentale.

Successivamente il Comune, contestando ulteriori inadempimenti e violazioni del disciplinare, con deliberazione della Giunta comunale n. 25 del 12 aprile 2023, ha disposto la risoluzione del contratto di conduzione della malga.

Avverso il provvedimento di risoluzione la ricorrente ha proposto innanzi a questo Tribunale il ricorso r.g. n. 89 del 2023, respinto con sentenza 5 dicembre 2023, n. 202, confermata in appello con sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VII, 10 luglio 2024, n. 6183.

Infine il Sindaco con provvedimento prot. n. 884 del 22 marzo 2024, ha adottato un’ordinanza ingiungendo il pagamento della somma complessiva di € 12.440,00, contestando la violazione:

- del paragrafo 3 dell’offerta tecnica per la mancata caseificazione nella malga, quantificando la penale nell’importo di € 400,00;

- dell’art. 5 del disciplinare per la scorretta determinazione del carico UBA (unità di bestiame adulto), che ha comportato un carico in eccesso rispetto al massimo consentito, quantificando la penale nell’importo di € 840,00;

- dell’art. 6 del disciplinare per il superamento dei limiti di carico degli animali con un carico in eccesso di UBA equine rispetto al massimo consentito, quantificando la penale nell’importo di € 10.300,00;

- dell’art. 13, n. 3, del disciplinare per la presenza di cani maremmani liberi con reiterazione della condotta già sanzionata nel 2021, quantificando la penale nell’importo di € 300,00;

- dell’art. 17, commi 6 e 7, del disciplinare per la presenza di animali da pascolo fuori dalle aree assegnate, quantificando la penale nell’importo di € 600,00.

Con il ricorso in epigrafe il provvedimento con il quale è stato ingiunto il pagamento delle predette somme è impugnato con cinque motivi.

Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’incompetenza del Sindaco a procedere direttamente alla contestazione delle violazioni perché l’art. 23 del disciplinare demanda queste funzioni all’apposita commissione costituita ai sensi dell’art. 21, alla quale è attribuito in via esclusiva lo svolgimento delle valutazioni tecnico discrezionali che richiedono il possesso di una professionalità specifica.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 13, 14 e 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

La ricorrente deduce che la normativa in materia di sanzioni amministrative non può ritenersi applicabile alla fattispecie in esame che costituisce la richiesta di pagamento di una penale che ha fondamento in un contratto e che in ogni caso, anche a voler ritenere applicabile la legge n. 689 del 1981, non è stato rispettato il procedimento previsto da tale legge.

In particolare la ricorrente rileva il mancato rispetto dell’art. 13 della legge n. 689 del 1981 che prescrive che gli atti di accertamento debbano essere svolti dagli organi addetti al controllo, in quanto nel caso in esame l’organo di controllo deve essere identificato nell’apposita commissione di cui all’art. 21 del disciplinare, mentre l’atto di accertamento è stato svolto direttamente dal Sindaco.

Inoltre, prosegue la ricorrente, ove si dovesse ritenere che le contestazioni rientrino nella competenza del Sindaco, risulterebbe comunque violato l’art. 14 della legge n. 689 del 1981, perché non è stato rispettato il termine di novanta giorni dall’accertamento per la contestazione degli addebiti.

Sempre in via subordinata al mancato accoglimento della censura di incompetenza, la ricorrente deduce inoltre la violazione dell’art. 18 della legge n. 689 del 1981, perché dal provvedimento impugnato non emerge siano state effettivamente oggetto di considerazione le controdeduzioni presentate in sede procedimentale le quali, secondo la ricorrente, dimostrerebbero che la monticazione delle UBA si è svolta in modo corretto, che vi è stato solamente un errore nella compilazione dei registri, che l’attività di caseificazione risultava oggettivamente impossibile per la mancata esecuzione di lavori di messa a norma dei locali da parte del Comune, che i cani da guardiania sono stati custoditi in modo corretto e che gli animali da pascolo sono stati trovati al di fuori delle zone autorizzate per cause di forza maggiore a seguito di un evento meteorologico straordinario.

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione del termine per la conclusione del procedimento previsto dall’art. 3, comma 2 bis , della legge provinciale sull’attività amministrativa 30 novembre 1992, n. 23, perché dall’avvio del procedimento disposto con nota prot. n. 3314 del 27 settembre 2022, all’irrogazione della sanzione, avvenuta il 22 marzo 2024, sono decorsi oltre novanta giorni.

Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 5, 6 e 23 del disciplinare perché il Comune ha applicato delle penali relative a delle fattispecie di cui non si sono realizzati i presupposti.

In particolare la ricorrente sostiene che la consegna del caseificio non era stata ancora effettuata, che i cani erano condotti in modo corretto, che gli animali erano fuggiti dal pascolo per cause di forza maggiore, che le UBA monticate erano corrette, in quanto alcuni asini sono stati erroneamente classificati come cavalli, mentre tre cavalli sono stati erroneamente caricati sul codice della Malga Al Sass nonostante moniticassero sul limitrofo territorio demaniale condotto in gestione dalla stessa ricorrente.

Con questo motivo la ricorrente sostiene inoltre che il Comune avrebbe anche calcolato erroneamente la sanzione applicabile, perché devono essere sottratti:

- € 400,00 relativi alla mancata caseificazione, dato che il caseificio non era stato messo a norma dal Comune;

- € 300,00 per la presenza dei cani liberi, perché si tratta della condotta già sanzionata precedentemente ed estinta mediante il versamento della somma richiesta;

- € 600,00 per la presenza di animali in aree esterne, perché dovuta a forza maggiore;

- € 840,00 per il carico UBA in eccesso perché non è stato calcolato correttamente il “ peso ” da attribuire agli asini, che è di 0,5, e non di 1 come per i cavalli;

- € 4.710,00 per quanto riguarda il rispetto del limite di UBA equine, perché la prescrizione del disciplinare secondo cui la monticazione di equini deve ritenersi ammessa nel limite massimo del 30% delle UBA complessivamente monticate, deve essere riferita solamente ai cavalli con esclusione degli asini.

Con il quinto motivo la ricorrente lamenta la carenza di motivazione e di istruttoria, l’irragionevolezza, l’ingiustizia manifesta, nonché la violazione dei principi di trasparenza, legalità, buon andamento e consequenzialità per il ritardo con cui è stato concluso il procedimento, perché non sono stati svolti approfondimenti finalizzati ad acquisire gli elementi di fatto rilevanti nella fattispecie, e perché non vi è stata un’idonea esplicitazione dell’ iter logico seguito nelle valutazioni compiute impendendo di fatto un’adeguata difesa in giudizio.

Si è costituito in giudizio il Comune di Valfloriana eccependo il difetto di giurisdizione sotto due profili tra loro alternativi.

Sotto un primo profilo perché è impugnata un’ordinanza ingiunzione di irrogazione di sanzioni amministrative ai sensi della legge n. 689 del 1981, la cui cognizione spetta in via esclusiva al giudice ordinario.

Secondo una diversa prospettazione, perché si tratterebbe di una controversia in materia di concessioni amministrative riguardante una pretesa meramente patrimoniale, come tale rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b), cod. proc. amm..

Nel merito l’Amministrazione resistente ha replicato alle censure proposte concludendo per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza dell’11 luglio 2024, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Le eccezioni di difetto di giurisdizione sono infondate.

Il provvedimento impugnato richiama l’applicazione, alle somme di cui è chiesto il pagamento, del procedimento previsto dalla legge n. 689 del 1981 “ per quanto applicabile al caso di specie ”.

Si tratta di un richiamo inidoneo a mutare la natura giuridica della pretesa creditoria del Comune che non è riconducibile ad una sanzione amministrativa pecuniaria, di cui mancano i presupposti normativi.

Infatti il Comune nella fattispecie in esame non contesta la commissione di un illecito amministrativo consistente nella violazione di una norma di legge, ma dispone il pagamento di una penale che trova fondamento nelle clausole previste dal disciplinare che accede alla concessione amministrativa.

Pertanto la controversia non ricade nella cognizione del giudice ordinario ai sensi della legge n. 689 del 1981.

Parimenti infondata è l’eccezione di difetto di giurisdizione perché si tratterebbe di una controversia in materia di concessioni amministrative avente ad oggetto una pretesa meramente patrimoniale.

Come è noto le concessioni di beni pubblici sono caratterizzate dalla presenza immanente dell’interesse, di carattere pubblicistico, al corretto utilizzo e alla corretta gestione del bene affidato in uso al concessionario, che implicano la presenza di poteri unilaterali nell’affidamento del bene, mentre la regolamentazione del rapporto trova fondamento nello strumento contrattuale che si pone in funzione accessiva al provvedimento di concessione.

Pertanto nelle concessioni di beni si assiste ad una compresenza di diverse posizioni giuridiche, potendosi ravvisare la sussistenza di un interesse legittimo quando l’Amministrazione eserciti poteri autoritativi, o di diritto soggettivo quando vengano in rilievo profili concernenti il rapporto concessorio regolati dal contratto.

Tale intreccio di posizioni giustifica la previsione, all’art. 133, comma 1, lett. b), cod. proc. amm., della concentrazione nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo della cognizione delle “ controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici ”, e l’attribuzione in via d’eccezione al giudice ordinario dei soli giudizi “ concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi ”.

Per costante giurisprudenza l’ipotesi di giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie concernenti le concessioni di beni pubblici, avendo natura eccezionale, deve essere limitata a quelle di carattere meramente patrimoniale, in cui non sono coinvolti profili di interesse pubblico che caratterizzano ogni altro aspetto dell’istituto della concessione amministrativa.

Pertanto ogni atto dell’amministrazione che non possa essere ricondotto all’ambito delle controversie di carattere meramente patrimoniale, da interpretare in senso restrittivo, deve essere ascritto alla cognizione del giudice amministrativo.

L’ingiunzione impugnata ha ad oggetto la pretesa di pagamento di una penale prevista dal disciplinare che ha sia la funzione di una sanzione comminata per la lesione dell’interesse pubblico che costituisce lo scopo della concessione e a cui deve conformarsi l’azione del concessionario, sia la funzione, propriamente civilistica, di determinare in via preventiva e consensuale il danno cagionato dall’inadempimento degli obblighi imposti al concessionario.

La giurisprudenza, alla luce di queste premesse, ha tratto la conclusione che l’adempimento della concessione, e quindi anche l’esercizio dei poteri connessi all’inadempimento, non sono riconducibili agli aspetti di carattere meramente patrimoniale.

Ne consegue che rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo anche le controversie, come quelle all’esame, che abbiano ad oggetto l’applicazione di una penale contrattuale irrogata per l’inadempimento agli obblighi derivanti da una concessione (in questo senso Consiglio di Stato, Sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8100;
T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 4 febbraio 2015, n. 340;
Cassazione civile, Sez. Un., 17 maggio 2013, n. 12111).

Per tali ragioni deve essere affermato che la controversia rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo e l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune di Valfloriana è infondata.

Nel merito il ricorso deve essere accolto per la censura, di carattere assorbente, di cui al primo motivo di ricorso, con la quale la ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato perché la contestazione delle violazioni oggetto dell’ingiunzione di pagamento è stata effettuata direttamente dal Sindaco anziché dall’apposita commissione istituita ai sensi dell’art. 21 del disciplinare.

Tale norma prevede che il Comune, per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo sull’adempimento degli obblighi del concessionario, debba nominare una commissione composta dal Sindaco, da un tecnico esterno e da un custode forestale.

La ratio di tale previsione è da ricondurre all’opportunità di demandare in via esclusiva a soggetti dotati delle necessarie competenze le valutazioni, connotate da discrezionalità tecnica, che richiedono il possesso di una specifica professionalità.

Le norme del disciplinare sono chiare nell’attribuire in via esclusiva alla commissione la competenza a contestare gli inadempimenti al fine dell’applicazione delle penali.

Infatti l’art. 23 del disciplinare, all’ultimo capoverso, prevede che “ le inadempienze vengono contestate dalla commissione, anche a seguito di contestazione da parte dei custodi forestali dell’Ente proprietario ”, e il medesimo articolo nel capoverso che precede la tabella in cui per ciascuna tipologia di inadempimento vengono indicate le norme violate e l’importo della penale che deve essere corrisposta, dispone che “ per le eventuali inadempienze alle prescrizioni indicate nei punti precedenti e riassunte nello schema sotto indicato, si applicano, salvi casi di forza maggiore, le seguenti penalità a giudizio insindacabile della commissione ”.

Pertanto, diversamente a quanto accade per l’ipotesi della risoluzione per grave inadempimento disciplinata dagli articoli 24 e 25 del disciplinare, in cui il coinvolgimento della commissione di cui all’art. 21 è facoltativo (cfr. sul punto Consiglio di Stato, Sez. VII, 10 luglio 2024, n. 6183, paragrafo 8.4), nel caso dell’applicazione delle penali, la contestazione da parte della commissione è inderogabilmente necessaria.

Per confutare il primo motivo di ricorso il Comune di Valfloriana deduce degli argomenti non condivisibili.

In primo luogo la parte resistente sostiene che il Sindaco, in mancanza di una diversa previsione normativa, in quanto legale rappresentante dell’ente, è l’organo competente ad adottare l’ordinanza ingiunzione ai sensi dell’art. 18 della legge n. 689 del 1981.

Si tratta di una tesi infondata perché, come sopra visto nell’esaminare l’eccezione di difetto di giurisdizione, nel caso di specie l’Amministrazione non ha irrogato una sanzione volta a punire un illecito amministrativo previsto dalla legge, ma ha applicato una penale del disciplinare che accede ad una concessione di beni, il quale demanda espressamente all’apposita commissione prevista dall’art. 21 il compito di contestare la violazione.

Pertanto il Sindaco non era abilitato a contestare gli inadempimenti e le violazioni del disciplinare in luogo dell’apposita commissione.

In secondo luogo il Comune asserisce che nel caso di specie non era comunque necessario l’intervento della commissione perché in realtà le violazioni contestate sono le medesime che erano già state rilevate dalla commissione nel sopralluogo attestato dal verbale prot. n. 3119 del 20 settembre 2021, e che pertanto il Sindaco non avrebbe svolto concretamente alcuna autonoma attività di accertamento o valutativa connotata da discrezionalità tecnica nel contestare le violazioni.

L’assunto è infondato, perché, come già esposto nella parte narrativa in fatto, dal verbale del 20 settembre 2021 è derivato un procedimento che ha portato all’irrogazione delle penali inerenti tre violazioni previste dall’art. 13 del disciplinare concernenti il punto 3 (per la non corretta conduzione dei cani da guardiania tenuti liberi e senza sorveglianza, con conseguente pericolo per i visitatori), il punto 6 (per la mancata manutenzione del decoro degli spazi esterni, in cui è stata riscontrata la presenza di immondizia e di deiezioni canine), ed il punto 10 (per la mancata pulizia dei locali interni, in cui è stata riscontrata sporcizia, fieno per gli animali, e residui di deiezioni di animali sul pavimento anche nel locale da destinare a caseificio), per le quali la ricorrente ha fatto acquiescenza corrispondendo l’importo di € 450,00.

Le contestazioni oggetto del provvedimento impugnato riguardano altre violazioni del disciplinare (del paragrafo 3 dell’offerta tecnica per la mancata caseificazione nella malga;
dell’art. 5 del disciplinare per la scorretta determinazione del carico UBA;
dell’art. 6 del per il superamento dei limiti di carico degli animali con un carico in eccesso di UBA equine rispetto al massimo consentito;
dell’art. 13, n. 3, del disciplinare, per la presenza di maremmani liberi con reiterazione della condotta già sanzionata nel 2021;
dell’art. 17, commi 6 e 7, del disciplinare per la presenza di animali da pascolo fuori dalle aree assegnate) per un importo complessivo di € 10.300,00.

In tale contesto è pertanto evidente che non vi è alcun elemento che giustifichi l’assunto prospettato nelle difese del Comune secondo cui il Sindaco si sarebbe limitato ad applicare le penali relative a fatti già accertati e contestati dalla commissione di cui all’art. 21 del disciplinare con il verbale del 20 settembre 2021.

Pertanto il ricorso deve essere accolto per la censura di incompetenza di cui al primo motivo, perché le violazioni non sono state contestate, come previsto dall’art. 23 del disciplinare, dalla commissione, ma direttamente dal Sindaco.

Tale motivo ha carattere assorbente, perché nel caso del vizio di incompetenza si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, con la conseguenza che il giudice non può far altro che rilevare la fondatezza della relativa censura assorbendo tutte le altre.

Infatti, ai sensi dell’art. 34, comma 2, cod. proc. amm. (secondo cui “ in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati ”), il giudice non può dettare le regole conformative dell’azione amministrativa desumibili dall’eventuale accoglimento degli ulteriori motivi di ricorso, nei confronti di un organo, in questo caso la commissione prevista dall’art. 21 del disciplinare, che non ha ancora esercitato il suo munus (in questi termini Consiglio di Stato. Ad. Plen., 27 aprile 2015, n. 5, paragrafo 8.3.2).

Nonostante l’esito del giudizio, le peculiarità della controversia e delle vicende che vi hanno dato origine giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti, fermo restando il rimborso del contributo unificato a carico del Comune di Valfloriana a favore della parte ricorrente.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi